Sentenza N. 141 del 1968
Corte Costituzionale
Data generale
30/12/1968
Data deposito/pubblicazione
30/12/1968
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/12/1968
GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI –
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI
OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI –
Dott. NICOLA REALE, Giudici.
legge 15 settembre 1964, n. 756, concernente “Norme in materia di
contratti agrari”, promosso con ordinanza omessa il 31 maggio 1967 dal
Tribunale di Palermo nel procedimento civile vertente tra Moncada
Salvatore e Fiore Nicolò ed altri, iscritta al n. 226 del registro
ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 295 del 25 novembre 1967.
Visto l’atto di costituzione di Moncada Salvatore;
udita nell’udienza pubblica del 6 novembre 1968 la relazione del
Giudice Angelo De Marco;
udito l’avv. Luigi Maniscalco Basile, per il Moncada.
Con atto di riassunzione, notificato il 7 agosto 1965, Salvatore
Moncada conveniva in giudizio davati al Tribunale di Palermo (Sezione
specializzata agraria) Nicolò Fiore, Vincenzo La Barbera, Giuseppe
Moncada, Vincenzo Pollicino, Francesco Rosato e Giuseppe Fellico’,
esponendo: che con atto pubblico del 2 dicembre 1963 per notar
Castellino di Palermo aveva acquistato un appezzamento di terreno in
Palermo – contrada Carrabia – esteso mq. 110.000; ché detto terreno
era destinato ad edilizia dal piano regolatore generale della città di
Palermo, approvato con decreto 28 giugno 1962 del Presidente della
Regione siciliana ed, in relazione a tale destinazione, erano stati
approvati dal Comune di Palermo numerosi progetti di costruzione; che
il detto terreno, al momento dell’acquisto, si trovava locato, per
porzioni separate, a diversi affittuari, tra cui gli odierni convenuti,
i quali, già evocati in giudizio per il rilascio davanti al Tribunale
ordinario, avevano invocato la proroga dei contratti agrari, come dalle
relative leggi; tutto ciò esponendo il Moncada eccepiva la
illegittimità costituzionale di tutte le ultime leggi in materia di
contratti agrari per contrasto con l’art. 42 della Costituzione e
chiedeva che, riconosciuta la non manifesta infondatezza della
questione sollevata, gli atti venissero rimessi alla Corte
costituzionale.
In via subordinata, chiedeva il rilascio dei terreni a norma.
dell’art. 11 della legge 23 maggio 1950, n. 253, oltre al risarcimento
dei danni da liquidarsi in separata sede.
Il Tribunale adito, con ordinanza 25 maggio 1966, dichiarava
manifestamente infondata la sollevata questione di illegittimità
costituzionale e rimetteva le parti davanti al giudice istruttore per
il proseguimento del giudizio.
Ma, nel corso di tale giudizio, l’attore rinunziava al capo di
domanda di rilascio, ai sensi dell’art. 11 della legge del 1950, n.
253, e riproponeva le questioni di legittimità costituzionale già
sollevate, ne sollevava varie altre e chiedeva espressamente la revoca
dell’ordinanza 25 maggio 1966 con la quale le prime questioni sollevate
erano state dichiarate manifestamente infondate.
Il Tribunale di Palermo questa volta accoglieva la richiesta
dell’attore e, con ordinanza 31 maggio 1967:
1) revocava la precedente ordinanza 25 maggio 1966;
2) dichiarava non manifestamente infondata la questione di
illegittimità costituzionale dell’art. 14 della legge 15 settembre
1964, n. 756:
a) per contrasto con l’art. 42, commi secondo e terzo, della
Costituzione, in quanto la proroga sine die dei contratti agrari si
risolverebbe in una espropriazione larvata e per giunta riferendosi
anche a terreni destinati alla edificazione, in base a piani regolatori
generali, debitamente approvati, viene meno l’interesse pubblico di
assicurare la funzione sociale, della proprietà ai fini
dell’utilizzazione agricola;
b) per contrasto con l’art. 44 della Costituzione in quanto non
può ritenersi ricorrente l’esigenza di interesse pubblico ai fini di
un migliore sfruttamento agricolo del suolo, quando ci si trova di
fronte a terreni destinati all’edilizia, in forza dei piani regolatori
generali debitamente approvati.
Dopo le pubblicazioni, notificazioni e comunicazioni di legge, la
questione, come sopra sollevata, viene ora portata alla cognizione
della Corte.
Si è costituito in giudizio il solo Salvatore Moncada, il cui
patrocinio con la memoria depositata il 24 ottobre 1968 chiede che la
sollevata questione venga dichiarata fondata, deducendo in sostanza
quanto segue:
Poiché l’art. 14 della legge n. 756 del 1964 non contiene alcuna
eccezione circa i terreni, che siano stati già destinati, in forza di
piani regolatori generali regolarmente approvati, alla utilizzazione
edilizia, deve ritenersi che la proroga sine die, con tale norma
disposta, si applica anche ai contratti agrari che abbiano per oggetto
tali terreni.
Se così è, non può contestarsi la fondatezza della questione di
costituzionalità, sollevata con l’ordinanza di rinvio, sotto il
duplice aspetto del contrasto con gli artt. 42 e 44 della
Costituzione.
1. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 14
della legge 15 settembre 1964, n. 756, per contrasto con gli artt. 42,
commi secondo e terzo, e 44 della Costituzione, in quanto con la norma
impugnata si sarebbe accordata una proroga sine die, praticamente
permanente, ai contratti agrari allora in corso, che, come tale,
avrebbe costituito una grave limitazione della proprietà privata, non
giustificata né da preminenti esigenze di carattere sociale o generale
(art. 42) né dal fine di conseguire il razionale sfruttamento del
suolo e di stabilire equi rapporti sociali (art. 44), è stata già
esaminata da questa Corte, che, con sentenza n. 16 del 1968, l’ha
dichiarata non fondata.
A questa soluzione la Corte è, sostanzialmente, pervenuta in base
alla considerazione che la proroga accordata con la norma impugnata non
potesse considerarsi sine die, ma avesse un termine certo nell’an e
determinabile con sufficiente, anche se relativa, certezza nel quando,
ossia “fino a quando le nuove strutture aziendali siano in grado di
sostituire le precedenti”.
Con l’ordinanza di rinvio, che ha dato origine al presente
giudizio, la questione di legittimità costituzionale dello stesso art.
14 della legge n. 756 del 1964, pur sempre in riferimento agli artt.
42, commi secondo e terzo, e 44 della Costituzione, viene prospettata
nei seguenti termini:
a) La proroga dei contratti agrari, di cui all’art. 14 della legge
15 settembre 1964, n. 756, costituisce espropriazione in senso
sostanziale per il fatto di essere stata disposta a tempo indeterminato
e senza indennizzo ed è, quindi, in contrasto con l’art. 42, comma
terzo, della Costituzione;
b) Se la proroga di cui al citato art. 14 deve intendersi riferita
anche ai contratti relativi a terreni già destinati ad edilizia da un
piano regolatore generale, vi è contrasto con l’art. 42, secondo
comma, della Costituzione, in quanto i limiti alla proprietà privata,
in base a tale norma imponibili, devono essere diretti al fine di
assicurare la funzione sociale laddove la destinazione all’edilizia
implica che questa e non quella dello sfruttamento agricolo è la
funzione sociale assegnata a quei terreni;
c) La proroga a tempo indeterminato dei contratti agrari se estesa
anche a terreni destinati all’edilizia, in base a piani regolatori
generali, è in contrasto anche con l’art. 42, comma terzo, della
Costituzione, in quanto implica espropriazione in senso sostanziale per
motivi non corrispondenti al pubblico interesse;
d) La proroga estesa a terreni destinati, nei modi suddetti,
all’edilizia implica contrasto anche con l’art. 44 della Costituzione,
che consente l’imposizione di vincoli alla proprietà terriera ai soli
fini del razionale sfruttamento agrario del suolo.
2. – Così precisati i termini delle questioni che si presentano
all’esame della Corte, basterà osservare, in riferimento a quelle
prospettate sub a) e sub c), che esse vorrebbero trovare fondamento dal
presupposto di una proroga senza determinazione di tempo. Ma
l’esistenza di tale presupposto è stata negata dalla sentenza di
questa Corte n. 16 del 1968, sopra richiamata. Onde le anzidette
questioni debbono essere dichiarate senz’altro non fondate.
La materia controversa resta, così, circoscritta alle questioni di
cui sub b) e sub d) che vorrebbero trovare entrambe fondamento
nell’assunto che la proroga dei contratti agrari disposta con la norma
impugnata debba trovare applicazione anche se tali contratti agrari si
riferiscono a terreni già destinati all’edilizia in base a piani
regolatori generali regolarmente approvati. Il che porrebbe in essere
un conflitto tra due interessi pubblici e, comunque, farebbe venir meno
quelle ragioni che, in relazione alla destinazione all’agricoltura,
possono giustificare l’imposizione di vincoli alla proprietà privata
sia in forza dell’art. 42, secondo comma, sia in forza dell’art. 44
della Costituzione.
3. – Anche sotto questi aspetti, peraltro, le questioni sollevate
risultano non fondate.
Anzitutto è arbitrario desumere, dal solo fatto che non vi sia
nella legge n. 756 del 1964 alcuna norma che escluda espressamente
dalla proroga disposta dall’art. 14 i contratti aventi per oggetto
terreni già destinati all’edilizia in base a piani regolatori generali
debitamente approvati, la volontà del legislatore di estendere la
proroga anche a tali terreni.
La legge suddetta, infatti, ha per oggetto la disciplina dei
contratti agrari ed ha, quindi, come presupposto necessario il
riferimento esclusivo a terreni destinati all’agricoltura.
D’altra parte la sola approvazione di un piano regolatore generale,
se pone in essere talune direttive e vincoli di efficacia immediata,
alla attività ed alla proprietà privata, non ha la virtù di far
perdere, ipso facto, ai suoli il carattere di terreni utilizzabili a
fini agricoli.
Con l’approvazione dei piani particolareggiati e di lottizzazione,
le trasformazione previste diventano però una necessità e vengono a
conferire ai suoli quel particolare carattere che inerisce alla loro
specifica destinazione urbanistica, sì che questo diventa essenziale e
preminente e che le trasformazioni necessarie, previste dai piani
anzidetti, assumono carattere di pubblica utilità e di obbligatorietà
(artt. 16, 20, 23 e 28 legge urbanistica).
Stante ciò la natura e funzione dei suoli, così modificatasi, fa
venir meno per essi la possibilità della ulteriore utilizzazione a
fini agricoli anche in conformità col precetto costituzionale che
condiziona i diritti sui beni (e quindi anche quelli relativi ai beni)
alla “funzione sociale” della proprietà (art. 42, secondo comma,
Cost.).
Infine è opportuno aggiungere che l’art. 11 della legge 23 maggio
1950, n. 253 (che, in un primo tempo la parte attrice nel giudizio a
quo, sia pure in via subordinata, aveva invocato) dispone che al
proprietario di terreno oggetto di contratto agrario, il quale dimostri
di potere e di avere seria intenzione di edificare, è consentito di
ottenere, nonostante la proroga, il rilascio del doppio dell’area a tal
fine occorrente.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale,
sollevate con l’ordinanza indicata in epigrafe, dell’art. 14 della
legge 15 settembre 1964, n. 756, concernente “Norme in materia di
contratti agrari”, in riferimento agli artt. 42, secondo e terzo comma,
e 44 dalla Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1968.
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE.