Sentenza N. 147 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
30/06/1971
Data deposito/pubblicazione
30/06/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/06/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle
disposizioni sulle pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa
il 19 gennaio 1970 dalla Corte dei conti – sezione IV pensioni di
guerra – sul ricorso di Gallo Michele, iscritta al n. 209 del registro
ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 222 del 2 settembre 1970.
Udito nella camera di consiglio del 19 maggio 1971 il Giudice
relatore Paolo Rossi.
Con ordinanza 19 gennaio 1970, la Corte dei conti ha sollevato, in
riferimento al principio di uguaglianza, questione incidentale di
legittimità costituzionale dell’art. 92, primo comma, della legge 10
agosto 1950, n. 648, secondo cui i congiunti del militare morto per
causa del servizio di guerra perdono il diritto a conseguire la
pensione, se siano incorsi in una condanna che importi l’interdizione
perpetua dai pubblici uffici, mentre sono sospesi dall’esercizio di
tale diritto durante l’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Nell’ordinanza di rimessione si osserva che la norma impugnata,
ormai abrogata dalla legge 18 marzo 1968, n. 313, contenente nuove
disposizioni sulle pensioni di guerra, dovrebbe trovare applicazione
nel caso sottoposto a giudizio, essendo stato il ricorrente interdetto
dai pubblici uffici dal 20 marzo 1953 al 19 marzo 1958, e che la norma
stessa appare contrastare con l’art. 3 della Costituzione come può
argomentarsi dalle considerazioni svolte dalla Corte costituzionale
nella sentenza n. 113 del 1968, con la quale è stata dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 91 della stessa legge n. 648
del 1950, contenente disposizioni del tutto corrispondenti in materia
di pensione diretta di guerra.
Soggiunge infine il giudice a quo che il carattere risarcitorio,
almeno in parte comune a tutte le pensioni di guerra, dovrebbe esigere
una disciplina sostanzialmente uniforme, non essendovi motivo per un
trattamento differenziato tra i titolari di pensione di guerra a
seconda che esse siano dirette o indirette.
Nessuna parte si è costituita in giudizio innanzi a questa Corte.
Oggetto del giudizio della Corte è il denunciato contrasto tra il
principio costituzionale d’uguaglianza e l’art. 92, primo comma, della
legge 10 agosto 1950, n. 648, secondo cui i congiunti del militare
morto in guerra perdono il diritto alla pensione o all’assegno se siano
incorsi in una condanna che importi l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici, e sono sospesi nell’esercizio di tale diritto durante
l’interdizione temporanea, in raffronto ad analoghe situazioni in tema
di pensioni dirette di guerra e di diritto al risarcimento dei danni di
guerra, per cui tali condanne sono irrilevanti.
Va premesso che la norma impugnata, pur essendo abrogata dalla
legge 18 marzo 1968, n. 313, secondo quanto osserva la Corte dei conti,
trova applicazione nel ricorso oggetto della sua cognizione, sicché
deve esaminarsi il merito della questione ora prospettata.
Questa Corte ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 91 della citata legge n. 648 del 1950, contenente norme del
tutto corrispondenti a quelle ora denunciate in tema di pensioni
dirette di guerra, sul presupposto della natura risarcitoria delle
pensioni di guerra, constatando, tra l’altro, che non trova alcuna
giustificazione la maggiore severità della legge nei confronti di chi
ha subito, per la stessa causa di guerra, danni alle cose, rispetto a
chi sia stato leso nella integrità fisica (sentenza n. 113 del 1968).
Queste stesse considerazioni non possono non valere per la
soluzione del presente giudizio perché trattandosi di situazioni
giuridicamente comparabili tra loro, il principio di uguaglianza esige
che la relativa disciplina sia informata ad un criterio di uniformità,
salvo che non sussistano valide ragioni in contrario.
A fondamento della concessione delle pensioni di guerra, siano esse
dirette o indirette, sussiste, almeno in parte, la comune esigenza di
risarcire chi abbia patito danni per l’evento bellico, sicché non può
giustificarsi, nemmeno per i rapporti anteriori, la disparità di
trattamento derivante dalla norma impugnata – che commina la perdita o
la sospensione della pensione indiretta di guerra nel caso di condanna
implicante la interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici –
rispetto alla corrispondente normativa in tema di pensioni dirette di
guerra, che tale effetto non prevede.
Le stesse considerazioni inducono la Corte a dichiarare, in
applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
l’illegittimità costituzionale di tutti gli altri commi dell’art. 92
della predetta legge 10 agosto 1950, n. 648.
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, primo
comma, della legge 10 agosto 1950, n. 648, recante “Riordinamento delle
disposizioni sulle pensioni di guerra”;
b) ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara
l’illegittimità costituzionale di tutti gli altri commi del predetto
art. 92.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.