Sentenza N. 137 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
30/07/1980
Data deposito/pubblicazione
30/07/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/07/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott.
MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA –
Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO
BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN –
Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dall’art. 12 della legge
12 gennaio 1977, n. 1 (Minori degli anni diciotto sottoposti a misure
penali. Magistratura di sorveglianza), promosso con ordinanza emessa il
17 gennaio 1978 dal Tribunale per i minorenni dell’Emilia-Romagna,
sull’istanza proposta da Aiello Angelo, iscritta al n. 207 del registro
ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 172 del 21 giugno 1978.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 30 gennaio 1980 il Giudice relatore
Livio Paladin;
udito l’avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
1. – Il detenuto trentunenne Aiello Angelo, durante la espiazione
della pena di un anno e quattro mesi di reclusione, irrogatagli nel
1962 all’età di sedici anni, ha chiesto al tribunale per i minorenni
dell’Emilia-Romagna l’affidamento al servizio sociale, in base all’art.
47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. In quella sede, il tribunale ha
però sollevato d’ufficio, con ordinanza del 17 gennaio 1978, questione
di legittimità costituzionale dell’art. 79 della legge n. 354 del 1975
(come modificato dall’art. 12 della legge 12 gennaio 1977, n. 1) per
asserito contrasto con gli artt. 3 e 25 primo comma Cost.
Per quanto riguarda il principio del giudice naturale, il tribunale
rileva che – secondo la costante giurisprudenza della Corte – non basta
la precostituzione legislativa delle competenze giurisdizionali; ma è
necessario che le deroghe, eventualmente statuite rispetto alle regole
fissate in via generale, corrispondano a criteri di razionalità. Nel
caso in questione, viceversa, la deroga prevista a favore del tribunale
per i minorenni prescinderebbe da “una razionale valutazione degli
interessi in gioco”: dal momento che la funzione della magistratura di
sorveglianza sarebbe svincolata dal reato a suo tempo commesso,
collegandosi invece al comportamento del detenuto o dell’internato
durante l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza.
Risulterebbe dunque irragionevole aver mantenuto la competenza del
tribunale per i minorenni, nei confronti di soggetti già maggiorenni
che abbiano compiuto il relativo reato durante la minore età: poiché
ne conseguirebbe che una misura come l’affidamento al servizio sociale,
riguardante il futuro di un detenuto ormai maggiorenne, debba essere
concessa da una magistratura “specializzata in problemi minorili”.
Inoltre, la norma impugnata determinerebbe un’ingiustificata
disparità di trattamento fra detenuti o internati. Il giudice di
sorveglianza presso il tribunale per i minorenni non sarebbe infatti
abilitato ad esercitare gli stessi poteri di vigilanza sugli istituti
penitenziari per adulti, che spettano invece al magistrato di
sorveglianza secondo l’art. 69 della legge n. 354 del 1975.
2. – E intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, chiedendo che la Corte dichiari l’infondatezza della
questione sollevata.
Nell’atto di intervento si insiste anzitutto sul carattere
transitorio della norma impugnata: in attesa della riforma
dell’ordinamento penitenziario per i minorenni, tale norma risulterebbe
necessaria per evitare incertezze nell’individuazione dell’organo
competente a provvedere in materia di affidamento al servizio sociale,
quanto ai soggetti detenuti per fatti commessi durante la minore età.
Non sussisterebbe, comunque, alcuna violazione dell’art. 3 Cost.,
poiché il detenuto che abbia commesso il reato quando era ancora
minorenne si troverebbe in situazione diversa rispetto al detenuto
condannato per un fatto commesso da maggiorenne.
Per le stesse ragioni dovrebbe escludersi una violazione del
principio del giudice naturale. Se in tema di affidamento al servizio
sociale il legislatore ha attribuito preminente rilevanza all’età del
reo nel momento del commesso reato, ne conseguirebbe che nei casi come
quello in esame il giudice naturale non possa essere altri che il
tribunale per i minorenni.
Sebbene il dispositivo dell’ordinanza di rimessione dichiari non
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
dell’intero articolo 79 della legge 26 luglio 1975, n. 354,
l’impugnativa riguarda in realtà la sola norma destinata ad applicarsi
nel giudizio a quo: vale a dire, il secondo comma dell’art. 79 (come
sostituito dall’art. 12 della legge 12 gennaio 1977, n. 1), nella parte
in cui prevede che il tribunale per i minorenni eserciti le funzioni
della sezione di sorveglianza, quanto agli stessi “soggetti maggiorenni
che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto”. E
questa, infatti, la disposizione che il tribunale per i minorenni
dell’Emilia-Romagna considera in contrasto con il combinato disposto
degli artt. 3 e 25 primo comma Cost.: osservando che sarebbe
“irrazionale una deroga della normale competenza del giudice per adulti
a favore di quello per i minorenni quando il soggetto interessato sia
già maggiorenne” e quando si tratti – come nella specie – di operare
nella fase esecutiva, valutando non già l’illecito penale a suo tempo
commesso, bensì il comportamento del detenuto o dell’internato nel
corso dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza.
Per quanto così circoscritta, la questione non è fondata.
Sia nel suo complesso sia nella specifica disposizione impugnata,
l’attuale testo dell’art. 79 non intende risolvere permanentemente il
problema delle competenze e delle funzioni spettanti agli organi della
giustizia minorile (tribunale per i minorenni e giudice di sorveglianza
presso il tribunale stesso) in materia di ordinamento penitenziario e
di esecuzione delle misure privative e limitative della libertà. Al
contrario, esso non contiene che una disciplina mirante a colmare una
lacuna in via transitoria, nell’attesa che un’altra apposita legge
provveda nei confronti dei minori sottoposti a misure penali, come pure
nei confronti dei soggetti maggiorenni che abbiano commesso reati
durante la minore età. E conviene notare che la soluzione adottata a
tal fine si conforma a quella già risultante dall’art. 3 della legge
12 febbraio 1975, n. 6, in tema di liberazione condizionale.
D’altra parte, la natura transitoria dell’art. 79 della legge n.
354 del 1975 (nella nuova versione introdotta dall’art. 12 della legge
n. 1 del 1977) non toglie che la disposizione stabilita dal capoverso
dell’articolo stesso sia comunque sorretta da un adeguato fondamento
giustificativo. Evidentemente, mantenendo ferma la competenza del
giudice minorile (anche agli effetti previsti dall’art. 69 della legge
n. 354), il legislatore ha voluto soddisfare quell'”esigenza di
continuità nella sorveglianza”, cui si accenna nella stessa ordinanza
di rimessione: considerando normale l’ipotesi di un soggetto che abbia
commesso il reato essendo minore di anni diciotto e che divenga
maggiorenne durante l’espiazione della conseguente pena (ovvero nel
corso del previo procedimento penale, che rimane anch’esso attribuito
alla competenza del tribunale per i minorenni). Né questa prospettiva
può ritenersi arbitraria, in vista di casi fors’anche frequenti ma pur
sempre anomali, per il divario temporale che separa la condanna dalla
sottoposizione alla relativa misura penale, sul tipo di quello che ha
dato luogo al presente giudizio.
Ciò basta perché la Corte rigetti la proposta impugnativa. Ed è
il legislatore che dovrà eventualmente farsi carico, in occasione
della riforma preannunciata dall’art. 79 primo comma della legge n. 354
del 1975, delle incongruenze denunziate dal giudice a quo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 79, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (come
sostituito dall’art. 12 della legge 12 gennaio 1977, n. 1), sollevata
dal tribunale per i minorenni dell’Emilia-Romagna, in riferimento agli
artt. 3 e 25 primo comma della Costituzione, con l’ordinanza indicata
in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere