Sentenza N. 1131 del 1988
Corte Costituzionale
Data generale
22/12/1988
Data deposito/pubblicazione
22/12/1988
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/12/1988
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli
regionali delle Regioni a statuto normale), 7 della legge 23 aprile
1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità
alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e
circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al
Servizio sanitario nazionale) e 27 della legge 5 agosto 1962, n. 1257
(Norme per l’elezione del Consiglio regionale della Valle d’Aosta),
promosso con ordinanza emessa il 25 settembre 1987 dalla Corte
d’appello di Torino nel procedimento civile vertente tra Aloisi
Domenico e la Regione autonoma della Valle d’Aosta ed altri, iscritta
al n. 133 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno
1988;
Visti gli atti di costituzione di Martin Maurizio ed altri e di
Andrione Mario nonché l’atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 22 novembre 1988 il giudice
relatore Ugo Spagnoli;
Uditi l’avv. Guido Romanelli per Andrione Mario e l’Avvocato dello
Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Consigliere regionale Domenico Aloisi e la Regione Valle d’Aosta ed
altri, la Corte d’appello di Torino, con ordinanza del 25 settembre
1987 (r.o. 133/88), ha sollevato questione di legittimità
costituzionale degli artt. 19 l. 17 febbraio 1968, n. 108 e 7 l. 23
aprile 1981, n. 154 e “di riflesso” dell’art. 27 l. 5 agosto 1962, n.
1257.
Il giudizio era stato promosso, dall’Aloisi, ai sensi del cit.
art. 27 l. n. 1257 del 1962, per reagire contro la deliberazione del
Consiglio regionale della Valle d’Aosta che aveva respinto il suo
ricorso tendente a far dichiarare decaduti per ineleggibilità
sopravvenuta i Consiglieri Mario Andrione, Giuseppe Borbey, Guido
Chabod, Maurizio Martin e Angelo Pollicini.
Il giudice a quo rileva che il ripetuto art. 27 della legge del
1962 attribuisce in primo ed unico grado alla giurisdizione della
Corte d’appello la cognizione dei ricorsi relativi al contenzioso
elettorale regionale, mentre successive leggi statali (n. 108 del
1968 e n. 154 del 1981) nell’estendere alle regioni ad autonomia
ordinaria la nuova disciplina del contenzioso amministrativo hanno
assicurato, in queste ultime, per casi simili a quello di specie, il
doppio grado di giurisdizione.
A suo avviso, dunque, il legislatore del 1968 e del 1971, non
estendendo anche alla Regione Valle d’Aosta la medesima disciplina,
avrebbe introdotto una diversità di trattamento di fattispecie
perfettamente omogenee, priva di ragionevole giustificazione, non
potendo considerarsi tale la speciale autonomia attribuita alla
stessa Regione. Di qui il dubbio che le sopracitate norme delle due
leggi in questione e “di riflesso, ed è ciò che qui interessa”
l’art. 27 della l. n. 1257 del 1962 siano costituzionalmente
illegittime per contrasto con l’art. 3, primo comma Cost..
Nell’affermare la rilevanza della questione la Corte d’appello
osserva che “se fosse introdotto il doppio grado di giurisdizione,
attraverso l’abrogazione in parte qua della legge 5 agosto 1962, n.
1257, questa Corte dovrebbe dichiarare il difetto di
giurisdizione-competenza a conoscere della causa come giudice di
primo ed unico grado”.
2. – Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituito il
Consigliere Andrione, facendo proprie e ulteriormente svolgendo le
argomentazioni esposte nell’ordinanza di rimessione e chiedendo
pertanto una declaratoria di illegittimità costituzionale delle
disposizioni denunciate.
Con separato atto, si sono costituiti pure i Consiglieri Martin,
Chabod, Pollicini e Borbey i quali, nel concludere anch’essi per la
fondatezza della questione, fanno espressa riserva di ulteriormente
dedurre nei termini di rito.
3. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, il
quale, pur riconoscendo la sussistenza delle lamentate disparità di
trattamento, obbietta che la normativa per le elezioni del Consiglio
delle Regioni a speciale autonomia ha un assetto tutto particolare:
innanzi tutto perché la sua adozione è rimessa dai rispettivi
statuti alla legge regionale per il Trentino-Alto Adige, la Sardegna
e la Sicilia e ad apposita legge statale per la Valle d’Aosta e il
Friuli-Venezia Giulia; in secondo luogo perché oggettivamente le
particolari condizioni politiche delle dette regioni, che
giustificano le speciali forme di autonomia loro concesse, potrebbero
giustificare altresì le particolari modalità di trattamento dei
ricorsi in materia di elezioni.
In effetti – prosegue l’Avvocatura – in Sicilia e Sardegna sono le
stesse assemblee elettive che giudicano sui titoli di ammissione dei
propri componenti e sui casi di ineleggibilità e incompatibilità;
il medesimo sistema vige anche in Trentino-Alto Adige, dove però è
consentito, contro la deliberazione del Consiglio, il ricorso alla
Corte d’appello di Trento; in Friuli-Venezia Giulia e in Valle
d’Aosta è previsto che i ricorsi contro le decisioni del Consiglio
siano proposti alla Corte d’appello rispettivamente competente.
Nell’ordinamento delle Regioni a statuto speciale dunque,
esisterebbe una uniformità di disciplina ispirata allo stesso
principio costituzionale di autonomia (art. 66 Cost.) da cui
discende, per le due Camere del Parlamento Nazionale, la competenza a
giudicare dei titoli di ammissione dei propri membri.
In conclusione, sarebbe priva di pregio l’argomentazione del
giudice a quo che nega che la diversa configurazione dell’autonomia
speciale possa costituire ragionevole motivo di differenziare la
disciplina ad essa afferente rispetto a quella vigente per le regioni
a statuto ordinario: di qui l’infondatezza della questione proposta.
4. – In prossimità dell’udienza hanno presentato una memoria
illustrativa sia il Consigliere Mario Andrione, sia i Consiglieri
Martin, Chabod, Pollicini e Borbey, facendo presente che il giudizio
a quo si riferisce ad una vicenda relativa ad una legislatura
regionale già conclusa, come risulta anche da un provvedimento
dichiarativo del Presidente della Giunta della Valle, secondo il
quale tale legislatura ebbe termine il 27 giugno 1988, con prorogatio
del vecchio Consiglio fino al 27 luglio 1988.
A loro avviso, tale circostanza determinerebbe la cessazione della
materia del contendere del giudizio a quo con il definitivo venir
meno dell’interesse di attori e convenuti, cessazione dalla quale
deriverebbe automaticamente la sopravvenuta irrilevanza della
proposta questione di legittimità costituzionale.
Nel merito si sottolinea che il doppio grado di giurisdizione è
contemplato anche per la Regione siciliana, dalla legge reg. 24
giugno 1986, n. 31, art. 14, sesto comma; si precisa che la questione
presente non concerne la violazione del principio del doppio grado di
giurisdizione in quanto tale, ma esclusivamente la violazione del
principio di eguaglianza che esigerebbe il pari trattamento di tutti
i cittadini in tema di garanzie processuali inerenti ai procedimenti
in tema di ineleggibilità, essendo le questioni relative, per la
loro stessa finalità, identiche in tutto il territorio nazionale.
Nel caso di specie, si insiste, una discriminazione in danno dei
Consiglieri della Valle d’Aosta non sarebbe giustificata dalla
considerazione della speciale autonomia di cui gode la Regione,
autonomia che, peraltro, non sarebbe tenuta in conto dalla
devoluzione delle cause in questione ad un ufficio giudiziario avente
sede in un Comune (Torino) fuori del territorio della Regione.
Tale discriminazione sarebbe frutto di una mera dimenticanza del
legislatore statale che, nel dettare la nuova disciplina per le
Regioni a statuto ordinario, non avrebbe tenuto conto del fatto che
nella Valle e in altre Regioni ad autonomia differenziata esisteva un
sistema di contenzioso elettorale obsoleto e comunque meno
garantista.
La lamentata disparità di trattamento, inoltre, urterebbe anche
contro l’art. 51, primo comma Cost., non sussistendo quelle
condizioni peculiari della Regione interessata o quegli adeguati
motivi di interesse generale che soli – a tenore anche della recente
sentenza n. 235 del 1988 di questa Corte – sarebbero capaci di
consentire deroghe all’uniformità del regime del diritto di accesso
alle cariche elettive, garantito pure dall’art. 2 Cost. come diritto
fondamentale ed inviolabile.
(contenente norme per la elezione del Consiglio Regionale della Valle
d’Aosta), prevede che contro la delibera assunta da detto Consiglio
in materia di decadenza per cause sopravvenute di ineleggibilità è
ammesso ricorso giurisdizionale alla Corte d’appello di Torino.
Giudicando in primo grado – sulla base di detta norma – di un
ricorso proposto per sentire dichiarare decaduti alcuni consiglieri,
il giudice a quo rileva che, mentre la legge n. 1257 del 1962 –
riproducendo, in sostanza, il sistema allora vigente in sede
nazionale – prevede, in tema di contenzioso elettorale, un unico
grado di giurisdizione, la legge 17 febbraio 1968, n. 108 e la legge
23 aprile 1981, n. 154, nell’estendere alle elezioni delle Regioni a
statuto ordinario il nuovo contenzioso elettorale amministrativo –
introdotto e disciplinato dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1147 –
prevedono, in proposito, un doppio grado di giudizio.
Poiché – secondo il giudice remittente – le situazioni regolate
dall’art. 27 della legge n. 1257 del 1962 e quelle previste dall’art.
19 della legge n. 108 del 1968 e dall’art. 7 della legge n. 154 del
1981 sono omogenee, la mancata estensione, da parte di queste ultime,
della nuova disciplina generale anche alla Valle d’Aosta
provocherebbe una disparità di trattamento priva di ragionevole
giustificazione, non potendo considerarsi tale il regime di speciale
autonomia di cui gode la Regione.
Per questo – afferma testualmente l’ordinanza di remissione – “la
legge 17 febbraio 1968, n. 108 all’art. 19 e la legge 23 aprile 1981,
n. 154 all’art. 7 appaiono viziate di illegittimità costituzionale
con riferimento all’art. 3, comma primo della Costituzione; di
riflesso – ed è ciò che qui interessa – appare viziato l’art. 27
della legge n. 1257/62”.
2. – È da respingere innanzi tutto l’eccezione di irrilevanza
sopravvenuta della questione, prospettata dalla difesa delle parti
private, fondata sul sopraggiunto spirare della legislatura
consiliare e quindi del conseguente venir meno dell’interesse del
ricorrente nel giudizio a quo.
Il giudizio incidentale di legittimità costituzionale una volta
che sia correttamente instaurato, resta insensibile – ai sensi
dell’art. 22 delle norme integrative per i giudizi davanti a questa
Corte – alle vicende sopravvenute che determinano la cessazione del
processo principale (v. per es. sentt. nn. 135 del 1963, 300 del
1984, 88 del 1986, 701 del 1988).
3. – Tuttavia la questione, così come posta, è, per altro verso,
inammissibile.
Oggetto diretto dell’impugnazione sono le disposizioni sulla
tutela giurisdizionale in materia di ineleggibilità (o
incompatibilità) sopravvenuta nelle Regioni a statuto ordinario,
che, facendo parte di leggi intese a regolare in modo organico e
definito la materia delle elezioni dei Consigli di tali Regioni, non
potevano estendere la propria normativa anche alla Valle d’Aosta, per
la quale lo statuto speciale prevede l’intervento di una legge
(statale) dettata appositamente, per questa Regione.
La impugnativa di norme non applicabili nel giudizio principale
ed, oltretutto, contemporaneamente invocate come tertium
comparationis, deve pertanto ritenersi inammissibile.
Del pari inammissibile è anche la censura concernente la norma
effettivamente applicabile nel giudizio a quo – e cioè l’art. 27
della l. n. 1257 del 1962 – poiché non è dato comprendere, in
assenza di qualunque motivazione sul punto, rispetto a che cosa, in
quali sensi e per quali effetti tale norma sia impugnata “di
riflesso”, né, in particolare, quale sia il nesso logico
intercorrente, secondo il giudice a quo, tra tale censura e quelle
formulate a carico delle disposizioni delle successive leggi del 1968
e del 1981.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di costituzionalità sollevata
dalla Corte d’appello di Torino nei confronti dell’art. 19 della
legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli
regionali delle Regioni a statuto normale); dell’art. 7 della legge
23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed
incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale,
comunale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio
sanitario nazionale), e “di riflesso”, dell’art. 27 della legge 5
agosto 1962, n. 1257 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale
della Valle d’Aosta), in riferimento all’art. 3 Cost..
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1988.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1988.
Il direttore della cancelleria: MINELLI