Sentenza N. 117 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
06/07/1970
Data deposito/pubblicazione
06/07/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/06/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE –
Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
comma, del codice di procedura penale, in relazione all’articolo 510,
primo comma, dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 15
ottobre 1968 dal pretore di Iseo nel procedimento penale a carico di
Isola Giacomo, iscritta al n. 163 del registro ordinanze 1969 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 dell’11
giugno 1969.
Udito nella camera di consiglio del 21 maggio 1970 il Giudice
relatore Nicola Reale.
Con ordinanza pronunziata il 15 ottobre 1968 nel corso del
procedimento penale a carico di Isola Giacomo, opponente a decreto
penale di condanna per emissione di assegno a vuoto, il pretore di Iseo
ha sollevato, in riferimento all’articolo 24, secondo comma, della
Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art.
170, terzo comma, in relazione all’art. 510, primo comma, del codice di
procedura penale.
La violazione del ricordato precetto costituzionale, secondo il
pretore, deriverebbe dal fatto che lo svolgimento del giudizio di
opposizione sarebbe impedito dalla limitazione dei poteri del difensore
di ufficio ed in particolare dalla esclusione della possibilità che
egli rappresenti, per gli accennati fini, l’imputato. La comparizione
di questo, d’altra parte, non sarebbe neppure assicurata dalla
notificazione del decreto di citazione col rito degli irreperibili,
volta soltanto a costituire una presunzione legale di conoscenza, non
la effettiva comunicazione della fissazione del dibattimento.
In difetto di costituzioni di parti la Corte ha proceduto all’esame
della questione in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 26,
secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme
integrative.
1. – L’ordinanza del pretore di Iseo solleva il dubbio che sia in
contrasto con la garanzia costituzionale del diritto di difesa il terzo
comma dell’art. 170 del codice di procedura penale, nella parte in cui
è disposto che le notificazioni all’imputato irreperibile, eseguite
con le modalità stabilite nei precedenti commi, “non conferiscono al
difensore il diritto di sostituirsi all’imputato negli atti che questi
deve compiere personalmente o per mezzo di procuratore speciale”.
La questione è prospettata con specifico riferimento alla ipotesi
di giudizio conseguente all’opposizione al decreto penale di condanna,
per la quale l’art. 510, primo comma, del detto codice prescrive che,
“se l’opponente non si presenta all’udienza, senza giustificare un
legittimo impedimento, il pretore pronunzia sentenza con la quale
ordina l’esecuzione del decreto stesso”.
Lo svolgimento del giudizio in sede di opposizione sarebbe quindi
impedito, secondo l’assunto del giudice del merito, dalla esclusione di
poteri di rappresentanza legale nel difensore nominato di ufficio
all’imputato; la cui comparizione all’udienza non sarebbe, peraltro,
assicurata dalla notificazione, mediante deposito in cancelleria, del
decreto di citazione, la quale implica, si osserva, una presunzione di
conoscenza e non l’effettiva comunicazione della data del dibattimento.
La questione non è fondata.
2. – In merito alla disciplina della opposizione a decreto penale
di condanna, questa Corte ha più volte negato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 510 c.p.p. (sent. n. 46/1957; 170/1963) ed ha
osservato che gli effetti della mancata comparizione dell’opponente
sono conseguenza del riconoscimento legislativo della carenza di un
interesse, in lui, alla prosecuzione del procedimento di opposizione.
All’inattività dell’imputato conseguono, infatti, sia l’esclusione
dell’esercizio ulteriore del diritto di difesa ai fini del riesame del
merito della contestazione, sia la limitazione di esso al solo
controllo della volontarietà o meno della mancata comparizione. La
comparizione, infatti, integra un onere processuale, il cui adempimento
implica una manifestazione di volontà dell’opponente, al quale
unicamente è rimessa, nel sistema del giudizio monitorio penale, la
eventualità dello svolgersi del dibattimento (sent. n. 26 del 1966).
Nel quadro del sistema medesimo trova giustificazione razionale la
disposizione del terzo comma dell’art. 170 nello specifico profilo
applicativo, che è stato a torto denunziato dal giudice a quo.
L’attribuzione, invero, al difensore d’ufficio del potere di
sostituirsi all’imputato irreperibile ai fini della comparizione
all’udienza dibattimentale, risulterebbe incompatibile con la accennata
disciplina del procedimento di opposizione, al quale apporterebbe grave
e non necessaria deviazione.
Giova ricordare, peraltro, che, a prescindere dalla possibilità
che l’imputato si avvalga, ove ricorrano le condizioni di cui all’art.
125 c.p.p., del diritto di farsi rappresentare dal difensore munito di
procura speciale, la sua tutela è assicurata, anche in tale fase del
procedimento, dal diritto di ricorrere per cassazione contro la
pronunzia che, nel dare atto della mancata comparizione, abbia
dichiarato esecutivo il decreto di condanna oggetto di opposizione.
E non vale obiettare, come si rileva nell’ordinanza di rimessione,
che la volontarietà del comportamento processuale dell’opponente, nel
caso che il decreto di citazione sia stato notificato col rito degli
irreperibili, è fondata soltanto sulla presunzione che l’opponente
stesso ne abbia preso conoscenza a seguito del deposito in cancelleria.
Tale forma di notificazione, che si ha per eseguita dopo che del
deposito del decreto di citazione è dato avviso al difensore di
fiducia o nominato di ufficio, è configurata dall’ordinamento quale
ultimo e necessario strumento processuale onde rendere possibile
l’ulteriore svolgersi del giudizio, a salvaguardia dell’interesse
pubblico connesso all’esercizio della giurisdizione penale. Va
ricordato che tale forma di notifica può essere disposta soltanto a
seguito dell’accertamento, da parte del magistrato, della
impossibilità che la notificazione, in difetto di consegna personale,
sia eseguita, con speciali modalità, nei luoghi previsti dalla legge,
risultanti dagli atti ed in ispecie da dichiarazioni dell’imputato, o
risultanti dalle ulteriori ricerche, che devono essere ordinate a norma
dell’art. 170, secondo comma, cod. proc. penale. Il tutto in
adempimento di obblighi imposti all’ufficio giudiziario a tutela dei
diritti dell’imputato, su cui peraltro, ai sensi dell’art. 171, terzo
comma, incombe l’onere di comunicare all’ufficio medesimo le eventuali
mutazioni relative ai luoghi dichiarati o al domicilio eletto.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, in riferimento all’art. 24, secondo comma,
della Costituzione, la questione sollevata con l’ordinanza di cui in
epigrafe, sulla legittimità costituzionale dell’art. 170, terzo comma,
del codice di procedura penale, in relazione all’art. 510 dello stesso
codice.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIOVANNI BATTISTA
BENEDETTI – FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VEZIO CRISAFULLI – NICOLA REALE –
PAOLO ROSSI.