Sentenza N. 146 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
15/12/1967
Data deposito/pubblicazione
15/12/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/12/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI – Prof. GIUSEPPE BRANCA –
Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE
CHIARELLI – Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI, Giudici,
ricorso notificato il 13 aprile 1967, depositato in cancelleria il 20
successivo ed iscritto al n. 15 del Registro ricorsi 1967, per
conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato, sorto a
seguito della circolare del Ministero delle finanze n. 10904 del 12
gennaio 1967 avente per oggetto “Regione siciliana – Applicazione
D.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074, recante norme di attuazione in materia
finanziaria”.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 16 novembre 1967 la relazione del
Giudice Giuseppe Branca;
uditi l’avv. Antonio Sorrentino, per la Regione siciliana, ed il
sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – La Regione siciliana con ricorso per conflitto di attribuzione
depositato il 20 aprile 1967 ha denunciato la circolare del Ministero
delle finanze n. 10904 avente per oggetto “Regione siciliana –
Applicazione D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme
d’attuazione in materia finanziaria”. La circolare afferma che l’I. G.
E. all’importazione (art. 17 e segg. legge 19 giugno 1940, n. 762) e
la correlativa imposta di conguaglio (legge 31 luglio 1954, n. 570),
avente carattere doganale, spettino allo Stato e dispone che il loro
ricavato in Sicilia si versi negli appositi capitoli del bilancio
statale.
Secondo la difesa regionale essa violerebbe l’art. 36, comma
primo, dello Statuto siciliano e l’art. 2, comma primo, delle norme
d’attuazione (D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074): i due tributi, di cui
il secondo è un’integrazione del primo, non sarebbero altro che
ordinarie imposte indirette sugli affari poiché svolgono la stessa
funzione dell’I. G. E., cioè quella di colpire l’entrata proveniente
da uno scambio di beni e servizi, ben diversa dai fini di politica
economica che presiedono ai dazi doganali; il fatto che siano riscossi
all’importazione non basterebbe a inquadrarli fra le entrate doganali
così come non basta per altri tributi spettanti pacificamente alla
Regione (l’imposta di conguaglio d’altronde fu istituita per poter
attuare sulle merci esportate quei rimborsi che in Sicilia gravano
sulla Regione); spetterebbero alla Regione siciliana alla pari di tutte
le entrate tributarie erariali che non attengano al regime doganale e
non rientrino nell’elenco degli artt. 36 dello Statuto e 2 delle norme
d’attuazione: tanto è vero che nel bilancio statale del 1965, tenuto
presente nel compilare le norme d’attuazione, figurano tra le “tasse e
imposte sugli affari” (cap. 1202 e 1204).
2. – Il Presidente del Consiglio dei Ministri, difeso
dall’Avvocatura dello Stato con deduzioni presentate il 2 maggio 1967,
risponde: le due imposte sono dovute, la prima, “per il fatto obiettivo
dell’importazione” (art. 17 della legge 1940 n. 762) e, la seconda,
analogamente, “all’atto dell’importazione” (art. 1 della legge 1954 n.
570); sono diritti doganali poiché, essendo riscossi in relazione alle
operazioni doganali, rientrano nella definizione che di quei diritti
dà la legge doganale (art. 7 della legge 25 settembre 1940 n. 1424);
svolgono la stessa funzione perequativa e protettiva dei dazi doganali,
dato che colpiscono il prodotto importato dall’estero come quello
fabbricato all’interno; spettano allo Stato poiché non figurano
nell’elenco delle entrate doganali riservate alla Regione dalle norme
di attuazione (tabella D); perciò poco importa che nel regime
provvisorio anteriore a queste norme anche il provento dell’I.G.E.
all’importazione sia stato attribuito alla Sicilia.
3. – Nella memoria depositata il 3 novembre 1967 la difesa
regionale sostiene che l’I. G. E. all’importazione è disciplinata,
analogamente, dalla stessa legge che regola l’I. G. E. in generale;
che, anche ammettendo per la prima, con l’Avvocatura dello Stato, la
funzione perequativa rispetto alle merci nazionali, ciò non la
assimila ai dazi doganali, destinati invece a porre condizioni più
sfavorevoli per le merci estere; che similmente deve ragionarsi per
l’imposta di conguaglio, la quale non figurava tra quelle attribuite
alla Sicilia durante il regime provvisorio solo perché è stata
introdotta dopo la determinazione di quest’ultimo; che il momento
della riscossione, a cui alludono le leggi addotte dalla difesa dello
Stato, non basta a qualificare l’I. G. E. come tributo doganale, al
pari di quanto avviene, per es., dell’imposta sui dischi fonografici
che, pur riscossa all’atto dell’importazione, non è provento doganale;
che solo i c.d. diritti di confine costituiscono entrate doganali vere
e proprie, tanto che agli altri diritti doganali la legge doganale (v.
art. 8) si applica per le sole modalità di riscossione; che comunque
non le entrate, ma soltanto il regime doganale, cioè la potestà
legislativa, è esclusivamente dello Stato: tutti i proventi doganali,
rientrando fra i tributi che non sono espressamente riservati allo
Stato, spettano invece alla Regione.
4. – La difesa statale, nella memoria depositata il 30 ottobre
1967, ricorda come l’art. 2 delle norme d’attuazione, che riserva alla
Sicilia “tutte le entrate erariali riscosse nell’ambito del suo
territorio”, faccia sistema col successivo art. 5, conforme all’art. 39
dello Statuto siciliano: il regime doganale coi suoi proventi, esclusi
quelli indicati nella tabella D, spetta solo allo Stato. I due tributi
sarebbero proventi doganali non per il modo o l’occasione con cui
vengono accertati o riscossi, ma perché la legge doganale, a cui sono
assoggettati (art. 8), così li definisce differenziandoli dalla
sottospecie “diritti di confine”: non a caso le norme d’attuazione
parlano di proventi doganali anziché di diritti di confine. Ad ogni
modo se per ipotesi le due imposte spettassero alla Regione, questa
avrebbe anche la potestà legislativa e amministrativa; il che
contrasterebbe con l’art. 39 dello Statuto, secondo cui il regime
doganale è di sola competenza dello Stato.
5. – Nella discussione orale le parti hanno riaffermato le loro
tesi e chiarito le rispettive argomentazioni.
1. – La Regione, denunciando la circolare del Ministero delle
finanze, rivendica i proventi dell’I. G. E. all’importazione e della
correlativa imposta di conguaglio: essi non sarebbero oggetto di
diritti doganali veri e propri o, anche se lo fossero, spetterebbero
alla Regione come gli altri tributi erariali, esclusi quelli previsti
nell’art. 36, comma primo, dello Statuto siciliano.
Il ricorso non può essere accolto.
Giova innanzi tutto ricordare come lo Statuto siciliano (art. 36)
si limiti a indicare solo quei proventi che non possono essere
attribuiti alla Regione. Al di là di questo limite era compito delle
norme d’attuazione stabilire quali proventi andassero alla Sicilia e
quali restassero allo Stato. Il che è avvenuto prima in via del tutto
provvisoria, poi definitivamente col D.P.R. n. 1074 del 1965, il quale,
mentre, nell’art. 2, ha concesso alla Sicilia tutte le entrate
tributarie erariali allora esistenti, contemporaneamente, attuando
l’art. 39 dello Statuto, ha ribadito la esclusiva competenza dello
Stato in fatto di regime doganale. Il che non può essere inteso se
non in un modo: la potestà legislativa dello Stato copre tutto il
campo che è oggetto della legislazione doganale e che ricomprende i
c.d. diritti doganali, imposte, tasse soprattasse che si riscuotono
con operazioni di dogana. Lo Stato, avendo la potestà di disciplinare
la materia, ovviamente può attribuire quei diritti alla Sicilia così
come riservarli a se stesso.
L’opinione contraria, espressa ripetutamente dalla difesa
regionale, non tiene conto né del principio statutario contenuto
nell’art. 39, onnicomprensivo; né degli artt. 7 e 8 della legge
doganale, che lo chiariscono; né dell’art. 5 delle norme d’attuazione
(D. P. R. 1965 n. 1074, già indicato), che, legiferando sul regime
doganale, dispongono anche dei proventi (comma terzo e annessa tabella
D); né del parallelismo, che la Corte ha spesso rilevato, tra potestà
legislativa tributaria e appartenenza dei tributi.
2. – L’I. G. E. all’importazione e l’imposta di conguaglio,
introdotta con la legge 1954, n. 570, sono da considerare diritti
doganali e perciò, non essendo incluse nella tabella D, si devono
intendere riservate allo Stato.
La prima delle due imposte, a differenza dall’I. G. E. riscossa
sugli acquisti effettuati all’interno del Paese, è dovuta per il fatto
obiettivo dell’importazione, si paga all’atto dello sdoganamento e,
nella misura dell’aliquota, è soggetta al principio della reciprocità
rispetto agli Stati esteri (art. 17 legge 1940 n. 762); ai lini
dell’imposta il valore della merce deve essere indicato nella
“dichiarazione per l’importazione” e coincide, quando si tratti di
merci soggetto a dazio doganale, col valore su cui s’applica
quest’ultimo (art. 18); come il dazio doganale il tributo non colpisce
le merci ammesse alla temporanea importazione (art. 19); conosce infine
speciali esenzioni, ignote all’I. G. E. riscossa all’interno del Paese
(art. 20), ed è dotato di speciali sanzioni circoscritte nel capo III
della legge (art. 33 segg.): quanto basta, insomma, perché lo si
qualifichi, con una parte della dottrina e con recenti pronuncie della
Cassazione, come diritto o provento doganale.
Altrettanto vale per l’imposta di conguaglio, che già il titolo
della legge 1954 n. 570 chiama “diritto compensativo sulle
esportazioni”, rilevandone, anche nell’etichetta esterna, il
collegamento col fatto dell’importazione-esportazione piuttosto che con
quello dell’acquisto della merce.
3. – I dubbi, apparsi in dottrina, sulla natura dell’I.G.E.
all’importazione, non toccano questa controversia; per risolvere la
quale basta aver constatato il collegamento delle due imposte coi fatti
di importazione-esportazione e con le operazioni doganali. Ché se una
più rigorosa impostazione teorica e qualche fine pratico
consigliassero di inquadrare i due tributi come specie a genere nelle
imposte sugli affari e nell’imposta generale sull’entrata, la soluzione
sarebbe irrilevante in questa sede: infatti gli artt. 36 e 39 dello
Statuto, nella loro ampiezza, consentono alle norme d’attuazione di
prescindere da rigorose impostazioni teoriche; ed a queste impostazioni
tali norme non si sono puntualmente attenute tanto è vero che hanno
collocato fra i proventi del monopolio certe imposte di consumo dei
tabacchi anche importati dall’estero (tabella B), e, viceversa, fra le
entrate doganali talune imposte di consumo (ad es. sul caffè e sul
cacao: tabella D).
La circolare denunciata non ha fatto altro che prendere atto di
questa situazione e pertanto è esente da vizi di legittimità
costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato il potere di far proprie l’I.G.E.
all’importazione e l’imposta integrativa di conguaglio, e pertanto
respinge il ricorso proposto dalla Regione siciliana con atto
depositato il 20 aprile 1967 e avente ad oggetto la circolare 12
gennaio 1967, prot. n. 10904, del Ministero delle finanze; “Regione
siciliana – Applicazione D. P. R 26 luglio 1965 n. 1074, recante
norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria”.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1967.
GASPARE AMBROSINI-ANTONINO PAPALDO –
NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO –
ANTONIO MANCA – ALDO SANDULLI –
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI.