Sentenza N. 1164 del 1988
Corte Costituzionale
Data generale
29/12/1988
Data deposito/pubblicazione
29/12/1988
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/1988
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO,
prof. Gabriele PESCATORE, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof.
Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI,
prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
legge della Provincia di Trento del 27 luglio 1981, n. 11 dal titolo
“Modifiche della legge provinciale 11 dicembre 1975, n. 53”, promosso
con ordinanza emessa il 26 ottobre 1987 dal Tribunale regionale di
giustizia amministrativa di Trento sul ricorso proposto da Piccoli
Andrea contro il Comune di Mori ed altro, iscritta al n. 813 del
registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 54, prima serie speciale, dell’anno 1987;
Visto l’atto di costituzione della Provincia Autonoma di Trento;
Udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore
Antonio Baldassarre;
Udito l’Avv. Umberto Pototschnig per la Provincia autonoma di
Trento;
Comune di Mori e nei confronti della Provincia Autonoma di Trento per
l’annullamento del provvedimento del Comune di Mori n. 9952 del 23
gennaio 1987, con il quale era stata respinta la domanda di
concessione per la costruzione di un edificio nel territorio di quel
comune, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento
ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost., questione di
legittimità costituzionale dell’articolo unico della legge
provinciale di Trento 27 luglio 1981, n. 11, che eleva a dieci anni
la durata dei vincoli urbanistici imposti con i programmi di
fabbricazione, lasciando invariata la durata di quelli imposti con
altri strumenti urbanistici.
Premesso che i vincoli urbanistici possono essere imposti da tutti
gli strumenti urbanistici previsti dall’ordinamento della Provincia
autonoma di Trento – e precisamente, sia dal piano urbanistico
provinciale, sia dal piano comprensoriale, sia dal piano regolatore
generale e dai programmi di fabbricazione – il giudice a quo osserva
che, mentre i vincoli imposti con i primi tre strumenti urbanistici
possono avere la durata massima di cinque anni, quelli imposti con i
programmi di fabbricazione possono avere una durata doppia.
Da qui deriva la violazione degli artt. 3 e 42 Cost., in quanto la
disposizione impugnata creerebbe una irragionevole disparità di
trattamento tra cittadini della medesima provincia, i quali vedono
compresso il loro diritto di proprietà da vincoli la cui efficacia
temporale varia a seconda dello strumento di pianificazione
territoriale adottato. Disparità che sarebbe aggravata, sempre
secondo il giudice a quo, dalla discrezionalità che le
amministrazioni locali hanno nello scegliere l’uno o l’altro
strumento urbanistico, nonché dal rilievo che, per i Comuni dotati
di programmi di fabbricazione, la successiva approvazione di un piano
comprensoriale potrebbe determinare la imposizione di vincoli per un
lasso di tempo complessivamente superiore ai limiti massimi
consentiti.
Né, ad avviso del giudice a quo, la disposizione impugnata è
giustificata da situazioni eccezionali e temporanee, le quali, in
base alla giurisprudenza di questa Corte (v. sent. n. 82 del 1982),
potrebbero valere ad escludere la illegittimità costituzionale di
norme regionali (o provinciali) che prevedono una durata dei limiti
imposti dai programmi di fabbricazione superiore a quella stabilita
dalle leggi statali per il restante territorio nazionale.
Al contrario, la disparità di trattamento dei diritti di
proprietà dei privati residenti nella Provincia risulterebbe
confermata e rafforzata dal fatto che la disposizione impugnata,
disponendo che i vincoli posti dai programmi di fabbricazione abbiano
un’efficacia massima maggiore di quella dei vincoli previsti dai
piani regolatori generali o dai piani urbanistici comprensoriali,
pongono il privato che si trovi soggetto ai primi in una situazione
deteriore, essendo approvati i programmi di fabbricazione senza la
garanzia del giusto procedimento, che, viceversa, caratterizza
l’approvazione degli altri strumenti urbanistici.
2. – La Provincia autonoma di Trento è intervenuta in giudizio
eccependo, in primo luogo, l’inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale sollevata dal T.A.R. di Trento.
La Provincia osserva, infatti, che nell’ordinanza di rimessione
non sono indicate le norme costituzionali che si ritengono violate
dalla disposizione impugnata, in quanto il riferimento agli artt. 3 e
42 contenuto nell’ordinanza attiene soltanto alla eccezione di
legittimità costituzionale sollevata da una delle parti. Dal
complesso dell’ordinanza emerge, semmai, solo un riferimento alla
pretesa violazione dell’art. 3 Cost., mentre la questione della
legittimità di leggi provinciali che pongono vincoli urbanistici di
maggior durata di quelli previsti da leggi statali avrebbe dovuto
essere sollevata con riferimento alle disposizioni statutarie che
individuano le competenze della provincia.
Nel merito, la Provincia autonoma chiede che le questioni vengano
dichiarate non fondate.
Quanto alla pretesa violazione del principio di eguaglianza, la
Provincia osserva, innanzitutto, che è errato il riferimento
contenuto nell’ordinanza alla discrezionalità della scelta dello
strumento urbanistico, dal momento che la legge provinciale 11
dicembre 1975, n. 53 ha ridisciplinato i piani comprensoriali
assorbendo in essi i piani regolatori generali e stabilendo che
questi ultimi possono essere adottati soltanto dai Comuni che alla
data del 1975 ne erano già dotati. In ogni caso, la Provincia
ritiene che non si possa parlare di violazione del principio di
eguaglianza, in quanto la differente efficacia nel tempo di strumenti
urbanistici tra loro diversi va valutata con riferimento agli effetti
che si intendono raggiungere con l’adozione dell’uno o dell’altro. La
stessa legislazione statale, d’altronde, prevede un’efficacia
differente per i diversi strumenti urbanistici da essa previsti,
un’efficacia che per alcuni piani è persino superiore a quella
stabilita dalla norma impugnata.
Ad ogni modo, secondo la Provincia, la legge provinciale n. 11
del 1981 si propone, non tanto di elevare a dieci anni l’efficacia
temporale dei vincoli posti con i programmi di fabbricazione, quanto
di estendere il termine massimo già previsto in dieci anni per i
piani generali di zona anche ai programmi di fabbricazione. Nessuna
illegittimità potrebbe essere ravvisata in ciò, perché sia i
programmi di fabbricazione, sia i piani generali di zona – i quali
costituiscono il più importante strumento di cui dispongono i comuni
della Provincia di Trento per attuare in via generale le previsioni
del piano comprensoriale – hanno efficacia attuativa immediata.
D’altronde, conclude la Provincia, la stessa legislazione statale
prevede (art. 2 legge n. 1187 del 1968) che i vincoli posti da un
piano regolatore generale possano avere efficacia per quindici anni,
posto che per l’attuazione dei piani particolareggiati il limite
massimo è di dieci anni.
3. – In prossimità dell’udienza, la Provincia autonoma di Trento
ha depositato una memoria difensiva con la quale, in aggiunta alle
argomentazioni già svolte a favore della infondatezza delle
questioni sollevate, sottolinea che, con sentenza n. 92 del 1982,
questa Corte ha affermato che l’art. 42 Cost. non è violato
allorquando la durata dei vincoli di inedificabilità sia limitata
nel tempo. Questo principio, secondo la Provincia, è pienamente
osservato dalla legge impugnata, la quale ragionevolmente prevede la
medesima efficacia temporale per i vincoli posti dai programmi di
fabbricazione e per quelli contenuti nei piani di attuazione.
Trento 27 luglio 1981, n. 11 (“Modifica della legge provinciale 11
dicembre 1975, n. 53”) – il quale equipara l’efficacia temporale
massima dei vincoli urbanistici posti alle aree per attrezzature
pubbliche e collettive dai programmi di fabbricazione a quella (dieci
anni) stabilita per i piani generali di zona dall’art. 15, secondo
comma, della legge provinciale 11 dicembre 1975, n. 53 – è
sospettato d’incostituzionalità dal Tribunale regionale di giustizia
amministrativa di Trento per contrasto con gli artt. 3 e 42 della
Costituzione.
Secondo il giudice a quo, detti parametri costituzionali appaiono
violati, in quanto, con il riconoscimento di un’efficacia temporale
massima dei vincoli posti dai programmi di fabbricazione più elevata
di quella relativa ai vincoli previsti dai piani urbanistici
comprensoriali e dai piani regolatori generali, si creerebbe una
disparità di trattamento fra i proprietari residenti nei vari Comuni
della Provincia di Trento, nel senso che alcuni di essi verrebbero
assoggettati a vincoli di durata massima diversa in conseguenza della
scelta (discrezionale) di questo o di quello strumento urbanistico da
parte delle amministrazioni pubbliche. Tale disparità sarebbe, poi,
aggravata, ad avviso del giudice a quo, dal fatto che i programmi di
fabbricazione, a differenza dei piani urbanistici comprensoriali e
dei piani regolatori generali, sono approvati senza la garanzia del
c.d. giusto procedimento e dal fatto che la disposizione impugnata
prevede una durata massima (dieci anni) dei vincoli d’inedificazione
per attrezzature pubbliche posti dai programmi di fabbricazione
adottati dai Comuni della Provincia di Trento superiore alla durata
prevista per gli stessi vincoli urbanistici dalla legislazione
statale (cinque anni), senza che questa differenza risulti
giustificata da situazioni temporanee o eccezionali.
2. – Va preliminarmente esaminata l’eccezione d’inammissibilità
presentata dalla Provincia autonoma di Trento, secondo la quale
nell’ordinanza di rimessione non sarebbe contenuta alcuna
specificazione delle norme costituzionali che si assumono violate.
Più precisamente, poiché l’unica indicazione degli artt. 3 e 42
della Costituzione è inserita nella parte dell’ordinanza in cui il
giudice a quo riferisce il contenuto dell’eccezione sollevata dalle
parti nel giudizio principale e poiché la motivazione della stessa
sembra oscillare tra la lesione del principio costituzionale di
eguaglianza e quella del limite statutario dei principi generali, la
Provincia ritiene che dall’ordinanza non risulti con sufficiente
chiarezza quale sia esattamente la questione sollevata e, in
particolare, se sia considerato leso il limite costituzionale o
quello statutario e se il giudice a quo faccia propri, o meno, i
dubbi di costituzionalità sollevati dalle parti.
L’eccezione non può essere accolta.
Ad un esame complessivo dell’ordinanza, risulta sufficientemente
chiaro come il giudice a quo, accogliendo l’eccezione sollevata dalle
parti del giudizio principale, abbia inteso contestare la
legittimità costituzionale dell’articolo unico della legge
provinciale n. 11 del 1981 in riferimento agli artt. 3 e 42 della
Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento
causata ai privati dalla previsione di una differente durata massima
di vincoli posti da strumenti urbanistici diversi, ma presuntivamente
diretti a svolgere una funzione analoga nell’ambito del sistema
urbanistico vigente nella Provincia di Trento. Parimente chiaro
risulta che le altre argomentazioni addotte dal giudice a quo, lungi
dal porre ulteriori questioni di costituzionalità, sono utilizzate
come elementi rafforzativi dell’assunzione relativa all’arbitraria
discriminazione che sarebbe prodotta dalla disposizione impugnata.
3. – La questione non è fondata.
Al fine di dimostrare l’ingiustificata disparità di trattamento
che i cittadini residenti nei vari Comuni della Provincia di Trento
subirebbero nel godimento dei loro diritti di proprietà in
conseguenza della estensione a dieci anni della durata massima dei
vincoli di aree per attrezzature pubbliche e collettive previsti dai
programmi di fabbricazione (durata che viene così parificata a
quella dei piani generali di zona), il giudice a quo muove dalla
convinzione che, essendo diretti i predetti programmi a svolgere
nell’ordinamento urbanistico della Provincia di Trento una funzione
analoga a quella dei piani comprensoriali e dei piani regolatori
generali, non potrebbero avere una durata massima diversa da quella
propria di questi ultimi, onde impedire che la pubblica
amministrazione possa discrezionalmente optare a favore dei programmi
di fabbricazione sol perché comportano vincoli di durata superiore.
Va precisato, innanzitutto, che l’assunto del giudice a quo non
può considerarsi corretto, poiché l’ordinamento urbanistico vigente
nella Provincia di Trento è caratterizzato da un sistema articolato
di piani, ognuno dei quali viene chiamato a svolgere una propria
specifica funzione.
Lo strumento di governo territoriale più generale adottabile
dalla Provincia di Trento con funzioni di piano di coordinamento è
il Piano urbanistico provinciale (art. 6, legge prov. 2 marzo 1964,
n. 2), in armonia con il quale dev’essere adottato il Piano
comprensoriale (art. 17, primo e secondo comma, legge prov. n. 2 del
1964; artt. 3 e 11, legge prov. n. 53 del 1975), che ha il valore e
gli effetti di un piano regolatore generale, esteso al territorio di
tutti i Comuni facenti parte del comprensorio (art. 5, legge prov. n.
53 del 1975). Al di sotto di tali piani di livello superiore sono,
poi, previsti i piani di attuazione, il più importante dei quali è
dato dal piano generale di zona, che, avendo valore ed effetti
analoghi a quelli di un piano regolatore particolareggiato (art. 18,
legge prov. n. 53 del 1975), costituisce lo strumento urbanistico
utilizzabile ogni volta che si voglia addivenire a una pianificazione
urbanistica di attuazione, dotata di carattere generale, estesa al
territorio di un Comune (nel qual caso è adottato dai singoli
Comuni) ovvero al territorio di più Comuni (nel qual caso è
adottato dall’assemblea del Comprensorio).
In conseguenza di tale disciplina stabilita con la legge n. 53 del
1975, il legislatore provinciale ha coerentemente disposto, con norme
di carattere transitorio (artt. 37 e 40 della stessa legge prov. n.
53 del 1975), che non è più consentita l’adozione di piani
regolatori generali e di piani regolatori particolareggiati a partire
dalla data di entrata in vigore della predetta legge, salva
l’efficacia di quei piani regolatori che, alla suddetta data, fossero
già stati approvati dalla Giunta provinciale o anche semplicemente
adottati dai Comuni.
Nell’ambito di questo sistema di pianificazione del territorio, i
programmi di fabbricazione, che nel precedente regime giuridico erano
obbligatori per tutti i Comuni non muniti di un piano regolatore
generale (art. 16, legge prov. n. 2 del 1964), con la legge
provinciale del 1975 sono stati temporaneamente conservati con lo
stesso ruolo e allo stesso livello di pianificazione superiore (e non
di attuazione) previsti precedentemente. Per tale ragione è stato
disposto che la loro efficacia venga a cessare con l’entrata in
vigore dei piani comprensoriali (artt. 5 e 26, legge prov. n. 53 del
1975), i quali, come s’è prima precisato, hanno nella Provincia di
Trento lo stesso valore e gli stessi effetti che la legislazione
statale collega ai piani regolatori generali.
4. – Dal quadro generale dell’ordinamento urbanistico vigente
nella Provincia di Trento si desume che, se non può accogliersi
l’interpretazione patrocinata dalla difesa della Provincia – secondo
la quale la disposizione impugnata si giustifica in quanto i
programmi di fabbricazione partecipano della stessa natura attuativa
dei piani generali di zona, non può accettarsi neppure la
ricostruzione operata dal giudice a quo, per il quale i piani
comprensoriali, i piani regolatori generali e i programmi di
fabbricazione sono strumenti urbanistici caratterizzati da una certa
interscambiabilità, che, pertanto, possono essere prescelti
dall’amministrazione pubblica su basi meramente discrezionali o,
addirittura, in ragione della diversa durata massima dei vincoli
posti da ciascuno di essi.
Quest’ultima interpretazione, infatti, trascura di considerare,
innanzitutto, che la legge provinciale 11 dicembre 1975, n. 53,
avendo sostituito i piani regolatori generali, deliberati dai singoli
Comuni, con i piani comprensoriali, ha fatto venir meno la
possibilità, per i Comuni stessi, di dotarsi del programma di
fabbricazione in luogo del piano regolatore generale. In secondo
luogo, essa dimentica che la stessa legge del 1975, avendo previsto
la cessazione di efficacia dei programmi di fabbricazione alla data
di entrata in vigore dei piani comprensoriali, mostra chiaramente che
questi ultimi si sostituiscono nel sistema urbanistico provinciale,
oltreché ai piani regolatori generali, anche ai programmi di
fabbricazione. In altre parole, una corretta interpretazione della
legislazione urbanistica della Provincia di Trento porta alla
conclusione che, non ricorrendo nella stessa l’interscambiabilità
tra i programmi di fabbricazione e i piani regolatori generali o i
piani comprensoriali sospettata dal giudice a quo, vien meno il
presupposto stesso che ha indotto quest’ultimo a porre una questione
di disparità di trattamento dei cittadini, vale a dire la presunta
equivalenza di funzione e di applicabilità degli strumenti
urbanistici considerati.
Del resto, non va neppure dimenticato che il legislatore
provinciale gode nella disciplina dell’urbanistica di un’ampia
discrezionalità, che gli deriva dal fatto che in questa materia la
Provincia di Trento possiede, a norma dell’art. 8, n. 5, dello
Statuto di autonomia, una competenza legislativa esclusiva. Sotto
tale aspetto, pertanto, non vale osservare, come fa il giudice a quo,
che la legge provinciale si discosta illegittimamente dalla
legislazione nazionale (v. art. 2, legge 19 novembre 1968, n. 1187),
la quale prevede, per i vincoli preordinati all’espropriazione o
comportanti inedificabilità, un’efficacia massima (cinque anni) di
durata inferiore a quella prevista dalla disposizione impugnata.
Infatti, a parte il rilievo che la stessa legislazione nazionale
permette che la predetta efficacia possa essere protratta anche oltre
il termine prima ricordato, occorre sottolineare che, come questa
Corte ha già avuto modo di precisare (sent. n. 82 del 1982), la
determinazione della durata dei vincoli urbanistici, sempreché non
appaia irragionevole o arbitraria, rientra nella piena disponibilità
del legislatore regionale o provinciale nell’esercizio di una
potestà, come quella esclusiva, che è, per l’appunto, diretta ad
adattare la disciplina urbanistica alle particolari esigenze
regionali o provinciali anche al di là dei principi vigenti nella
legislazione statale su singole materie.
E che il legislatore provinciale non abbia irragionevolmente
protratto la durata massima dei vincoli urbanistici è dimostrato
dalla ratio sottesa alla disposizione impugnata. Messo di fronte ai
ritardi nell’adozione dei piani comprensoriali e alla necessità di
conservare in vita i programmi di fabbricazione preesistenti (che
interessavano la grandissima maggioranza dei Comuni, dato che
soltanto due erano muniti di piano regolatore generale), il
legislatore provinciale, al fine di non pregiudicare, per un verso,
l’attuazione della riforma urbanistica del 1975 e, per un altro, il
compimento delle più importanti opere pubbliche, ha ragionevolmente
ritenuto di portare da cinque a dieci anni la durata massima dei
programmi di fabbricazione, limitatamente ai vincoli posti per le
aree preordinate all’esproprio per la costruzione di attrezzature
pubbliche e collettive.
Né si può dire, come afferma ancora il giudice a quo, che la
durata massima dei vincoli urbanistici prevista dalla legge impugnata
sia eccessiva e ponga, pertanto, limiti arbitrari al diritto di
proprietà dei privati. Questa Corte, con giurisprudenza ormai
costante (v. sentt. nn. 55 del 1968, 82, 92 e 239 del 1982, 513 del
1988, nonché ord. n. 247 del 1985), ha affermato che i vincoli
preordinati ad espropriazioni, quando non danno luogo ad indennizzo,
devono essere temporanei, precisando, peraltro, che il termine di
efficacia non può essere di tale durata da vanificare in sostanza il
requisito della temporaneità. Questi principi non sono, certo,
violati dalla disposizione impugnata, non tanto perché – come
sostiene la difesa della Provincia – nella legislazione nazionale
ricorrono svariate ipotesi di vincoli posti da piani urbanistici
dotati di un’efficacia maggiore od eguale, quanto perché, nel caso
di specie, la durata prevista, come s’è ora ricordato, è legata
alla transitorietà e alla eccezionalità della situazione creatasi
in conseguenza del passaggio da una disciplina urbanistica a
un’altra, nella quale i programmi di fabbricazione sono destinati a
scomparire.
5. – Deve, infine, considerarsi assorbito dalle precedenti
osservazioni sulla mancanza dei presupposti affinché possa parlarsi,
nel caso, di disparità di trattamento l’ulteriore rilievo formulato
dal giudice a quo relativamente al fatto che i programmi di
fabbricazione, a differenza dei piani comprensoriali o dei piani
regolatori generali, sono adottati senza la garanzia del c.d. giusto
procedimento.
Tuttavia, a parte la dubbia congruenza di un motivo, come quello
appena riferito, con la questione sollevata (che, come s’è detto,
riguarda una disposizione sulla durata massima dei vincoli
urbanistici), non si può fare a meno di ricordare che questa Corte
ha già precisato come l’assenza della garanzia del c.d. giusto
procedimento nell’iter formativo dei programmi di fabbricazione, pur
potendo dar luogo a diverse valutazioni sull’opportunità, non è
tale, in confronto con quanto previsto per i piani regolatori, da
indurre a ritenere violato il principio costituzionale di eguaglianza
(sent. n. 23 del 1978; nonché sent. n. 239 del 1982).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo unico della legge della Provincia autonoma di Trento 27
luglio 1981, n. 11 (“Modifiche della legge provinciale 11 dicembre
1975, n. 53”), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 42 della
Costituzione, dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di
Trento con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 1988.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: BALDASSARRE
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1988.
Il direttore della cancelleria: MINELLI