Sentenza N. 123 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
09/06/1971
Data deposito/pubblicazione
09/06/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/06/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 12 novembre 1969 dal giudice istruttore del
tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di Tugnoli
Giorgio, iscritta al n. 459 del registro ordinanze 1969 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 28 gennaio 1970;
2) ordinanza emessa il 3 novembre 1970 dal giudice istruttore del
tribunale di Trapani nel procedimento penale a carico di Cipponeri
Paolo, iscritta al n. 372 del registro ordinanze 1970 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35 del 10 febbraio 1971.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 21 aprile 1971 il Giudice relatore
Nicola Reale;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Con ordinanza 12 novembre 1969, nel corso del procedimento di
istruzione formale a carico di Tugnoli Giorgio, imputato di omicidio
colposo, il giudice istruttore presso il tribunale di Bologna ha
denunziato, in riferimento all’art. 101, secondo comma, della
Costituzione, l’art. 370 del codice di procedura penale, in quanto
dispone che, se il pubblico ministero, in contrasto con il giudice
istruttore, ritiene che l’istruzione deve essere proseguita, e gli
restituisce gli atti con le proprie requisitorie specifiche, lo stesso
giudice istruttore è tenuto a compiere senza ritardo le indagini
richieste.
Risulta dalla ordinanza che nella specie, il giudice, considerando
esaurienti gli accertamenti istruttori compiuti, aveva disposto, con
ordinanza 7 ottobre 1969, la trasmissione degli atti al p.m. perché
formulasse le conclusioni; questi però aveva richiesto nuove indagini,
sul cui svolgimento, richiamandosi appunto all’art. 370 c.p.p., aveva
insistito anche dopo un ulteriore diniego da parte del giudice
istruttore.
Con riguardo a tale situazione di fatto, detto giudice ha espresso
giudizio di rilevanza e di non manifesta infondatezza della questione.
E ciò in quanto la formulazione letterale dell’art. 370, si è
osservato, sembra attribuire alle richieste di istruzione supplementare
precisate dal p.m. effetti vincolanti. Interpretazione letterale
accolta anche dalla dottrina prevalente e dalla meno recente
giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale ha ravvisato, nel
rifiuto del giudice istruttore di compiere le indagini richieste dal
p.m., una violazione di legge riparabile con l’ausilio dei mezzi di
impugnazione al giudice superiore e non mediante la proposizione del
conflitto di competenza fra organo giudicante ed organo requirente.
Né la diversa interpretazione adottata dalla stessa Corte di
cassazione con la sentenza 8 aprile 1963 e confermata dalle successive
pronunzie varrebbero a giustificare un sicuro e definitivo superamento
della lettera della norma.
Con atto di intervento del 17 febbraio 1970 l’Avvocatura generale
dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei
ministri, ha chiesto che la questione sia da questa Corte dichiarata
infondata.
Dopo aver ricordato gli accennati diversi indirizzi
giurisprudenziali e l’opinione prevalente degli autori, la difesa del
Presidente del Consiglio assume che alla norma impugnata, nel sistema,
non pare possa attribuirsi altro significato che quello di espressa
deroga al principio che conferisce al giudice istruttore un
indipendente potere di iniziativa e di valutazione della rilevanza e
della sufficienza dei mezzi istruttori.
Tale conclusione sarebbe anche confortata dal diverso, anzi opposto
trattamento che il testo dell’art. 370 (difforme dal corrispondente
art. 269 del c.p.p. 1913) prevede per le richieste del p.m. rispetto a
quello che altre disposizioni riservano, in sede di chiusura
dell’istruttoria, alle istanze delle parti private (art. 372), al cui
accoglimento il giudice non è vincolato, essendo sufficiente che su di
esse pronunci con ordinanza o con la sentenza istruttoria (art. 145,
305 e 384, n. 3).
Tuttavia, pur riconoscendosi che l’art. 370 apporta limiti al
potere del giudice istruttore, non potrebbe ravvisarsi in esso
violazione dell’art. 101, secondo comma, della Costituzione.
L’integrità del potere predetto sarebbe, infatti, garantita dalla
Costituzione nel momento in cui il giudice esplica attività decisoria,
con la pronunzia della sentenza di rinvio a giudizio o di
proscioglimento o di altri provvedimenti aventi contenuto
giurisdizionale.
La stessa questione, con analoga motivazione, è stata sollevata
anche dal giudice istruttore presso il tribunale di Trapani.
L’impugnazione dell’art. 370 c.p.p. è prospettata da questo
giudice, oltre che in riferimento al principio della indipendenza del
giudice (art. 101, secondo comma, Cost.), anche sotto l’aspetto della
violazione degli artt. 102, 107, 112, 25, primo comma, 111, primo
comma, della Costituzione.
Al riguardo il giudice a quo ha motivato che dalla norma dell’art.
370 c.p.p. sarebbe attribuito al p.m. un potere sostanzialmente
decisorio, in contrasto con le norme costituzionali che disciplinano lo
status dei magistrati del p.m. e, in conseguenza, la precostituzione
del giudice naturale. E poiché tale richiesta non è necessariamente
motivata, ne deriverebbe che di un provvedimento avente natura
decisoria non sarebbe consentita la valutazione dei relativi
presupposti di fatto o di diritto.
In questa seconda causa non si è costituita l’Avvocatura dello
Stato.
1. – Nel quadro della disciplina della fase conclusiva
dell’istruzione formale, l’art. 370 del codice di procedura penale
prevede il caso che, dopo la comunicazione degli atti per la
presentazione delle requisitorie, il pubblico ministero, dissentendo
dal giudice istruttore, ravvisi la necessità che l’istruzione sia
proseguita allo scopo di acquisire ulteriori prove. All’uopo, egli,
come recita testualmente il ricordato art. 370, “restituisce gli atti
con le sue requisitorie specifiche al giudice. Questi, compiute senza
ritardo le indagini richieste, rimette nuovamente gli atti al pubblico
ministero”.
Tale norma, suscettibile di duplice interpretazione, ha dato luogo
a divergenze giurisprudenziali e dottrinali.
Dalla meno recente giurisprudenza e anche, non senza qualche
riserva o critica, dalla dottrina, essa è stata intesa, con stretta
osservanza della sua formulazione grammaticale, nel senso che la
richiesta di istruzione supplementare da parte del p.m. vincolerebbe il
giudice, cui sarebbe imposto di procedere senza ritardo alle nuove
indagini, con preclusione di vagliare la rilevanza processuale e la
necessità delle prove richieste ai fini della decisione circa il
proscioglimento o il rinvio a giudizio dell’imputato.
Secondo altra interpretazione, invece, accolta da alcuni anni e
costantemente seguita in varie sentenze della Corte di cassazione, il
contenuto dell’art. 370 c.p.p. deve essere ricondotto nell’ambito
logico-sistematico della disciplina dei poteri del giudice istruttore,
con la conseguenza che, anche di fronte alle richieste di nuove
indagini da parte del pubblico ministero, il detto giudice ha obbligo
di esercitare, come in ogni altro momento dell’istruzione e nei
riguardi di altre parti, il potere di conoscere della loro
ammissibilità e della loro rilevanza, ai fini degli accertamenti
processuali e, quindi, al caso, non dando corso alle richieste del
pubblico ministero.
2. – Al primo degli accennati indirizzi ermeneutici si sono
attenuti i giudici istruttori presso i tribunali di Bologna e di
Trapani, i quali hanno proposto la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 370 c.p.p., assumendo che esso, imponendo
incondizionatamente al giudice istruttore di compiere gli atti di
ulteriore istruzione indicati dal pubblico ministero, ne lederebbe
l’indipendenza di giudizio; ciò in contrasto con l’art. 101, secondo
comma, della Costituzione, nel quale si enuncia il principio per cui “i
giudici sono soggetti soltanto alla legge”.
Il giudice istruttore presso il tribunale di Trapani ha sollevato
ulteriori dubbi sulla legittimità dell’art. 370 anche sotto altri
profili, in quanto al pubblico ministero, cui non sono conferite
prerogative identiche a quelle dei magistrati aventi funzioni
giudicanti, sarebbe tuttavia attribuito l’esercizio di potestà
giurisdizionale, in violazione degli artt. 102, 107, 112 della
Costituzione.
Inoltre, con violazione della garanzia del giudice naturale (da
identificarsi nella specie col giudice istruttore) enunciata nell’art.
25, primo comma, Cost., le ricordate funzioni sarebbero affidate
eccezionalmente all’organo requirente, che le eserciterebbe, per di
più, con atti non necessariamente motivati, in contrasto con l’art.
111, primo comma, Cost., il quale esige, invece, tale garanzia per
tutti i provvedimenti giurisdizionali.
Le censure non sono fondate.
3. – Ancorché il testo dell’art. 370 consenta perplessità
interpretative, basate principalmente sulla già cennata lettera della
norma, comparata con altre disposizioni del c.p.p. vigente e con quelle
(art. 269) dell’abrogato c.p.p. del 1913, come è traccia pur nelle
ordinanze di rimessione, tuttavia sembra alla Corte che, nel sistema
del diritto positivo, non possa ad esso riconoscersi significato
diverso da quello che oggi risulta costantemente seguito dalla
giurisprudenza della Corte di cassazione. Tale significato è palesato
dalla necessaria connessione con la disposizione, cui si deve
attribuire valore generale, contenuta nell’art. 299 dello stesso
codice. In virtù di essa il g.i. ha l’obbligo di compiere prontamente
tutti e soltanto quegli atti che, in base agli elementi acquisiti nel
corso dell’istruzione, appaiono necessari per l’accertamento della
verità. Non può, quindi, fondatamente ritenersi che in violazione del
principio di indipendenza sancito dall’art. 101, secondo comma, della
Costituzione, l’art. 370 vincoli il g.i., limitandone il libero
convincimento, a dare esecuzione immediata e acritica alle richieste di
ulteriori atti istruttori che gli pervengano dal pubblico ministero. A
questo soggetto, nel sistema, resta riservata (e ciò deve confermarsi
con riguardo alla fase conclusiva della istruttoria formale) la
funzione, pur importantissima, di organica collaborazione giudiziaria,
per fini di giustizia e nel rispetto dell’interesse obiettivo della
legge.
L’interpretazione suddetta, inoltre, deve ritenersi corroborata dai
mutamenti legislativi che sono stati apportati alla disciplina
stabilita dal codice di procedura penale nella materia dei rapporti fra
pubblico ministero e giudice istruttore.
Sono da ricordare, in particolare, le disposizioni dell’articolo 6
del d.l.l. 14 settembre 1944, n. 288, che, modificando l’art. 74,
terzo comma, di detto codice, hanno sottratto al p.m. il potere di
disporre l’archiviazione degli atti, limitandone l’iniziativa alla mera
richiesta, qualora egli reputi che per il fatto denunziato non debba
essere promossa l’azione penale, ed hanno attribuito appunto al giudice
istruttore il potere di pronunziare il relativo decreto, o di disporre,
malgrado la contraria richiesta dell’organo requirente, che si proceda
con istruzione formale.
Né va dimenticata l’ulteriore innovazione contenuta nell’art. 1
della legge 7 novembre 1969, n. 780, che, riformando l’art. 389 del
codice di procedura penale, ha affidato allo stesso giudice istruttore
la competenza a giudicare sulla legalità del procedimento di
istruzione sommaria, nel caso che l’imputato abbia proposto ricorso
contro il decreto con il quale il pubblico ministero, rigettandone
l’istanza, abbia deciso di proseguire nell’istruzione già iniziata.
4. – È evidente poi che, assoggettandosi le richieste del p.m.
(che devono comunque essere motivate ai sensi dell’articolo 76, secondo
comma, c.p.p.) al sindacato del giudice, cadono le altre censure mosse
all’art. 370 dal giudice istruttore presso il tribunale di Trapani in
riferimento agli artt. 25, primo comma, 102, 107, 112 e 111, primo
comma, della Costituzione.
5. – In conclusione la razionale interpretazione dell’articolo 370
c.p.p., cui la Corte ritiene di accedere, comporta l’infondatezza di
tutte le questioni prospettate.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni
di legittimità costituzionale dell’art. 370 del codice di procedura
penale, sollevate, con le ordinanze di cui in epigrafe, in riferimento
agli artt. 101, secondo comma, 25, primo comma, 102, 107, 112 e 111,
primo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.