Sentenza N. 133 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
15/12/1967
Data deposito/pubblicazione
15/12/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO
MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott.
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott.
LUIGI OGGIONI, Giudici,
1952, n. 4164, promosso con ordinanza emessa il 10 giugno 1966 dal
Tribunale di Grosseto nel procedimento civile vertente tra Berliri
Zoppi di Zolasco Carlo e Maria Teresa e l’Ente per la colonizzazione
della Maremma tosco-laziale, iscritta al n. 165 del Registro ordinanze
1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 del
24 settembre 1966.
Visto l’atto di costituzione dell’Ente Maremma;
udita nell’udienza pubblica del 18 ottobre 1967 la relazione del
Giudice Costantino Mortati;
udito l’Avv. Guido Astuti, per l’Ente Maremma.
Nel corso di un giudizio promosso avanti al Tribunale di Grosseto
da Carlo e Maria Teresa Beriri Zoppi di Zolasco avverso l’Ente per la
colonizzazione della Maremma tosco-laziale, per ottenere la
restituzione dei beni da questi espropriati in virtù del D.P.R. 27
dicembre 1952, n. 4164, con la condanna al risarcimento dei danni, o,
in via subordinata, alla restituzione della quota di circa 38 ettari,
espropriata in eccesso, gli attori sollevavano questione
d’illegittimità costituzionale del decreto predetto, allegando: 1)
che l’Ente convenuto, dopo avere pubblicato un primo piano di
esproprio, con il quale, con riferimento alla consistenza della
proprietà al 15 novembre 1949, veniva espropriata una quota, per lire
15.402,35 (di cui lire 5.134,12 per quota terzo residuo)
successivamente, in applicazione dell’art. 2 n. 3 della legge n. 339
del 1952, annullava detto piano sostituendolo con altro, pubblicato il
30 settembre 1952, nel quale la consistenza della proprietà venne
determinata in base al reddito catastale al 30 settembre 1952, elevando
la quota espropriabile a lire 18.164,50, senza aver provveduto sul
terzo residuo; 2) che, avendo essi istanti proposto ricorso avverso il
nuovo provvedimento, denunciando l’errore di calcolo dell’area
espropriabile e l’omessa pronuncia sulla richiesta relativa al terzo
residuo, l’Ente prese atto dell’istanza di concessione del terzo
residuo ed assegnò un termine di 60 giorni per la presentazione, del
piano di trasformazione, ma prima della scadenza di tale termine, emise
il decreto di esproprio, senza provvedere sulla domanda del terzo
residuo.
Il Tribunale, dopo aver affermato la rilevanza delle questioni
sollevate al fine delle decisioni della causa, ritenne non
manifestamente infondata la denunciata violazione degli artt. 76 e 77
della Costituzione. A suffragio di tale opinione ha rilevato in primo
luogo che, a tenore della costante giurisprudenza di questa Corte, la
formazione del piano particolareggiato deve prendere a base le
risultanze catastali alla data del 15 novembre 1949, ed è indifferente
accertare se le modifiche apportate successivamente a tale data si
riferiscano ad accertamenti eseguiti prima o dopo di essa, mentre la
sola circostanza rilevante è che il reddito dominicale al 1949 sia
diverso ed inferiore a quello tenuto presente nel piano di esproprio,
con la conseguenza di una maggiore quota di esproprio. Quanto poi alla
concessione del terzo residuo, il tribunale ha osservato che la
richiesta relativa era stata fatta dagli attori nel termine prescritto
dallo stesso Ente, sicché deve ritenersi irregolare l’esproprio
disposto senza attendere la scadenza del medesimo e senza provvedere in
merito alla richiesta. Infine ha rilevato che il piano ritualmente
pubblicato prevede l’esproprio di ettari 146.39.93 mentre il decreto ne
dispone uno per ettari 142.90.44 sulla base di un piano mai
pubblicato, in contrasto con quanto ha statuito questa Corte con la
sentenza n. 39 del 1962. In conseguenza, con ordinanza del 10 giugno
1966, ha disposto la sospensione della causa e l’invio degli atti a
questa Corte. L’ordinanza debitamente notificata e comunicata è stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 239 del 24 settembre 1966.
La difesa degli attori ha prodotto nel giudizio avanti alla Corte
atto di costituzione e deduzioni, in data 2 dicembre 1966, e cioè
oltre il termine di cui all’art. 25 della legge n. 87 del 1953, dato
che l’ordinanza era stata notificata agli attori medesimi il 13 luglio
dello stesso anno, e pertanto la costituzione deve ritenersi non
avvenuta.
Si è costituito l’Ente Maremma, rappresentato e difeso dall’avv.
Guido Astuti, che, con deduzioni prodotte in data 14 ottobre 1966, ha
fatto osservare, in primo luogo, che la rivalutazione dei redditi,
anche se fatta dopo il novembre 1949, si riferiva ad accertamenti
eseguiti dall’Ufficio tecnico prima di tale data, rispecchiando
pertanto la situazione reale dei fondi all’epoca predetta; situazione
cui occorre avere riguardo, secondo ha statuito questa Corte con le
sentenze 87 del 1957, 57 del 1959, 9 e 104 del 1963. Quanto poi alla
concessione del terzo residuo la difesa stessa fa presente che, come è
stato provato nel giudizio di merito, la ditta espropriata, benché
sollecitata a presentare i progetti definitivi, non aveva ottemperato,
sicché l’Ente, in virtù dell’art. 9, primo comma, della legge n. 841
del 1950, ha proceduto di ufficio alla redazione dei piani di
trasformazione chiedendo all’interessata d’impegnarsi alla loro
realizzazione. La mancata assicurazione di tale impegno deve
considerarsi revoca della domanda di concessione del terzo residuo,
sicché l’Ente, non potendo procedere a revisione del piano dopo il 30
settembre 1952, ha dato corso all’esproprio. Infine sulla mancata
pubblicazione del piano definitivo la difesa osserva che, ai sensi
dell’art. 2 della legge 2 aprile 1952, n. 339, l’obbligo di
ripubblicazione è imposto solo nel caso di sostituzione di terreni con
altri, o di estensione dell’esproprio a superficie prima non
considerate, mentre nella specie la modifica consistette nella
riduzione della consistenza patrimoniale, in accoglimento della
richiesta dell’interessata. Conclude chiedendo che la questione sia
dichiarata infondata.
Con successiva memoria del 16 maggio 1967 la stessa difesa
ribadisce le argomentazioni prima dedotte, richiamando sul primo motivo
anche le più recenti decisioni di questa Corte nn. 97,98,99 del 1966,
nelle quali si è affermato che i dati accertati e non contestati in
occasione della formazione del nuovo catasto possono essere utilizzati
al fine di determinare se la consistenza della proprietà risultante
dal vecchio catasto non rispecchiasse quella effettiva al 15 novembre
1949. Aggiunge che, se pure fosse accertato che il reddito
corrispondente a tale consistenza a detta data era inferiore a quello
computato nel decreto, non ne potrebbe conseguire l’invalidità totale
dell’esproprio ma solo la sua illegittimità parziale, per la quota
scorporata in più.
In ordine alla questione del terzo residuo ribadisce le deduzioni
già riferite, aggiungendo che l’invito fatto dall’Ente
all’esproprianda, dopo il termine di legge del 30 settembre 1952, a
produrre un proprio progetto potrà integrare, se mai,
un’illegittimità amministrativa, per violazione dell’art. 2 della
legge n. 339, non già un’illegittimità costituzionale del decreto di
esproprio.
Dopo avere osservato, sull’ultimo motivo, che incostituzionalità,
per mancata pubblicazione del piano rettificato, si sarebbe avuta se si
fosse decretato l’esproprio di particelle non comprese nel piano mentre
invece la modifica riguardava l’esclusione dallo scorporo di alcune
particelle, su richiesta della stessa interessata, conclude rinnovando
la richiesta di rigetto dell’eccezione.
1. – Col primo dei motivi di illegittimità costituzionale del
D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 4164, si denuncia la violazione dell’art. 4
della legge 21 ottobre 1950, n. 841, nella quale il legislatore
sarebbe incorso perché nella formazione del piano particolareggiato,
che è servito di base per l’espropriazione disposta di una quota dei
beni terrieri dei signori Berliri Zoppi di Zolasco, l’Ente di riforma
ha tenuto conto non già, come avrebbe dovuto, delle risultanze
catastali alla data del 15 novembre 1949, bensì anche delle
modificazioni censuarie apportate dall’Ufficio tecnico erariale in
epoca successiva, e notificate alla parte del 1951, determinando così
la quota di esproprio in misura superiore a quella che si sarebbe
disposta se si fosse effettuata il computo ai sensi di legge.
Poiché risulta dagli atti, e non è contestata l’esattezza di
quanto affermato nell’ordinanza circa il procedimento seguito dall’Ente
prendendo in considerazione elementi diversi da quelli risultanti in
catasto al novembre 1949, e poiché questa Corte, con costante
giurisprudenza, ha escluso che si possa comunque derogare dalla
condizione del riferimento alla data predetta della situazione delle
proprietà assoggettabili ad esproprio, deve ritenersi fondata
l’eccezione di illegittimità costituzionale del decreto predetto, per
violazione del citato art. 4.
È però da soggiungere che la Corte ha anche ritenuto (come
risulta da numerose sentenze, e fra le più recenti, da quelle nn. 56
del 1960, 9 e 104 del 1963, 97, 98, 99 del 1966) che, la situazione al
15 novembre 1949, cui è da aver riguardo ai fini espropriativi, è
quella non già apparente, ma effettivamente sussistente, sicché è da
ritenere non solo non contrastante, ma anzi richiesto dallo art. 4
tenere conto di elementi catastali che, se pure acquisiti
successivamente a quella data, siano sicuramente riferibili allo stato
di fatto allora esistente, purché non siano presi in considerazione
mutamenti riguardanti la qualità e classe dei terreni e rimanga
esclusa ogni nuova valutazione di estimo catastale.
Compete al giudice di merito procedere agli accertamenti necessari
a stabilire, nei limiti prima indicati, quale fosse al 15 novembre 1949
l’effettiva situazione dei fondi, poiché la pronuncia di
incostituzionalità del decreto delegato denunciato potrà esplicare i
suoi effetti solo quando risulti che tale situazione non corrispondeva
di fatto a quella assunta a base dell’espropriazione decretata, e nella
misura dell’eccedenza fra la quota determinata col primo piano di
esproprio del 1951 e quella di cui al secondo piano del 1952.
2. – Il carattere condizionale dell’annullamento del decreto
impugnato rende necessario l’esame degli altri due motivi dedotti in
ordinanza. Quanto al primo riguardante il mancato riconoscimento del
diritto alla conservazione del terzo residuo ex art. 9 della legge n.
841, la Corte, rilevato che per la pronuncia sul medesimo si rendono
necessarie indagini di fatto, di competenza del giudice di merito,
dispone, con ordinanza di data pari alla presente sentenza,
l’espletamento, per opera del tribunale di Grosseto, degli accertamenti
medesimi.
3. – Non fondato invece deve ritenersi l’altro motivo con cui si
denuncia la violazione degli artt. 4 e 5 della legge stralcio,
verificatasi pel fatto che il piano allegato al decreto di esproprio
dispone il trasferimento all’ente di una quota di circa 4 ettari
inferiore risultante dal piano pubblicato il 30 settembre 1952, senza
che si sia preventivamente proceduto a nuova pubblicazione delle
variazioni ad esso apportate. Infatti risulta dagli atti che la
riduzione della quota espropriata, disposta a correzione dell’errore
incorso per aver incluso in essa un terreno che fin dal 1939 aveva
cessato di appartenere alla Zoppi, non realizza nessuna delle ipotesi
che, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 339 del 1952, rendeva
necessaria la nuova pubblicazione del piano. Nulla può desumersi
contro siffatta soluzione dalla sentenza di questa Corte n. 39 del
1962, perché nel caso allora deciso, a differenza del presente, la
riduzione della quota espropriabile risultava da sostanziali modifiche
del piano originario, che avevano mutato la base dell’espropriazione,
facendola poggiare su criteri giuridici diversi.
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunciando parzialmente sulla questione di legittimità
costituzionale sollevata con l’ordinanza del tribunale di Grosseto, di
cui in epigrafe, dichiara:
1) l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n.
4164, in quanto per la formazione del piano di espropriazione si è
tenuto conto dei dati del nuovo catasto entrato in attuazione nella
zona successivamente al 15 novembre 1949, e nei termini di cui in
motivazione;
2) non fondata la questione sollevata con l’ordinanza medesima
relativa alla mancata pubblicazione delle variazioni apportate al piano
originario, in riferimento agli artt. 76 e 77 della costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1967.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI.