Sentenza N. 136 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
30/07/1980
Data deposito/pubblicazione
30/07/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/07/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott.
MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN –
Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
codice di procedura penale promosso con due ordinanze emesse il 14
luglio 1975 e il 3 marzo 1977 dal pretore di Roma, nei procedimenti
penali a carico di Pironti Di Campagna Nicola e di Geminiani Tiberio ed
altri, iscritte ai nn. 484 del registro ordinanze 1975 e 308 del
registro ordinanze 1977 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 313 del 1975 e n. 218 del 1977.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 30 gennaio 1980 il Giudice relatore
Livio Paladin;
udito l’avvocato dello Stato Vito Cavalli, per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
1. – Con due ordinanze motivate in termini pressoché identici –
rispettivamente emesse il 14 luglio 1975 e il 3 marzo 1977 – il pretore
di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.
618 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede la
competenza del tribunale a decidere sull’opposizione al decreto
pretorile di iscrizione di ipoteca legale, per pretesa violazione del
principio del giudice naturale, stabilito dall’art. 25 primo comma
della Costituzione.
In entrambi i casi, essendo stata proposta opposizione avverso
l’iscrizione di un’ipoteca legale, il tribunale – per poter decidere in
proposito – aveva richiesto al pretore la trasmissione degli atti.
Senonché il pretore ha asserito, nella seconda delle due ricordate
ordinanze, il “carattere giurisdizionale” della sua “funzione di
collegamento” con il tribunale adito, che non potrebbe esser ridotta
“alla mera trasmissione degli atti processuali”; ed ha quindi sospeso
il “giudizio di opposizione in corso”, sollevando d’ufficio la predetta
questione di legittimità.
Quanto alla natura dell’opposizione in esame, il pretore ritiene
trattarsi – secondo la lettera dell’art. 618 – di un incidente di
esecuzione, vale a dire di uno “strumento processuale volto a far
valere dagli interessati l’invalidità o l’inesistenza del titolo
esecutivo”: nel qual caso, però, dovrebbe applicarsi la regola
statuita dagli artt. 628 e 630 cod. proc. pen., per cui competente a
giudicare di tali incidenti è lo stesso giudice che ha deliberato il
provvedimento.
Ma la conclusione non potrebbe esser diversa, quand’anche si
configurasse l’opposizione prevista dall’art. 618 alla stregua di un
“mezzo di impugnazione straordinaria”: dato che gli stessi mezzi in
questione, non essendo devolutivi, vanno pur sempre sottoposti – di
regola – alla decisione del giudice che abbia emesso l’atto impugnato.
Investendo il tribunale del potere di decidere sulla opposizione al
decreto di ipoteca legale, ancorché emesso dal pretore, l’art. 618
determinerebbe dunque una anomalia, contrastante “con il naturale
ordine di competenze fra giudici” e pertanto lesiva dell’art. 25 primo
comma Cost.
2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi in
entrambi i giudizi, sostiene per contro la manifesta infondatezza della
questione così sollevata.
Posto che l’espressione “giudice naturale” dovrebbe essere intesa –
secondo la giurisprudenza di questa Corte -“in senso del tutto
corrispondente a quello di giudice precostituito per legge”, l’atto di
intervento ne desume che l’art. 25 primo comma Cost. sia rispettato
senz’altro, “ogni qualvolta la competenza del giudice è
predeterminata… da criteri obbiettivi che valgano ad individuare
preventivamente il giudice stesso”.
Del resto, la devoluzione al tribunale della competenza a decidere
sulle opposizioni all’iscrizione dell’ipoteca legale disposta dal
pretore si risolverebbe in “una misura di maggiore garanzia” dei
diritti dell’imputato, tanto più che qui si tratta – afferma
l’Avvocatura dello Stato – non solo di un giudice collegiale, ma del
“naturale giudice di appello dei provvedimenti del pretore”; e ciò,
specialmente in un caso come quello in esame, non assimilabile a un
comune incidente di esecuzione, dal momento che l’opposizione prevista
dall’art. 618 cod. proc. pen. investirebbe “nella sua totalità
radicale” il provvedimento in tal modo impugnato.
Data l’identità delle questioni sollevate dalle due ordinanze di
rimessione, i relativi giudizi vanno riuniti e decisi con unica
sentenza.
Il giudice a quo sostiene preliminarmente di essere legittimato ad
impugnare l’art. 618 cod. proc. pen., in quanto richiesto di
trasmettere gli atti processuali, occorrenti al tribunale per decidere
– in base alla norma denunciata – sull’opposizione avverso il decreto
pretorile d’iscrizione di un’ipoteca legale. In questa stessa sede,
infatti, il pretore sarebbe investito di una specifica funzione
giurisdizionale, sia pure di collegamento. “diretta ad una delibazione
sul mezzo processuale proposto avente ad oggetto l’ammissibilità ed il
riscontro di legittimità formale” dell’opposizione.
Ma in realtà la questione è inammissibile, dal momento che essa
non è stata sollevata “nel corso di un giudizio dinanzi ad una
autorità giurisdizionale”, come invece è prescritto dall’art. 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87. Dei due giudizi in atto, concernenti
la decisione sulle opposizioni all’iscrizione delle rispettive
ipoteche, non è investito il pretore, ma il tribunale dinanzi al quale
è stata fatta opposizione; mentre al pretore non spetta – secondo la
norma impugnata – alcuna “delibazione” sulle opposizioni stesse, né
alcun altro tipo di potere decisorio.
In altre parole, qualunque ne sia la natura, il procedimento di
opposizione disciplinato dall’art. 618 cod. proc. pen. presenta sicuri
caratteri di autonomia rispetto al procedimento principale, nel corso
del quale sia stata disposta un’iscrizione di ipoteca legale; e
l’autorità giurisdizionale competente per quest’ultimo procedimento
non è chiamata a fare alcuna applicazione della norma impugnata, in
vista della quale possano proporsi questioni di legittimità
costituzionale che comportino la sospensione del solo giudizio
sull’opposizione come appunto si legge nei dispositivi delle ordinanze
di rimessione. Ai fini dell’art. 618, il pretore di Roma non era tenuto
a svolgere null’altro che un compito di trasmissione materiale degli
atti processuali (o, meglio, a consentire che tale compito fosse svolto
dalla competente cancelleria, cui si rivolgeva – per lo meno nel primo
dei due casi in esame, allorché il giudice a quo non aveva ancora
messo in dubbio la legittimità della norma in esame – la richiesta
della cancelleria centrale penale): il che, di per sé solo, non
concreta i requisiti necessari per l’instaurazione di un giudizio di
legittimità costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 618 del codice di procedura penale, in riferimento all’art.
25 primo comma della Costituzione, sollevata dal pretore di Roma con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere