Sentenza N. 118 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
06/07/1970
Data deposito/pubblicazione
06/07/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/06/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO –
Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI –
Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE –
Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
secondo comma, del D.P.R. 19 maggio 1958, n. 719 (disciplina igienica
della produzione e del commercio delle acque gassate), degli artt. 5, 6
e 7 del R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 1929, sulle frodi nella torrefazione
del caffè, e degli artt. 1 e 3 della legge 30 aprile 1962, n. 283,
sulla disciplina igienica della produzione e vendita delle sostanze
alimentari e delle bevande, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 26 settembre 1969 dal pretore di Santa Maria
Capua Vetere nel procedimento penale a carico di Di Vilio Lorenzo,
iscritta al n. 419 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 311 del 10 dicembre 1969;
2) ordinanza emessa il 15 novembre 1969 dal pretore di Melito Porto
Salvo nel procedimento penale a carico di Crogliano Francesco, iscritta
al n. 460 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 24 del 28 gennaio 1970;
3) ordinanza emessa il 5 novembre 1969 dal tribunale di Reggio
Calabria nel procedimento penale a carico di Loddo Andrea, iscritta al
n. 60 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 76 del 25 marzo 1970.
Udito nella camera di consiglio del 21 maggio 1970 il Giudice
relatore Francesco Paolo Bonifacio.
1. – Con ordinanza del 26 settembre 1969, emessa nel procedimento
penale a carico di Lorenzo Di Vilio, il pretore di Santa Maria Capua
Vetere ha proposto una questione di legittimità costituzionale
dell’art. 35 del D.P.R. 19 maggio 1958, n. 719, sulla disciplina
igienica della produzione e del commercio delle acque gassate,
limitatamente alla parte concernente la prima analisi dei campioni.
Il giudice a quo, richiamati i principi affermati da questa Corte
nella sentenza n. 86 del 1968, rileva che le operazioni di prelevamento
dei campioni e di analisi delle acque gassate costituiscono vera e
propria attività di polizia giudiziaria, in relazione alla quale,
tuttavia, non è consentito l’esercizio del diritto di difesa: di tal
che l’art. 35, secondo comma, del decreto dovrebbe essere dichiarato
costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 24 della
Costituzione.
2. – Ai principi enunciati nella sentenza n. 86 del 1968 si
richiama anche il tribunale di Reggio Calabria – oR.D. 5 novembre 1969,
emessa nel procedimento penale a carico di Andrea Loddo – nel proporre
una questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6 e 7 del
R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 1929, sulle frodi nella torrefazione del
caffè e degli artt. 1 e 3 della legge 30 aprile 1962, n. 283, sulla
disciplina igienica della produzione e vendita delle sostanze
alimentari e delle bevande.
Ad avviso del tribunale, le predette disposizioni, in quanto
prevedono la possibilità di eseguire analisi chimiche nel corso di
indagini preliminari di polizia giudiziaria e, quindi, l’esecuzione di
veri e propri atti istruttori senza che in alcun modo siano rispettate
le garanzie costituzionali della difesa, violerebbero gli artt. 3 e 24,
secondo comma, della Costituzione.
3. – In base a motivi analoghi gli artt. 5, 6 e 7 del predetto
decreto n. 1929 del 1925 sono stati denunziati, in riferimento all’art.
24 della Costituzione, dal pretore di Melito Porto Salvo con ordinanza
del 15 novembre 1969, emessa nel procedimento penale a carico di
Francesco Crogliano.
4. – Innanzi a questa Corte nessuna delle parti si è costituita e
non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. Ai sensi
dell’art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, le cause
vengono decise in camera di consiglio.
1. – Poiché le tre ordinanze indicate in epigrafe propongono
identiche o analoghe questioni di legittimità costituzionale, i
relativi giudizi vengono riuniti e decisi con unica sentenza.
2. – La questione proposta dal pretore di Santa Maria Capua Vetere
e relativa al D.P.R. 19 maggio 1958, n. 719, deve essere dichiarata
inammissibile. Essa, infatti, ha ad oggetto disposizioni contenute in
un decreto presidenziale che – emanato su proposta del Presidente del
Consiglio dei ministri di concerto con vari ministri, sentito il
Consiglio dei ministri e previo parere del Consiglio di Stato – ha
natura di regolamento (e come tale si autoqualifica nel preambolo) ed
è quindi privo di forza di legge.
3. – L’art. 1 della legge 30 aprile 1962, n. 283 (avente ad oggetto
la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze
alimentari e delle bevande) è già stato sottoposto a controllo di
legittimità costituzionale in occasione dei giudizi definiti con
sentenza n. 149 del 1969. La Corte ebbe allora ad accertare che le
ispezioni, i prelievi dei campioni e la loro prima analisi “si
inquadrano nella vigilanza amministrativa a tutela della salute
pubblica e, in quanto intervengono prima che ci sia un indiziato di
reato, non possono essere considerati atti processuali di istruttoria”;
affermò, invece, che diversa è la situazione quando l’analisi abbia
dato esito sfavorevole, giacché da quel momento un indiziato di reato
c’è e di conseguenza, nel rispetto dell’art.24 della Costituzione, il
procedimento di revisione delle analisi, i cui risultati sono
certamente utilizzabili nel giudizio penale, deve essere assistito da
adeguate garanzie difensive. In base a tali considerazioni l’art. 1
della legge in esame venne dichiarato illegittimo nella sola parte in
cui, per la fase di revisione delle analisi, esso escludeva
l’applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di
procedura penale.
L’attuale questione deve essere quindi dichiarata manifestamente
infondata. Tale dichiarazione deve investire non solo l’art. 1, ma
anche l’art. 3 della legge. Ed infatti questa seconda disposizione –
che non fu formalmente esaminata nel precedente giudizio – si limita ad
indicare quali pubblici dipendenti possono effettuare ispezioni e
prelievi di campioni ed a riconoscere ai medesimi la qualifica di
agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria: essa si riferisce,
dunque, ad una fase che è anteriore al sorgere di indizi di reità, ed
in relazione a tale fase la Corte già riconobbe la non fondatezza
della questione.
4. – Per quanto riguarda gli artt. 5, 6 e 7 del R.D.L. 15 ottobre
1925, n. 1929 (contenente “provvedimenti per combattere le frodi nella
torrefazione del caffè”), denunziati in riferimento agli artt. 3 e 24
della Costituzione, la questione deve essere decisa facendo
applicazione dei principi enunciati nella già ricordata decisione n.
149 del 1969. Anche a proposito delle disposizioni ora in esame si deve
ribadire che le operazioni attinenti alla prima analisi rientrano
nell’ambito di un’attività puramente amministrativa. La revisione,
invece, interviene quando l’esito sfavorevole della prima analisi fa
considerare il soggetto interessato come indiziato di reato (a maggior
ragione quando, come nel caso di specie (cfr. art. 6, secondo comma), a
tale esito sfavorevole segue l’immediata denuncia all’autorità
giudiziaria): negargli, a partire da quel momento, ogni intervento
difensivo in relazione ad accertamenti che possono essere posti dal
giudice a fondamento di una pronunzia di colpevolezza equivale a
negargli quel diritto che l’art. 24 della Costituzione garantisce come
inviolabile.
Ciò posto, la questione deve essere dichiarata non fondata per
quanto attiene all’art. 5, che indica gli istituti presso i quali i
campioni devono essere analizzati, ed all’art. 6, che concerne gli
adempimenti conseguenti all’esito sfavorevole della prima analisi.
L’art. 7, primo comma, deve essere invece dichiarato costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui, per la revisione delle analisi, esclude
l’applicazione degli articoli 390, 304 bis, ter e quater del codice di
procedura penale.
5. – Dalla dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale
dell’art. 7, primo comma, del R.D.L. n. 1929 del 1925 – così come,
analogamente, dalla parziale illegittimità dichiarata nella sentenza
n. 149 del 1969 a proposito del R.D.L. n. 2033 del 1925, della legge n.
283 del 1962 e della legge n. 580 del 1967 – deriva che, ferma
restando la fase di revisione delle analisi che i pubblici istituti
indicati dalla legge hanno l’obbligo di eseguire su richiesta degli
interessati, ad essa devono applicarsi le garanzie difensive previste
dalle richiamate disposizioni del codice processuale.
Tale conseguenza discende in modo non equivoco dalla struttura del
dispositivo e dagli effetti che ad esso vanno collegati: effetti che –
a parte la loro decorrenza – in nulla differiscono da quelli di una
legge che avesse sottoposto la revisione delle analisi alla stessa
disciplina che, per quanto riguarda gli interventi del difensore, il
codice di procedura detta per le ordinarie perizie istruttorie.
La Corte ritiene doverosa questa precisazione di fronte alla
circolare n. 53 emanata il 13 marzo 1970 dal Ministro della sanità,
che, in quanto adotta una diversa qualificazione del procedimento di
revisione rispetto a quella enunciata dalla Corte a fondamento delle
statuizioni contenute nella sentenza n. 149 del 1969 (nell’esercizio,
dunque, di sue istituzionali attribuzioni) e conferisce alla
dichiarazione di illegittimità costituzionale una portata ben più
ampia di quella che ad essa va riconosciuta, può avere l’effetto di
paralizzare il diritto dell’interessato di richiedere la revisione;
può, cioè, aver per conseguenza che al cittadino sia negata la
possibilità di una difesa che la Corte, facendo applicazione di un
principio costituzionale, ha statuito sia arricchita da adeguate
garanzie, non certo abolita del tutto.
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, primo
comma, del R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 1929 (contenente “provvedimenti
per combattere le frodi nella torrefazione del caffè”) nella sola
parte in cui per la revisione delle analisi esclude l’applicazione
degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 5 e 6 dello stesso decreto, proposta dall’ordinanza del
pretore di Melito Porto Salvo in riferimento all’art. 24 della
Costituzione e dall’ordinanza del tribunale di Reggio Calabria anche in
riferimento all’art. 3 della Costituzione;
c) dichiara, nei sensi di cui in motivazione, la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt.
1 e 3 della legge 30 aprile 1962, n. 283 (contenente la “disciplina
igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e
delle bevande”), proposta dall’ordinanza del tribunale di Reggio
Calabria in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
d) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 35 del D.P.R. 19 maggio 1958, n. 719
(contenente il “regolamento per la disciplina igienica della produzione
e del commercio delle bibite analcooliche gassate e non gassate
racchiuse in recipienti chiusi”), proposta dall’ordinanza del pretore
di Santa Maria Capua Vetere in riferimento all’art. 24 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIOVANNI BATTISTA
BENEDETTI – FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VEZIO CRISAFULLI – NICOLA REALE –
PAOLO ROSSI.