Sentenza N. 135 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
30/07/1980
Data deposito/pubblicazione
30/07/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/07/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott.
MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN –
Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
terzo, del codice civile promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre
1976 dal Tribunale per i minorenni di Ancona, sul ricorso proposto da
Silvestrini Daniela in Moroder, iscritta al n. 62 del registro
ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 100 del 13 aprile 1977.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 30 gennaio 1980 il Giudice relatore
Livio Paladin;
udito l’avvocato dello Stato Renato Carafa per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
1. – Nel corso di una controversia fra coniugi separati, avente per
oggetto la determinazione della scuola elementare cui iscrivere il
figlio, la parte convenuta ha eccepito l’incompetenza dell’adito
tribunale per i minorenni di Ancona, sostenendo invece – sulla base
degli artt. 710 e 711 cod. proc. civ. – la competenza in materia del
tribunale ordinario. Ma il tribunale per i minorenni, ritenendo
applicabile al caso in esame l’art. 155 terzo comma cod. civ., ha
sollevato questione di legittimità costituzionale della norma
predetta, in riferimento ai principi stabiliti dagli artt. 3 primo
comma e 25 primo comma Cost.
Secondo l’ordinanza di rimessione – emessa il 21 dicembre 1976 – le
“decisioni di maggiore interesse”, per le quali l’art. 155 terzo comma
cod. civ. prevederebbe la competenza del tribunale ordinario,
dovrebbero considerarsi equivalenti a quelle “questioni di particolare
importanza”, per le quali gli artt. 316 cod. civ. e 38 primo comma
delle disposizioni di attuazione del codice stesso affermano invece,
quanto ai rapporti fra coniugi non separati, la competenza del
tribunale per i minorenni. Questa diversità di disciplina, a fronte
di situazioni identiche, comporterebbe però un’ingiustificata
disparità di trattamento, in danno dei coniugi separati: dal momento
che essi, diversamente dai coniugi non separati, non potrebbero
giovarsi né della specifica competenza né delle più rapide
procedure, proprie del tribunale per i minorenni.
Vero è che nel corso dei lavori preparatori dell’attuale art. 38 –
puntualmente ricordati dal giudice a quo – si disse che tale previsione
era imposta dall’esigenza di evitare pronunce contraddittorie,
rispettivamente adottate dal tribunale per i minorenni e dal tribunale
ordinario (in quanto competente in tema di separazione personale). Ma
lo scopo perseguito dal legislatore non sarebbe stato realizzato, dato
che l’identità dell’organo giudicante verrebbe meno comunque, tutte le
volte che si dovesse adire – per ragioni di competenza territoriale –
un organo diverso dal giudice della separazione. Ed allora tornerebbe a
farsi valere la regola – costituzionalmente garantita dagli artt. 3
primo comma e 25 primo comma – per cui il tribunale per i minorenni (e
non il tribunale ordinario) è il “giudice naturale degli interessi
minorili”.
2. – Si è costituito in giudizio il solo Presidente del Consiglio
dei ministri, per sostenere l’infondatezza della proposta questione.
Nelle deduzioni dell’Avvocatura dello Stato si contesta la pretesa
violazione del principio di eguaglianza, poiché non vi sarebbe
identità fra le fattispecie rispettivamente regolate dall’art. 155
terzo comma e dall’art. 316 cod. civ.: essendo la prima relativa ai
coniugi separati, la seconda invece all’esercizio di potestà comuni ai
coniugi non separati. Né risulterebbe violato il principio del giudice
naturale, dal momento che la competenza del tribunale ordinario sarebbe
“ricollegata a certi e determinati presupposti”, prestabiliti dalla
legge in base a criteri obiettivi, secondo la costante giurisprudenza
di questa Corte.
1. – L’ordinanza di rimessione procede, ritenendole pacifiche,. da
alcune premesse di carattere interpretativo, concernenti la
disposizione impugnata. In primo luogo, cioè, il tribunale per i
minorenni di Ancona vi assume che il suo giudizio riguardi una di
quelle “decisioni di maggiore interesse per i figli”, cui si riferisce
l’art. 155 terzo comma del codice civile. In secondo luogo, il giudice
a quo sostiene che la norma stessa – là dove stabilisce,
genericamente, che “il coniuge cui i figli non siano affidati… può
ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni
pregiudizievoli al loro interesse” – abbia senz’altro di mira il
tribunale ordinario: secondo la regola fissata dal capoverso dell’art.
38 disp. att. cod. civ., che dovrebbe applicarsi anche al caso in
esame, dal momento che l’art. 155 non rientra fra le disposizioni
elencate nell’art. 38 primo comma, per determinare i provvedimenti
spettanti al tribunale per i minorenni.
Precisamente in tal senso, non prevedendo “la competenza del
Tribunale per i minorenni in ordine alle questioni vertenti sulle
decisioni di maggiore interesse per la prole” (come si legge nel
dispositivo dell’ordinanza di rimessione), l’art. 155 terzo comma
violerebbe il principio del giudice naturale e verrebbe comunque a
discriminare i coniugi separati da quelli non separati, relativamente
ai rimedi processuali esperibili per tutelare i primari interessi dei
figli.
2. – Stando alla stessa impostazione del giudice a quo, che la
Corte ritiene di prendere a base della sua pronuncia, la questione deve
però considerarsi non fondata.
Anzitutto, non regge la tesi che l’art. 155 terzo comma cod. civ.
contrasti con l’art. 25 primo comma Cost., sottraendo al tribunale per
i minorenni – senza adeguate ragioni giustificative – una competenza
che dovrebbe spettargli come giudice naturalmente più idoneo ad
affrontare determinati ordini di controversie: nella specie, quelle
concernenti “le decisioni di maggiore interesse per i figli” di coniugi
separati. Questa Corte ha bensì ritenuto (si veda fra le altre, la
sentenza n. 274 del 1974) che “la nozione di giudice naturale non si
cristallizza nella determinazione legislativa di una competenza
generale, ma si forma anche di tutte quelle disposizioni, le quali
derogano a tale competenza sulla base di criteri che razionalmente
valutino i disparati interessi in gioco nel processo”. Nel caso in
esame, tuttavia, non sussiste alcuna deroga propriamente intesa, della
quale la Corte debba verificare la razionalità. Se infatti si
considerano i criteri di determinazione delle competenze in sede
giurisdizionale, le funzioni eventualmente riservate al tribunale
ordinario, in applicazione della norma impugnata, non sono di natura
eccezionale e neppure speciale; ma fanno parte di una competenza
generale, prevista nell’ambito della stessa giurisdizione alla quale
appartengono i tribunali per i minorenni, senza dunque violare in
nessun modo il principio del giudice naturale.
Del resto, anche se si guarda ai tipi di interessi da tutelare, il
riparto fra la competenza del tribunale per i minorenni e quella del
tribunale ordinario non può non ricadere nell’ambito della
discrezionalità legislativa: dal momento che in tal campo
interferiscono interessi diversi, facenti capo ai genitori separati,
oltre che ai figli di essi. Non a caso, è al tribunale ordinario che
spetta – pronunziandosi sulla separazione, in base all’art. 155 primo
comma cod. civ. – dichiarare a quale dei coniugi i figli sono affidati
e adottare “ogni altro provvedimento relativo alla prole”, sebbene il
legislatore abbia statuito che il giudice deve decidere in quest’ultimo
senso “con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale”
della prole stessa.
Meno ancora è poi sostenibile che l’eventuale competenza del
tribunale ordinario, circa le “decisioni di maggiore interesse per i
figli” dei coniugi separati, determinerebbe un’arbitraria disparità di
trattamento rispetto alla competenza propria del tribunale per i
minorenni – ex art. 316 terzo comma cod. civ. – “in caso di contrasto
su questioni di particolare importanza” fra coniugi non separati. Il
complessivo regime della separazione coniugale è troppo peculiare,
perché sul piano costituzionale si possa esigerne l’equiparazione a
quello dei coniugi non separati, sia pure ai soli effetti dell’art. 155
terzo comma cod. civ. Ciò che più conta, l’azione e la difesa delle
parti non sarebbero certo pregiudicate dal fatto di dover adire il
tribunale ordinario, quanto alle controversie riguardanti i figli che
insorgano dopo la sentenza di separazione, fino al punto di desumerne
una violazione del principio di eguaglianza.
3. – Ne segue che le rispettive potestà del tribunale ordinario e
del tribunale per i minorenni non danno luogo a censure di legittimità
costituzionale, nei termini indicati dal giudice a quo, ma determinano
invece – per un verso – problemi di politica legislativa, cui si
ricollegano – per un altro verso – difficoltà superabili in via
interpretativa delle norme vigenti.
Sotto quest’ultimo aspetto, va ricordato che l’interpretazione
della norma impugnata, dalla quale muove l’ordinanza di rinvio, non è
affatto pacifica ed anzi contrasta con varie recenti pronunce della
Corte di cassazione, per quanto adottate con specifico riguardo
all’ottavo piuttosto che al terzo comma dell’art. 155 cod. civ. (cioè
per individuare il giudice competente in tema di “revisione delle
disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, la attribuzione
dell’esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative
alla misura e alle modalità del contributo”). Se non altro in linea di
massima, prendendo in considerazione l’affidamento dei figli e le
potestà dei genitori, quella Corte ha infatti affermato – al di là
della lettera e degli stessi lavori preparatori dell’art. 38 disp.
att. cod. civ. – l’esigenza di un’interpretazione sistematica che
affidi al tribunale per i minorenni l’adozione dei relativi
provvedimenti.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 155 terzo comma del codice civile, sollevata dal tribunale
per i minorenni di Ancona, in riferimento agli artt. 3 primo comma e 25
primo comma della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere