Sentenza N. 115 del 1968
Corte Costituzionale
Data generale
28/11/1968
Data deposito/pubblicazione
28/11/1968
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/11/1968
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE, Giudici,
Codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 1 febbraio
1967 dal Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Santella
Guerrino, iscritta al n. 28 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 77 del 25 marzo 1967.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri e di costituzione di Giuntini Ugo, parte civile nel
procedimento a quo;
udita nell’udienza pubblica del 9 ottobre 1968 la relazione del
Giudice Enzo Capalozza;
uditi l’avv. Ettore Di Segni, per il Giuntini, ed il sostituto
avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
1. – In data 10 marzo 1966, il signor Guerrino Santella mentre
percorreva, in Roma, alla guida di un’autovettura la via G. Bresadola
in direzione della via Prenestina, giunto all’altezza dell’omonimo
largo G. Bresadola, investiva il minore Stefano Giuntini, il quale, a
seguito delle subite lesioni, decedeva il giorno 12 successivo.
Dell’incidente, segnalato l’11 marzo alla pretura unificata di Roma
e più dettagliatamente il 14 marzo alla Procura della Repubblica
presso il tribunale di Roma, veniva a quest’ultima inoltrato rapporto
il 23 dello stesso mese, con i rilievi fotoplanimetrici, le sommarie
informazioni testimoniali e i referti medici.
Frattanto, sin dal 15 marzo, il Procuratore della Repubblica
“ritenuta l’assoluta urgenza di accertare immediatamente, previa
ispezione esterna ed esame autoptico, l’epoca e le cause della morte,
senza darne avviso ai difensori, trattandosi di accertamenti
indilazionabili per il loro buon esito”, nominava un perito, il quale,
dopo aver proceduto alla descrizione ed identificazione di cadavere e
all’autopsia, si riservava di rispondere ai quesiti formulatigli con
separata relazione scritta.
Il successivo giorno 22 marzo, lo stesso Procuratore della
Repubblica, ai sensi dell’art. 128 del Codice di procedura penale,
nominava all’imputato un difensore d’ufficio, al quale erano
notificati, con avvisi trasmessi rispettivamente in data 23 e 24 marzo,
il decreto di nomina e il deposito del verbale necroscopico.
Il 15 giugno, veniva depositata la relazione peritale sull’epoca e
le cause della morte, sui mezzi con i quali era stata determinata e sul
rapporto causale fra l’investimento e decesso. Il difensore aveva
notizia del deposito della perizia come risulta dalla sua firma apposta
il 22 giugno al verbale di deposito.
Si procedeva, quindi, il 4 luglio, all’interrogatorio dell’imputato
che nominava il difensore di fiducia; e del verbale veniva dato avviso
ad esso difensore in data 7 luglio 1966.
Esauritasi l’istruzione con il rito sommario, alla pubblica udienza
dibattimentale del 1 febbraio 1967 dinanzi al Tribunale di Roma, il
difensore dell’imputato chiedeva la rimessione degli atti al Pubblico
Ministero, assumendo “che nel deposito della perizia in sede
istruttoria” sono stati violati i diritti della difesa e “l’imputato
non è stato notiziato di nessun atto notificato”.
Si opponevano il difensore di parte civile ed il Pubblico
Ministero, deducendo che l’imputazione era stata ricavata dagli
elementi offerti dalla perizia e che, pertanto, all’atto del deposito
di essa, il prevenuto non aveva ancora assunta la veste di imputato.
Con ordinanza del 1 febbraio 1967, pronunziata nella stessa
udienza, il Tribunale ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 304 del Codice di procedura penale, in
riferimento all’art. 24 della Costituzione, osservando, quanto al
giudizio di non manifesta infondatezza, che sebbene il diritto alla
difesa, sancito dalla norma costituzionale, si estrinsechi anche nella
facoltà di nomina del difensore di fiducia da parte dell’imputato, il
sistema risultante dalla norma denunziata, che prevede la nomina del
difensore nel primo atto in cui è presente l’imputato, e dall’art. 78
del Codice di procedura penale, sull’assunzione della qualità di
imputato, rende, tuttavia, possibile “disporre atti peritali e in
genere assumere prove ancor prima di aver avuto la presenza
dell’imputato e perciò quando lo stesso non è stato ancora invitato a
nominare un suo difensore di fiducia e, nel caso in cui ignori
l’esistenza di un procedimento penale a suo carico, non sia stato
comunque in grado di nominarlo”.
L’ordinanza, ritualmente notificata, è stata pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 77 del 25 marzo 1967.
2. – Nel giudizio dinanzi a questa Corte si è costituito il signor
Ugo Giuntini, parte civile nel procedimento a quo, con deduzioni
depositate il 14 aprile 1967, ed è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello
Stato, con atto depositato in pari data.
Non si è costituito il Santella Guerrino.
3. – La difesa del Giuntini assume che il diritto alla difesa sorge
solo nel momento in cui si acquista la qualità di imputato, e che,
comunque, nel caso di specie, il difensore nominato d’ufficio in data
22 marzo, dopo il tempestivo avviso della sua nomina, ben avrebbe
potuto esercitare tutti quei diritti consentitigli dalla legge in
favore dell’imputato.
4. – Anche l’Avvocatura dello Stato chiede che la questione sia
dichiarata infondata, osservando che, nel vigente sistema, il diritto
di nominare un difensore sorge a favore dell’imputato non appena egli
assume tale veste, ai sensi dell’art. 78 Codice di procedura penale.
Aggiunge che soltanto nel caso in cui l’inquisito non abbia proceduto a
tale nomina, né vi provveda successivamente dinanzi al giudice, questo
ultimo, ai sensi dell’art. 304 del Codice di procedura penale (ovvero
del successivo art. 390 nell’ipotesi di istruzione sommaria), nomina il
difensore d’ufficio; a tale nomina si fa, poi, luogo, in applicazione
degli artt. 170 e 173 del Codice di procedura penale, pure nel caso in
cui l’imputato, privo di difensore, non compaia dinanzi al giudice e
renda in tal modo inattuabile l’invito di nominarsi un difensore di
fiducia.
Ciò premesso, l’Avvocatura deduce che non si verte in tema di
legittimità costituzionale nella ipotesi, prospettata dal Tribunale,
di una violazione del diritto di difesa per avere il giudice,
anteriormente al primo atto in cui è presente l’imputato (art. 304 del
Codice di procedura penale), l’astratta possibilità di disporre atti
peritali o di assumere prove in genere. Per quanto concerne, infatti,
il compimento di atti peritali, osserva che l’art. 304 bis del Codice
di procedura penale (applicabile, per la sentenza n. 52 del 1965, di
questa Corte, anche nel rito sommario) prevede che il difensore ha
diritto di assistervi, il che postula logicamente che egli sia stato,
comunque, anteriormente nominato: l’eventuale violazione della norma
da parte del giudice è, pertanto, una questione di fatto, irrilevante
sul piano della costituzionalità.
Anche per quanto concerne l’assunzione di prove da parte del
giudice, prima dell’atto di nomina del difensore ai sensi della norma
denunziata, afferma che è una questione di mero fatto che l’imputato
non sia ancora assistito da difensore, e che, in ogni caso,
l’assunzione di prove da parte del giudice anteriormente al suddetto
atto di nomina, non concreta una compressione o limitazione del diritto
di difesa dell’imputato, avendo il giudice il potere-dovere di
raccogliere elementi di prova.
Precisa al riguardo che, per gli artt. 304 bis e 304 ter, senza la
previa nomina del difensore ai sensi della disposizione denunziata, il
giudice, a pena di nullità, non può assumere prove consistenti in
esperimenti giudiziari, in perquisizioni domiciliari e in ricognizioni.
Le prove assunte non potranno, pertanto, consistere che in semplici
atti istruttori di carattere preliminare, ma per esse non si richiede
la nomina del difensore, non essendone prevista la presenza.
Conclude l’Avvocatura che l’ordinanza di rimessione, piuttosto che
denunziare una norma per illegittimità costituzionale, tende ad
ottenere una sostanziale modifica del vigente sistema processuale, nel
senso che l’intervento della difesa debba attivamente esplicarsi, a
pena di nullità, in ogni atto del procedimento istruttorio, con
carattere preliminare rispetto ad ogni altro; ed osserva che siffatta
riforma verrebbe a turbare il necessario equilibrio fra le esigenze
della difesa sociale e quelle della difesa individuale.
5. – Alla pubblica udienza del 9 ottobre 1968 le parti hanno
insistito nelle loro rispettive tesi e conclusioni.
È stata denunciata a questa Corte la norma contenuta nell’art. 304
del Codice di procedura penale, che attiene alla nomina del difensore
dell’imputato nell’istruzione formale e nella quale si dispone che il
giudice, “nel primo atto del procedimento in cui è presente
l’imputato”, lo inviti a scegliersi un difensore, o glielo nomini
d’ufficio, qualora egli non lo abbia scelto. Tale norma sarebbe in
contrasto con l’art. 24 della Costituzione, in quanto, mentre la
garanzia costituzionale del diritto di difesa si estrinseca anche nella
nomina del difensore di fiducia da parte di chi, ai sensi dell’art. 78
del Codice di procedura penale, assume la qualità di imputato, l’art.
304 consente che si acquisiscano prove prima che l’imputato sia stato
invitato a nominare un difensore di fiducia e prima che, ignorando
l’esistenza di un procedimento penale a suo carico, sia comunque in
grado di provvedervi.
La questione, sebbene sia stata sollevata in relazione ad assunte
irregolarità nel deposito di una perizia, disposta – come risulta
dagli atti – in via d’urgenza, non è stata tuttavia estesa all’art.
304 ter del Codice di procedura penale che, per il rito dell’istruzione
formale, applicabile ai sensi del successivo art. 392, primo comma, al
rito sommario, dà facoltà al giudice, nei casi di assoluta urgenza,
di procedere ad alcuno degli atti ai quali il difensore ha diritto di
assistere, pur senza dargliene notizia e prima che siasi avuta la
presenza dell’imputato.
Occorre aggiungere che, nel caso dell’istruttoria sommaria – e tale
è quello in occasione del quale è stato suscitato il presente
giudizio – trova applicazione l’art. 390 del Codice di procedura
penale.
Mentre l’art. 304 dispone che il giudice, nel primo atto del
procedimento in cui è presente l’imputato, lo inviti a scegliersi un
difensore, o, in mancanza, glielo nomini d’ufficio, l’art. 390 anticipa
questa nomina anche ad un momento anteriore, se necessario. E ciò a
prescindere dalla constatazione che già l’art. 128 del Codice di
procedura penale, statuendo che “quando l’imputato deve essere
assistito o rappresentato dal difensore e non lo ha nominato o ne
rimane privo, la nomina (…) è fatta d’ufficio, secondo i casi, dal
giudice istruttore, dal pubblico ministero, dal presidente o dal
pretore (…)”, presuppone la necessità dell’interrogatorio, o, quanto
meno, di un ordine o mandato rimasto senza effetto al fine di
permettere all’imputato di nominare il difensore di fiducia, se ne sia
privo.
Col che, qualora debbano compiersi atti cui il difensore abbia
diritto di assistere (pur se non vi sia diritto al preavviso), è nel
momento in cui tali atti vengono disposti che la necessità si presenta
e, cioè, è in questo momento che il difensore deve essere nominato
(art. 390 del Codice di procedura penale). Ne consegue che, entro i
limiti in cui l’ordinanza di rimessione ha denunziato la norma, non si
pone una questione di legittimità costituzionale, ma, se mai, di
normale osservanza del diritto di difesa nel quadro dell’art. 185, n.
3, del Codice di procedura penale.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma
denunziata, che regola la nomina del difensore dell’imputato
nell’istruzione formale, non potrebbe avere alcuna influenza nel
giudizio de quo, la cui istruttoria si è svolta – ripetesi – con il
rito sommario.
La questione risulta, pertanto, manifestamente irrilevante e deve
essere dichiarata inammissibile.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile, perché irrilevante, la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 304 del Codice di procedura
penale, proposta, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, con
l’ordinanza del 1 febbraio 1967 del tribunale di Roma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 1968.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.