Sentenza N. 138 del 1968
Corte Costituzionale
Data generale
28/12/1968
Data deposito/pubblicazione
28/12/1968
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/12/1968
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE, Giudici,
comma, del T.U. delle leggi sulle imposte dirette approvato con D.P.R.
29 gennaio 1958, n. 645, promosso con ordinanza emessa il 20 febbraio
1967 dal pretore di Omegna nel procedimento di esecuzione esattoriale
contro la società commerciale Diverio, iscritta al n. 76 del registro
ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 120 del 13 maggio 1967.
Udita nella camera di consiglio del 24 ottobre 1968 la relazione
del Giudice Michele Fragali.
1. – Pronunziando in un procedimento di opposizione ad esecuzione
esattoriale promossa contro il cessionario di una azienda, quale
responsabile dell’imposta dovuta dal cedente ai sensi dell’art. 197 del
T.U. delle leggi sulle imposte dirette approvato con D.P.R. 29 gennaio
1958, n. 645, il pretore di Omegna, il 20 febbraio 1967, sollevava
questione di illegittimità costituzionale dell’art. 209, secondo
comma, di tale T.U., in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 113,
primo comma, della Costituzione. Il pretore rilevava che l’opponente
era lo stesso cessionario, il quale contestava la sua qualità di
coobbligato e l’esistenza di un qualsiasi suo debito d’imposta verso lo
Stato; considerava inoltre che la norma denunciata preclude al
cessionario di azienda le opposizioni di cui agli artt. 615 e segg. del
Codice di procedura civile; allo stesso rimanendo soltanto il ricorso
all’Intendente di finanza e quello straordinario al Capo dello Stato,
vale a dire rimedi di natura non giurisdizionale, oltre all’azione di
danni contro l’esattore, ad esecuzione compiuta. In tal modo la norma,
secondo il pretore, rovescia il criterio di giustizia e di normalità,
non esistendo altri casi in cui il debitore debba subire
l’espropriazione dei propri beni prima di agire contro il creditore per
far dichiarare inesistente l’obbligazione dedotta: oltre tutto
spessissimo accade che gli effetti dannosi dell’esecuzione forzata
siano tali e tanti da rendere impossibile il calcolo materiale dei
danni, che inerisce al petitum, e quindi a rendere impossibile
l’esercizio dell’azione giudiziaria. La tutela giurisdizionale dei
diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica
amministrazione, nonché la possibilità di agire in giudizio debbono,
prosegue il pretore, necessariamente concedersi in uno stadio anteriore
alla realizzazione degli effetti della esecuzione, e cioè deve potersi
attuare, nelle controversie con l’amministrazione finanziaria, prima
ancora che questa termini l’esecuzione.
2. – L’ordinanza il 1 marzo 1967 veniva notificata alle parti in
causa e il 27 febbraio 1967 al Presidente del Consiglio dei Ministri;
in quest’ultima data veniva anche comunicata al Presidente della Camera
dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. È stata
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 13 maggio 1967
n. 120.
Nessuno si è costituito innanzi a questa Corte, e il procedimento
è proseguito in camera di consiglio ai sensi dell’art. 26, secondo
comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell’art. 9 delle Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
È indubitabile che la preclusione disposta, dall’art. 209, secondo
comma, del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, per le
opposizioni previste dagli artt. 615 e segg. del Codice di procedura
civile, concerne pure il cessionario dell’azienda responsabile del
debito d’imposta dovuto dal cedente e dagli aventi causa dello stesso:
come ha rilevato questa Corte nella sentenza 7 luglio 1962, n. 87, il
detto comma forma sistema con l’art. 208, e in questo appunto si
applicano anche al cessionario le norme concernenti le impugnazioni
contro il procedimento di esecuzione esattoriale. La preclusione si
spiega, rispetto al cessionario predetto, con la parificazione dello
stesso al debitore, sulla base della norma di diritto sostanziale
contenuta nell’art. 197 del T.U. sopra citato, il quale, entro certi
limiti, include tra gli effetti della cessione d’azienda la successione
del cessionario nel debito di ricchezza mobile gravante sul cedente. La
norma si può, a sua volta, annodare a quella adottata nell’art. 2560,
secondo comma, del Codice di procedura civile, che obbliga il
cessionario di una azienda commerciale per i debiti inerenti
all’esercizio della azienda ceduta che risultino da libri contabili
obbligatori: si differenzia da questa seconda norma soltanto per il
fatto che estende al cessionario l’obbligazione del cedente a
prescindere dalla sua iscrizione nei libri contabili dell’azienda
ceduta, in correlazione all’esigenza di una speciale protezione del
debito d’imposta, secondo quanto ha considerato questa Corte nella
sentenza 19 novembre 1964, n. 93, e, del resto, in riferimento al fatto
che l’esistenza di un debito del genere è facilmente accertabile dal
cessionario.
La Corte ha avvertito, nella sentenza 4 giugno 1964, n. 42, che
l’art. 24, primo comma, della Costituzione garantisce i diritti
soggettivi nella configurazione e nei limiti che ad essi derivano dal
diritto sostanziale; e, nella specie, la norma denunciata non ha
contenuto processuale, ma ha tratto la conseguenza dal fatto che la
cessione di azienda, avendo per oggetto un complesso di beni
organizzati, secondo la definizione data nell’art. 2555 del Codice di
procedura civile, o una universalità, secondo quanto è scritto
nell’art. 670, n. 1 del Codice di procedura civile, non può escludere
i debiti ancora non soddisfatti dal cedente, di cui il cessionario era
facilmente in grado di aver notizia al tempo della cessione. Il
cessionario dell’azienda, come successore anche nel debito d’imposta
del cedente ha percio, in ordine a questo, la medesima situazione
giuridica sostanziale che spetta al contribuente, donde il suo
assoggettamento al medesimo procedimento esecutivo di carattere
amministrativo cui soggiace il contribuente medesimo (artt. 208 e 209,
terzo comma, T.U. predetto).
La norma impugnata non ammette le opposizioni previste negli artt.
615 e segg. del Codice di procedura civile solo perché il successivo
terzo comma le risolve in azioni di risarcimento di danni contro
l’esattore, esperibili ad esecuzione compiuta; e ciò avviene in
coerenza al fatto che l’esecuzione esattoriale, in vista dell’interesse
di garantire un regolare svolgimento della vita finanziaria dello
Stato, si sviluppa sulla base di un atto amministrativo, il ruolo
esattoriale, che il giudice ordinario non può né modificare né
revocare, del quale esso non può nemmeno sospendere l’esecuzione, cui
la Corte ha riconosciuto il valore di procedimento amministrativo
(sentenza 3 luglio 1962, n. 87), e della cui impugnazione neanche il
giudice amministrativo può conoscere, essendo la pretesa deducibile
inerente ad un vero e proprio diritto soggettivo.
Già questa Corte ha rilevato, nella citata sentenza del 3 luglio
1962, n. 87, e in quella successiva del 4 giugno 1964, n. 47, che
l’art. 113 della Costituzione non prescrive che contro l’atto
amministrativo il cittadino abbia la facoltà di invocare la tutela
giurisdizionale, in ogni caso, nella medesima maniera e con i medesimi
effetti. Esso non ha eliminato il potere del legislatore ordinario di
regolare i modi e l’efficacia di quella tutela; e l’art. 209, terzo
comma, del T.U. delle leggi sulle imposte dirette, dando, ai soggetti
legittimati a proporre le opposizioni di cui agli artt. 615 e segg. del
Codice di procedura civile, il solo diritto di agire per il
risarcimento del danno prodotto da una esecuzione illegittima, non fa
altro che apprestare mezzi di tutela giurisdizionale compatibili con i
modi dell’esecuzione esattoriale, in sostituzione degli altri,
inadeguati, predisposti nel procedimento ordinario (predetta sentenza 3
luglio 1962, n. 87). Queste argomentazioni debbono essere riaffermate,
non essendo illogico né illegittimo, come invece afferma il pretore,
che nell’esecuzione esattoriale le opposizioni di cui agli artt. 615 e
segg. del Codice di procedura civile si convertono in azioni di
risarcimento di danno esperibili ad esecuzione esaurita: le dette
opposizioni sono preordinate ad un procedimento che serve all’interesse
dei creditori ordinari, non ad un interesse creditorio
costituzionalmente differenziato e protetto, com’è quello, lo si
ripete, che deriva dall’accertamento tributario, e peraltro, in
contrasto con precise affermazioni del pretore, deve rilevarsi che
l’ordinamento, oltre a quello esattoriale, conosce altri procedimenti
privilegiati che, pur in una varietà di linee, riguardano crediti
meritevoli di speciale protezione, riducono la difesa del debitore ad
un’azione di risarcimento del danno o ad una azione di ripetizione
(esempi sono stati rinvenuti nell’art. 1515 del Codice di procedura
civile e negli accertamenti con prevalente funzione esecutiva).
Si noti che gli artt. 615 e segg. del Codice di procedura civile
concernono le opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi; e
pertanto, negando la proponibilità di tali forme di tutela, la norma
denunciata non ha escluso la proponibilità delle azioni previste
nell’art. 22 del R.D. L. 7 agosto 1936, n. 1639, che si indirizzano
contro l’accertamento, che comportano, in ultima istanza, il ricorso
all’autorità giudiziaria, e che nemmeno nel procedimento esecutivo
ordinario potrebbero essere proposte in sede di esecuzione. Queste
considerazioni furono svolte nella su ricordata sentenza del 3 luglio
1962, n. 87; e non è esatto, come assume il pretore, che in essa la
Corte ha escluso la proponibilità di siffatte azioni da parte del
cessionario dell’azienda del contribuente. Essa si è attenuta al testo
del suddetto art. 22 del R.D.L. del 1936, il quale accenna
genericamente al contribuente come obbligato all’imposta, e quindi si
riferisce a tutti i soggetti sui quali l’obbligazione d’imposta viene a
cadere in via solidale; in questo senso è contribuente anche il
cessionario di una azienda commerciale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione, sollevata con ordinanza 20
febbraio 1967 dal pretore di Omegna, sulla legittimità costituzionale
dell’art. 209, secondo comma, del T.U. delle leggi sulle imposte
dirette, approvato con D. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645, in
riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1968.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.