Sentenza N. 119 del 1968
Corte Costituzionale
Data generale
28/11/1968
Data deposito/pubblicazione
28/11/1968
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/11/1968
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE, Giudici,
Presidente della Repubblica 14 maggio 1952, n. 506, e 21 maggio 1957,
promosso con ordinanza emessa il 3 aprile 1967 dal Tribunale di Taranto
nel procedimento civile vertente tra Masella Paola, Liverano Marianna e
la Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania,
iscritta al n. 119 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 177 del 15 luglio 1967.
Visto l’atto di costituzione dell’Ente di riforma fondiaria;
udita nell’udienza pubblica del 9 ottobre 1968 la relazione del
Giudice Giovanni Battista Benedetti;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò,
per l’Ente di riforma.
Con decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 1952, n. 506
veniva imposto, ai sensi dell’art. 8 della legge “stralcio” 21 ottobre
1950, n. 841, il vincolo di indisponibilità sui terreni siti nel
Comune di Palagiano costituenti il terzo residuo, escluso da immediata
espropriazione, nei confronti di Romanazzi Guglielmo. Tra i terreni in
questione era compreso un uliveto di IV categoria riportato nel catasto
del Comune di Palagiano alla partita n. 1601, della estensione di Ha
1,20. Con successivo decreto presidenziale 21 maggio 1957, emesso ai
sensi dell’art. 9 della citata legge stralcio, una parte dei terreni in
questione, tra i quali l’indicato uliveto, veniva trasferita in
proprietà della Sezione speciale per la riforma fondiaria in Puglia e
Lucania.
Con citazione 1 luglio 1965 Paola Masella e la di lei madre
Marianna Liverano, assumendo di essere rispettivamente nuda
proprietaria ed usufruttuaria del ripetuto uliveto, convenivano in
giudizio dinanzi al Tribunale di Taranto la Sezione di riforma
fondiaria per rivendicare la proprietà del terreno di cui trattasi.
L’ente espropriante costituitosi in giudizio eccepiva per contro
l’inammissibilità della domanda, deducendo che il provvedimento di
esproprio aveva natura di atto averite forza di legge e come tale
insuscettibile di sindacato da parte del giudice ordinario.
Il Tribunale, con ordinanza collegiale del 6 giugno 1966, ammetteva
la prova testimoniale richiesta dalle attrici, tendente a dimostrare
che esse e i loro antenati avevano posseduto a titolo di proprietà e
da tempi immemorabile l’uliveto compreso nell’atto di esproprio ed,
espletata tale prova, con successiva ordinanza del 3 aprile 1967
rimetteva gli atti a questa Corte per il giudizio di legittimità
costituzionale del decreto presidenziale 21 maggio 1957. Rileva il
Tribunale nell’ordinanza di rimessione che l’accertamento della persona
del proprietario è essenziale nei procedimenti di cui trattasi, al
fine di stabilire l’effettiva consistenza della proprietà e che la
prova testimoniale esperita ha dato esito positivo evidenziando la
sussistenza della usucapione dedotta dalle attrici come titolo di
acquisto dell’immobile rivendicato per effetto di un possesso “animo
domini” dalle medesime e dai loro danti causa esercitato da tempo
immemorabile. Il decreto presidenziale 14 maggio 1952, n. 506, avente
valore di legge impedisce al Collegio la definitiva pronuncia sul
merito della controversia e va conseguentemente proposta alla Corte
costituzionale la questione di legittimità per eccesso di delega del
decreto presidenziale 21 maggio 1957 per aver compreso, tra i terreni
costituenti parte del terzo residuo del Romanazzi Guglielmo trasferiti
all’ente riforma, l’uliveto rivendicato dalle attrici.
L’ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 177 del 15
luglio 1967.
Nel presente giudizio le parti private non si sono costituite.
La sezione speciale riforma fondiaria dell’ente Puglia e Lucania,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, nelle
deduzioni depositate in cancelleria il 10 luglio 1967, rileva anzitutto
che il provvedimento lesivo del diritto delle attrici non è il decreto
presidenziale 14 maggio 1952, n. 506, avente valore di legge, con il
quale venivano esclusi dalla espropriazione e sottoposti a vincolo di
indisponibilità alcuni terreni costituenti il terzo residuo della
proprietà di Romanazzi Guglielmo, bensì il successivo decreto
presidenziale 21 maggio 1957 che comprendeva tra i terreni del
Romanazzi trasferiti all’ente riforma, l’uliveto del quale le attrici
assumono di essere proprietarie. Ora, quest’ultimo decreto non è atto
legislativo ma amministrativo; la questione di legittimità del decreto
delegato del 1952 è quindi mal posta e giudicherà la Corte se debba
pronunciare una sentenza di inammissibilità.
Nel merito l’Avvocatura osserva che la sommaria motivazione
dell’ordinanza non consente di stabilire se la prova testimoniale
esperita fosse ammissibile e se il Tribunale ne abbia esattamente
valutato i risultati, di tal che anche nel presente caso si corre il
rischio che la sentenza costituzionale sia mutiliter data restando
condizionata al formarsi del giudicato civile. Nell’ipotesi perciò in
cui la proposta questione fosse ritenuta ammissibile e dovesse
pervenirsi ad una dichiarazione di incostituzionalità dovrebbe essere
adottata la consueta formula della pronuncia “in quanto”.
Conclude comunque l’Avvocatura chiedendo in via principale, che la
questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
1. – Il Tribunale di Taranto ha sollevato la questione di
legittimità costituzionale sia del decreto del Presidente della
Repubblica 14 maggio 1952, n. 506, concernente l’approvazione del piano
particolareggiato di espropriazione compilato dalla Sezione speciale
per la riforma fondiaria in Puglia e Lucania nei confronti di Romanazzi
Guglielmo per i terreni siti nel Comune di Palagiano costituenti il
terzo residuo soggetti a vincolo di indisponibilità ai sensi dell’art.
9 della legge 21 ottobre 1950, n. 841; sia del successivo decreto
presidenziale 21 maggio 1957 con il quale una parte di detti terreni
veniva trasferita in proprietà dell’ente di riforma.
La censura mossa ai decreti impugnati è l’eccesso dalla delega
contenuta nella citata legge n. 841 del 1950, in riferimento agli artt.
76 e 77 della Costituzione, per aver compreso tra i terreni del terzo
residuo del Romanazzi, assegnati poi in parte in proprietà all’ente,
un appezzamento non appartenente al soggetto espropriato, bensì alle
rivendicanti attrici Masella Paola e Liverano Marianna.
2. – L’eccezione di inammissibilità, sollevata dall’Avvocatura
dello Stato nei riguardi del decreto presidenziale 21 maggio 1957, è
fondata.
Tale provvedimento, che risulta pubblicato per estratto, mediante
avviso, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 202 del 14 agosto
1957, non è un decreto legislativo delegato, ma ha la natura
sostanziale e formale di atto amministrativo e, pertanto,
insuscettibile del sindacato di legittimità costituzionale che spetta
alla Corte unicamente sulle leggi e sugli atti aventi forza di legge
(art. 134 della Costituzione).
3. – Infondata, invece, è l’eccezione di inammissibilità svolta
dall’Avvocatura nei confronti del D.P.R. 506 del 1952 sotto il rilievo
che questo provvedimento, con il quale erano esclusi dalla
espropriazione immediata i terreni costituenti il terzo residuo, non
sarebbe lesivo del diritto delle attrici.
Come chiaramente si evince dal disposto degli artt. 8 e 9 della
legge 21 ottobre 1950, n. 841, il terzo residuo è un beneficio
accordato al proprietario dei terreni espropriabili, il quale può
chiedere, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del piano
di esproprio, di eseguire su tutti i terreni del terzo residuo le opere
di trasformazione previste dall’ente, entro il termine di due anni
dalla data di autorizzazione. Nel caso in cui il proprietario non abbia
dimostrato, a giudizio insindacabile dell’ente, di aver dato corso ai
lavori nei tempi di esecuzione previsti dai piani, o non abbia compiuto
la trasformazione entro due anni, anche i terreni costituenti il terzo
residuo e che erano stati esclusi dall’immediata espropriazione,
passano in proprietà all’ente. Qualora invece la trasformazione sia
stata effettuata, il proprietario deve consegnare all’ente solo la
metà dei terreni del terzo residuo ed ha diritto a conservare la
proprietà della restante metà.
Ora è di tutta evidenza che i terreni ricadenti nel terzo residuo,
al pari di quelli sottoposti ad espropriazione immediata, devono essere
di effettiva proprietà del soggetto passivo della legge di scorporo.
Nel caso di specie il Tribunale ha accertato che l’uliveto
dell’estensione di Ha 1,20 riportato nel catasto del Comune di
Palagiano, incluso tra i terreni costituenti il terzo residuo di
Romanazzi Guglielmo, non apparteneva a questo, ma è di proprietà
delle attrici rivendicanti che hanno fornito la prova dell’acquisto per
usucapione per effetto di un possesso dalle medesime e dai loro danti
causa esercitato da tempo immemorabile.
Il decreto presidenziale impugnato, direttamente lesivo del diritto
delle attrici, va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo
per eccesso dai limiti della delega, nella parte in cui include nel
terzo residuo ed assoggetta a vincolo di indisponibilità un terreno
del quale il soggetto espropriato non era proprietario.
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l’illegittimità costituzionale del decreto del
Presidente della Repubblica 14 maggio 1952, n. 506, in quanto nel piano
particolareggiato di espropriazione nei confronti di Romanazzi
Guglielmo per i terreni costituenti il terzo residuo assoggettati a
vincolo di indisponibilità è stato compreso un terreno che non
apparteneva al soggetto espropriato;
b) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica 21 maggio
1957 proposta con ordinanza 3 aprile 1967 del Tribunale di Taranto in
riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 novembre 1968.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.