Sentenza N. 113 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
16/07/1980
Data deposito/pubblicazione
16/07/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/07/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott.
MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv.
ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE –
Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
legge 6 luglio 1939, n. 1035 (Approvazione del regolamento della Cassa
di previdenza per le pensioni dei sanitari) promosso con ordinanza
emessa il 29 ottobre 1975 dalla Corte d’appello di Roma, nel
procedimento civile vertente tra l’Istituto nazionale della previdenza
sociale e il Pio Istituto S. Spirito e Ospedali Riuniti di Roma e
Tripodi Mario, iscritta al n. 36 del registro ordinanze 1976 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 72 del 17 marzo
1976.
Visto l’atto di costituzione dell’Istituto nazionale della
previdenza sociale;
udito nell’udienza pubblica del 16 gennaio 1980 il Giudice relatore
Guglielmo Roehrssen
Con ordinanza emessa il 29 ottobre 1975, la Corte d’appello di Roma
– nel corso di un giudizio promosso dall’Istituto nazionale della
previdenza sociale nei confronti del Pio Istituto di S. Spirito ed
OO.RR. di Roma per ottenerne la condanna al pagamento di contributi per
le assicurazioni sociali obbligatorie relativi al rapporto di lavoro
del prof. Mario Tripodi, primario medico del Pio Istituto – ha
sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli
artt. 3 e 35 della Costituzione, dell’art. 11 della legge 6 luglio
1939, n. 1035, che secondo la Corte d’appello “esonera dal pagamento di
detti contributi le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza
per i medici già provvisti di pensione, i quali possono iscriversi
facoltativamente alla Cassa di previdenza, corrispondendo, oltre il
proprio, anche il contributo dell’Ente, a meno che quest’ultimo se ne
assuma volontariamente l’onere”.
Ritenuta la rilevanza nel giudizio a quo, la Corte di appello ha
dedotto, a sostegno della non manifesta infondatezza della questione,
la disparità di trattamento derivante dalla suddetta normativa fra
sanitari che già usufruiscano di una pensione, a seconda che prestino
servizio presso istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza,
ovvero presso altro datore di lavoro, con conseguente contrasto con il
principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) e con quello della
tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35 della
Costituzione).
Davanti a questa Corte si è costituito l’INPS deducendo che la
legge 6 luglio 1939, n. 1035, regolamenta la “Cassa per le pensioni ai
sanitari”, ente previdenziale che cura l’erogazione del trattamento di
pensione ai sanitari dipendenti dagli enti locali o dallo Stato,
allorché non godano di altro trattamento di quiescenza a carico dello
Stato. Pertanto tale legge non riguarda né il trattamento di
quiescenza dei sanitari liberi professionisti, né quello dei sanitari
che siano lavoratori subordinati e non siano iscritti a detta Cassa,
mentre in base agli artt. 37 e 38 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827,
tutti i lavoratori subordinati debbono essere obbligatoriamente
assicurati presso l’INPS, esclusi i dipendenti pubblici cui sia già
assicurato altrimenti un trattamento di previdenza e di quiescenza.
Conseguentemente il prof. Tripodi, non potendo godere della copertura
assicurativa presso la “Cassa per le pensioni ai sanitari” per la
preclusione derivante dall’art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035,
doveva essere assicurato presso l’INPS.
Se ne dovrebbe dedurre – secondo la difesa dell’INPS – che l’art.
11 della legge n. 1035 del 1939, non è applicabile nel giudizio a quo
e la questione dovrebbe essere dichiarata inammissibile per difetto di
rilevanza.
Solo in subordine, ove essa non venga dichiarata inammissibile,
l’INPS ha chiesto che sia dichiarata fondata.
Nessuna altra parte privata si è costituita dinanzi a questa
Corte, né è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Nel corso di un giudizio promosso dall’Istituto nazionale
della previdenza sociale nei confronti del Pio Istituto di S. Spirito e
OO.RR. di Roma, per ottenerne la condanna al pagamento di contributi,
la Corte di appello di Roma, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha
ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 35
della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035 (recante “Approvazione
del regolamento della Cassa di previdenza per le pensioni ai
sanitari”), a norma del quale “le istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza sono esonerate da ogni contributo per i medici in servizio
già provvisti di pensione, che non sia di guerra né privilegiata
ordinaria, o che appartengano a quelle categorie per le quali le leggi
o regolamenti prevedano un trattamento di quiescenza obbligatorio o
facoltativo. I medici anzidetti possono iscriversi facoltativamente
alla Cassa di previdenza, corrispondendo oltre il proprio anche il
contributo dell’ente, a meno che quest’ultimo se ne assuma
volontariamente l’onere”.
2. – La questione è inammissibile per irrilevanza.
Invero l’azione promossa dall’INPS, fondata sul presupposto che in
mancanza di altra copertura assicurativa, i lavoratori debbano godere
della previdenza affidata ad esso Istituto, tende ad ottenere il
pagamento, da parte del Pio Istituto di S. Spirito in Roma, dei
contributi previdenziali per il personale sanitario cui si riferisce il
citato art. 11 della legge n. 1035 del 1939.
Ciò posto occorre osservare che la previdenza per i sanitari trova
una disciplina sua propria nella legge n. 1035 del 1939, la quale si
discosta dal sistema generale posto dal r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827
(recante “Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza
sociale”), ed ha istituito all’uopo una apposita Cassa di previdenza,
alla quale affluiscono i contributi relativi ai sanitari stessi: l’art.
6 di detta legge statuisce in linea di principio che la iscrizione alla
Cassa è obbligatoria per i sanitari contemplati “dal precedente art.
1”, fra i quali sono i “medici chirurghi ed i veterinari dipendenti dai
Comuni, dalle Province e dalle Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza”.
A tale regola generale fa eccezione l’art. 11, del quale qui si
discute, per quanto attiene ai sanitari dipendenti dalle I.P.A.B. e
già godenti di altri trattamenti pensionistici.
E, allora, evidente, in tale sistema normativo, che la eventuale
dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 11
produrrebbe l’unica conseguenza di ripristinare la obbligatorietà
della iscrizione alla Cassa in questione dei sanitari ivi preveduti, ai
sensi degli artt. 1 e 6.
Ne consegue che una tale declaratoria d’illegittimità
costituzionale non dispiegherebbe nessun effetto nel giudizio a quo,
promosso non già dalla Cassa di previdenza per le pensioni ai sanitari
(la quale non è neppure parte nel giudizio a quo), ma dall’INPS nei
confronti del Pio Istituto di S. Spirito ed OO.RR. di Roma, per
ottenere, come si è detto, la condanna al pagamento di contributi in
proprio favore per un primario medico dipendente dal Pio Istituto.
Sussiste pertanto un difetto di rilevanza della questione
constatabile prima facie dall’esame degli atti, che, secondo, la
consolidata giurisprudenza di questa Corte, rende la questione
sollevata inammissibile (sentenze nn. 1 del 1977; 122 del 1976; 20, 139
e 301 del 1974; 1 e 171 del 1973).
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035 (recante “Approvazione
del regolamento della Cassa di previdenza per le pensioni dei
sanitari”), sollevata dalla Corte di appello di Roma con l’ordinanza di
cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTO- NINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere