Sentenza N. 137 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
15/12/1967
Data deposito/pubblicazione
15/12/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO
MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott.
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott.
LUIGI OGGIONI, Giudici,
Regione Friuli-Venezia Giulia approvata dal Consiglio regionale il 16
novembre 1966 e riapprovata il 17 gennaio 1976, recante “Estensione
della competenza territoriale della Sezione di Credito fondiario della
Cassa di Risparmio di Gorizia a tutto il territorio della Regione
Friuli-Venezia Giulia”, promosso con ricorso del Presidente del
Consiglio dei Ministri notificato il 3 febbraio 1967, depositato in
Cancelleria il 9 successivo ed iscritto al n. 3 del Registro ricorsi
1967.
Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli- Venezia Giulia;
udita nell’udienza pubblica del 7 novembre 1967 la relazione del
Giudice Aldo Sandulli;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe
Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l’avv.
Emilio Sivieri, per la Regione Friuli- Venezia Giulia.
Con ricorso notificato al Presidente della Giunta regionale del
Friuli-Venezia Giulia il 3 febbraio 1967 e depositato presso questa
Corte il 9 successivo, il Presidente del Consiglio dei Ministri,
autorizzato con deliberazione del Consiglio stesso in data 2 febbraio,
ha impugnato la legge della anzidetta Regione approvata dal Consiglio
regionale il 16 novembre 1966 e riapprovata il 17 gennaio 1967,
intitolata “Estensione della competenza territoriale della Sezione di
credito fondiario della Cassa di risparmio di Gorizia a tutto il
territorio del Friuli-Venezia Giulia”.
Il testo legislativo si compone di un unico articolo, del quale il
riferito titolo indica esaurientemente il contenuto.
Il ricorso denuncia che esso, in violazione dell’art. 5, n. 8,
dello Statuto regionale (il quale riconosce alla Regione competenza
legislativa concorrente in materia di ordinamento delle Casse di
risparmio), ha per oggetto la disciplina del credito fondiario, che è
materia di interesse nazionale e di spettanza statale.
Inoltre il testo legislativo violerebbe i principi generali delle
leggi dello Stato in materia di credito fondiario, nonché gli
interessi nazionali, e perciò violerebbe i limiti generali indicati
nell’art. 4 e richiamati nell’art. 5 dello Statuto.
Infine esso sarebbe illegittimo anche perché, pur avendo forma di
legge, si risolverebbe sostanzialmente in un atto amministrativo di
autorizzazione, e la Regione, ove pur dovesse ammettersi che la materia
regolata rientri nell’ambito dell'”ordinamento delle casse di
risparmio”, non sarebbe legittimata ad emanarla, non essendo finora
intervenute le norme di attuazione dello Statuto nella materia stessa.
Il ricorso è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del
25 febbraio 1967 e nel Bollettino regionale n. 7 del 21 febbraio.
A esso resiste il Presidente della Giunta regionale del
Friuli-Venezia Giulia, all’uopo autorizzato con delibera della Giunta
n. 351 in data 9 febbraio 1967, e costituitosi davanti a questa Corte
con deduzioni depositate il 25 febbraio.
Nelle deduzioni si assume che la determinazione e la modificazione
della competenza territoriale della Sezione di credito fondiario di una
cassa di risparmio rientrerebbe appunto nell’ambito della materia
“ordinamento delle Casse di risparmio” che il n. 8 dell’art. 5 dello
Statuto regionale attribuisce alla legislazione regionale. Essa non
atterrebbe alla “disciplina del credito fondiario”, riservata allo
Stato, costituendone infatti “il prius logico, il “momento
preliminare”, senza il quale non potrebbe in concreto esercitarsi la
funzione creditizia, che forma oggetto di tale disciplina”. In sostanza
la definizione della competenza territoriale riguarderebbe soltanto la
possibilità “virtuale” che l’apposita sezione eserciti il credito
fondiario nell’ambito di un certo territorio, senza peraltro toccare “i
vincoli ed i controlli dell’attività creditizia, stabiliti
nell’interesse nazionale, che, anche dopo l’estensione della competenza
dell’ente, continueranno a svolgersi nei modi e ad opera degli organi
designati ad attuarli in tutto il territorio dello Stato, secondo i
principi generali sulla disciplina del credito fondiario”.
Nei confronti della censura di violazione dei principi generali
delle leggi dello Stato in materia di credito fondiario e degli
interessi nazionali, le deduzioni ne denunciano la genericità e
perciò l’inammissibilità. Comunque contestano la fondatezza della
censura, giacché nella legislazione della materia non sarebbe dato
rinvenire alcun principio generale nel senso di vincolare a un certo
territorio la competenza dei singoli istituti abilitati al credito
fondiario. Anzi non pochi istituti di credito a carattere locale (e la
stessa sezione della Cassa goriziana) sono abilitati in base a norme
legislative a operare il credito fondiario fuori dell’ambito locale.
Quanto alla censura secondo cui il provvedimento impugnato avrebbe
carattere sostanzialmente amministrativo e pertanto sarebbe illegittimo
data la mancata emanazione delle necessarie norme di attuazione dello
statuto, nelle deduzioni si oppone il carattere meramente
organizzatorio della legge impugnata, la quale “si astiene da ogni
ingerenza nella direzione unitaria statale dell’attività creditizia”,
“lasciando inalterata la disciplina ed il controllo statale sull’ente
medesimo e sulla sua attività”. L’adozione del provvedimento in forma
legislativa non fu ispirata – si aggiunge – da finalità elusive,
bensì dal fatto che la competenza territoriale della sezione di
credito fondiario in questione era regolata in precedenza appunto da
una legge (la legge 16 novembre 1939, n. 1797). Ribadisce poi la
difesa della Regione che se il nuovo provvedimento attribuisce alla
sezione goriziana “la capacità di operare in tutto il territorio
regionale”, non perciò “ha compromesso in nessun modo la facoltà di
porre limiti o vincoli all’attività dell’istituto di credito, mediante
l’emanazione di norme dirette a coordinare la disciplina statale e
regionale della materia”, restando perciò “impregiudicate tutte le
attribuzioni statali attinenti alla tutela del credito fondiario”,
quindi ogni potere amministrativo della Banca d’Italia, del Ministero
del tesoro o di altri statali, cui rimarrebbe pur sempre riservato il
potere di approvare il nuovo statuto della sezione, di autorizzare
l’apertura di nuovi sportelli, e così via.
In una memoria depositata il 24 ottobre 1967 la difesa dello Stato
ribatte agli argomenti della Regione che questa ha competenza in
materia di ordinamento delle casse di risparmio e di altre aziende
locali di credito solo per il finanziamento delle attività economiche
regionali; non la ha invece in materia di istituti e sezioni autonome
di credito fondiario, da un lato perché essi non hanno carattere
locale, dall’altro perché non si limitano a finanziare attività
economiche: comunque per gli enti non territoriali – come quelli in
questione – solo in senso improprio si parla di competenza
territoriale, costituendo, per essi, il territorio solo un limite
esterno della loro attività. A ogni modo la dilatazione dell’ambito
territoriale nel quale un istituto di credito può operare – come
risulta anche dal fatto che in altri statuti regionali sono stati
conferiti distintamente alla Regione poteri in materia di ordinamento
degli istituti di credito e poteri in materia di apertura di sportelli
(art. 5, n. 4, e art. 8 dello Statuto Trentino-Alto Adige)- non rientra
sicuramente nel quadro dell’ordinamento dell’istituto, attribuito alla
competenza regionale, tanto più che interessa “più o meno
profondamente, direttamente e indirettamente”, “l’intero settore
creditizio”, la spettanza della cui disciplina unitaria allo Stato è
stata considerata da questa Corte come inerente a un principio
fondamentale dell’ordinamento in materia di credito e
risparmio.Ragioni, queste, che assumono peso ancora maggiore a
proposito degli istituti di credito fondiario, dato che questi operano
attraverso la emissione di “cartelle fondiarie” ammesse a circolare in
tutto il territorio dello Stato con evidenti ripercussioni sul mercato
nazionale delle azioni, delle obbligazioni, dei titoli del debito
pubblico e delle altre cartelle fondiarie.
A proposito del terzo motivo di ricorso la difesa erariale osserva
che, quand’anche dovesse escludersi che il provvedimento legislativo
impugnato abbia sostanzialmente natura amministrativa, nondimeno esso
non avrebbe potuto essere emanato in mancanza delle norme di attuazione
dello statuto regionale, indispensabili ai fini del coordinamento, nel
quadro di una visione unitaria, dei poteri regionali con quelli statali
della materia.
In una memoria depositata il 25 ottobre la difesa della Regione si
diffonde a sostenere che la formula statutaria che attribuisce al
Friuli-Venezia Giulia potestà in materia di “ordinamento” delle casse
di risparmio sarebbe da intendere come avente contenuto non diverso da
quella che ad altre Regioni attribuisce poteri in materia di
“istituzione e ordinamento” di istituti di credito, poteri da intendere
come comprensivi delle potestà autorizzative inerenti e della potestà
di determinare l’ambito territoriale dell’attività degli istituti.
Insiste inoltre sul carattere meramente organizzatorio e preliminare
del provvedimento impugnato, non destinato a incidere in alcun modo
sulla disciplina del credito fondiario, che riconosce di spettanza
statale.
All’udienza di trattazione della causa i difensori delle parti
hanno insistito nelle rispettive tesi.
1. – Dispone l’articolo unico del testo legislativo regionale
impugnato in via di sindacato preventivo di costituzionalità: “La
competenza territoriale della Sezione di credito fondiario della Cassa
di risparmio di Gorizia, già istituita con R.D.L. 24 febbraio 1938, n.
256, convertito nella legge 3 giugno 1938, n. 1088, è estesa a tutto
il territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia”.
In base alla normativa vigente l’anzidetta sezione della Cassa
goriziana è abilitata, nell’ambito della Regione, all’esercizio del
credito fondiario solo nella provincia di Gorizia e in taluni comuni
delle provincie di Trieste e di Udine (legge 16 novembre 1939, n. 1797,
art. 1).
L’intento del legislatore regionale è stato perciò quello di
estendere l’ambito territoriale entro il quale la sezione è
attualmente abilitata a praticare il credito specializzato per il quale
fu istituita.
Il punto centrale della controversia – cui corrisponde il primo e
fondamentale motivo del ricorso – riguarda lo stabilire se il
provvedimento regionale attenga o non alla materia dell'”ordinamento
delle Casse di risparmio, delle Casse rurali, degli Enti aventi
carattere locale o regionale per i finanziamenti delle attività
economiche nella Regione”, materia che è la sola per la quale lo
Statuto regionale attribuisca alla Regione giuliana potestà
legislativa nel campo del credito (art. 5, n. 8). Una volta escluso,
infatti, che la portata di esso si mantenga nei limiti di tale materia,
gli altri motivi d’impugnativa rimarrebbero assorbiti.
2. – Si può osservare in primo luogo che il credito fondiario,
mentre da un lato non rientra nei compiti istituzionali come della
generalità degli istituti di credito, così delle Casse di risparmio,
(tanto che per la istituzione della sezione della Cassa goriziana a
esso preposta fu necessario un provvedimento legislativo ad hoc), non
può considerarsi rientrante nemmeno tra i “finanziamenti delle
attività economiche nella Regione” cui ha riguardo l’art. 5, n. 8,
dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia.
Per esso comunque – date le caratteristiche del suo esercizio, il
quale si realizza attraverso l’emissione di cartelle poste in
circolazione sul mercato nazionale dei titoli quotati in borsa –
valgono a maggior ragione quelle esigenze di indirizzo unitario – e
perciò nazionale – del mercato creditizio che questa Corte già ha
avuto occasione di affermare con la propria sentenza n. 58 del 1958.
In quella occasione – e, si noti, con riferimento a una regione come
la Sardegna, alla quale le norme statutarie, oltre che in materia di
“ordinamento” di istituti di credito, attribuiscono poteri anche in
ordine alla “istituzione” di essi e alle “relative autorizzazioni” –
venne precisato che, data la direzione unitaria che la legislazione,
per la natura e l’importanza degli interessi coinvolti, ha voluto
conferire al settore del credito, riservando allo Stato il potere di
decidere in definitiva circa l’ammissione in esso di nuovi esercizi e
circa l’intensificazione delle presenze già in esso esistenti (legge
7 marzo 1936, n. 141, legge 7 aprile 1938, n. 636, decreto legislativo
17 luglio 1947, n. 691), non è possibile riconoscere alle norme che
prevedono poteri regionali in materia un significato tale, per cui le
regioni potrebbero, a loro esclusivo beneplacito, incrementare le
presenze operative nel settore. Ciò inerisce al fatto che la direzione
unitaria rappresenta per il settore in questione un principio di base
dell’ordinamento.
3. – Ma, a parte le considerazioni che precedono, la Corte ritiene
di potere escludere che l’oggetto del testo legislativo impugnato
rientri nel concetto di “ordinamento” degli istituti di credito, cui si
riferisce la norma statutaria invocata dalla Regione.
Oltre che dalle discussioni svoltesi nei due rami del Parlamento in
occasione dell’approvazione dello Statuto regionale e dalle
dichiarazioni allora fatte dal rappresentante del Governo durante i
lavori del Senato, essa trae il proprio convincimento dal raffronto
con le norme riflettenti le competenze regionali in materia di istituti
di credito contenute negli Statuti delle altre Regioni. Lo Statuto
della Regione sarda attribuisce a quest’ultimo (come già si è
accennato) poteri in materia di “istituzione” e di “ordinamento” di
istituti di credito, nonché nella materia delle “relative
autorizzazioni” (art. 4, lett. b), tenendo in tal modo distinto dagli
altri due il concetto di “ordinamento” degli istituti, con la
conseguenza che i poteri relativi a questo non possono considerarsi
comprensivi di quelli relativi alla “istituzione” di istituti di
credito e alle “relative autorizzazioni”. A sua volta lo Statuto del
Trentino-Alto Adige, il quale, al pari di quello del Friuli-Venezia
Giulia, all’art. 5, n. 4, attribuisce alla Regione poteri in materia di
“ordinamento” degli istituti di credito, se ha voluto conferirle
altresì poteri in materia di autorizzazione alla apertura e al
trasferimento di sportelli bancari, lo ha fatto con una disposizione ad
hoc (art. 8). Analogamente il D.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133,
contenente le norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia di
credito e risparmio, tiene distinte dall'”ordinamento” degli istituti
di credito (art. 2, lett. a) le autorizzazioni a istituirli, fonderli,
trasferirli, ecc. (art. 2, lett. b e c). Allorquando il Parlamento
ebbe a elaborare lo Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia,
esisteva dunque, nella normativa statale riguardante i poteri
regionali, a proposito degli istituti di credito, un concetto di
“ordinamento” notevolmente circoscritto, e nettamente differenziato da
quelli di “istituzione” degli istituti stessi e dalla materia delle
autorizzazioni occorrenti all’esercizio delle attività creditizie. E –
come già si è accennato – gli atti parlamentari confermano che
appunto a un ben circoscritto concetto di “ordinamento” il Parlamento
intese attenersi anche a proposito della nuova Regione.
L’attribuzione a questa in materia di poteri di “ordinamento” di
istituti di credito non può riguardare dunque, oltre ai poteri
relativi alle strutture organizzatorie e alle modalità di
funzionamento degli istituti, anche quelli relativi alla creazione di
nuovi istituti di credito o alla sfera d’azione di quelli esistenti.
4. – Evidentemente consapevole della difficoltà di far prevalere
la tesi estrema, la difesa della Regione sembra adombrare il concetto
che, pur riconoscendosi allo Stato i poteri decisivi in ordine alle
presenze operative nel settore del credito, non potrebbe tuttavia
negarsi alla Regione la possibilità di realizzare – mediante “norme
di ordinamento allo stato puro” – l’ampliamento della sfera d’azione di
uno di quegli istituti di credito in ordine al cui “ordinamento” lo
Statuto le riconosca potere normativo. Ciò perché – se si è bene
intesa la non chiara enunciazione – la normativa regionale in tal modo
realizzata avrebbe come unico fine di predisporre uno strumento
destinato a operare effettivamente solo a seguito dell’esercizio dei
non contestati poteri statali della materia creditizia e non sarebbe
destinata a consentire, di per sé sola, e prima dell’esercizio dei
poteri statali, se non una estensione – per ora puramente platonica –
della sfera d’azione della sezione della Cassa goriziana ai territori
ai quali estende la sua “competenza”.
Un assunto siffatto appare però in evidente contrasto con la
lettera e con lo spirito del provvedimento impugnato, quali sono stati
riferiti al n. 1. Del resto, tanto dalla relazione al disegno di legge
regionale, quanto dalle difese regionali nel presente giudizio, risulta
che col provvedimento in questione la Regione si è proposto di
modificare la legge statale n. 1797 del 1939, che è quella dalla quale
trae titolo l’attuale campo di attività della Sezione.
5. – Il primo motivo del ricorso appare perciò fondato. E
l’accoglimento di esso dispensa dall’esame delle rimanenti doglianze.
Allo stato la Regione non può dunque, nel quadro esclusivo della
sua autonomia, estendere a tutto il proprio territorio la sfera
d’azione della sezione di credito fondiario della Cassa di risparmio di
Gorizia, malgrado si tratti dell’unico organismo locale operante in
quel settore creditizio. Peraltro è proprio questa ultima circostanza
a far pensare che, nel quadro della necessaria visione unitaria del
settore, lo Stato, ove possibile, non avrà ragioni di fondo per negare
l’espansione a tutto il territorio della Regione di quella sfera
d’azione, attualmente limitata a una parte soltanto di esso.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale del testo legislativo
approvato dal Consiglio regionale del Friuli- Venezia Giulia il 16
novembre 1966 e riapprovato il 17 gennaio 1967, intitolato “Estensione
della competenza territoriale della Sezione di Credito fondiario della
Cassa di risparmio di Gorizia a tutto il territorio della Regione
Friuli- Venezia Giulia”.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1967.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI.