Sentenza N. 132 del 1968
Corte Costituzionale
Data generale
20/12/1968
Data deposito/pubblicazione
20/12/1968
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1968
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE, Giudici,
del Codice di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse dal
Tribunale di Ferrara, rispettivamente, il 10 dicembre 1966 nel
procedimento penale a carico di Formaggi Mario ed il 24 novembre 1967
nel procedimento penale a carico di Marchioni Dismo, iscritte al n. 6
del Registro ordinanze 1967 ed al n. 13 del Registro ordinanze 1968 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38 dell’11
febbraio 1967 e n. 50 del 24 febbraio 1968.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 23 ottobre 1968 la relazione del
Giudice Vincenzo Michele Trimarchi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – Nel procedimento penale a carico di Mario Formaggi, il
Tribunale di Ferrara, con ordinanza del 10 dicembre 1966, rilevava che
per l’udienza di apertura del dibattimento, in violazione dell’art. 408
del Codice di procedura penale, non era stato citato Luigi Pareschi, il
quale rivestiva la qualità di persona offesa e di querelante; che
ciò, a sensi dell’art. 412 stesso Codice, comportava la nullità del
decreto di citazione a giudizio, ma che tale nullità, per altro, era
stata sanata non essendo stata eccepita dal pubblico ministero a
termini dell’art. 422 del Codice di procedura penale e cioè
immediatamente dopo compiute le formalità di apertura del
dibattimento.
Riteneva poi che, in conseguenza di ciò, il Pareschi non si
sarebbe potuto più costituire parte civile (essendo state compiute per
la prima volta le formalità di apertura del dibattimento) e non
avrebbe potuto quindi far valere più il suo diritto con la
costituzione di parte civile in quel procedimento; e per tanto
ravvisava esistente un contrasto tra l’art. 422 del Codice di procedura
penale e l’art. 24 della Costituzione, perché non solo l’offeso dal
reato e querelante non può costituirsi parte civile, ma anche perché
la parte civile già costituita viene ad essere pregiudicata, in
dipendenza della sanatoria della nullità del decreto di citazione (per
mancata citazione di essa parte civile costituita o dell’offeso dal
reato e del querelante) a causa dell’inattività del pubblico ministero
e senza colpa della parte civile o dell’offeso dal reato e del
querelante.
Il Tribunale, infine, dichiarava che la questione, nei termini
sopradetti, era rilevante ai fini della decisione del giudizio, e non
manifestamente infondata.
L’ordinanza veniva regolarmente notificata e comunicata, e veniva
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 38 dell’11 febbraio 1967.
2. – In altro procedimento penale, pendente davanti allo stesso
Tribunale di Ferrara, a carico di Dismo Marchioni, la Società
cooperativa comunale di consumo di Bondeno, la quale si era costituita
parte civile ma non lo aveva potuto fare tempestivamente a causa della
mancata citazione di essa parte offesa dal reato, ed il pubblico
ministero rilevavano il contrasto tra l’art. 422 del Codice di
procedura penale e l’art. 24 della Costituzione. Il Tribunale di
Ferrara, ritenuto che la dedotta questione aveva carattere
pregiudiziale e determinante per la valutazione degli effetti della
mancata citazione della parte lesa, e (conseguentemente) della
intempestiva costituzione di parte civile; e che la stessa appariva non
manifestamente infondata, specie considerando che l’accertamento dei
fatti oggetto del procedimento penale, ai sensi dell’art. 28 del
Codice di procedura penale fa stato erga omnes e quindi anche nei
confronti della parte lesa, e questa in caso di mancata citazione per
il dibattimento, si troverebbe praticamente, in sede civile, privata di
tutta la fase relativa all’an debeatur in tutti i gradi del giudizio,
con ordinanza del 24 novembre 1967 sollevava la detta questione di
legittimità costituzionale.
L’ordinanza veniva notificata e comunicata, ed infine pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 24 febbraio 1968.
3. – Nessuna parte si costituiva o spiegava intervento nel giudizio
promosso nel secondo procedimento penale (contro il Marchioni). In
quello, invece, promosso nel primo procedimento penale (contro il
Formaggi) spiegava intervento con atto depositato il 3 marzo 1967 e a
mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio
dei Ministri.
L’Avvocatura, dopo avere rilevato gli orientamenti della
giurisprudenza e della dottrina sulla nullità ex art. 412 del Codice
di procedura penale e sulla sanatoria della stessa ex art. 422 stesso
Codice, deduceva che l’esercizio dell’azione civile nell’ambito del
processo penale costituisce una facoltà accordata, e non un onere
imposto, alla persona offesa dal reato; che l’interesse che determina
l’intervento della parte civile nel processo penale non concerne
l’azione penale ma di natura esclusivamente civile; che la persona
offesa dal reato può sempre esercitare l’azione civile per la
restituzione ed il risarcimento separatamente dal procedimento penale;
che la soluzione del problema dell’esercizio dell’azione civile nel
processo penale adottata dalla nostra legge processuale “non
costituisce necessaria applicazione di alcun principio
costituzionalmente garantito, tanto meno di quello previsto dall’art.
24 della Costituzione”: l’accordare o meno anche la facoltà di
esercitare l’azione civile nel processo penale al cittadino, offeso da
un reato, che ha garantita la possibilità di tutelare i propri diritti
avanti al giudice civile, resta un problema di mera politica
legislativa; che ciò e comprovato dal fatto che sia pure
eccezionalmente (procedimenti davanti ai tribunali militari;
procedimenti e giudizi di accusa dinanzi alla Corte costituzionale)
quella possibilità non è accordata; Che il pregiudizio conseguente
all’improponibilità dell’azione Civile per effetto della pronuncia
emessa nei confronti dell’imputato, non è da ricollegare alla mancata
partecipazione al processo penale della persona offesa dal reato, ma al
risultato del processo medesimo per l’efficacia che la pronuncia penale
ha sull’azione civile, efficacia dovuta al sistema di coordinamento fra
le diverse giurisdizioni; e conclusivamente, che il problema di
assicurare alla persona offesa, che non abbia ricevuto la notificazione
del decreto di citazione, la possibilità di intervenire nel processo
penale oltre i limiti di tempo indicati nell’art. 422 del Codice di
procedura penale è un problema di mera politica legislativa che non
incide sul diritto garantito dall’art. 24 della Costituzione.
L’Avvocatura chiedeva, per tanto, che la dedotta questione venisse
dichiarata infondata.
1. – Data l’identità delle questioni sollevate con le ordinanze in
epigrafe, i due giudizi possono essere riuniti e decisi con unica
sentenza. In entrambe le ordinanze, infatti, si considera non
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 422 del Codice di procedura penale, e precisamente della
parte di codesta norma che prevede la sanatoria (anche) della nullità
(conseguente alla omissione della citazione della parte lesa dal reato)
comminata dagli artt. 408 e 412 del Codice di procedura penale, in
riferimento all’art. 24 della Costituzione.
2. – Il Tribunale di Ferrara, con le due ordinanze, di fronte alla
stessa specie (mancata citazione dell’offeso dal reato, che, in uno dei
due casi, era anche querelante e mancata deduzione della relativa
nullità, immediatamente dopo compiute le formalità d’apertura del
dibattimento, da parte del P. M.) ha ritenuto di dover interpretare,
con riferimento ai casi sottoposti al suo esame, l’art. 422 in
relazione agli articoli 408 e 412 del Codice di procedura penale nel
senso che è obbligatoria la citazione a comparire davanti al Tribunale
per il dibattimento, nei confronti dell’offeso dal reato e del
querelante; che, in caso di mancata citazione di dette persone, il
decreto di citazione è nullo, e che codesta nullità è sanata se non
è dedotta dal P.M. immediatamente dopo compiute le formalità
d’apertura del dibattimento.
3. – Per il Tribunale di Ferrara, a seguito della mancata deduzione
da parte del P. M. della nullità ex artt. 408 e 412 del Codice di
procedura penale, la persona offesa dal reato, non essendo stata sanata
né essendo più sanabile codesta nullità, si sarebbe venuta a trovare
nell’impossibilità di costituirsi parte civile e cioè di esercitare
l’azione civile nel processo penale; ed a causa di ciò, avrebbe subito
una violazione del proprio diritto di azione e di difesa garantito
dall’art. 24 della Costituzione.
Posta in tali termini, la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 422 del Codice di procedura penale appare fondata.
Alla persona offesa dal reato spetta l’azione (civile) per le
restituzioni e per il risarcimento del danno patrimoniale e non
patrimoniale (artt. 2043 e segg. del Codice di procedura civile e 185
del Codice di procedura penale). E tale azione può essere proposta
contro chi ha commesso il reato e quando e sia il caso anche contro il
responsabile civile davanti al giudice civile o amministrativo ovvero
nel procedimento penale, mediante la costituzione di parte civile.
Qualora l’azione civile non sia stata proposta davanti al giudice
civile anteriormente al procedimento penale (come nella specie) ovvero,
se proposta in sede civile, non sia stata ancora trasferita nel
processo penale, la persona alla quale il reato ha recato danno è
libera di operare l’anzidetta scelta. In particolare, ha la facoltà di
costituirsi parte civile sia durante l’istruzione formale o sommaria
che durante le formalità di apertura del dibattimento o anteriormente
(arg. ex art. 98 del Codice di procedura penale) e cioè “nel
procedimento di primo grado fino a che non siano compiute per la prima
volta le formalità di apertura del dibattimento” (art. 93, comma
secondo, Codice di procedura penale).
Senonché tale facoltà appare ostacolata o compressa dal disposto
dell’art. 422 in relazione a quello degli artt. 408 e 412 del Codice di
procedura penale, perché l’offeso dal reato si vede preclusa la
possibilità di costituirsi parte civile durante le formalità di
apertura del dibattimento, non essendo stato formalmente informato
circa il luogo, il giorno e l’ora della comparizione e circa
l’autorità davanti alla quale si deve comparire (a causa della omessa
citazione a comparire), e del pari quella di procedervi
successivamente, previa declaratoria della nullità ex art. 312 del
Codice di procedura penale (non essendo stata la stessa nullità
dedotta a sensi dell’art. 422 del Codice di procedura penale e a causa
quindi della relativa sanatoria).
È quindi evidente la violazione dell’art. 24 della Costituzione,
secondo cui “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri
diritti ed interessi legittimi” e “la difesa è diritto inviolabile in
ogni stato e grado del procedimento”. Perché, come si è rilevato,
all’offeso dal reato non è consentito, in dipendenza di fatti a lui
non imputabili (omessa citazione in giudizio e mancata deduzione della
nullità entro il termine utile), di determinarsi e di procedere alla
costituzione di parte civile, per e in tutto il tempo ammesso dalla
legge (a seguito della discrezionale e razionale valutazione degli
interessi in gioco).
Né vale in contrario osservare che, a seguito della sanatoria
della nullità ex art. 422 del Codice di procedura penale, l’offeso dal
reato può esercitare l’azione per le restituzioni e per il
risarcimento del danno davanti al giudice civile (proponendola,
proseguendola o riproponendola) ed assumere che per questo non viene in
sostanza a subire alcun pregiudizio, perché in dipendenza di quanto
fin qui osservato, non ha modo, come parte civile, di esercitare i
poteri che a questa vengono riconosciuti e che rilevano, anche se
limitatamente, e agli effetti civilistici ed a quelli penalistici, e
soprattutto, anche per le relazioni tra giudicato penale ed azione
civile (specie nei termini previsti dagli artt. 25 e 27 del Codice di
procedura penale), non può praticamente influire sull’accertamento
della responsabilità.
4. – Le ragioni che inducono a ritenere illegittimo, in riferimento
all’art. 24, comma primo, della Costituzione, l’articolo 422 del Codice
di procedura penale in quanto, ove non venga eccepita, risulta sanata
la nullità del decreto di citazione per omessa notifica dello stesso
all’offeso dal reato, valgono egualmente a proposito dell’altra
ipotesi, cumulativamente considerata con la prima nell’ordinanza del 10
dicembre 1966, e relativa alla sanatoria della nullità del decreto di
citazione non notificato al querelante. E ciò perché nelle due
ipotesi il presupposto, ai fini della conoscenza del processo e della
possibilità di parteciparvi quale parte civile è comune, in quanto
concretandosi nell’interesse ad agire in sede penale per l’esercizio
dell’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno,
e perché comunque esiste un interesse autonomo del querelante.
5. – La dedotta questione appare, infine, egualmente fondata sotto
il profilo, implicitamente prospettato, della mancata citazione
(mediante notifica del relativo decreto) dell’offeso dal reato gia
costituitosi parte civile, e del pregiudizio al diritto di difesa (art.
24, comma secondo, della Costituzione) di questa in conseguenza della
sanatoria ex art. 422 del Codice di procedura penale della nullità del
decreto. Alla parte civile, infatti, viene precluso il compimento di
tutta una serie di atti, nell’esercizio dei relativi poteri, ed in
particolare vengono addirittura impediti la precisazione e lo
svolgimento delle conclusioni a sensi dell’art. 468 del Codice di
procedura penale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 422 del Codice
di procedura penale nella parte in cui prevede la sanatoria della
nullità di cui all’art. 412 del Codice di procedura penale, in
relazione al precedente art. 408, anche nei confronti della parte
civile, dell’offeso dal reato e del querelante.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1968.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.