Sentenza N. 118 del 1981
Corte Costituzionale
Data generale
07/07/1981
Data deposito/pubblicazione
07/07/1981
Data dell'udienza in cui è stato assunto
23/06/1981
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO
ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI –
Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO
MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI – Prof.
GIUSEPPE FERRARI, Giudici,
il 3 maggio 1978 e riapprovata il 16 giugno 1978 dal Consiglio
regionale del Friuli-Venezia Giulia, avente per oggetto “Interventi
regionali per il potenziamento e la massima diffusione del servizio
pubblico radiotelevisivo nel Friuli-Venezia Giulia”, promosso con
ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 5
luglio 1978, depositato in cancelleria l’11 luglio successivo ed
iscritto al n. 17 del registro ricorsi 1978.
Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell’udienza pubblica del 4 marzo 1981 il Giudice relatore
Giulio Gionfrida;
udito l’avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il ricorrente.
1. – Nella seduta del 16 giugno 1978, il Consiglio regionale del
Friuli-Venezia Giulia ha riapprovato la legge regionale, concernente
“Interventi regionali per il potenziamento e la massima diffusione del
servizio pubblico radiotelevisivo nel Friuli-Venezia Giulia”, che,
approvata per la prima volta nella seduta consiliare del 3 maggio 1978,
era stata rinviata dal Governo ai sensi dell’art. 29 dello Statuto di
autonomia.
Avverso la predetta legge, il Governo della Repubblica ha proposto
impugnativa in via principale, deducendone la illegittimità
costituzionale sotto un duplice profilo.
Ha eccepito, infatti, in primo luogo, che l’impegno, e quindi la
competenza, della Regione a “promuovere e favorire la massima
diffusione dei servizi pubblici radiotelevisivi soprattutto a favore di
alcune fasce di popolazione”, sarebbero affermati, al primo comma
dell’art. 1 della detta legge, in assenza di alcuna specifica
attribuzione statutaria, e per di più in contraddizione con i principi
e le procedure di programmazione nazionale. secondo le disposizioni
della legge 14 aprile 1975, n. 103.
In secondo luogo, proprio l’inesistenza di competenze regionali in
materia escluderebbe conseguenzialmente la configurabilità di un
potere di spesa della Regione sull’identico oggetto, e con ciò la
possibilità (che gli artt. 1 e seguenti della legge impugnata invece
affermano e disciplinano) di concedere contributi a comuni e consorzi
di comuni e comunità montane (per opere di completamento e
miglioramento delle strutture e degli impianti radiotelevisivi).
Eventualmente, finanziamenti per gli scopi suindicati avrebbero
potuto essere disposti dalla Regione, ma solo con le modalità ed alle
condizioni indicate nell’art. 54 dello Statuto per gli interventi
economici in favore di comuni e provincie.
2. – Nel giudizio, innanzi alla Corte, si è costituita la regione
Friuli-Venezia Giulia, replicando che la legge impugnata, in realtà,
“si muove entro la sfera di competenza attribuita alle Regioni dalla
legge statale 14 aprile 1975, n. 103”.
All’uopo ha sottolineato che quest’ultimo provvedimento normativo,
pur dopo l’affermazione della riserva statale del servizio
radiotelevisivo, ha, fra l’altro, previsto (all’art. 5) la elezione, da
parte di ciascun consiglio regionale, di un Comitato regionale per il
servizio radiotelevisivo, “organo di consulenza della Regione in
materia radiotelevisiva”, cui si demanda di formulare “indicazioni sui
programmi destinati alla diffusione regionale”; di formulare, altresì,
“proposte da presentare al Consiglio di Amministrazione della società
concessionaria in merito a programmazioni regionali che possono essere
trasmesse in reti nazionali”; di regolare ” l’accesso alle trasmissioni
regionali, secondo le norme della Commissione parlamentare”.
La dichiarazione di principio – contenuta nell’art. 1
dell’impugnata legge regionale – si correlerebbe, appunto, in funzione
strumentale, al complesso delle attribuzioni sopra indicate.
Così verificata l’inconsistenza del primo prospettato profilo di
illegittimità costituzionale, andrebbe, poi, parimenti escluso il
secondo profilo, attinente alla assegnazione di contributi agli Enti
locali per opere da realizzarsi a seguito di convenzione con la RAI.
A parte ogni altro rilievo, sarebbe, infatti, incontestabile –
sempre secondo la Regione resistente – che tali opere rientrino tra
quelle di sua competenza ai sensi dell’art. 4, n. 9, dello Statuto
(“lavori pubblici di interesse locale e regionale”): tanto che la
Regione potrebbe, con propria legge, assumersi addirittura l’onere di
eseguirle direttamente.
L’art. 54 dello Statuto di autonomia non esaurirebbe, quindi, tutte
le possibilità d’intervento della Regione a favore degli Enti locali;
né potrebbe accogliersene la interpretazione riduttiva che ne viene
data nel ricorso governativo.
1. – La legge riapprovata il 16 giugno 1978 dal Consiglio regionale
del Friuli-Venezia Giulia (intitolata “Interventi regionali per il
potenziamento e la massima diffusione del servizio pubblico
radiotelevisivo nel Friuli-Venezia Giulia”) – dopo un’ampia premessa
introduttiva (contenuta nel comma primo dell’art. 1), secondo cui la
Regione “promuove e favorisce la massima diffusione dei servizi
pubblici radiotelevisivi, soprattutto in favore delle popolazioni
residenti nelle zone più periferiche e disagiate, anche in riferimento
alla programmazione regionale prevista sia in lingua italiana che in
lingua slovena con l’attivazione della terza rete televisiva della RAI”
– stabilisce (al comma secondo dello stesso art. 1) che, a tal fine,
l’amministrazione regionale è autorizzata a “concedere contributi in
conto capitale per il completamento ed il miglioramento delle strutture
e degli impianti televisivi”.
Le disposizioni dei successivi artt. 2 a 6 disciplinano, poi, le
condizioni, i limiti e le modalità di erogazione dei contributi in
questione, elencandone i potenziali beneficiari (Comunità montane,
comuni e loro consorzi) ed indicando esemplificativamente le opere per
la cui realizzazione questi possono essere concessi (acquisizione di
aree, costruzioni di elettrodotti… e di ogni altra infrastruttura
necessaria per il funzionamento e la manutenzione delle opere tecniche
“a carico degli enti predetti in base ad apposita convenzione stipulata
tra i medesimi e la RAI”).
2. – Di tal legge, il Governo deduce – come in narrativa detto –
l’illegittimità costituzionale per contrasto con gli articoli 4 a 7 e
54 dello Statuto di autonomia approvato con legge costituzionale n. 1
del 1963.
Sotto un primo profilo, argomenta, infatti, che le enunciazioni
programmatiche di cui alla prima parte della legge, non solo sono
operate in assenza di ogni specifica attribuzione statutaria, ma si
trovano altresì in patente contraddizione con i principi e le
procedure di programmazione nazionale, di cui alla legge 14 aprile
1975, n. 103, che detta nuove norme per la disciplina del servizio
pubblico di diffusione radiofonica e televisiva.
In un secondo luogo discenderebbe, appunto, come logico corollario,
dall’acclarata inesistenza di una competenza legislativa (ed
amministrativa) della Regione nella materia in questione, la parallela
esclusione di un potere di spesa sull’identico oggetto. Trattandosi in
particolare di interventi economici in favore di comuni, questi –
sempre secondo il ricorrente – avrebbero dovuto semmai essere
realizzati nelle forme previste dal citato art. 54 dello Statuto e
cioè, con assegnazione di quota annua delle entrate regionali,
ricorrendo lo scopo di “adeguare le finanze dei comuni al
raggiungimento delle finalità ed all’esercizio delle funzioni
stabilite dalla legge”.
3. – La questione non è fondata.
Contrariamente all’assunto dell’Avvocatura dello Stato, la legge
impugnata non incide sulla materia del servizio pubblico
radiotelevisivo (la cui riserva allo Stato non è minimamente posta in
discussione dalla Regione), restando, invece, circoscritta, nel suo
oggetto, al più ristretto e specifico settore dei “lavori pubblici”:
che l’art. 4, n. 9, dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia attribuisce
(con formula sostanzialmente equivalente a quelle che, con varianti
solo formali, si ritrovano in altri statuti di autonomia e nell’art.
117 della Costituzione, per le regioni a statuto ordinario) alla
competenza regionale, ove trattisi (come nella specie) di lavori di
“interesse locale e regionale”.
4. – E infatti proprio ed esclusivamente alla realizzazione di
opere pubbliche, quali appunto le infrastrutture occorrenti per
l’installazione e la manutenzione di impianti televisivi (anche per la
terza rete) che la legge impugnata ha riguardo, mirando ad agevolarle:
attraverso la disciplinata facoltà di concessione di contributi ai
comuni, cui tali opere facciano carico in base a convenzioni stipulate
con la RAI-TV.
L’enunciazione di principio, contenuta in apertura della stessa
legge, al di là di una evidente ridondanza ed enfatizzazione della
formula, si rileva come meramente introduttiva alle dette disposizioni
di sostegno economico. E si risolve in una esplicitazione dei motivi di
interesse (alla massima fruizione del servizio televisivo) che nella
circostanza determinano l’intervento del legislatore regionale;
interessi, per altro, che il legislatore nazionale prende anch’esso in
considerazione nella citata legge n. 103 del 1975 (in particolare agli
artt. 5 e 8) per attribuire precisi (sia pur collaterali) compiti (di
indicazione, proposta, ecc.) alle regioni, nel settore della
programmazione televisiva.
5. – D’altra parte, che le opere pubbliche alla cui realizzazione
si riferisce la legge impugnata siano da ricondurre, in particolare,
nel novero di quelle di “interesse regionale” non è revocabile in
dubbio ove si richiami il criterio interpretativo – desumibile dal
contesto dell’art. 4, n. 9, dello Statuto Friuli-Venezia Giulia e delle
correlate disposizioni di attuazione (artt. 22 e 26 d.P.R. 1965 n.
1116, 21 lett. a), 23 lett. f) d.P.R. 1975 n. 902; e che trova ora
anche riscontro per le regioni a statuto ordinario negli artt. 87, 88
del d.P.R. n. 616 del 1977 – secondo cui la materia dei lavori pubblici
di interesse regionale deve, in linea di massima, intendersi
caratterizzata da duplice connotazione: da un elemento positivo di
carattere spaziale rappresentato dalla ubicazione in ambito
infraregionale dell’opera da effettuare, e da un elemento negativo,
rappresentato dalla non inerenza dell’opera stessa a servizi dello
Stato.
Entrambi tali requisiti risultano nella specie puntualmente
esistenti, dacché i lavori previsti nella legge denunciata insistono
indiscutibilmente in ambito infraregionale, e, d’altro lato, non
ineriscono direttamente a servizi statali, cioè al servizio
televisivo, in quanto, come si è detto, consistono in opere
infrastrutturali e quindi meramente accessorie, le quali, appunto
perché tali, rimangono, del resto, in proprietà dei comuni e dei
consorzi che le eseguano.
6. – Né giova infine richiamare i limiti desumibili dall’art. 54
dello Statuto di autonomia del Friuli-Venezia Giulia perché tale
norma, che ha riferimento ad interventi di sostegno finanziario in
favore dei Comuni per finalità e funzioni stabilite dalle leggi, non
esclude il ricorso da parte della Regione al normale potere di spesa
che le compete nelle materie di propria competenza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
della legge approvata dall’Assemblea regionale del Friuli-Venezia
Giulia nella seduta del 16 giugno 1978, proposta con il ricorso in
epigrafe, in riferimento agli artt. 4 a 7 e 54 dello Statuto regionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 1981.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO
– LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN
– ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere