Sentenza N. 143 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
16/07/1970
Data deposito/pubblicazione
16/07/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
02/07/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
– Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE
MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof.
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA
REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
Presidente della Repubblica 29 novembre 1952, nn. 2778 e 2779, 27
dicembre 1952, n. 3882, e 3 gennaio 1958, promosso con ordinanza emessa
il 15 ottobre 1968 dalla Corte d’appello di Firenze nel procedimento
civile vertente tra Galli Tassi Bardini Annamaria e l’Ente per la
colonizzazione della Maremma tosco – laziale, iscritta al n. 254 del
registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 6 dell’8 gennaio 1969.
Visti gli atti di costituzione di Galli Tassi Bardini Annamaria e
dell’Ente per la colonizzazione della Maremma toscolaziale;
udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 1970 il Giudice relatore
Luigi Oggioni;
udito l’avv. Guido Astuti, per l’Ente Maremma.
Galli Tassi Bardini Annamaria citava in giudizio avanti al
tribunale di Pisa l’Ente per la colonizzazione della Maremma tosco –
laziale per ottenere la restituzione dei terreni che assumeva
illegittimamente espropriatile con i decreti presidenziali 29 novembre
1952, nn.2778 e 2779, per ha. 153,06,60 in comune di Volterra e per ha.
95,65 in comune di Pomarance, nonché con D.P. 3 gennaio 1958 (Gazz.
Uff. n. 74 del 26 marzo 1958) per ha. 33,24,05 nello stesso comune di
Pomarance, e costituenti questi ultimi la metà del terzo residuo
sottoposto a vincolo di indisponibilità a norma dell’art. 9 della
legge n. 841 del 1950, con il D.P. 27 dicembre 1952, n. 3882.
In difetto, chiedeva il risarcimento dei danni relativi.
Secondo l’attrice l’illegittimità dell’esproprio dipendeva dal
fatto che l’Ente aveva tenuto presenti, nel calcolo delle quote di
scorporo, i dati risultanti dal nuovo catasto entrato in vigore nella
zona il 10 settembre 1951, anziché quelli del vecchio catasto vigente
al 15 novembre 1949, come prescritto dall’art. 4 della legge di delega
21 ottobre 1950, n. 841, ed aveva così in realtà espropriato una
superficie maggiore di quella consentita, in violazione degli artt. 76
e 77 della Costituzione.
Inoltre i decreti presidenziali suddetti sarebbero stati
illegittimi anche perché l’Ente ai fini della determinazione della
superficie espropriabile avrebbe proceduto al calcolo del reddito medio
per ettaro ivi comprendendo terreni aventi reddito inferiore a quello
degli incolti produttivi e dei boschi, i quali ultimi sono invece
entrambi espressamente esclusi dal computo a norma del citato art. 4
della legge n. 841 del 1950.
L’Ente resisteva in giudizio ammettendo che la quota espropriata
era stata effettivamente calcolata in base ai dati del nuovo catasto,
ma osservando che la superficie espropriata non sarebbe stata comunque
superiore a quella soggetta ad esproprio in base al vecchio catasto,
per cui l’errore meramente formale di riferimento così commesso non
avrebbe inciso sulla legittimità dei menzionati decreti. Ed in
proposito osservava che, sia attraverso il raffronto fra i redditi
imponibili rispettivamente risultanti al vecchio ed al nuovo catasto e
le relative quote di scorporo calcolate in base ai criteri di cui al
ripetuto art. 4 della legge n. 841 del 1950; sia attraverso il
raffronto fra le incidenze percentuali delle quote di scorporo, in tal
modo calcolate, sull’intero reddito risultante rispettivamente al
vecchio ed al nuovo catasto, sarebbe risultato addirittura che
l’attrice era stata espropriata di una quota minore di quella dovuta.
Inoltre, anche tenendo presente la qualità e la cultura
effettivamente esistenti alla data del 15 novembre 1949,
indipendentemente dai dati catastali allora in vigore, ed applicando i
redditi dominicali risultanti dal vecchio catasto, si sarebbe sì
ottenuta una differenza a danno della attrice, ma talmente lieve da non
essere suscettibile di considerazione. Infatti la quota espropriabile
avrebbe dovuto ragguagliarsi, secondo questo calcolo, a lire 20.154,38
di reddito dominicale, mentre quella effettivamente espropriata,
secondo il nuovo catasto, rifletteva un reddito di lire 21.775,49, per
cui, calcolando l’incidenza percentuale della quota espropriata sul
reddito risultante dal nuovo catasto si otterrebbe la cifra del 34,29%,
mentre l’incidenza della quota espropriabile sopra indicata sarebbe
stata del 33,56%, con una differenza a sfavore della ditta espropriata
appena apprezzabile e comunque di trascurabile valore economico.
Espletata consulenza tecnica, con sentenza del 20 marzo 1967 il
tribunale, nella motivazione, riteneva irrilevante la dedotta questione
di legittimità costituzionale in forza di considerazioni analoghe a
quelle svolte dall’Ente, ma, nel dispositivo, la dichiarava
manifestamente infondata, respingendo nel merito la domanda. E ciò
senza prendere posizione riguardo alla adozione dell’uno o dell’altro
dei metodi di calcolo indicati dall’Ente, ma limitandosi ad affermare
che essi avrebbero condotto a ritenere o che la ditta era stata
espropriata in meno del dovuto o, comunque, in più, ma “per una
lievissima differenza traducibile in due o tre ettari di terreno”
quantità da considerarsi “irrilevante sotto l’aspetto economico e tale
da non potere assurgere a danno degno di considerazione e di
risarcimento”.
Contro questa sentenza proponeva appello la Galli Tassi Bardini
impugnando le conclusioni del tribunale quanto alla determinazione
della superficie espropriabile, che assumeva ora essere inferiore a
quella effettivamente espropriata di circa 40 ettari, e precisava che,
anche adottando le cifre di lire 21.775,49 di reddito effettivamente
espropriato e di lire 20.154,28 espropriabili, così come indicate
dallo stesso Ente nelle sue difese, si sarebbe dovuto dedurne che erano
stati espropriati in più tanti terreni aventi un reddito di lire
1.621,11, che corrisponderebbero, secondo un calcolo effettuato da essa
deducente, a ben ha. 12,52,07.
Contestava comunque anche l’affermata irrilevanza del danno subito
secondo il calcolo cui si era riferito il tribunale nella sua sentenza.
L’Ente resisteva all’appello tornando ad eccepire l’inesattezza del
calcolo della superficie espropriabile effettuato dalla appellante e
riproponendo le deduzioni già svolte circa l’irrilevanza della
differenza percentuale fra la quota espropriabile e quella
effettivamente espropriata.
Con ordinanza del 15 ottobre 1968 la Corte di appello di Firenze
riconosceva espressamente l’interesse dell’appellante alla risoluzione
della questione “in quanto sostiene e fondatamente deduce in giudizio
di essere stata espropriata in misura non consentita” e, dato atto che
i piani particolareggiati di esproprio erano stati redatti tenendo
presenti le risultanze del nuovo catasto anziché di quello in vigore
al 15 novembre 1949, rimetteva gli atti a questa Corte per la
risoluzione della questione di legittimità costituzionale dei
menzionati decreti emessi in base a tale erronea procedura.
Nel presente giudizio si è costituita la parte privata,
rappresentata e difesa dagli avvocati Celso Tabet e Angelo Adorni
Braccesi i quali, con deduzioni tempestivamente depositate, hanno fatte
proprie le conclusioni dell’ordinanza di rinvio, insistendo per la
dichiarazione di illegittimità dei decreti impugnati.
Si è anche costituito l’Ente Maremma, in persona del presidente
pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Guido Astuti e
Guido Ruo.
La difesa dell’Ente, con deduzioni depositate nei termini, torna ad
ammettere la lamentata violazione dell’art. 4 della legge n. 841 del
1950 ed il conseguente eccesso dai limiti della delega, ma insiste nel
sostenere l’irrilevanza nella specie, riportandosi alle conclusioni
contenute al riguardo nella sentenza del tribunale di Pisa e
contestando, comunque, l’esattezza dei calcoli effettuati
dall’appellante per determinare la estensione della superficie che
assume esserle stata espropriata in eccesso. In proposito la difesa
dell’Ente ribadisce le argomentazioni sostenute avanti alla Corte
d’appello, ed osserva che l’ordinanza di rinvio non avrebbe tenuto il
debito conto delle risultanze del giudizio di primo grado, “non
contestate né modificate da accertamenti di secondo grado”.
Infine, pur dando atto che il motivo di illegittimità concernente
l’inclusione nel calcolo dell’imponibile medio per ettaro anche di
terreni che avrebbero dovuto esserne esclusi non risulta espressamente
riprodotto nell’ordinanza di rinvio, ne contesta nel merito la
fondatezza osservando che la “ratio” della esclusione non risiederebbe
nel basso reddito dei boschi ed incolti produttivi, bensì nella
inopportunità di una loro trasformazione, come sarebbe confermato dal
fatto che il legislatore ha espressamente escluso dal computo gli
“incolti produttivi” e non invece gli “incolti sterili”. Comunque la
equiparazione di altre voci catastali a quelle espressamente menzionate
nella legge ai fini dell’esclusione dal computo richiederebbe quelle
valutazioni estimative che sono rimesse dall’art. 6 della legge n. 841
del 1950 allo speciale procedimento amministrativo ivi previsto, onde
la questione rimarrebbe senza base su tale punto.
1. – L’ordinanza di rimessione della Corte di appello di Firenze,
dopo avere chiaramente motivato sulla rilevanza della proposta
questione ai fini del giudizio di merito, concentra la questione stessa
in termini precisi: se, cioè, i tre decreti del Presidente della
Repubblica dianzi indicati, essendo basati su piani particolareggiati
di espropriazione, redatti in base alle risultanze del nuovo catasto
terreni in vigore nella zona territoriale – de qua – dal 1 settembre
1951 anziché in base alla consistenza della proprietà terriera
dell’esproprianda alla data del 15 novembre 1949 siano da considerarsi
costituzionalmente illegittimi, con riferimento agli artt. 76 e 77
della Costituzione, per eccesso di delega rispetto all’art. 4 della
legge 21 ottobre 1950, n. 841, che pone la data del novembre 1949 come
punto esclusivo di riferimento per determinare la quota da espropriare.
La questione così delimitata ed esclusi, quindi, gli altri profili
che non risultano dedotti nell’ordinanza di rinvio ma sono stati
accennati nelle difese, ha indubbio fondamento.
2. – Sulla base dei dati di fatto, costituenti premessa
dell’ordinanza di rimessione, la conseguenza non può essere che
conforme a quanto costantemente deciso da questa Corte, nel senso che
la violazione dell’art. 4 della legge n. 841 del 1950 ha, come effetto
immediato, per la mancata corrispondenza alla delega, l’illegittimità
costituzionale dei consecutivi decreti presidenziali (sentenze n. 99
del 1966; nn. 6, 21, 133 del 1967; n. 43 del 1968).
Questa statuizione, che si adegua al contenuto della ordinanza di
rimessione, consente, tuttavia, di aggiungere (come già rilevato nelle
precitate sentenze) che il giudice di merito dovrà, sempre tenendo
ferma la data del 15 novembre 1949, avere riguardo alla reale
situazione di fatto circa la consistenza effettiva della proprietà, e
non già alla situazione, eventualmente diversa, risultante dal catasto
allora in conservazione: ciò anche utilizzando, se del caso, dal nuovo
catasto i dati di estensione più precisi.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dei decreti del Presidente
della Repubblica 29 novembre 1952, nn. 2778 e 2779; 27 dicembre 1952,
n. 3882, e 3 gennaio 1958 (pubblicato per estratto nella Gazzetta
Ufficiale n. 74 del 26 marzo 1958) in quanto per la formazione del
piano di espropriazione fu tenuto conto dei dati del nuovo catasto
entrato in attuazione, nella zona, successivamente al 15 novembre 1949
ed in quanto risulti dagli ulteriori accertamenti, che, rispetto alla
effettiva consistenza al 15 novembre 1949, vi sia stato eccesso di
espropriazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 2 luglio 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ-
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI.