Sentenza N. 112 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
16/07/1980
Data deposito/pubblicazione
16/07/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/07/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott.
MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN –
Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO
ANDRIOLI, Giudici,
primo, n. 2, della legge 23 maggio 1950, n. 253 (disposizioni per le
locazioni e sublocazioni di immobili urbani) promosso con ordinanza
emessa il 25 marzo 1978 dal pretore di Avigliana, nel procedimento
civile vertente tra Tessa Maria e Soc.a.s. Giavinia, iscritta al n. 314
del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 264 del 20 settembre 1978.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore
Antonino De Stefano;
udito l’avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
Con ordinanza emessa il 25 marzo 1978 il pretore di Avigliana,
sezione staccata di Giaveno, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art.
4, comma primo, n. 2, della legge 23 maggio 1950, n. 253, secondo cui
il locatore può far cessare la proroga quando, volendo disporre
dell’immobile per abitazione propria o dei propri parenti in linea
retta, oppure quando, trattandosi di ente pubblico, o comunque con
finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperativistiche,
assistenziali o di culto, che voglia disporre dell’immobile per
l’esercizio delle proprie funzioni, offra al conduttore altro immobile
idoneo.
L’ordinanza è stata emessa in un procedimento di graduazione di
sfratto, nel quale la società Giavinia agiva in forza di sentenza
passata in giudicato (che aveva dichiarato cessata la proroga legale di
un contratto di locazione di immobile ad uso di abitazione in quanto
alla conduttrice era stato offerto in cambio altro alloggio idoneo)
contro Tessa Maria, la quale si opponeva allo sfratto, deducendo che
l’alloggio offerto in cambio era stato nel frattempo locato a terzi.
Secondo il giudice a quo la norma sarebbe incostituzionale per
contrasto con il principio di eguaglianza, nella parte in cui non
prevede il momento nel quale cessa per il locatore l’obbligo di tenere
a disposizione del conduttore l’alloggio offerto in cambio, così
discriminando colui che non accetta in limine litis il cambio, da colui
che lo accetti e da colui che, pur non pronunciandosi espressamente sul
punto, si limiti a richiedere un accertamento dell’autorità
giudiziaria.
Nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocato generale
dello Stato, il quale ha preliminarmente eccepito l’irrilevanza della
proposta questione, atteso che il giudice a quo, nella sede di
graduazione dello sfratto in cui risulta adito, non deve affatto
applicare la norma denunciata, in base alla quale è stata emessa la
sentenza di sfratto passata in giudicato. Nel merito l’Avvocatura dello
Stato conclude per l’infondatezza della questione.
1. La Corte è chiamata a decidere se contrasti con l’art. 3 della
Costituzione l’art. 4, comma primo, n. 2, della legge 23 maggio 1950,
n. 253, nella parte in cui, disciplinando l’ipotesi di cessazione della
proroga del contratto di locazione quando il locatore offra al
conduttore altro immobile idoneo, non prevede il momento nel quale
cessa per il locatore l’obbligo di tenere a disposizione del conduttore
l’alloggio offerto in cambio, così discriminando colui che non accetta
in limine litis il cambio, da colui che lo accetti e da colui che, pur
non pronunciandosi espressamente sul punto, si limiti a richiedere un
accertamento dell’autorità giudiziaria.
2. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità per
irrilevanza della questione nel giudizio a quo, opposta dall’Avvocatura
dello Stato.
La questione, secondo quanto esposto in narrativa, è stata
sollevata nel corso di un procedimento di graduazione di sfratto,
promosso in forza di sentenza passata in giudicato, con la quale si
dichiarava cessata la proroga legale di un contratto di locazione di
immobile ad uso di abitazione, in quanto alla conduttrice era stato
offerto in cambio altro alloggio idoneo. Non vi ha dubbio che tale
sentenza sia stata resa appunto in base alla denunciata norma; ma di
quest’ultima certamente il giudice adito non può fare nuova
applicazione nel procedimento a quo, volto, come esso è, unicamente a
determinare il momento in cui deve aver luogo il già disposto rilascio
dell’immobile locato. Come affermato dalla Corte con la sentenza n. 18
del 1978, che all’uopo richiama costante giurisprudenza e concorde
dottrina, sono infatti improponibili in executivis le eccezioni
concernenti, non il titolo giudiziale in base al quale si procede, ma
l’oggetto del giudizio di cognizione che con esso si è concluso. Ne
consegue che la questione sottoposta alla Corte va dichiarata
inammissibile per difetto di rilevanza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4, comma primo, n. 2, della legge 23 maggio 1950, n. 253
(disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani),
sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, con
l’ordinanza del pretore di Avigliana (sezione staccata di Giaveno) del
25 marzo 1978.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere