Sentenza N. 124 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
09/06/1971
Data deposito/pubblicazione
09/06/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
04/06/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
primo e secondo, 6, comma terzo, e 7, comma primo, della legge 27
luglio 1967, n. 658, sul riordinamento della previdenza marinara, e
dell’annessa tabella gestione marittimi n. 2, promosso con ordinanza
emessa il 24 settembre 1969 dal tribunale di Napoli nei procedimenti
civili riuniti vertenti tra la ditta Attanasio Costantino ed altri,
Capano Raffaele ed altri e l’Istituto nazionale per la previdenza
sociale, iscritta al n. 7 del registro ordinanze 1970 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 25 febbraio 1970.
Visti gli atti di costituzione della ditta Attanasio Costantino e
dell’INPS e d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 21 aprile 1971 il Giudice relatore
Giovanni Battista Benedetti;
uditi l’avv. Giuseppe Abbamonte, per la ditta Attanasio, l’avv.
Pierino Pierini, per l’INPS, ed il sostituto avvocato generale dello
Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Con ordinanza 24 settembre 1969 emessa nei procedimenti civili
riuniti promossi dalla Ditta Attanasio Costantino ed altri e da Capano
Raffaele ed altri contro l’Istituto nazionale della previdenza sociale
– gestione autonoma della Cassa nazionale per la previdenza marinara –
il tribunale di Napoli, accogliendo la eccezione sollevata dalle parti
attrici, ha proposto la questione di legittimità costituzionale delle
disposizioni contenute negli artt. 5, commi primo e secondo, 6, comma
terzo, e 7, comma primo, della legge 27 luglio 1967, n. 658 sul
“Riordinamento della previdenza marinara”, in riferimento agli artt. 3
e 53 della Costituzione.
Si osserva nell’ordinanza che tanto il contributo base ordinario
dovuto dagli armatori e dai lavoratori per l’assicurazione marinara
(art. 5), quanto il contributo integrativo istituito per il ripiano del
disavanzo delle precedenti gestioni (art. 7) vengono calcolati in base
alle retribuzioni medie mensili di cui alla tabella G.M. n. 2 annessa
alla legge, che distingue le navi da carico in due categorie, cioè di
stazza lorda superiore a 500 tonnellate (cat. A) e fino a 500
tonnellate (cat. B). Da questa bipartizione, che tiene conto soltanto
del tonnellaggio e trascura altre obiettive disparità, quali il tipo
di navigazione ed il tipo del contratto di arruolamento, deriverebbe
come conseguenza che i valori medi retributivi fissati dal legislatore
nell’indicata tabella non corrispondono affatto ai valori molto più
bassi previsti dai contratti collettivi e realmente corrisposti sulle
navi di tonnellaggio minore, se pur superiori a 500 tonnellate. Gli
armatori maggiori vengono così a conseguire un indebito beneficio,
mentre quelli minori subiscono un danno ingiusto.
Questo sistema contributivo, afferma il tribunale, sarebbe in
contrasto col principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della
Costituzione poiché la legge impugnata viene arbitrariamente ad
imporre un contributo uniforme a soggetti che invece si trovano in
situazioni sensibilmente diverse favorendo gli armatori e i marittimi
delle navi maggiori ove si corrispondono retribuzioni superiori a
quelle tabellari, e si pagano, per effetto delle medie, contributi non
proporzionali alle retribuzioni effettivamente corrisposte.
Il sistema contributivo di cui trattasi sarebbe inoltre in
contrasto con l’art. 53 della Costituzione, giacché il rapporto tra
imposizione e capacità contributiva sembra spezzato essendo la
retribuzione media, su cui si calcola il contributo, lontana dalla
realtà e venendo così meno il presupposto al quale la prestazione è
collegata.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte si è costituita la ditta
Attanasio Costantino, con deposito di deduzioni in cancelleria in data
12 febbraio 1970. Si sono anche costituiti gli armatori Capano Raffaele
ed altri, che hanno però depositato fuori termini le proprie deduzioni
in data 13 aprile 1970, e l’Istituto nazionale per la previdenza
sociale, che ha depositato deduzioni il 23 dicembre 1969. È infine
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con deposito di atto di
intervento in data 12 febbraio 1970.
Nelle proprie deduzioni costitutive la difesa della ditta Attanasio
Costantino rileva che con la legge 27 luglio 1967, n. 658, è stato
più che raddoppiato per gli armatori minori l’onere contributivo
precedentemente stabilito dal t.u. 26 dicembre 1962, n. 2109. I nuovi
contributi, di cui alla tabella G.M. n. 2 annessa alla legge, sono
ancorati a fittizie retribuzioni uniformi riferite a due sole classi di
naviglio (inferiore e superiore alle 500 tonnellate), mentre nella
realtà il naviglio è distinto in più numerose classi, con paghe
correlativamente differenziate a seconda del tipo di navigazione, del
tipo di contratto e dell’anzianità del marittimo. Per effetto della
nuova legge gli armatori e i marittimi sono così costretti a pagare
contributi sulla base di retribuzioni inventate dal legislatore molto
superiori a quelle in effetti corrisposte.
Evidente è pertanto la disparità di trattamento,
l’irragionevolezza, e la violazione del principio di proporzione della
capacità contributiva. L’uguaglianza di trattamento di cui all’art. 3
della Costituzione risulta violata dal fatto che armatori maggiori e
minori devono pagare contributi nella stessa misura desunti sulla base
di retribuzioni non vere.
Del pari violato risulta l’art. 53 della Costituzione essendosi
imposto un carico tributario uniforme, senza tener conto della realtà
della situazione di fatto che varia in rapporto alle classi di
naviglio, alle retribuzioni effettive, al reddito ricavato.
La difesa dell’Istituto nelle proprie deduzioni osserva
preliminarmente che il personale marittimo, con la sua particolare
organizzazione e disciplina, ha un proprio “status”. Per questo
personale appare quindi giustificata una speciale forma di previdenza
la cui caratteristica tipica non è costituita, – così come avviene
per l’assicurazione generale obbligatoria – dall’esistenza di un
rapporto di lavoro retribuito alle altrui dipendenze, ma
dall’esplicazione di una attività professionale nell’ambito della
navigazione. Da questa diversità discende che la corrispondenza del
sistema contributivo e pensionistico in uso presso la Cassa marinara ai
criteri costituzionali di uguaglianza e proporzionalità (artt. 3 e 53
Cost.) deve essere valutata da un punto di vista diverso da quello
seguito dal tribunale il quale si è basato soltanto sul raffronto con
le retribuzioni effettivamente corrisposte e sulle diverse
potenzialità economiche delle imprese armatoriali.
Dall’art. 30 del regolamento approvato con r.d. 6 luglio 1922, n.
1447, che istituì le tabelle di competenze medie assunte come base del
sistema contributivo della Cassa, risulta evidente che fu dato rilievo
determinante non tanto all’ammontare concreto della retribuzione,
quanto alla funzione professionale effettivamente svolta. I contributi
furono infatti stabiliti in relazione al grado dell’iscritto, al genere
della nave e della navigazione.
Indubbiamente il sistema delle tabelle corrisponde anche ad
esigenze pratiche di un agevole e rapido accertamento contributivo, ma
la sua ragione principale sta nella tipica natura professionale della
previdenza per i marittimi i quali, come membri dell’equipaggio, sono
esposti ai medesimi rischi e assumono le medesime responsabilità
professionali quando esplicano la loro attività in mare, qualunque sia
l’altezza della retribuzione che percepiscono o la potenza economica
dell’imprenditore.
Ora, anche le nuove tabelle previste dalla legge impugnata del 27
luglio 1967, n. 658, sono state compilate secondo i criteri della
citata norma regolamentare e cioè secondo i gradi del personale
iscritto alla Cassa, il tipo di nave e della navigazione. Pur essendo
inserite in una legge formale quale è appunto la legge 1967 n. 658 si
potrebbe ritenere – e la Corte vaglierà questa ipotesi – ch’esse non
abbiano vera e propria natura normativa dato che l’art. 6 della legge
prevede la revisione delle tabelle medesime con un tipico atto
dell’autorità amministrativa.
Ciò posto, venendo all’esame dei due motivi di incostituzionalità
fondati sul riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, la difesa
dell’INPS rileva che è fuor di luogo parlare di violazione dei criteri
di uguaglianza dato che l’onere contributivo connesso con l’esercizio
professionale della navigazione grava su tutti coloro che esercitano
quella medesima attività. Del pari insussistente sarebbe la violazione
dei criteri di perequazione nella ripartizione della spesa pubblica
(articolo 53) in quanto l’onere non è imposto in funzione della
capacità contributiva, ma come costo previdenziale del lavoro
marittimo richiesto.
Nota infine la difesa che con la legge n. 658 del 1967 il
legislatore ha voluto stabilire un vincolo di integrazione tra
l’assicurazione generale obbligatoria e l’assicurazione per i marittimi
in modo da rendere possibile il trasferimento di una parte notevole
degli oneri della mutualità dei marittimi a quella generale, nella
quale l’apporto diretto dello Stato garantisce la realizzazione di più
adeguati criteri di perequazione della distribuzione degli oneri.
Conclude chiedendo che la Corte voglia dichiarare non fondata la
proposta questione.
Nell’atto di intervento l’Avvocatura rileva anzitutto che nel
nostro ordinamento previdenziale la retribuzione costituisce la base
imponibile per determinare l’ammontare del contributo da corrispondere
per le assicurazioni sociali. Il contributo è di regola basato sulla
retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore; ma quando il
lavoratore non percepisce redditi fissi o se, comunque, la sua
retribuzione non è accertabile, sono stabiliti salari medi o
convenzionali sui quali viene calcolato il contributo.
Del tutto particolare si presenta la situazione del settore del
lavoro dei marittimi stante la molteplicità dei tipi di contratto di
arruolamento e la varietà delle retribuzioni.
Risulta da ciò evidente l’impossibilità di creare un sistema che
consenta l’accertamento e il controllo delle retribuzioni
effettivamente corrisposte ai marittimi e di qui la necessità di
commisurare le contribuzioni su retribuzioni medie. A questa esigenza
provvede la tabella annessa alla legge 27 luglio 1967, n. 658, che
determina una diversità di trattamento contributivo tenendo conto
della qualifica del personale, del genere della nave e della
navigazione. Sono state stabilite ben dodici categorie di naviglio e le
retribuzioni medie ottenute risultano contenute in un livello medio
inferiore a quello proposto dai sindacati e a quello denunciato presso
le Casse marittime. Sembra quindi che la regolamentazione del
trattamento contributivo sia giustificata, ragionevole e non arbitraria
ed inconcepibile appare un controllo di legittimità costituzionale sul
merito dei calcoli attuariali che sono alla base della determinazione
delle retribuzioni tabellari.
In ordine alla pretesa violazione dell’art. 53 della Costituzione
l’Avvocatura osserva che questo precetto concerne il rapporto giuridico
tributario che abbia per contenuto la prestazione di una imposta in
senso tecnico. Ora è noto che la natura giuridica del contributo
previdenziale ha dato luogo a discussioni e soluzioni non univoche;
comunque, anche ammettendo per ipotesi l’equiparazione di tali
contributi alle imposte, ad escludere il denunciato contrasto delle
norme impugnate con l’art. 53 basterebbe ricordare che la Corte ha già
riconosciuto la legittimità delle presunzioni in materia fiscale
(sent. 109 del 1967).
Nella previdenza marinara, del resto, non vien meno il principio
della proporzionalità posto che il maggior carico di oneri grava sulle
aziende proprietarie di navi di grosso tonnellaggio che versano
contributi in misura più ampia perché maggiore è il numero di
personale occorrente per questo tipo di navi e più lunghi sono i
percorsi che esse effettuano.
Afferma infine l’Avvocatura che la legge sulla previdenza marinara
è dettata da razionali e giustificati criteri con i quali viene
attuato il precetto costituzionale del diritto del cittadino
all’assistenza sociale (art. 38 Cost.).
Le parti in causa hanno presentato memorie nelle quali sono stati
ulteriormente sviluppati i motivi posti a sostegno delle rispettive
tesi.
1. – La difesa dell’Istituto nazionale della previdenza sociale ha
preliminarmente prospettato dubbi sull’ammissibilità della questione
di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Napoli.
Ritenendo che i vizi d’incostituzionalità denunciati investano
direttamente la tabella G.M. n. 2 annessa alla legge 27 luglio 1967, n.
658, e solo di riflesso riguardino le disposizioni che tale tabella si
limitano a richiamare, la difesa ha affermato che l’inserimento della
tabella nella legge non varrebbe a conferirle quel carattere normativo
che consente il controllo da parte della Corte dato che l’art. 6 ne
prevede la revisione ad opera di un atto dell’autorità amministrativa.
L’eccezione non è fondata.
È la legge stessa che nei propri articoli offre la definizione
delle retribuzioni, che, in relazione alla qualifica rivestita a bordo
dal marittimo, al genere di nave e della navigazione, devono essere
poste a base del calcolo dei contributi e della pensione degli iscritti
alla gestione marittimi della Cassa nazionale della previdenza
marinara. La tabella, che contiene l’indicazione sistematica e
analitica delle singole qualifiche e delle corrispondenti retribuzioni
medie mensili, costituisce parte integrante della legge ed ha la stessa
forza e valore di legge che hanno le disposizioni contenute negli artt.
5, 6 e 7 che espressamente la richiamano e che insieme con essa sono
stati impugnati.
Sul carattere legislativo della tabella non può influire il fatto
che in prosieguo può essere modificata con atto emanato da organi non
legislativi (decreto del Presidente della Repubblica su proposta dei
Ministri per il lavoro e la previdenza sociale e per la marina
mercantile di concerto con il Ministro per il tesoro) poiché è la
stessa legge (art. 6, comma primo) che ha disciplinato il particolare
procedimento di variazione della tabella retributiva ad opera degli
indicati organi, allorché siano intervenuti mutamenti nella misura
delle retribuzioni a seguito di nuovi contratti e di accordi nazionali
di lavoro.
2. – La legge 27 luglio 1967, n. 658, sul “Riordinamento della
previdenza marinara”, come è dato desumere dai lavori preparatori, ha
inteso risolvere organicamente il problema della riforma di questo
settore previdenziale nel quale si era verificato un cospicuo disavanzo
dovuto principalmente alla notevole sproporzione tra la massa dei
pensionati e il numero del tutto insufficiente, ai fini del
finanziamento delle prestazioni, delle unità attive soggette a
contributo. Strumento idoneo a tale scopo è stato ritenuto quello di
disporre in primo luogo la trasformazione della forma di previdenza
gestita dalla Cassa nazionale per la previdenza marinara da
“sostitutiva” in “integrativa” dell’assicurazione generale obbligatoria
per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti; il che ha comportato da
un canto l’ammissibilità dei lavoratori del mare a fruire di tutte le
provvidenze, compresa la pensione sociale, previste in tale forma
assicurativa generale e, d’altra parte, la ricezione dei principi
vigenti nell’assicurazione obbligatoria in materia di incidenza
contributiva.
In base alla nuova normativa, la commisurazione dei contributi
previdenziali (quelli dovuti all’assicurazione generale obbligatoria e
quelli integrativi per la gestione marittimi) non è più fatta sulle
tabelle di “competenze medie” previste dalle precedenti disposizioni,
ma su tabelle di “retribuzioni medie mensili” le quali, nell’intento
del legislatore, devono corrispondere alla “retribuzione effettiva
percepita dal lavoratore”. Esse infatti vanno compilate tenendo conto
della qualifica rivestita a bordo dall’iscritto, del genere della nave
e della navigazione e devono essere comprensive di tutto ciò che è
corrisposto a compenso dell’opera prestata, al lordo di qualsiasi
trattenuta, comprese le competenze accessorie e qualsiasi altro
assegno, che non abbia carattere di rimborso di spesa né elargizione
fatta una volta tanto (art. 5, comma primo e 6, comma secondo). Proprio
per garantire la più esatta possibile rispondenza delle tabelle
all’effettiva situazione retributiva esistente la legge ha previsto che
esse debbono essere annualmente modificate, mediante decreto del
Presidente della Repubblica, ove siano intervenute modificazioni nella
misura delle retribuzioni a seguito di contratti o di accordi
nazionali.
3. – Nel presente giudizio le censure d’incostituzionalità non
vengono rivolte alla legge per il fatto che essa abbia adottato il
sistema delle retribuzioni medie per la determinazione dei contributi e
delle pensioni degli iscritti alla gestione marittimi. Il ricorso a
tabelle di retribuzioni medie o convenzionali non è, del resto, fatto
esclusivo di questi assicurati (vedi art. 49, ultimo comma, del r.d.l.
4 ottobre 1935, n. 1827). Vi sono speciali categorie di lavoratori
addetti a particolari settori per i quali è molto difficile e talora
impossibile determinare la retribuzione effettiva stante la
molteplicità e mutevolezza dei compensi corrisposti.
A queste categorie appartiene la gente di mare per la peculiarità
del rapporto di lavoro. Basti por mente alla varietà dei relativi
contratti di arruolamento (a tempo determinato o indeterminato, per uno
o più viaggi) e delle retribuzioni (fisse, a partecipazione o miste)
nonché alle competenze accessorie (variabili a seconda del tipo del
viaggio, del genere di merce trasportata ecc.).
Le stesse parti private negli scritti difensivi riconoscono
l’utilità pratica di ricorrere a valori retributivi medi per il
calcolo dei contributi dei marittimi. Le loro doglianze si appuntano
unicamente sul fatto che la distinzione delle retribuzioni di cui alla
tabella annessa alla legge è stata effettuata, per le navi da carico,
soltanto in base all’elemento del tonnellaggio (inferiore o superiore a
500 tonnellate). Le retribuzioni medie tabellari così fissate dal
legislatore sarebbero fittizie, non corrispondenti a quelle realmente
pagate sulle navi minori; verrebbe conseguentemente imposto un
contributo uniforme a carico di soggetti che si trovano in situazioni
obbiettive diverse con violazione dei princip i di uguaglianza e della
capacità contributiva enunciati dagli artt. 3 e 53 della Costituzione.
Queste doglianze non possono trovare ingresso in questa sede. Esse
implicano una indagine sulla completezza e la esattezza di calcoli di
retribuzioni, per ricavarne una media, che la Corte non può compiere.
Al giudice della legittimità delle leggi spetta soltanto statuire se
lo strumento apprestato dal legislatore per la determinazione dei
contributi e delle prestazioni previdenziali non sia arbitrario,
irrazionale, discriminatorio e non accertare se in concreto detto
strumento sia stato poi ben utilizzato e se le medie retributive con
esso accertate siano più o meno adeguate alla realtà.
Come già posto in evidenza l’adozione del sistema contributivo in
base a tabelle di retribuzioni medie nello specifico settore è
ampiamente giustificato da molteplici ragioni. La formazione delle
tabelle ad opera di organi competenti che operano su dati raccolti
dalle autorità marittime preposte alla stipula dei singoli contratti
di arruolamento nei vari ambienti, la partecipazione delle associazioni
sindacali di categoria ed, infine, la procedura di variazione delle
tabelle sono tutti elementi unitariamente rivolti ad assicurare la
corrispondenza dei valori medi ai valori retributivi reali.
Il sistema dettato dal legislatore è quindi disciplinato in modo
idoneo ed opportuno per evitare che a base dei contributi siano poste
proprio quelle retribuzioni fittizie sul cui presupposto sono state
sollevate le eccezioni d’incostituzionalità.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 5, commi primo e secondo, 6, comma terzo, e 7, comma primo,
della legge 27 luglio 1967, n. 658, sul riordinamento della previdenza
marinara, e dell’annessa tabella gestione marittimi n. 2, sollevata dal
tribunale di Napoli con ordinanza 24 settembre 1969 in riferimento agli
artt. 3 e 53 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.