Sentenza N. 119 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
02/04/1999
Data deposito/pubblicazione
02/04/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/03/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA,
prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
lettera a) nn. 1), 2), 3), 7) della legge 23 ottobre 1992 n. 421
(Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle
discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza
e di finanza territoriale), e degli artt. 1, 7, comma 1, lettera i)
8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504
(Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’art. 4
della legge 23 ottobre 1992, n. 421); giudizi promossi con ordinanze
emesse il 5 e il 26 giugno, il 29 maggio (quattro ordinanze), il 5
giugno, il 29 maggio, il 3 luglio (tre ordinanze), il 26 giugno (due
ordinanze), il 12 giugno, il 26 giugno, il 5 giugno (due ordinanze),
il 26 giugno (due ordinanze) e il 5 giugno 1997 dalla Commissione
tributaria provinciale di Perugia, il 18 febbraio 1997 dalla
Commissione tributaria provinciale di Milano, il 26 giugno, il 29
maggio (due ordinanze) e il 3 luglio 1997 dalla Commissione
tributaria provinciale di Perugia, iscritte rispettivamente ai nn.
159, 160, 161, 162, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172,
173, 174, 175, 176, 177, 178, 292, 382, 383, 384 e 385 del registro
ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica, prima serie speciale, nn. 12, 18 e 23, dell’anno 1998.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1999 il giudice
relatore Francesco Guizzi.
dall’Istituto autonomo per le case popolari (d’ora innanzi IACP)
della provincia di Milano e vòlta a ottenere la restituzione delle
somme pagate a titolo di imposta comunale sugli immobili per l’anno
1993, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato,
in riferimento agli artt. 2, 3 e 53 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1),
2), 3), 7), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo
per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia
di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza
territoriale), e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti
territoriali, a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n.
421), nella parte in cui non prevedono l’esenzione degli immobili
posseduti dagli IACP dal pagamento dell’imposta comunale sugli
immobili.
Ad avviso del rimettente, le norme censurate sarebbero innanzitutto
in contrasto con l’art. 53, in quanto i predetti immobili possono
essere concessi in locazione dietro pagamento di un canone
predeterminato per legge, inferiore al valore di mercato, e non
possono essere alienati. Il patrimonio immobiliare degli IACP non
sarebbe, dunque, indice di alcuna capacità contributiva, e non può
essere equiparato, dal punto di vista fiscale, agli immobili
liberamente commerciabili.
Le norme in esame sarebbero altresì in contrasto, sotto diversi
profili, con l’art. 3.
In primo luogo, perché lesive del principio di uguaglianza, dal
momento che l’introduzione dell’ICI, secondo quanto il rimettente
ritiene di desumere dagli atti parlamentari, era giustificata dal
maggior reddito ricavabile dalla locazione di immobili, in
conseguenza della concomitante abrogazione (parziale) del cosiddetto
“equo canone”. Tuttavia, nei confronti degli IACP l’art. 66, comma
9, del decreto legislativo 30 agosto 1993, n. 331, consente di
aumentare il canone soltanto a partire dall’anno 1994; e per l’anno
d’imposta 1993 è stata discriminata la posizione di tali istituti,
essendo per essi aumentato il carico tributario, senza che vi fosse
incremento del loro reddito.
In secondo luogo, le norme censurate lederebbero il principio di
ragionevolezza sotto tre profili:
perché accomunano gli IACP a tutti gli altri contribuenti, non
tenendo conto della loro peculiare natura e delle finalità
perseguite;
perché li discriminerebbero rispetto a numerosi altri soggetti,
per i quali è stata disposta, invece, l’esenzione totale dal
pagamento dell’ICI;
perché, mentre ai fini dell’assolvimento dell’INVIM, la legge ha
previsto l’imponibilità delle plusvalenze realizzate e non di quelle
maturate, con conseguente esenzione di fatto dal pagamento dell’INVIM
decennale o straordinaria, al contrario non è stata prevista analoga
esenzione per l’ICI.
Infine, il giudice a quo prospetta un vulnus dell’art. 2, in quanto
fine istituzionale degli IACP è garantire il “bene casa” ai meno
abbienti, finalità che sarebbe in concreto limitata, e ostacolata,
dal pagamento dell’ICI sugli immobili dell’ente.
2. – Con ventiquattro ordinanze di analogo contenuto, adottate nel
corso di vari giudizi riguardanti la restituzione di somme versate
dal locale Istituto per l’edilizia residenziale pubblica (d’ora
innanzi, IERP) a titolo di ICI, la Commissione tributaria di Perugia
ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, comma 1,
lettera i), e 8, comma 4, del citato decreto legislativo n. 504 del
1992, nella parte in cui non prevedono che gli immobili degli IERP
siano esonerati dal pagamento dell’ICI.
Il Collegio rimettente non esamina partitamente i pretesi profili
di contrasto con i due parametri costituzionali invocati, ma propone
per entrambi un sillogismo, sostenendo che la legge istitutiva
dell’ICI esonererebbe dal pagamento una serie di soggetti –
proprietari di immobili destinati esclusivamente ad attività
assistenziali – e che gli IERP non eserciterebbero alcuna attività
qualificabile nella sostanza come “commerciale”, dal momento che ne
svolgono una finalizzata alla prestazione di un pubblico servizio,
qual è fornire il “bene casa” ai meno abbienti. Per cui sarebbe
irragionevole discriminare – sotto l’aspetto fiscale – la posizione
di enti i cui immobili sono destinati alla protezione sociale.
3. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, con
il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, eccependo – con riguardo
alle censure mosse dalla Commissione tributaria di Milano – che
questa Corte ha dichiarato non fondate, con la sentenza n. 113 del
1996, analoga questione.
Sulla questione sollevata dalla Commissione tributaria di Perugia,
la difesa erariale ha sottolineato che gli IACP (e gli IERP) già
godono di una riduzione d’imposta del cinquanta per cento, ai sensi
dell’art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, come
modificato dall’art. 3, comma 55, della legge 23 dicembre 1996, n.
662. E ha aggiunto che l’attività degli IACP e degli IERP non può
definirsi “assistenziale”, sì che – per quanto attiene al
trattamento fiscale – sarebbe pienamente giustificata la
discriminazione prevista dalla legge, ai fini dell’ICI, tra i
predetti Istituti e gli enti assistenziali.
Commissione tributaria provinciale di Milano che, in riferimento
all’art. 53 della Costituzione, sospetta di illegittimità
costituzionale l’art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7)
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e gli artt. 1 e 7 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
Secondo il rimettente, gli immobili posseduti dagli IACP non
costituirebbero indice di capacità contributiva in quanto non
commerciabili, mentre gli utili derivanti dalla loro gestione –
detratte le spese – debbono essere versati allo Stato.
Riproposta solo parzialmente sotto un diverso profilo, la censura
è manifestamente infondata. Analoga questione di legittimità
costituzionale, sollevata sull’art. 7 del decreto legislativo n. 504
del 1992, è stata infatti già dichiarata non fondata, in relazione
al medesimo parametro, non risultando l’assoggettamento degli IACP al
pagamento dell’ICI in contrasto con il disposto di tale norma, anche
perché rivalutare le scelte di merito compiute dal legislatore per
quanto attiene al regime delle esenzioni comporterebbe “una evidente
intromissione nell’ambito della discrezionalità politica riservata
alle Camere”, che è insindacabile ove non se ne deduca la manifesta
irragionevolezza (sentenza n. 113 del 1996). Irragionevolezza che,
nel caso di specie, non si può far consistere nella pretesa
insussistenza in capo agli IACP di capacità contributiva, avendo
questa Corte, in tema di imposte patrimoniali, già ritenuto non
manifestamente irrazionale presumere che i fabbricati ricevano, più
di ogni altra fonte di reddito, particolari benefici dai servizi e
dalle attività gestionali del comune (sentenze nn. 111 del 1997 e
159 del 1985). Sì che non è arbitrario ancorare il prelievo fiscale
al possesso dell’immobile.
2. – La Commissione tributaria di Milano dubita anche, in
riferimento all’art. 2 della Costituzione, della legittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7)
della legge n. 421 del 1992 e degli artt. 1 e 7 del decreto
legislativo n. 504 del 1992, nella parte in cui non prevedono
l’esenzione degli immobili posseduti dagli IACP dal pagamento
dell’ICI. Un’imposta che, ad avviso del rimettente, limiterebbe in
concreto il conseguimento del fine precipuo dell’Istituto, che è di
garantire il “bene casa” ai non abbienti, incidendo di fatto sul
godimento d’un diritto costituzionalmente protetto.
Analoga censura viene mossa dalla Commissione tributaria
provinciale di Perugia, relativamente sia all’art. 7, comma 1,
lettera i), sia all’art. 8, comma 4, del citato decreto legislativo
n. 504 del 1992.
Le due questioni, che possono essere esaminate congiuntamente, sono
l’una infondata, l’altra inammissibile.
È manifestamente inammissibile per carenza di motivazione
dell’ordinanza di rimessione la questione prospettata dalla
Commissione tributaria di Perugia, non avendo il Collegio in alcun
modo argomentato sulla violazione dell’art. 2 della Costituzione.
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.
4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7) della legge n. 421 del
1992, e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992
sollevata, con riferimento all’art. 2 della Costituzione, dalla
Commissione tributaria provinciale di Milano.
Il diritto a una abitazione dignitosa rientra, innegabilmente, fra
i diritti fondamentali della persona (sentenza n. 404 del 1988).
Tuttavia, nel caso di specie il giudice a quo mostra, con apodittica
motivazione, di ritenere che l’imposizione fiscale (o l’aumento di
essa) debba, per il solo fatto di esser tale, riverberarsi
negativamente sul godimento del diritto alla casa da parte degli
assegnatari di alloggi realizzati dagli IACP. In mancanza di
ulteriori motivazioni, o esplicazioni, non si può condividere una
simile presunzione di causalità fra imposizione fiscale e nocumento
al diritto all’abitazione, postulata più che dimostrata.
3. – La Commissione tributaria di Milano dubita poi, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7), della legge n.
421 del 1992 e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del
1992, poiché il legislatore avrebbe con irragionevolezza
discriminato la posizione degli IACP, immotivatamente
differenziandola da quella degli altri soggetti esentati dal
pagamento dell’ICI e indicati dall’art. 7 (ad esempio, le
istituzioni sanitarie pubbliche e le camere di commercio, in
relazione agli immobili destinati allo svolgimento delle rispettive
attività istituzionali).
Analoga censura viene sollevata dalla commissione tributaria
provinciale di Perugia, anche in questo caso con riferimento sia
all’art. 7, comma 1, sia all’art. 8, comma 4, del decreto legislativo
testé richiamato.
Per identità delle censure mosse, le due questioni vanno esaminate
congiuntamente. Esse sono entrambe infondate.
Nel disciplinare la materia delle esenzioni e delle riduzioni
d’imposta, il legislatore gode di ampia discrezionalità, il cui
esercizio non è sindacabile da questa Corte se non per manifesta
irragionevolezza o arbitrarietà. In particolare, si deve escludere
che una previsione di esenzione dal pagamento dell’imposta debba
sempre equivalere a un riconoscimento dell’insussistenza di capacità
contributiva (sentenza n. 159 del 1985). È, dunque, in facoltà del
legislatore esentare dall’imposta anche soggetti forniti di capacità
contributiva, purché tale scelta non presenti, come si è detto,
profili di irrazionalità: che qui non ricorrono.
L’art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992 prevede infatti,
alle lettere a), e) e, f), l’esenzione di immobili posseduti da Enti
pubblici o di proprietà di soggetti di diritto internazionale; e,
alle lettere b), c), d), g), h), i), di immobili destinati ad
attività peculiari che non siano produttive di lucro e di reddito.
Entrambe queste categorie di immobili (e soggetti) presentano
rilevanti differenze rispetto a quelli di proprietà degli IACP, che
(sia pure a canoni o prezzi predeterminati per legge) sono destinati
istituzionalmente alla locazione o, alle condizioni predeterminate
dalla legge, alla vendita. Attività, questa, assai diversa rispetto
a quelle cui sono verosimilmente destinati gli altri immobili
elencati nell’art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992.
La destinazione degli immobili degli IACP non può, in particolare,
essere assimilata a quella degli immobili di cui alle lettere c), g)
e h) di tale articolo, dal momento che l’attività dell’Istituto –
per costante giurisprudenza della Corte di cassazione – è
assimilabile, ai fini per l’assoggettabilità di tali enti
all’imposizione ILOR, a quella imprenditoriale, pur a fini di
pubblico interesse.
La strutturale diversità fra la destinazione degli immobili di
proprietà degli IACP, e quella degli altri immobili previsti
dall’art. 7 più volte richiamato, non è elisa dalla circostanza
che gli IACP siano obbligati ad affidare l’eventuale utile a una
gestione autonoma della Cassa depositi e prestiti. Siffatto obbligo
costituisce, invero, una forma di restituzione allo Stato dei fondi
ricevuti, e non muta la natura dell’attività degli IACP da
imprenditoriale (o a questa assimilabile, ai fini fiscali) in
assistenziale. Essendo presupposto del prelievo fiscale il mero
possesso dell’immobile, e non la destinazione a fini di lucro (in
quanto l’imposizione ICI tende a colpire non solo i proprietari, ma
anche “coloro che, avendo il godimento del bene, si avvantaggiano,
con immediatezza, dei servizi e delle attività gestionali dei
comuni”: sentenza n. 111 del 1997), non si può evocare, con riguardo
al profilo in esame, il fine di pubblico interesse perseguito dal
soggetto passivo (sentenza n. 301 del 1987).
Si deve pertanto concludere che il legislatore, non inserendo gli
IACP nell’elenco di cui all’art. 7 del decreto legislativo n. 504 del
1992, abbia fatto uso non irrazionale della propria discrezionalità.
Né può ritenersi, al contrario di quanto dedotto dalla
Commissione tributaria di Milano, che l’articolo 7 sia norma
violatrice del principio di uguaglianza, per avere discriminato la
posizione degli IACP (ai quali non è dato aumentare il canone di
locazione) rispetto a quella degli altri proprietari di immobili, ai
quali l’art. 11 del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con
modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, ha consentito di
derogare, nella fissazione del canone, al regime vincolistico di cui
alla legge 27 luglio 1978, n. 392. Il d.-l. n. 333 del 1992 ha
infatti previsto un regime di graduale passaggio da un sistema
totalmente vincolato ad altro rimesso alla contrattazione delle parti
(art. 11, comma 2-bis), e ha perciò creato, non irragionevolmente,
una distinzione anche all’interno della categoria dei proprietari
privati fra contratti “prorogati” ai sensi del citato art. 11, comma
2-bis e contratti “rinegoziati”.
4. – Infondata è infine, con riferimento all’art. 3 della
Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art.
8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992. Tale norma,
prevedendo una riduzione del cinquanta per cento dell’imposta dovuta
dagli IACP, si sottrae alle censure del giudice rimettente;
attraverso di essa il legislatore ha infatti conferito uno status
privilegiato – per quanto attiene al pagamento dell’ICI – agli IACP.
Né ha rilievo la circostanza che la riduzione prevista dall’art. 8,
comma 4, trovi applicazione a decorrere del 1 gennaio 1997, perché
il legislatore, come si è già rilevato, gode di ampia
discrezionalità nel disciplinare le esenzioni d’imposta, non essendo
peraltro necessario che queste siano sottese da una effettiva assenza
di capacità contributiva (sentenze nn. 111 del 1997 e 159 del 1985).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
a) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, e dell’art. 8,
comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino
della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), sollevata, in riferimento all’art. 2
della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di
Perugia;
b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’ art. 4, comma 1, lettera a), nn.
1), 2), 3), 7) della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo
per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia
di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza
territoriale), e degli artt. 1 e 7 del decreto legislativo n. 504 del
1992, sollevata, in riferimento all’art. 53 della Costituzione, dalla
Commissione tributaria provinciale di Milano;
c) dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), nn. 1), 2), 3), 7),
della legge n. 421 del 1992, e degli artt. 1, 7 e 8, comma 4, del
decreto legislativo n. 504 del 1992, sollevata, in riferimento agli
artt. 2 e 3 della Costituzione, dalle Commissioni tributarie
provinciali di Milano e di Perugia con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Guizzi
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 2 aprile 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola