Sentenza N. 136 del 1968
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1968
Data deposito/pubblicazione
28/12/1968
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/12/1968
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE, Giudici,
Codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 14 giugno
1967 dal pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Bianchi
Daniela, iscritta al n. 196 del registro ordinanze 1967 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 271 del 28 ottobre 1967.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 23 ottobre 1968 la relazione del
Giudice Vincenzo Michele Trimarchi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco
Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – Nel procedimento penale, con istruzione sommaria, iniziato dal
pretore di Livorno a carico di Daniela Bianchi per il reato di lesioni
colpose che questa avrebbe commesso in occasione di un incidente
stradale, nei confronti di Elio Citti, questi, persona offesa dal reato
e querelante, si costituiva parte civile, nominando un proprio
difensore di fiducia, e notificava copia del relativo atto alla
Bianchi. Il pretore disponeva perizia medica del Citti, ma non ordinava
che si procedesse agli avvisi prescritti dal combinato disposto degli
artt. 389, ultimo comma, 392 e 304 ter del Codice di procedura penale
perché riteneva rilevanti e non manifestamente infondate le questioni
di legittimità costituzionale dell’art. 98 del Codice di procedura
penale, ed in subordine, e sotto un duplice profilo, dell’art. 94 del
Codice di procedura penale, in relazione all’art. 91, comma primo, e
all’art. 92, comma primo, stesso codice, in riferimento agli artt. 24 e
3 della Costituzione. E con ordinanza del 14 giugno 1967, sollevava
formalmente codeste questioni.
2. – Ritenuto che dall’art. 98 del Codice di procedura penale “deve
desumersi che l’imputato, nel procedimento pretorile con istruzione
sommaria, non può fare opposizione alla costituzione di parte civile
durante tale fase”, il pretore ravvisava in questo divieto una “grave
violazione del diritto di difesa dell’imputato (inteso, nella specie,
come diritto a dedurre vizi di forma o di sostanza contro l’avvenuta
costituzione)” garantito dall’art. 24 della Carta costituzionale.
In particolare, secondo il pretore, la facoltà di opporsi alla
costituzione di parte civile costituisce un aspetto preminente del
diritto di difesa dell’imputato sia in relazione agli aspetti
civilistici che vengono introdotti nel processo penale sia in relazione
agli effetti che ne possono derivare sul piano strettamente
penalistico. Con la costituzione di parte civile, infatti, accanto
all’accusa pubblica, entra in causa un soggetto, parimenti interessato
contro l’imputato sia a sostenerne e a dimostrarne la responsabilità
(ai fini dell’an debeatur), sia a dedurre e a dimostrare il quantum
debeatur. Codesto soggetto, da un canto coadiuva, seppure a fini
propri, la funzione della accusa pubblica e si pone contro l’imputato
come contraddittore, e dall’altro si presenta come elemento di
notevole, ma legittimo, disturbo di un bene pubblico, rappresentato dal
diritto dell’imputato, e di tutti, al sollecito svolgimento del
processo penale. D’altronde alla parte civile, pur nella fase
istruttoria, competono un autonomo e specifico potere di iniziativa e
di stimolo processuale e una serie di poteri di interferenza, il cui
rispetto comporta un appesantimento procedurale. Sin da quella fase,
per tanto, viene contrastata e può essere sensibilmente pregiudicata
la posizione processuale dell’imputato. Da ciò deriva l’interesse
dell’imputato ad opporsi alla costituzione di parte civile e cioè a
negare in radice l’anzidetta serie di poteri.
Per il pretore, non varrebbe, in contrario, opporre la qualifica di
precarietà o provvisorietà che spetta, durante la fase istruttoria,
alla costituzione di parte civile e alla decisione sulla eventuale
opposizione, quale deve intendersi strutturalmente delineata dal codice
di rito con i commi sesto e settimo dell’art. 97.
Non potrebbe, del pari, efficacemente sostenersi l’argomento che si
volesse desumere dai commi quarto e quinto dell’art. 97 del Codice di
procedura penale, circa un preteso scarso rilievo da darsi in sede
istruttoria all’opposizione, stante la possibilità di differire la
decisione su di essa ad altro momento dell’istruzione formale, o,
addirittura, al dibattimento.
Non potrebbe, altresì, opporsi che valida garanzia per l’imputato,
anche nella fase dell’istruzione sommaria pretorile, sia il disposto
dell’art. 99 del Codice di procedura penale, per il quale la
costituzione di parte civile può essere dichiarata inammissibile anche
di ufficio in qualsiasi stato del procedimento di primo grado.
Ed infine non si potrebbe sostenere che la peculiare struttura
della sommaria giustifichi il divieto di opposizione.
3. – Ad avviso del giudice a quo, il divieto per l’imputato di far
sentire formalmente la sua voce durante l’istruzione sommaria
pretorile, in difesa di quegli interessi che la parte civile mira a
pregiudicare, contrasta anche con l’art. 3 della Costituzione, tenuto
conto dei diritti che, al riguardo, spettano all’imputato
nell’istruzione formale. Non è da pensare, infatti, che l’istruzione
sommaria nei procedimenti per reati di competenza del pretore si
profili in situazioni diverse (reati di minore importanza) da quelle in
cui si inserisce l’istruttoria formale. Basti, infatti, considerare,
tra l’altro, che per motivi di connessione con un qualsiasi reato di
competenza superiore (e tali motivi, in certi casi, non potrebbero da
soli comportare una diversità di situazioni), un reato di competenza
del pretore meriterebbe anche per sé solo (stante il disposto
dell’art. 46, ultimo comma, del Codice di procedura penale) il
procedimento con rito formale (con la conseguente spettanza del diritto
di opposizione). Tutto ciò porta ad una evidente e incostituzionale
disparità di trattamento tra chi è perseguito dal pretore e chi da un
giudice di competenza superiore, anche per uno stesso reato.
4. – In linea subordinata il pretore di Livorno proponeva il
problema sotto il profilo dell’interpretazione dell’articolo 94 del
Codice di procedura penale. Se, infatti, codesta norma, contro
l’orientamento di giurisprudenza e dottrina, dovesse interpretarsi nel
senso che l’offeso dal reato può costituirsi parte civile nel corso
della sommaria pretorile, ma non è titolare di alcuno dei poteri
propri della parte civile, allora la norma, anche in relazione all’art.
91 del Codice di procedura penale, sarebbe in contrasto con l’art. 24,
comma primo, della Costituzione per violazione del diritto di azione e
si avrebbe un’ingiustificata disparità di trattamento per la parte
civile a seconda del tipo di istruzione. Interpretandosi, invece, la
norma del senso corrente, anche in rapporto all’art. 92 del Codice di
procedura penale, sarebbe violato il diritto di difesa dell’imputato
perché alla costituzione di parte civile, con tutti i poteri e le
facoltà che ne derivano, si contrapporrebbe l’impossibilità per
l’imputato d’opporsi.
5. – Affrontando da ultimo il problema della rilevanza della
sollevata questione, il pretore osservava che la rituale instaurazione
del contraddittorio fra le parti costituisce premessa essenziale di
qualsiasi procedimento e che, nella specie, all’accertamento peritale
(assolutamente necessario ai fini della decisione e per ciò disposto)
non può procedersi senza il preventivo avviso ai difensori delle parti
legittimamente in causa, e nel processo de quo tra queste non
rientrerebbe il Citti, qualora dovesse essere dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 98 del Codice di procedura
penale e sino a quando, conseguentemente, non fosse consentito
all’imputato di opporsi alla costituzione della parte civile
(rendendosi applicabile a sensi dell’art. 392, comma primo, del Codice
di procedura penale, e con i prescritti adattamenti interpretativi,
l’art. 97 del Codice di procedura penale).
6. – E pertanto, il pretore di Livorno, con l’anzidetta ordinanza,
sollevava d’ufficio, in riferimento agli artt. 24 e 3 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale:
– dell’art. 98 del Codice di procedura penale in quanto con le
parole “contro la costituzione della parte civile… avvenuta
anteriormente può essere fatta opposizione al dibattimento”, esclude
che l’imputato, nel procedimento pretorile con istruzione sommaria,
abbia il diritto di fare opposizione alla costituzione di parte civile
durante la fase istruttoria sommaria;
– ovvero, in subordine, dell’art. 94 del Codice di procedura
penale, in relazione all’art. 91, comma primo, dello stesso codice, in
quanto, con le parole “nei procedimenti di competenza del pretore la
dichiarazione è presentata nella cancelleria del giudice competente
per il giudizio”, impedisce che la parte civile (pur costituita in
pendenza dell’istruzione sommaria) sia formalmente presente in giudizio
durante la stessa istruzione, non attribuendole alcuno dei poteri di
cui agli artt. 104, 304 bis, 304 ter, 304 quater e 323 e segg. del
Codice di procedura penale;
– ovvero, in via più subordinata dello stesso art. 94 del Codice
di procedura penale, in relazione all’art. 92, comma primo, dello
stesso codice, in quanto, con le parole ora riportate, il detto art. 94
del Codice di procedura penale consente, durante l’istruzione sommaria
pretorile, la formale presenza della parte civile con gli stessi
diritti e poteri che ad essa spettano nel corso dell’istruzione
formale, senza che l’imputato possa fare opposizione alla costituzione
di parte civile.
7. – L’ordinanza, notificata e comunicata regolarmente, veniva
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 271 del 28 ottobre 1967.
Nel giudizio spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei
Ministri, con atto depositato il 17 novembre 1967 ed a mezzo
dell’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le sollevate
questioni fossero dichiarate non fondate. L’art. 98 del Codice di
procedura penale, infatti, non viola l’art. 24 della Costituzione
perché la parte civile non si pone sullo stesso piano dell’accusa
pubblica, coadiuvandone sia pure a fini propri la funzione e influendo
sull’accertamento delle verità materiali cui tende il processo penale.
La costituzione di parte civile concreta un tipico caso di intervento
del titolare di un’azione nel processo ad essa pregiudiziale, e la
ragione dell’istituto risiede in un interesse esclusivamente
civilistico e non in una finalità pubblicistica (quale potrebbe essere
quella di concorrere alla repressione del reato). E non rileva che in
fatto la parte civile possa influire, o si ritiene che possa influire,
sullo svolgimento del processo penale.
Il diritto per l’imputato d’opporsi alla costituzione di parte
civile attiene alla sua posizione di eventuale obbligato verso la parte
lesa dal reato. E dal disposto dell’art. 98 del Codice di procedura
penale non viene limitato minimamente. Nessun impedimento è frapposto
all’attività difensiva dell’imputato, e questi, difendendosi sul piano
penale, si difende altresì su quello civile, che è subordinato,
secondario ed eventuale rispetto al primo.
All’imputato non è precluso in alcun modo di contrastare la
pretesa della parte civile, ed è assicurato che la decisione in ordine
ad essa venga resa nel contraddittorio delle parti. Vi è solo una
limitazione del diritto di sollevare immediatamente questioni
concernenti la costituzione di parte civile, ma tale limitazione è
temporanea e giustificata dal sistema, perché l’opposizione alla
costituzione di parte civile è prevista nell’interesse generale della
rapidità e sveltezza della procedura (come risulta, tra l’altro, dagli
artt. 110, primo comma, 99, 97 e 98 del Codice di procedura penale e
come è comprovato dal disposto dello stesso art. 100, comma secondo).
Né può dirsi – osserva ancora l’Avvocatura dello Stato – che la parte
civile si presenta come elemento di notevole disturbo del diritto
dell’imputato e di tutti al sollecito svolgimento del processo e che
l’esercizio dei poteri ad essa spettanti contrasta e può pregiudicare
sensibilmente la posizione dell’imputato fin nella fase istruttoria.
Siffatto disturbo, attesa l’officialità del processo penale, si pone
esclusivamente su un piano di mero fatto e per ciò irrilevante; e
qualora si dovesse pensare che la presenza della parte civile elimina
le eventuali carenze del titolare dell’azione penale o del giudice, è
da escludere che negligenze e manchevolezze di tal genere possano
rientrare nella sfera del diritto di difesa dell’imputato.
È da considerare, infine, che il bene pubblico rilevante è non
solo il diritto dell’imputato al sollecito svolgimento del processo, ma
anche il diritto della parte lesa di vedersi risarciti i danni
conseguenti al reato.
Circa la pretesa illegittimità costituzionale dell’art. 98 del
Codice di procedura penale in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, l’Avvocatura dello Stato deduceva che la diversità della
disciplina, nell’istruzione sommaria ed in quella formale, trae origine
dalla diversità della situazione giuridica che le norme contemplano. I
due riti rispondono ad esigenze differenti, e dipende dal fatto
obiettivo rappresentato dal reato e dalle sue circostanze se l’imputato
debba essere perseguito con il rito sommario o con quello formale. E
nulla, infine, può ricavarsi, nel caso di connessione, dall’attrazione
presso il giudice superiore anche del reato di competenza del giudice
inferiore, perché l’imputato di detto reato si trova, nelle due
ipotesi, in una situazione affatto diversa obiettivamente.
In ordine alle questioni, profilate subordinatamente e gradatamente
nell’ordinanza, concernenti l’art. 94 del Codice di procedura penale,
l’Avvocatura dello Stato osservava che la prima è priva di fondamento
in quanto si presupponga che, nonostante la costituzione in pendenza
dell’istruzione sommaria, la parte civile non abbia (o non possa
esercitare) nessuno dei poteri ad essa conferiti dalla legge nella fase
istruttoria, e ciò perché la dottrina, la giurisprudenza, la prassi e
la logica negano ogni validità a detta interpretazione, ed è del pari
infondata la seconda questione, in quanto si presupponga che la parte
civile possa durante l’istruzione sommaria esercitare quei poteri e
l’imputato non abbia il potere di proporre opposizione, e ciò perché,
in tal caso, soccorrono decisamente gli argomenti sopra riportati e
sufficienti a dimostrare l’infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 98 del Codice di procedura penale (della quale
quella ora indicata rappresenta un semplice corollario).
1. – La sollevata questione di legittimità costituzionale
dell’art. 98, comma primo, del Codice di procedura penale in
riferimento agli artt. 24, comma secondo, e 3 della Costituzione non
risulta fondata.
Con le parole: “contro la costituzione della parte civile avvenuta
durante le formalità di apertura del dibattimento o anteriormente può
essere fatta opposizione nel dibattimento”, il legislatore esclude che
l’imputato durante l’istruzione sommaria pretorile possa proporre
opposizione contro la costituzione della parte civile avvenuta durante
la stessa fase. E tale divieto non comporta alcuna violazione del
diritto di difesa dell’imputato.
Codesto diritto va considerato nella sua interezza e non può
essere valutato solo con riferimento a specifiche articolazioni o a
particolari modi di essere. Nel processo penale la difesa per
l’imputato si sostanzia nella possibilità allo stesso riconosciuta di
contrastare l’accusa pubblica al fine di ottenere una pronuncia di
proscioglimento con la formula più ampia e, qualora dal reato
ascrittogli sia ipotizzabile la derivazione di un danno, di
insussistenza dei relativi presupposti soggettivi ed oggettivi.
Anche a volersi riportare a siffatto contenuto (che è il più
ampio possibile) del diritto di difesa, non ricorre l’assenta
violazione di esso a causa del detto disposto dell’art. 98, comma primo
del Codice di procedura penale.
Tenuto conto della struttura dell’istruzione sommaria (e che, nella
specie, il processo si è svolto davanti al pretore con istruzione
sommaria) e delle garanzie in essa spettanti all’imputato, deve
riconoscersi che sostanzialmente il diritto di difesa dell’imputato, in
generale, non è negato nella sua titolarità, né compresso nel suo
contenuto o ostacolato nel suo esercizio.
Con l’ordinanza di rimessione, invece, si assume che quel diritto
sarebbe gravemente violato per ciò che di esso costituisce aspetto
preminente la facoltà di opporsi alla costituzione di parte civile e
cioè di “dedurre vizi di forma o di sostanza contro l’avvenuta
costituzione”.
Ma anche valutando il problema sotto questo specifico profilo, non
pare che si debba pervenire a diversa conclusione.
Con la costituzione di parte civile, il soggetto (che si ritiene)
danneggiato dal reato opera una scelta di fronte alle possibilità
offertegli dal legislatore, di esercitare l’azione civile davanti al
giudice civile ovvero nel procedimento penale. Perché la costituzione
diventi efficace, alla presentazione della relativa dichiarazione (nei
modi ed entro i termini di cui agli artt. 93 e segg. del Codice di
procedura penale) deve seguire la notificazione della stessa al
pubblico ministero e all’imputato (art. 95) ed eventualmente al
responsabile civile, sempre che la costituzione della parte civile non
avvenga durante le formalità di apertura del dibattimento e quindi con
la conoscenza o la conoscibilità da parte dei detti soggetti e
specificamente dell’imputato.
L’esigenza di un regolare contraddittorio tra il soggetto
danneggiato dal reato (costituitosi parte civile) e l’imputato (in
quanto obbligato a risarcire il danno o tenuto alle restituzioni) è, a
tal riguardo, certamente soddisfatta con la notificazione o con la
conoscenza (o conoscibilità) della dichiarazione di costituzione della
parte civile.
Instauratosi il contraddittorio, l’imputato è posto in grado, come
si è detto, di difendersi.
E non rileva in senso contrario la disposizione posta a base della
questione di legittimità costituzionale in esame.
Astrattamente, rientra nel diritto di difesa dell’imputato –
soggetto obbligato sul terreno della responsabilità – la possibilità
di contrastare l’esistenza delle condizioni e dei presupposti
dell’azione e la fondatezza nel merito. Vi rientra, quindi, la facoltà
di negare l’ammissibilità dell’azione, per vizi di forma o di sostanza
della costituzione.
Senonché il divieto di proporre codesta opposizione durante
l’istruzione sommaria (pretorile), non costituisce, ad avviso di questa
Corte, violazione del diritto di difesa dell’imputato. L’opposizione
tende a provocare una pronuncia pregiudiziale del giudice
sull’ammissibilità della costituzione. Sul terreno, poi,
dell’esercizio dell’azione civile, codesta fase di giudizio
(sull’ammissibilità) non trova riscontro nelle garanzie (ritenute
sufficienti) per l’esercizio della stessa azione davanti al giudice
civile. Ed infatti, se l’azione dovesse essere esercitata in sede
civile, tale fase non sarebbe né prevista né possibile. Sopra codesto
piano, non può dirsi che, a causa di quel limitato o temporaneo
divieto, il diritto di difesa dell’imputato-obbligato sia violato. Non
rileva in contrario che la opposizione è consentita durante la
istruzione formale e nel dibattimento (immediatamente dopo compiute per
la prima volta le formalità di apertura del dibattimento: art. 98,
comma secondo), perché sul terreno dell’art. 24 non gioca il fatto che
in altri casi la facoltà sia riconosciuta. Il legislatore ha ritenuto
nell’ipotesi considerata di non dover ammettere l’opposizione (senza
pregiudicare il diritto di difesa dell’imputato, nella sostanza), in
ragione di diversità riportabili alle speciali caratteristiche
dell’istruzione sommaria e pretorile.
Va considerato altresì che alla pronuncia pregiudiziale di
inammissibilità si può pervenire anche su opposizione del P. M. (che,
nella specie, però, è lo stesso pretore) o d’ufficio (art. 99 del
Codice di procedura penale).
In ogni caso l’opposizione, proposta durante l’istruzione formale,
impone al giudice di provvedere, e quindi, ove fosse ammessa durante
l’istruzione sommaria, non potrebbe produrre effetti diversi.
A sensi dell’art. 98, ultimo comma, del Codice di procedura penale,
infatti, il giudice decide con ordinanza senza ritardo, ma può
differire la decisione ad un altro momento della istruzione; e può
provvedere nel dibattimento, qualora, per il tempo in cui è proposta
l’opposizione, la decisione su di essa ritarderebbe la chiusura della
istruzione.
E perciò, in mancanza del divieto, il pretore non sarebbe
necessariamente tenuto a decidere in ogni caso durante la istruzione.
Dalla doverosità in dipendenza dell’opposizione di provvedere
normalmente durante l’istruzione, non può, pur sempre, farsi
discendere l’assenta violazione del diritto di difesa, perché, anche
se non è consentito sostenere che ricorra l’impossibilità per la
parte civile di porre in essere validamente ed efficacemente attività
processuali, fino a quando non intervenga tacitamente, implicitamente e
espressamente la pronuncia di ammissione della costituzione della parte
civile, il provvedimento di inammissibilità, se concesso, non
escluderebbe la riproponibilità dell’opposizione nel dibattimento
(art. 97, penultimo comma).
2. – Dall’esclusione dell’opposizione durante l’istruzione sommaria
e pretorile si ricava che l’imputato sarebbe messo in condizione di non
potere impedire il compimento durante l’istruzione stessa da parte del
soggetto costituitosi parte civile di determinati atti, e precisamente
e tra l’altro che la parte civile proponga (durante l’istruzione) mezzi
di prova per accertare i fatti e determinare i danni (art. 104 del
Codice di procedura penale); che si faccia assistere durante
l’istruzione da un difensore (art. 24, comma secondo, del codice di
procedura penale); che assista per mezzo del difensore e del consulente
tecnico a quegli atti istruttori cui hanno diritto di presenziare il
difensore ed il consulente tecnico dell’imputato (art. 304 bis), e che,
infine, prenda visione in cancelleria tramite il difensore dei verbali
relativi ad ogni atto istruttorio (artt. 304 quater, 320, 372, del
Codice di procedura penale).
Ma non può dirsi che, solo perché la parte civile può durante
l’istruzione sommaria compiere codesti atti, anche se la costituzione
sia inammissibile e per ciò che non è stata dichiarata tale, sia
violato il diritto di difesa dell’imputato, quando si consideri che
alla possibilità per la parte civile di proporre mezzi di prova si
contrappone il potere dell’imputato di contrastarne l’ammissione e che
agli altri atti consentiti alla parte civile fanno riscontro gli stessi
atti per l’imputato, e che comunque i mezzi istruttori proposti possono
essere disposti d’ufficio, che durante l’espletamento di essi
l’imputato può difendersi e che ad essi, sia pure su richiesta del P.
M. (e nella specie, d’ufficio, dal pretore), può essere autorizzata ad
assistere la persona offesa dal reato.
3. – Quando fin qui notato, rileva sul terreno civilistico.
Rileva altresì direttamente su quello penalistico e sotto il
profilo delle implicazioni penalistiche dell’attività svolta in
funzione della pronunzia sull’azione civile.
Non si può perciò ammettere come afferma l’ordinanza che la parte
civile “stia sullo steso piano dell’accusa pubblica, coadiuvandone in
certo senso la funzione” e per “l’accertamento della verità
materiale”. Dal punto di vista ora esaminato, la parte civile rimane
tale anche se la sua attività in fatto pesa sul corso del procedimento
penale e sul risultato dello stesso. Ma non è possibile ritenere che
la parte civile disturbi il diritto dell’imputato e di tutti, al
sollecito svolgimento del processo penale. La parte civile, infatti,
ha una sua funzione nel processo penale come le altre parti e la sua
presenza va giustificata sulla base dell’interesse che sta a fondamento
dell’istituto. Esercitando la parte civile un’azione nel processo ad
essa pregiudiziale, ne è evidente l’interesse, considerato dal
legislatore meritevole di tutela, a che venga accertata la
responsabilità, sotto i profili dell’an e del quantum debeatur. E
codesto interesse non deve necessariamente cedere di fronte a quello
relativo alla celerità del processo penale.
Si può dunque escludere che la posizione processuale
dell’imputato, solo perché della costituzione di parte civile non
possa essere pronunciata durante la istruzione l’eventuale
inammissibilità, sia, sin da questa fase, sensibilmente (ed
illegittimamente, se la costituzione fosse inammissibile) pregiudicata.
Comunque non bisogna trascurare che la peculiare struttura della
istruzione sommaria giustifica il divieto d’opposizione. Pur
considerando che con le sentenze nn. 11 e 52 del 1965 di questa Corte,
per assicurare l’ampia e sicura garanzia del diritto di difesa
dell’imputato e delle altre parti e la migliore osservanza del
principio di eguaglianza, le differenze tra l’istruzione formale e
quella sommaria si sono attenuate, questa riflette sempre l’esigenza di
una maggiore snellezza e celerità, ed a tale esigenza obbedisce il
divieto in esame, specie se si consideri che l’imputato a causa di esso
non viene a subire alcun sostanziale pregiudizio.
4. – Deve ritenersi del pari infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 98 del Codice di procedura penale in
riferimento all’art. 3 della Costituzione.
L’argomento addotto dal pretore e che si vuol trarre dalla mancanza
di diversità circa le situazioni (reati) in cui si profilano
l’istruttoria sommaria del pretore e quella formale, non regge fino a
tanto che (e nonostante quanto sopra notato) permangono le due forme di
istruzione che sono previste per reati e procedimenti di differente
natura.
E ancor meno giova sostenere – come fa anche il pretore – che ciò
sarebbe maggiormente evidente di fronte ad un reato di competenza del
pretore, attratto, per connessione, nella competenza di un giudice
superiore. Qui non c’è un trattamento differenziato in ordine ad uno
stesso reato, ma un trattamento differente in ordine ad una situazione
diversa e tale deve dirsi la situazione determinata dalla connessione
che comporta anche per il reato attratto nella competenza del giudice
superiore la disciplina propria del reato principale.
5. – Sul presupposto che, in base all’art. 94 del Codice di
procedura penale, la persona danneggiata dal reato possa durante la
istruzione sommaria costituirsi parte civile ma che non assuma potere
alcuno per interferire nell’istruzione stessa, il pretore di Livorno
ha, in subordine, prospettato la illegittimità costituzionale di
detto art. 94 del Codice di procedura penale in relazione all’art. 91,
comma primo, dello stesso Codice, in riferimento all’art. 24, comma
primo, della Costituzione, deducendo una lesione del diritto d’azione
della parte civile e una conseguente disparità di trattamento tra
parti civili nei procedimenti con istruzione formale e parti civili in
quelli con istruzione sommaria.
Ma, come avverte lo stesso pretore, contro siffatta interpretazione
dell’art. 94 sarebbero la dottrina, la giurisprudenza, la prassi e la
logica. E per ciò non mette conto di ragionarne.
Restando invece valida l’altra interpretazione di detto art. 94 ed
in armonia con quella operata nei confronti dell’art. 98 del Codice di
procedura penale, e che, troverebbe riscontro nel disposto dell’art.
92, comma primo, del Codice di procedura penale per il pretore sarebbe
non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 94 nella parte in cui prevede che la parte
civile, durante l’istruzione sommaria del pretore, sia formalmente
presente “con gli stessi diritti e poteri che ad essa spettano nel
corso dell’istruzione formale”.
Ma così argomentando, si torna praticamente a toccare ancora una
volta il precetto, enucleato dall’art. 98 del Codice di procedura
penale, in relazione al quale questa Corte ha ritenuto di dover
dichiarare la conformità agli artt. 24 e 3 della Costituzione. E non
rilevano diversi o più ampi profili meritevoli di autonoma
considerazione e valutazione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale,
sollevate con ordinanza 14 giugno 1967 dal pretore di Livorno,
dell’art. 98 del Codice di procedura penale, in riferimento agli artt.
3 e 24 della Costituzione, e dell’art. 94 del Codice di procedura
penale, in riferimento all’art. 24 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1968.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.