Sentenza N. 127 del 1981
Corte Costituzionale
Data generale
10/07/1981
Data deposito/pubblicazione
10/07/1981
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/06/1981
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO
ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI –
Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE
– Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE
FERRARI, Giudici,
giugno 1975, n. 482 (Modifiche ed integrazioni alle tabelle delle
malatte professionali nell’industria e nell’agricoltura), e dell’art. 3
del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 5 aprile 1977 dal Pretore di Vigevano nel
procedimento civile vertente tra Romanini Oreste e l’INAIL, iscritta al
n. 236 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 169 del 22 giugno 1977;
2) ordinanza emessa il 18 febbraio 1977 dal Tribunale di Bolzano
nel procedimento civile vertente tra Zamboni Vincenzo e l’INAIL,
iscritta al n. 238 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 176 del 29 giugno 1977.
Visti gli atti di costituzione di Romanini Oreste e dell’INAIL;
udito nell’udienza pubblica del 4 marzo 1981 il Giudice relatore
Giuseppe Ferrari;
uditi gli avvocati Franco Agostini per Romanini Oreste e Vincenzo
Cataldi per l’INAIL.
1. – Con ricorso notificato il 21 settembre 1976, Romanini Oreste,
operaio in un’industria chimica, conveniva l’INAIL dinanzi al Pretore
di Vigevano, lamentando di avere contratto, nel suo lavoro di
filtrazione ed essiccazione di pula di riso, una dermatite localizzata
alle mani ed una broncopneumopatia, e chiedendo pertanto il
riconoscimento, negatogli dall’istituto in sede amministrativa, del
diritto alla rendita prevista dal d.P.R. n. 1124 del 1965. In via
subordinata, denunziava la illegittimità costituzionale, per contrasto
con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, del n. 49 della tabella
allegato 4 al d.P.R. n. 1124 del 1965 con l’integrazione di cui al
d.P.R. n. 482 del 1975, in relazione all’art. 74 stesso decreto n. 1124
del 1965, il quale ultimo peraltro risulta indicato solo per l’asserita
inabilità permanente.
L’ente assicurativo convenuto, pur ammettendo la riconducibilità
della broncopneumopatia al lavoro espletato dall’operaio, concludeva
tuttavia per il rigetto della domanda attrice, in quanto l’esposizione
alla pula di riso non è prevista nella voce n. 49 del d.P.R. n. 482
del 1975.
Il Pretore di Vigevano, premesso che la Clinica del lavoro di Pavia
aveva accertato, non solo l’esistenza della malattia denunziata, ma
anche la sua dipendenza da “sensibilizzazione ad agenti chimici,
polveri vegetali e miceti”, e che il consulente tecnico d’ufficio aveva
a sua volta riconosciuto al Romanini” una permanente riduzione
dell’attitudine lavorativa nella misura del 25% della totale”, rileva
che, poiché le broncopneumopatie causate da agenti e sostanze, tra cui
polveri di cereali e miceti, sono riconosciute come malattie
professionali solo nell’agricoltura, ma non anche nell’industria,
nonostante la sostanziale analogia biochimica tra i cereali,
conseguentemente situazioni identiche vengono disciplinate in modo
diverso secondo che si tratti di lavoro agricolo o industriale.
Affermando altresì che la tassatività delle tabelle preclude al
giudice la possibilità di accogliere la domanda attrice mediante
ricorso all’interpretazione estensiva, dichiarava rilevante e non
manifestamente infondata, in relazione all’art. 3 della Costituzione,
la questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 9 giugno 1975,
n. 482, nella parte in cui le relative tabelle riconoscono quali
malattie professionali le broncopneumopatie, causate da polveri di
cereali, solo nell’agricoltura (allegato 5, voce n. 21), e non anche
nell’industria (allegato 4, voce n. 49).
2. – Con impugnativa al Tribunale di Bolzano in data 21 febbraio
1975 avverso la sentenza di primo grado, Zamboni Vincenzo, operaio
presso lo stabilimento “Lancia”, chiedeva che, accertata quale
morbigena, sulla base della nuova tabella approvata col d.P.R. n. 482
del 1975, la lavorazione da lui svolta per anni in reparti
particolarmente rumorosi, gli venisse riconosciuta, nei confronti
dell’INAIL, la rendita per malattia professionale contratta (sordità
da rumore), a decorrere dalla prima domanda amministrativa (23 aprile
1971), e perciò da data anteriore all’entrata in vigore del d.P.R. n.
482 del 1975 e dell’annessa nuova tabella, o, in subordine, almeno
dall’entrata in vigore del suddetto decreto.
L’istituto appellato, pur riconoscendo che l’appellante è affetto
da sordità bilaterale con riduzione permanente dell’attitudine al
lavoro nella misura del 60%, si opponeva all’accoglimento della domanda
con la motivazione che la rendita può essere riconosciuta, come in
effetti è stata riconosciuta all’appellante, solo a partire dal giorno
della presentazione della seconda istanza in via amministrativa (17
marzo 1976).
Il Tribunale di Bolzano, ritenendo che il d.P.R. n. 482 del 1975 ha
natura di atto amministrativo e che, pertanto, non può modificare un
atto avente valore legislativo, qual è appunto il d.P.R. n. 1124 del
1965, emanato in attuazione della legge di delegazione 19 gennaio 1963,
n. 15 (i cui termini furono poi prorogati con la legge 11 marzo 1965,
n. 158), sollevava d’ufficio la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3 del citato d.P.R. n. 1124 del 1965, nella
parte in cui autorizza a modificare o integrare con decreto
presidenziale, su proposta del ministro per il lavoro, di concerto con
quello della sanità, e sentite le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative, le tabelle, anteriormente approvate con
norma primaria, delle malattie professionali e delle relative
lavorazioni patogene. In particolare rilevava che l’art. 3 del d.P.R.
n. 1124 del 1965, in quanto autorizza le modifiche tabellari senza
prefissare né limiti di tempo, né principi o criteri direttivi, viola
gli artt. 76 e 77 della Costituzione, e che le modifiche apportate con
atto amministrativo, in quanto comportano, per un verso l’imposizione
di nuove o diverse prestazioni patrimoniali a carico dei datori di
lavoro sotto forma di premi assicurativi, e per altro verso
l’ampliamento o, in ipotesi, anche la diminuzione del numero delle
malattie professionali e delle lavorazioni morbigene, incidono in
materie che l’art. 23 della Costituzione riserva espressamente alla
legge. Richiamava altresì, ma senza il sostegno di una motivazione,
l’art. 38 della Costituzione.
1. – I giudizi relativi alle due ordinanze in epigrafe vanno
riuniti e definiti con unica pronuncia. Nonostante la varietà delle
loro prospettazioni, infatti, e delle norme costituzionali invocate, le
due ordinanze si accomunano per la sostanziale affinità della
questione di fondo, che entrambi i dispositivi – l’uno esplicitamente e
sotto il profilo sostantivo, l’altro implicitamente e sotto il profilo
formale – sottopongono al giudizio di questa Corte.
2. – La materia delle malattie professionali è fondamentalmente
disciplinata dal d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, che ha approvato il
testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Con tale
normativa risulta adottato nel nostro ordinamento il sistema tabellare
rigido, o tassativo, così denominato, perché garantisce il
riconoscimento automatico del diritto alla rendita solo nel caso in cui
la malattia contratta e la lavorazione svolta risultino comprese nelle
apposite tabelle che sono annesse al predetto testo unico, mentre nei
casi di malattie o lavorazioni non tabellate, ancorché sostanzialmente
affini a queste, i lavoratori non sono ammessi a provarne la natura o
di origine professionale. Furono queste considerazioni ad indurre
taluni giudici a dubitare, in rapporto agli artt. 3 e 38 della
Costituzione, della legittimità costituzionale del sistema tabellare
e, quindi, a sottoporre la relativa questione al giudizio di questa
Corte, chiamata peraltro a giudicare il d.P.R. n. 1124 del 1965, cioè
la legge delegata, che appunto esprime e disciplina quel sistema
(sentenza di questa Corte n. 206 del 1974).
Il Pretore di Vigevano, viceversa, pur muovendo dalle stesse
considerazioni che provocarono la summenzionata sentenza, con la quale
questa Corte dichiarò infondata la questione di legittimità
costituzionale del sistema tabellare, e pur invocando gli stessi artt.
3 e 38 della Costituzione, ha denunziato direttamente l’illegittimità
costituzionale del d.P.R. n. 482 del 1975, e precisamente le modifiche
ed integrazioni da questo apportate alle tabelle (allegati 4 e 5)
annesse al d.P.R. n. 1124 del 1965.
La questione, così come proposta, è inammissibile.
Il d.P.R. n. 482 del 1975, trovando la sua fonte, non già in una
legge di delegazione, ma in una legge delegata, ed essendo adottato,
non già dal governo, ma dal ministro della sanità, di concerto con
quello del lavoro, palesemente non rientra, sia sotto il profilo
soggettivo, sia sotto il profilo formale, tra gli atti di normazione
primaria, sui quali soltanto questa Corte può esercitare il suo
sindacato a norma dell’art. 134 della Costituzione. E non può non
convenirsi esaminando l’atto anche sotto il profilo contenutistico, che
il sistema tabellare, di cui appunto si denunzia l’incostituzionalità,
è posto dal d.P.R. n. 1124 del 1965, al quale qui nessuna censura
viene rivolta, non già dal d.P.R. n. 482 del 1975. Questo si limita a
modificare ed integrare le tabelle annesse alla legge delegata, non
solo mediante l’inserimento di nuove voci, ma anche mediante
formulazioni più elastiche di pressoché tutte le voci, le quali
pertanto assumono, per la loro genericità e comprensività, una
notevole capacità di espansione.
3. – È viceversa infondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata dal Tribunale di Bolzano, secondo il quale le
tabelle delle malattie professionali e delle relative lavorazioni
morbigene annesse al testo unico n. 1124 del 1965, essendo adottate con
atto avente forza di legge, non possono essere modificate od integrate,
se non con un atto di eguale valore normativo. Dovrebbe pertanto,
secondo il giudice a quo, essere dichiarato costituzionalmente
illegittimo, per violazione degli artt. 23, 76, 77 e 38 della
Costituzione, l’art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965, il quale
facoltizza, invece, modifiche ed integrazioni alle proprie tabelle
mediante un atto di natura amministrativa, quale appunto il d.P.R. n.
482 del 1975.
Non può non osservarsi in contrario che nel nostro ordinamento è
riscontrabile una certa proclività del legislatore a collocare in un
testo legislativo, per lo più come allegati, e perciò in aggiunta
alla parte squisitamente normativa, anche dati della realtà,
individuati in base a criteri tecnici. Accade sovente, in tali casi,
che il legislatore, anche quello delegato, demandi poi all’esecutivo, o
all’organo dell’esecutivo competente per materia, di apportare a quei
dati gli aggiustamenti che l’esperienza, una più matura riflessione,
il progresso tecnico, rendano consigliabili. Meglio che un metodo, è
un espediente, questo, tutt’altro che inconsueto, anche se non certo
irreprensibile sotto il profilo concettuale, che non può tuttavia
essere dichiarato di per sé illegittimo e che, quindi, non rende a sua
volta illegittimo l’atto con cui l’esecutivo modifica o integra quei
dati. La contestualità di tabelle, liste, elenchi e
dell’autorizzazione alla loro modifica od integrazione mediante un atto
di normazione secondaria è la prova che l’inserzione, in una legge o
atto equiparato, specie se promosso dalla necessità ed urgenza, di
quelle tabelle, liste, elenchi è meramente occasionale e che,
pertanto, non può ravvisarsi in tale metodo l’intenzione di riservare
al legislatore materie che postulano valutazioni di carattere tecnico,
e perciò logicamente, oltre che tradizionalmente, di pertinenza
dell’esecutivo.
La Corte ha avuto più volte occasione di pronunciarsi sul punto
(sentenze n. 43 del 1959, n. 61 del 1963, n. 40 del 1970, n. 139 del
1976, n. 142 del 1979). In particolare, ha escluso (sentenza n. 32 del
1966) l’illegittimità costituzionale di una norma – l’art. 17 del
r.d.l. 8 settembre 1932, n. 1390 – che rimetteva al potere esecutivo
l’approvazione delle modificazioni del piano regolatore di massima
contestualmente approvato con lo stesso atto legislativo,
implicitamente ritenendo compatibile col sistema – in quanto non
sintomatico né di un trasferimento di competenza dagli organi del
potere legislativo a quelli del potere amministrativo, né di
un’attribuzione a questi ultimi del temporaneo esercizio del potere
legislativo – la circostanza che, per particolari ragioni, si fosse
fatto ricorso all’atto legislativo in materia istituzionalmente
affidata alla cura di organi amministrativi, dei quali si confermava la
potestà, prevedendone l’esercizio “come mezzo (e come mezzo più
adatto) per adeguare il piano di massima alle esigenze pratiche della
sua esecuzione e del suo sviluppo”.
Contrariamente perciò a quanto ritiene il Tribunale di Bolzano,
l’art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 sfugge alla denunziata censura di
illegittimità costituzionale e conseguentemente la relativa questione
risulta non fondata. Appare, invece, improprio ed alquanto
contraddittorio il richiamo agli artt. 76 e 77 della Costituzione nello
stesso momento in cui si afferma che il d.P.R. n. 482 del 1975 è atto
amministrativo, cui pertanto non si addice il richiamo ai menzionati
articoli. Il vero è che nell’art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965 non si
configura alcuna subdelega da parte del legislatore delegato, come non
si configura neppure nell’art. 140 – che, in termini identici a quelli
della norma impugnata, prevede la possibilità di modifiche ed
integrazioni della tabella allegato n. 8 -, nell’art. 139 – che
prescrive l’approvazione con decreto del ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, di concerto con quello della sanità, sentito il
Consiglio Superiore di sanità, dell’elenco indicante le malattie
professionali la cui esistenza va denunciata dai medici -, nell’art.
171 – che contempla la facoltà, dello stesso ministro per il lavoro e
la previdenza sociale, sentito l’Ispettorato medico provinciale, di
emanare norme di carattere tecnico per l’esecuzione delle visite
mediche di cui al capo VIII -, nell’art. 173 – il quale stabilisce che
“le disposizioni particolari, concernenti le misure di prevenzione e di
sicurezza tecniche e profilattiche individuali e collettive e i termini
della loro attuazione a seconda della natura e delle modalità delle
lavorazioni, sono prescritte da regolamenti speciali, da emanarsi con
decreto dei Presidente della Repubblica, su proposta del ministro per
il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il ministro per la
sanità”.
Quanto poi alle restanti censure, omettendo ogni considerazione
sull’immotivata invocazione dell’art. 38 della Costituzione, sembra
sufficiente rilevare che l’art. 23 della Costituzione contiene, sì,
una riserva di legge, ma relativa, e che perciò non può considerarsi
illegittima l’eventuale imposizione, a carico dei datori di lavoro, di
nuove o diverse prestazioni patrimoniali, che derivasse da un atto non
legislativo, quando questo tragga legittimazione da una legge,
ancorché delegata, come appunto nella specie.
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara inammissibile la questione di legittimità
costituzionale del d.P.R. 9 giugno 1975, n. 482, recante modificazioni
ed integrazioni alle tabelle delle malattie professionali
nell’industria e nell’agricoltura (allegati nn. 4 e 5 al testo unico 30
giugno 1965, n. 1124), sollevata in relazione all’art. 3 della
Costituzione dal Pretore di Vigevano con l’ordinanza in epigrafe;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 3 del testo unico approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n.
1124, sollevata in relazione agli artt. 23, 38, 76 e 77 della
Costituzione dal Tribunale di Bolzano con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1981.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO
– LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN
– ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere