Sentenza N. 121 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
02/04/1999
Data deposito/pubblicazione
02/04/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/03/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
sorto a seguito dell’ordinanza del 28-29 luglio 1998 emessa dal
pretore di Lecce, sezione distaccata di Maglie, con la quale è stata
disposta una consulenza medico-legale d’ufficio sui pazienti in cura
con il “multitrattamento Di Bella” anche al di fuori della
sperimentazione ufficiale; conflitto promosso con ricorso del
Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 9 dicembre 1998,
depositato in cancelleria il 18 successivo e iscritto al n. 33 del
registro conflitti 1998.
Visto l’atto di costituzione del pretore di Lecce – sezione
distaccata di Maglie;
Udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 1999 il giudice relatore
Francesco Guizzi;
Uditi l’avvocato dello Stato Felice Pagano per il Presidente del
Consiglio dei Ministri e il pretore di Lecce, sezione distaccata di
Maglie, Carlo Madaro.
difeso dall’Avvocatura dello Stato, ha promosso conflitto di
attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti del pretore di
Lecce, sezione distaccata di Maglie, con riguardo all’ordinanza 28-29
luglio 1998, con la quale il Pretore, adito ai sensi dell’art. 700
del codice di procedura civile, ha disposto l’audizione del Direttore
dell’Istituto superiore di sanità e la trasmissione degli elenchi
dei pazienti neoplastici ammessi alla sperimentazione del
“multitrattamento Di Bella”, riservandosi “all’esito di stabilire le
modalità di un accertamento medico-legale d’ufficio, a mezzo di
esperti da nominare, finalizzato ad acquisire dati certi
sull’efficacia e sui limiti di validità della multiterapia Di
Bella”. L’ordinanza violerebbe gli articoli 23, 95, 97 e 102 della
Costituzione, in relazione alle norme che disciplinano la
sperimentazione dei farmaci, l’autorizzazione alla loro immissione in
commercio e gli oneri a carico del servizio sanitario nazionale.
Dopo aver ricordato il contenuto del d.-l. 17 febbraio 1998, n. 23
(Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo
oncologico e altre misure in materia sanitaria), convertito, con
modificazioni, nella legge 8 aprile 1998, n. 94, e del d.-l. 16
giugno 1998, n. 186 (Disposizioni urgenti per l’erogazione gratuita
di medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in
attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 26
maggio 1998), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio
1998, n. 257, il ricorrente si sofferma sulle quattro fasi della
sperimentazione dei farmaci, richiamando poi la sentenza di questa
Corte n. 185 del 1998, cui si è data attuazione con il d.-l. n. 186
del 1998, con il risultato di ammettere negli “studi osservazionali”
tutti i pazienti oncologici per i quali risultavano inefficaci altre
terapie.
Secondo il Presidente del Consiglio, l’ordinanza del pretore non è
strumentale all’accertamento di situazioni soggettive, ma si palesa
quale cura di interessi pubblici in sostituzione degli organi
competenti dell’amministrazione; essa dispone, infatti, un
accertamento medico-legale con riguardo a una sfera di patologie
indefinita, assumendo valenza generale; eccede l’interesse del
singolo ricorrente nel procedimento d’urgenza pendente ai sensi
dell’art. 700 del codice di procedura civile; e si concreta in un
indebito controllo dell’azione amministrativa svolta dal Ministero
della sanità e dalle altre autorità sanitarie.
La Corte costituzionale – prosegue il ricorrente – ha messo in
luce, nella citata sentenza n. 185, l’importanza degli accertamenti
espletati dagli organi tecnico-scientifici, affermando che il giudice
delle leggi non può sostituire il proprio giudizio alle valutazioni
demandate a tali organi, e ha così enunciato un principio che vale
per sé, e per ogni altro giudice, sulla inammissibilità di
valutazioni giudiziarie sostitutive di quelle assunte dagli organi
tecnico-scientifici dell’amministrazione.
Il pretore – è, questa, la conclusione del Presidente del
Consiglio – non avrebbe dunque il potere di ordinare una consulenza
medico-legale d’ufficio sui pazienti sottoposti al “multitrattamento
Di Bella” anche al di fuori della sperimentazione ufficiale, né
quello di disporre atti istruttori a essa finalizzati; sì che
l’ordinanza dovrebbe essere annullata.
2. – Con l’ordinanza n. 385 del 1998 il conflitto è stato
dichiarato ammissibile.
3. – Si è costituito il pretore di Lecce, sezione distaccata di
Maglie, che ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando
innanzitutto che il provvedimento giurisdizionale denunciato dal
Governo va qualificato quale mero “atto endoprocedimentale”, in vista
di un successivo accertamento medico-legale, disciplinato dalle norme
del codice di procedura civile e preordinato alla eterointegrazione
delle conoscenze del giudice, senza alcuna pretesa di realizzare una
“controsperimentazione”. La prospettiva sarebbe, perciò, quella di
un accertamento incidentale.
Se è consentito al giudice ordinario, quale “giudice dei diritti”
ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865, allegato E,
disapplicare un atto amministrativo con effetti limitati alla
fattispecie concreta, a maggior ragione non si può ostacolare –
secondo il pretore – la tutela di tale diritto soggettivo laddove non
vi sia ancora un atto amministrativo espressione di potere
autoritativo, ma la sussistenza in astratto di detto potere in capo
all’autorità amministrativa. Tanto più che al momento di adozione
dell’ordinanza pretorile la soglia di garanzia del diritto soggettivo
non era condizionata dall’esistenza formale di un atto amministrativo
contrario. Vi sarebbe, allora, piena conformità alle disposizioni di
cui all’art. 1, comma 1, del citato d.-l. n. 186 del 1998; e ciò
perché l’accertamento qui in esame ha la medesima natura incidentale
che è possibile attribuire, in generale, alla cognizione del giudice
ordinario. L’ordinanza pretorile non è, dunque, “indice rivelatore”
di una volontà volta a contestare, in capo all’autorità
amministrativa competente, l’esistenza del potere di verificare
l’efficacia terapeutica di un medicinale innovativo; e, d’altronde,
l’accertamento così perseguito non può estendersi in alcun modo al
di fuori del procedimento civile iscritto al n. 7565/1998, attivato
contro l’azienda sanitaria locale Lecce/2 e il Ministero della
sanità. Il contestato accertamento medico-legale intende, infatti,
verificare l’efficacia del trattamento in esame sui pazienti ammessi
alla sperimentazione ministeriale, in vista della decisione finale
del giudice che avrà a oggetto la singola fattispecie segnalata, per
confermare, modificare o revocare i provvedimenti adottati in via di
urgenza, inaudita altera parte.
La difesa del pretore allega quindi alla memoria di costituzione
cinque documenti: copia di un ricorso presentato ai sensi dell’art.
700 del codice di procedura civile, con cui si chiede la
somministrazione di farmaci a base di somatostatina; il decreto
adottato il 17 giugno 1998, secondo quanto previsto dall’art.
669-sexies, comma 2; il verbale di udienza del 15 luglio 1998, con il
provvedimento pretorile, redatto in quella sede, di proroga “in via
provvisoria” dell’efficacia dei decreti emessi in sede cautelare;
l’ordinanza del 28-29 luglio 1998 (che è l’atto impugnato); una nota
della cancelleria con cui si attesta che l’ordinanza da ultimo
menzionata inerisce al procedimento civile n. 7565/1998; infine, il
verbale di udienza del 7 ottobre 1998, nel corso della quale il
pretore ha rivolto ai consulenti tecnici i quesiti per l’espletamento
della consulenza, disponendo altresì l’acquisizione di alcune
cartelle cliniche pervenute.
4. – Nell’imminenza dell’udienza ha presentato memoria in nome del
Presidente del Consiglio l’Avvocatura dello Stato, rilevando che
l’ordinanza impugnata, per il suo carattere dispositivo, è atto
immediatamente idoneo a determinare il conflitto di attribuzione, e
non può essere configurata quale “atto endoprocedimentale”, quasi
che con essa il pretore si sia limitato a manifestare un mero
proposito. L’accertamento ha per oggetto 484 cartelle cliniche
relative ad ammalati, diversi dai ricorrenti, affetti dalle più
svariate neoplasie, peraltro in numero superiore a quello dei
pazienti ammessi alla sperimentazione ufficiale; di modo che sarebbe
evidente l’esorbitanza rispetto all’oggetto del giudizio, con
invasione delle attribuzioni dell’autorità sanitaria.
di attribuzione nei confronti del pretore di Lecce, sezione
distaccata di Maglie, con riguardo all’ordinanza 28-29 luglio 1998,
prima descritta, che dispone la trasmissione degli elenchi dei
pazienti neoplastici ammessi alla sperimentazione del
“multitrattamento Di Bella”, in vista di un accertamento
medico-legale che acquisisca “dati certi sull’efficacia e sui limiti
di validità” di tale terapia. I parametri invocati sono gli articoli
23, 95, 97 e 102 della Costituzione, e le norme che disciplinano la
sperimentazione dei farmaci e la loro immissione in commercio.
2. – Va confermata l’ammissibilità del conflitto (ordinanza n.
385 del 1998); e qui basta sottolineare la capacità dell’ordinanza
del pretore di recare lesione a un ambito di attribuzioni
costituzionalmente protette. Essa ha contenuto determinato e
immediata efficacia, non prevedendo le norme sul procedimento
cautelare la possibilità di impugnativa e, inoltre, ha ricevuto
puntuale esecuzione, come risulta sia dall’audizione del Direttore
dell’Istituto superiore di sanità (e dall’acquisizione dell’elenco
dei pazienti ammessi alla sperimentazione) sia dall’esame degli atti,
successivi, prodotti dalla difesa del pretore, che ne hanno dato
attuazione.
3. – Occorre dunque accertare se la consulenza disposta dal pretore
con l’atto impugnato produca un’illegittima interferenza nelle
attribuzioni del potere esecutivo esercitate attraverso l’attività
degli organi tecnico-scientifici dell’amministrazione della sanità,
con specifico riferimento alla sperimentazione del “multitrattamento
Di Bella” prevista dai decreti-legge nn. 23 e 186 del 1998.
Espressione del potere del giudice, al quale è rimessa la facoltà
di valutarne la necessità o l’opportunità, la consulenza tecnica
d’ufficio è strumento sovente indispensabile per l’esercizio della
giurisdizione, quando bisogna attingere a conoscenze scientifiche per
dirimere le controversie che il giudice è chiamato a decidere.
Tuttavia, nella vicenda in esame l’ordinanza emessa dal pretore mira
ad acquisire, in via generale, “dati certi sull’efficacia e sui
limiti di validità terapeutica” della cura Di Bella, che dovranno
essere desunti dall’esperienza dei pazienti neoplastici; perciò, il
pretore ha ordinato al Ministro della sanità di trasmettere gli
elenchi di tutti coloro i quali sono stati ammessi alla
sperimentazione (v. il numero 2 dell’ordinanza). Ma vi è di più:
la consulenza riguarda anche i pazienti che hanno usufruito del
“multitrattamento Di Bella” (e, in ogni caso, di farmaci a base di
somatostatina) “al di fuori della sperimentazione ufficiale”.
Si prefigura, così, un accertamento finalizzato alla rivalutazione
dei giudizi resi dagli organi tecnico-scientifici che hanno
coordinato la sperimentazione: la consulenza tecnica d’ufficio non è
infatti circoscritta alle patologie tumorali di cui sono affetti i
ricorrenti nel processo, sì che i consulenti dovranno analizzare
tutti i casi vagliati durante la sperimentazione. Con modalità
tenute invero nel vago, la consulenza si estende a ogni possibile
caso ulteriore, estraneo alle procedure della sperimentazione come
delineate dai due decreti-legge del 1998, nn. 23 e 186. Tale
carattere dello strumento peritale emerge dagli stessi atti prodotti
in giudizio dal pretore e, in particolare, dai quesiti posti ai
consulenti nonché dai poteri loro attribuiti in ordine alle cartelle
trasmesse dal Ministero e quelle “comunque pervenute” all’ufficio
giudiziario, con il compito di riscontrare “per ciascuna di esse
eventuali carenze di documentazione” e di accertare altresì
attraverso “colloqui di parenti stretti” (ove i pazienti siano
deceduti) se si siano ottenuti attraverso la terapia “benefici per la
qualità della vita”. Emblematico in questo senso è il verbale di
udienza del 7 ottobre 1998 che si conclude con l’ordine del pretore
di acquisire ulteriori 37 cartelle cliniche inviate da un medico di
Perugia, e altre giunte per posta o consegnate da un legale. Da tali
elementi risulta che è stato demandato ai consulenti un accertamento
assai ampio circa gli effetti prodotti dal “multitrattamento Di
Bella” sia sui pazienti ammessi alla sperimentazione sia su quelli
che in qualsiasi modo, e in ogni parte d’Italia, si siano sottoposti
alla cura per scelta autonoma.
Il pretore utilizza così, a fini del tutto impropri, un istituto
del processo in modo da farlo risultare obiettivamente in concorrenza
con la complessa procedura di sperimentazione prevista dai due
decreti-legge più volte citati.
4. – L’esercizio abnorme del potere giurisdizionale è dimostrato
anche dalle anomalie che si riscontrano sul piano procedurale.
Perché dinanzi a una domanda cautelare, volta a ottenere una
prestazione di facere dalla pubblica amministrazione, il pretore ha
ritenuto di avviare una consulenza che per dimensioni, materiale da
esaminare, pertinenza di esso al processo, trascende l’ambito del
giudizio, per porsi quale momento di verifica e controllo dell’intera
sperimentazione effettuata in base al d.-l. n. 23 del 1998, se non
addirittura quale sperimentazione alternativa (il che esula,
ovviamente, dalla sfera delle sue attribuzioni). E, infatti, nella
vicenda in esame non si riscontra quel necessario rapporto di
congruenza fra gli accertamenti peritali e i casi concreti rimessi
alla cognizione del giudice che è limite naturale della funzione
giurisdizionale, pure con riguardo ai procedimenti civili in corso
(nella specie, l’art. 669-sexies del codice di procedura civile parla
di “atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e
ai fini del provvedimento richiesto”).
Con riferimento ai dati che si sono messi in luce, non vale
osservare – è quanto sostiene invece la difesa del pretore – che
l’accertamento ha carattere incidentale con effetti che si
esauriscono nel giudizio di merito, come risulterebbe dalla nota
della cancelleria prodotta in giudizio, nella quale si attesta che
l’ordinanza impugnata attiene al procedimento civile n. 7565/1998.
Basterà qui ricordare che le usurpazioni o le menomazioni di
un’attribuzione spettante ad altro potere dello Stato non dipendono
dalle sole conseguenze concretamente prodotte dagli atti o dai
comportamenti contestati, ma si misurano alla luce della “intrinseca
entità delle pretese” che abbiano determinato la situazione di
conflitto, come questa Corte ha precisato nella sentenza n. 150 del
1981. Onde si deve affermare che non spetta al pretore di ordinare
l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio su pazienti,
diversi dai singoli ricorrenti nel giudizio di merito, finalizzata ad
accertare, in via generale, la validità della “cura Di Bella”.
Non è certo in discussione il ruolo essenziale assolto dal giudice
nella tutela dei diritti, anche nei confronti della pubblica
amministrazione; ma nel caso in esame l’anomalo esercizio dei poteri
istruttori dell’organo giurisdizionale ha determinato un’indebita
interferenza nella sfera delle attribuzioni spettanti al potere
esecutivo e, in particolare, nelle competenze degli organi
tecnico-scientifici preposti alla sperimentazione dei farmaci. Sì
che l’ordinanza pretorile del 28-29 luglio 1998 va annullata, e con
essa gli atti conseguenziali.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara che non spetta al pretore di Lecce, sezione distaccata di
Maglie, di procedere all’espletamento di una consulenza tecnica
d’ufficio sui pazienti, diversi dai singoli ricorrenti nel giudizio
di merito, che si sono avvalsi del “multitrattamento Di Bella”,
finalizzata ad accertare in via generale la validità terapeutica
della medesima; conseguentemente annulla l’ordinanza pretorile del
28-29 luglio 1998, di cui in epigrafe, e gli atti ad essa
conseguenziali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Guizzi
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 2 aprile 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola