Sentenza N. 143 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
22/06/1971
Data deposito/pubblicazione
22/06/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/06/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
15 aprile 1926, n. 765, contenente provvedimenti per la tutela e lo
sviluppo dei luoghi di cura, di soggiorno o di turismo (convertito
nella legge 1 luglio 1926, n. 1380), promosso con ordinanza emessa il
23 aprile 1969 dal tribunale di Venezia nel procedimento civile
vertente tra Comelato Dino e l’Azienda autonoma di soggiorno e turismo
di Venezia, iscritta al n. 350 del registro ordinanze 1969 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269 del 22 ottobre 1969.
Visti gli atti di costituzione di Comelato Dino e dell’Azienda di
soggiorno e turismo di Venezia e l’atto d’intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 18 maggio 1971 il Giudice relatore
Giovanni Battista Benedetti;
uditi l’avv. Leopoldo Ermetes, per il Comelato, l’avv. Feliciano
Benvenuti, per l’Azienda di soggiorno e turismo di Venezia, ed il
sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Con decreto 5 novembre 1968 il Presidente del tribunale di Venezia
ingiungeva a Comelato Dino di pagare all’Azienda autonoma di soggiorno
di Venezia una determinata somma a titolo di “speciali contribuzioni”
dovute ai sensi dell’art 15 del r.d.l. 15 aprile 1926, n. 765 e degli
artt. 20 e 21 del successivo regolamento approvato con r.d. 12 agosto
1927, n. 1615.
Avverso tale decreto proponeva opposizione il Comelato sollevando,
tra l’altro, eccezione di illegittimità costituzionale del citato art.
15, in riferimento all’art. 23 della Costituzione rilevando che nella
impugnata norma, istitutiva di una speciale contribuzione a favore
delle stazioni di soggiorno, cura e turismo, non sarebbero stati
precisati né i criteri di esercizio del potere discrezionale delle
Aziende di soggiorno nella determinazione della prestazione
obbligatoria, né i soggetti passivi della stessa, elementi questi che
venivano entrambi indicati nel successivo provvedimento di natura
amministrativa quale è appunto il regolamento contenuto nel r.d. n.
1615 del 1927.
L’eccezione di incostituzionalità veniva accolta dal tribunale che
con ordinanza 23 aprile 1969 rimetteva gli atti a questa Corte.
Si afferma nell’ordinanza che i criteri di determinazione oggettiva
e soggettiva dello speciale contributo istituito con l’art. 15 del
r.d.l. 15 aprile 1926, n. 765, sono contenuti negli artt. 20 e 21 del
regolamento approvato con r.d. 12 agosto 1927, n. 1615, ed è pertanto
evidente la violazione dell’art. 23 della Costituzione, che riserva
alla legge tale materia.
Nessun dubbio può esservi – ad avviso del tribunale – sulla natura
amministrativa del citato regolamento sia perché come “regolamento di
esecuzione” esso è definito dalla legge 1 luglio 1926 (che convertì
in legge il r.d.l. n. 765 del 1926), sia perché il procedimento
proprio dei regolamenti fu seguito per la sua formazione ed emanazione
e carattere prevalentemente di esecuzione in senso proprio hanno le sue
norme.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti il Comelato
Dino, con deposito di deduzioni in cancelleria in data 28 agosto 1969 e
l’Azienda autonoma soggiorno e turismo di Venezia, con deduzioni
depositate il 3 settembre 1969.
Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con
deposito del proprio atto in data 24 luglio 1969.
Nelle proprie deduzioni la difesa del Comelato Dino sostiene
l’incostituzionalità, in riferimento all’art. 23 della Costituzione,
della speciale contribuzione istituita dall’art. 15 del r.d.l. 15
aprile 1926, n. 765, osservando che nella norma impugnata non è
indicata la misura, neppure quella massima, del contributo, che
l’esecutivo può quindi fissare a suo piacimento; non sono
sufficientemente specificati i soggetti passivi tenuti al pagamento del
contributo; non sono infine dettate regole idonee a delimitare il
potere discrezionale dell’esecutivo, che viene cosi lasciato libero di
applicare e riscuotere il contributo nella misura e nel modo che crede.
Il denunciato vizio di incostituzionalità non può ritenersi
sanato per effetto delle disposizioni contenute nel r.d. 12 agosto
1927, n. 1615, poiché questo atto è un semplice regolamento di
esecuzione e non una legge delegata.
In via pregiudiziale la difesa dell’Azienda soggiorno e turismo di
Venezia chiede che gli atti siano restituiti al tribunale per un nuovo
giudizio in punto di rilevanza della proposta questione.
Osserva al riguardo che l’art. 15 del r.d. 15 aprile 1926, n. 765,
impugnato risulta sostituito prima con l’articolo unico del r.d.l. 12
luglio 1934, n. 1398 (convertito nella legge 18 aprile 1935, n. 785) e,
poi, con l’art. 10 del d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968, concernente il
decentramento dei servizi del Ministero dell’interno.
Nel merito la difesa dell’Azienda osserva che anche a prescindere
da ogni questione sulla natura legislativa o amministrativa del r.d. 12
agosto 1927, n. 1615, le “speciali contribuzioni” istituite ai sensi
dell’art. 15 del r.d.l. 15 aprile 1926, n. 765, trovano il loro
fondamento, quanto all’oggetto e ai soggetti, in disposizioni
preesistenti di indubbia natura legislativa. Queste speciali
contribuzioni infatti si riallacciano e richiamano le normali
contribuzioni previste dai rr.dd. 30 dicembre 1923, n. 3276, e 2
ottobre 1924, n. 1589, con i quali furono istituiti diritti erariali
sugli introiti lordi degli spettacoli e trattenimenti dati al pubblico.
Va conseguentemente disattesa l’osservazione del tribunale secondo la
quale vaga e generica sarebbe la determinazione dei soggetti passivi
dei contributi in esame poiché è evidente che “coloro che si giovano
nelle stazioni di soggiorno, cura e turismo degli svaghi e
trattenimenti in esse organizzati” sono necessariamente coloro stessi
che sono obbligati al versamento dei diritti erariali di cui ai
ricordati regi decreti.
Quel che semmai resterebbe non disciplinato per legge sarebbe il
limite di queste speciali contribuzioni ma la riserva di legge
contenuta nell’art. 23 della Costituzione non esige che tutti gli
elementi e i presupposti della prestazione trovino nella legge la loro
determinazione. Ben possono alcuni elementi essere successivamente
determinati dall’autorità amministrativa mediante un atto di natura
generale, quale è il regolamento, il quale opera come ulteriore limite
rispetto al potere discrezionale dell’ente impositore.
Il r.d. n. 1615 del 1927 avrebbe appunto completata la disciplina
del tributo di cui trattasi fissandone la misura massima e rinviando,
per il procedimento di riscossione, ai decreti n. 3276 del 1923 e n.
1589 del 1924.
A parte queste considerazioni, la difesa dell’Azienda turismo di
Venezia sostiene che al r.d. n. 1615 del 1927 deve essere riconosciuta
natura di legge delegata. Esso infatti risulta emanato ai sensi
dell’art. 15 del r.d.l. n. 765 del 1926 che configura lo schema di
delegazione ipotizzato dall’art. 3, n. 1 della legge 31 gennaio 1926,
n. 100.
Nel proprio atto di intervento l’Avvocatura dello Stato sostiene
preliminarmente l’inammissibilità per difetto di rilevanza della
questione proposta. Nota al riguardo che la norma impugnata dal
tribunale di Venezia (art. 15 del r.d.l. 15 aprile 1926, n. 765) non è
più in vigore in quanto tale perché in buona parte sostituita
dall’art. 10 del d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968, il quale ha natura di
decreto legislativo essendo stato emesso in virtù della delega
contenuta nelle leggi 11 marzo 1953, n. 150 e 18 giugno 1954, n. 343.
La modifica apportata alla disposizione impugnata non è soltanto
di carattere formale. Il primo comma dell’art. 15 del r.d.l. n. 765 del
1926, che demandava l’autorizzazione alla imposizione del contributo al
Ministro dell’interno, di concerto col Ministro per le finanze, udito
il Consiglio centrale, è stato interamente sostituito dal testo
dell’art. 10 del citato d.P.R. n. 968 del 1954 il quale ha eliminato
l’intervento del Consiglio centrale e ha demandato al Prefetto e
all’Intendente di finanza il Potere di autorizzare l’imposizione.
Della norma impugnata resta quindi in vigore il solo comma secondo
il quale dispone: “Le norme per l’applicazione e la riscossione di tali
entrate saranno stabilite col regolamento di cui all’art. 25”.
Il tribunale non ha tenuto conto dell’intervenuta modifica e ha
denunciato un testo legislativo non più in vigore dal 23 ottobre 1954
(data di entrata in vigore del d.P.R. n. 968 del 1954) serbando il più
assoluto silenzio sull’applicabilità della vecchia o della nuova
normativa alla fattispecie sottoposta al suo esame.
In subordine, nel caso volesse ritenersi che l’ordinanza denunci
sopratutto il secondo comma dell’art. 15, il cui testo è rimasto
immutato, l’Avvocatura sostiene che la questione deve essere dichiarata
non fondata. Il principio della riserva di legge posto dall’art. 23
della Costituzione, come ha costantemente insegnato la Corte, esige che
nella legge siano indicati criteri idonei a delimitare la
discrezionalità dell’ente impositore, ma non vuole che nella legge sia
altresì predeterminata l’aliquota massima del tributo (sentenze 30 e
47 del 1957).
L’art. 15 impugnato, dopo aver individuata la identità della
prestazione e i soggetti passivi, ha demandato al Governo di stabilire
con regolamento le norme di applicazione e riscossione di tali entrate.
Con gli artt. 20 e 21 del regolamento approvato con r.d. 12 agosto
1927, n. 1615, si determina espressamente la misura della
“contribuzione”. Può conseguentemente affermarsi che l’ente impositore
non ha alcuna discrezionalità nella determinazione del “quantum” del
contributo il quale – come si evince dalla correlazione degli artt. 15
e 12 del citato r.d.l. – è dovuto solo quando i proventi dell’imposta
e del contributo speciale di cura siano insufficienti al raggiungimento
dei fini istituzionali dell’Azienda.
In conclusione è da ritenere che, relativamente agli spettacoli
per i quali il contributo è ancora applicabile, la legge, collegando
il presupposto ed i soggetti passivi del contributo stesso agli svaghi
e divertimenti sottoposti ai diritti erariali e demandando
all’esclusiva competenza di organi statali (Prefetto e Intendente) il
potere di autorizzare l’imposizione, contiene una sufficiente
oggettivazione della ipotesi di applicabilità del contributo, tale da
far ritenere pienamente rispettato il precetto dell’art. 23 della
Costituzione.
1. – La difesa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Venezia e
l’Avvocatura dello Stato hanno preliminarmente osservato che il primo
comma della norma impugnata (art. 15 del r.d.l. 15 aprile 1926, n. 765)
non è più in vigore in quanto tale perché in parte modificato
dall’art. 10 del d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968, emanato in virtù
della delega di cui alle leggi 11 marzo 1953, n. 150, e 18 giugno 1954,
n. 343. Il tribunale di Venezia non avrebbe tenuto conto della
intervenuta modifica di tal che sarebbe pregiudizialmente necessario,
secondo la difesa dell’Azienda, disporre la restituzione degli atti al
giudice a quo per un nuovo giudizio di rilevanza, ovvero dovrebbe
essere dichiarata, secondo l’Avvocatura, l’inammissibilità della
questione proposta per mancanza del requisito della rilevanza.
La Corte ritiene di dover respingere tali eccezioni preliminari.
Dal testo dell’ordinanza può chiaramente inferirsi – contrariamente a
quanto affermato – che al tribunale è ben nota la modifica subita dal
testo del primo comma dell’art. 15 del r.d.l. n. 765 del 1926 ad opera
dell’art. 10 del d.P.R. n. 968 del 1954. È vero che quest’articolo non
risulta espressamente indicato, ma è del pari innegabile che il suo
testo figura letteralmente riprodotto nella ordinanza nella quale è
dato appunto leggere la locuzione “coloro che si giovano, nelle
stazioni di soggiorno, di cura e turismo, degli svaghi e trattenimenti
in essi organizzati” che è stata adottata dall’articolo in questione.
La modificazione subita dall’art. 15 del r.d.l. n. 765 del 1926
riguarda la competenza ad autorizzare l’applicazione e riscossione
delle speciali contribuzioni a favore delle stazioni di cura, soggiorno
e turismo. In attuazione del decentramento dei servizi del Ministero
dell’interno, disposto col citato d.P.R. n. 968 del 1954, si è
stabilito di trasferire la competenza di cui trattasi, prima spettante
al Ministero dell’interno di concerto col Ministero delle finanze, al
Prefetto, su conforme parere dell’Intendente di finanza. Questa è la
sola modifica subita dall’articolo in questione che è rimasto invece
invariato nella parte in relazione alla quale è stata proposta la
questione di costituzionalità.
2. – Con l’ordinanza indicata in epigrafe viene sollevata, in
riferimento all’art. 23 della Costituzione, la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 15 del r.d.l. 15 aprile 1926, n.
765, convertito nella legge 1 luglio 1926, n. 1380. Secondo il
tribunale la norma impugnata, istitutiva di “speciali contribuzioni” a
carico di coloro che nelle stazioni di cura, soggiorno e turismo si
giovano degli svaghi in esse organizzati, sarebbe in contrasto col
principio della riserva della legge enunciato nel citato precetto
costituzionale avendo demandato (articolo 15, comma secondo) la
specificazione dei criteri di determinazione soggettiva ed oggettiva
dello speciale contributo ad un provvedimento amministrativo quale
appunto è il r.d. 12 agosto 1927, n. 1615, con il quale venne
approvato il regolamento di esecuzione della legge cui appartiene la
norma denunciata. Solo gli artt. 20 e 21 del citato regolamento
avrebbero infatti provveduto alla precisa individuazione dei soggetti
passivi e all’ammontare dei contributi da essi dovuti.
3. – Nel sollevare la questione di legittimità costituzionale il
giudice a quo muove evidentemente dal presupposto che se la Corte la
ritenesse fondata le disposizioni degli artt. 20 e 21 del regolamento
n. 1615 del 1927 – emanate in base all’autorizzazione contenuta nel
secondo comma della disposizione legislativa impugnata – non potrebbero
ricevere applicazione.
La questione, al pari di altre analoghe precedentemente decise
(sentenze 73 del 1968, 117 del 1969 e 67 del 1970), è inammissibile
per difetto assoluto di rilevanza perché l’eventuale dichiarazione
d’illegittimità costituzionale della norma denunciata non produrrebbe
gli effetti in considerazione dei quali la questione appare proposta.
Anche nel caso in esame tanto la legge autorizzante, quanto il
regolamento sono di data anteriore all’entrata in vigore della
Costituzione e perciò quand’anche la Corte, in accoglimento
dell’eccezione formulata, ritenesse incostituzionale l’art. 15 del
r.d.l. n. 765 del 1926, per aver demandato ad un atto amministrativo i
criteri di determinazione oggettiva e soggettiva di una prestazione
patrimoniale in violazione del principio sancito dall’art. 23 della
Costituzione, gli effetti di tale pronuncia d’incostituzionalità
sopravvenuta potrebbero prodursi solo su atti che in virtù della
stessa norma autorizzativa fossero stati emanati in epoca posteriore
all’entrata in vigore della Costituzione. Nessuna incidenza avrebbe
invece la dichiarazione d’incostituzionalità sulla validità di atti
che – come il regolamento del 1927 – sono stati emessi in data
anteriore a quella in cui la legge che ne autorizzava l’emanazione è
divenuta incompatibile con i precetti della nuova Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 15 del r.d.l. 15 aprile 1926, n. 765, contenente
provvedimenti per la tutela e lo sviluppo dei luoghi di cura, di
soggiorno o di turismo (convertito nella legge 1 luglio 1926, n. 1380),
sollevata, con l’ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento
all’art. 23 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 giugno 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.