Sentenza N. 147 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
30/04/1999
Data deposito/pubblicazione
30/04/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/04/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
della Regione Trentino-Alto Adige 17 maggio 1956, n. 7
(Espropriazioni per causa di pubblica utilità non riguardanti opere
a carico dello Stato, da eseguirsi nella Regione Trentino-Alto
Adige), promossi con tre ordinanze emesse il 2 luglio 1996 ed il 28
gennaio 1997 (due ordinanze) dalla Corte d’appello di Trento,
rispettivamente iscritte ai nn. 36, 222 e 223 del registro ordinanze
1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6 e
18, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visti gli atti di costituzione di Berna Giuseppe ed altri, del
comune di Bolzano, nonché l’atto di intervento della Regione
Trentino-Alto Adige;
Udito nell’udienza pubblica del 13 ottobre 1998 il giudice relatore
Riccardo Chieppa;
Udito l’avvocato Ettore Prosperi per il comune di Bolzano e
l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Trentino-Alto Adige.
dell’indennità relativa ad un esproprio, la Corte d’appello di
Trento, con ordinanza emessa il 2 luglio 1996, pervenuta alla Corte
costituzionale il 20 gennaio 1997 (r.o. n. 36 del 1997), ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione e agli
artt. 4 e 8 dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 25 della legge
regionale del Trentino-Alto Adige 17 maggio 1956, n. 7
(Espropriazioni per causa di pubblica utilità non riguardanti opere
a carico dello Stato, da eseguirsi nella Regione Trentino-Alto
Adige), che prevede che, nei casi di espropriazione totale, la
indennità dovuta consiste nel giusto prezzo che a giudizio del
perito avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di
compravendita al momento della emissione del decreto di esproprio.
Alla stregua di tale criterio, va effettuato anche il calcolo della
indennità dovuta in caso di esproprio parziale (verificatosi nel
caso di specie) che, in base all’art. 26 della stessa legge, consiste
nella differenza tra il valore che l’area avrebbe avuto in una libera
contrattazione ed il diminuito valore dell’area residua a seguito
dell’occupazione. L’indennità di espropriazione, risultante
dall’applicazione di tale norma, sarebbe ben più elevata rispetto a
quella che si avrebbe applicando i criteri fissati dall’art. 5-bis
del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento
della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8
agosto 1992, n. 359.
Nell’ordinanza di rimessione, si osserva che l’area in questione,
destinata dal regolamento edilizio del comune di Castelrotto a zona
artigianale, ha acquisito valore per effetto degli investimenti, che
nella zona sono stati effettuati dalla collettività (strada statale,
infrastrutture etc.) indipendentemente dall’intervento dei
proprietari. Sicché, l’applicazione dell’art. 5-bis oltre a
rispettare le necessità economiche della collettività dovute alla
difficile congiuntura, conseguirebbe il risultato di limitare
locupletazioni ingiustificate, altrimenti gravanti sulla
collettività, la quale, in tal modo, recupererebbe la plusvalenza
connessa agli investimenti pubblici il cui costo è sopportato dai
cittadini.
Il citato art. 5-bis del resto, rientra, osserva la Corte
rimettente, nel novero delle norme fondamentali di riforma
economico-sociale che costituiscono un limite all’esercizio delle
competenze legislative della regione Trentino-Alto Adige, alla
stregua degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale. Ad esso, quindi, ai
sensi dell’art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, si sarebbe dovuta
adeguare la legislazione regionale.
1.2. – Nel giudizio vi è stata costituzione, peraltro fuori
termine, della parte privata.
2.1. – Identica questione di legittimità costituzionale è stata
sollevata dalla stessa Corte d’appello con altre due ordinanze emesse
il 28 gennaio 1997 (r.o. nn. 222 e 223 del 1997), nel corso di
altrettanti procedimenti di opposizione alla stima della indennità
di espropriazione (totale) di aree inserite in zone urbanizzate,
fondate su rilievi analoghi.
2.2. – Nei giudizi introdotti con le ordinanze r.o. n. 222 e 223
del 1997, si è costituita l’amministrazione comunale di Bolzano,
concludendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale
della norma impugnata.
2.3. – È, altresì, intervenuto il Presidente della Giunta
regionale del Trentino-Alto Adige, che ha chiesto il rigetto della
questione.
Nell’imminenza dell’udienza, sono state depositate memorie. In
particolare, il comune di Bolzano ha insistito nelle proprie
conclusioni, ponendo l’accento sul mancato adeguamento, da parte del
legislatore regionale, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del
1992, alla norma fondamentale di cui all’art. 5-bis del d.-l. n. 333
del 1992.
2.4. – Nel giudizio relativo all’ordinanza r.o. n. 222 è stata
altresì presentata una memoria nell’interesse della Regione
Trentino-Alto Adige, con la quale si richiede la declaratoria di
inammissibilità o di infondatezza della questione. Sotto il primo
profilo, si osserva che l’area in questione nel giudizio a quo non
era un’area edificabile, essendo al contrario soggetta a vincolo di
inedificabilità, derivante dalla vicinanza col cimitero cittadino.
Né varrebbe in contrario opporre, come fa il giudice a quo la
sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 1984 – secondo la
quale il carattere edificabile dell’area non può negarsi per il solo
fatto che essa sia priva di valore edificatorio in forza dei vigenti
strumenti urbanistici, ove tale carattere sia riconoscibile in base
ad un complesso di elementi certi ed obiettivi relativi, tra l’altro,
alla ubicazione del terreno – in quanto, nel caso di cui si tratta,
il carattere non edificabile dell’area deriverebbe proprio dalla sua
obiettiva ubicazione nelle vicinanze del cimitero. Nel merito, si
nega nella memoria la permanente idoneità della norma statale in
questione a vincolare la potestà legislativa primaria della Regione
Trentino-Alto Adige, trattandosi di norma con valore temporaneo,
originata da una situazione di indubbia emergenza che aveva indotto
anche la Corte costituzionale a qualificare la norma stessa come
norma di grande riforma economico-sociale in considerazione della sua
finalità di risanamento della finanza pubblica. Il mutamento della
situazione economico-finanziaria del Paese, la fine della fase
dell’emergenza dovrebbero dunque permettere, oggi, la riespansione
della potestà legislativa costituzionalmente riconosciuta alla
Regione.
Nella memoria si segnala altresì la particolare situazione del
Trentino-Alto Adige, che renderebbe irragionevole l’applicazione in
tale Regione della norma di cui all’art. 5-bis, tenuto anche conto
dello specifico oggetto del procedimento espropriativo nella Regione
stessa, il quale riguarda essenzialmente le costruzioni di uffici
regionali. In relazione ad esse, non avrebbe adeguata giustificazione
il bilanciamento di interessi operato dall’art. 5-bis, che potrebbe,
invece, trovare fondamento nell’interesse generale alla costruzione
di opere destinate ad essere direttamente utilizzate dalla
collettività.
all’esame della Corte riguardano l’art. 25 della legge regionale del
Trentino-Alto Adige 17 maggio 1956, n. 7 (Espropriazioni per causa di
pubblica utilità non riguardanti opere a carico dello Stato, da
eseguirsi nella Regione Trentino-Alto Adige), che fissa l’indennità
di esproprio nel giusto prezzo, che a giudizio del perito avrebbe
avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita al
momento della emissione del decreto di esproprio (ed in base al quale
va effettuato, alla stregua dell’art. 26 della stessa legge, anche il
calcolo della indennità in caso di esproprio parziale, fissata dal
predetto art. 26 nella differenza tra il valore che l’intera area
avrebbe avuto in una libera contrattazione e il diminuito valore
dell’area residua dopo l’occupazione). Viene denunciata la
violazione degli artt. 3 e 42 della Costituzione, sotto il profilo
che l’indennità sarebbe commisurata a valori notevolmente più
elevati rispetto ai criteri fissati dall’art. 5-bis del d.-l. 11
luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8
agosto 1992, n. 359, nonché degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale
del Trentino-Alto Adige, che pongono al legislatore regionale il
limite del rispetto delle norme fondamentali di riforma
economico-sociale, tra le quali si colloca il predetto art. 5-bis ed
alle quali, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, il
legislatore regionale è tenuto ad adeguarsi (ordinanze r.o. nn. 36,
222, e 223 del 1997).
2. – Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione di
inammissibilità, sollevata dalla Regione Trentino-Alto Adige con
riferimento alla ordinanza r.o. n. 222 del 1997, in quanto l’area di
cui si tratta nel giudizio a quo non sarebbe edificabile, essendo, al
contrario, soggetta a vincolo di inedificabilità derivante dalla
vicinanza col cimitero cittadino.
L’eccezione non può essere accolta poiché la predetta ordinanza
(r.o. n. 222 del 1997), che ha rimesso alla Corte la questione,
contiene una plausibile motivazione sulla rilevanza della sollevata
questione di legittimità in relazione alla vocazione edificabile del
terreno, per cui la questione deve ritenersi ammissibile.
3. – È necessario inoltre rilevare preliminarmente che i giudici a
quibus, nelle tre ordinanze di rimessione, hanno, con una motivazione
plausibile, individuato nell’art. 25 della legge regionale del
Trentino-Alto Adige 17 maggio 1956, n. 7 la norma applicabile per la
determinazione della indennità di espropriazione (del resto elemento
pacifico tra le parti), per cui è irrilevante in questa sede che
siano intervenute modificazioni al calcolo delle indennità di
esproprio da effettuarsi sulla base delle differenti norme
provinciali (l’art 8, comma 1, della legge provinciale di Bolzano 15
aprile 1991, n. 10 – dichiarato costituzionalmente illegittimo con
sentenza n. 80 del 1996 – è stato nel frattempo sostituito dall’art.
18 della legge provinciale di Bolzano 30 gennaio 1997, n. 1).
4. – Come la Corte ha avuto occasione di sottolineare (sentenza n.
80 del 1996), sono prospettabili questioni incidentali di
legittimità costituzionale nei riguardi di una legge regionale del
Trentino-Alto Adige o provinciale di Trento o Bolzano che non sia
“adeguata”, ai sensi dell’art. 2 delle norme di attuazione dello
statuto speciale (d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266), “ai principi e
limiti indicati dagli artt. 4 e 5 dello statuto speciale e recati da
atto legislativo dello Stato entro sei mesi successivi alla
pubblicazione dell’atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale”. Infatti,
la espressa previsione della facoltà di impugnazione in via
principale, ai sensi dell’art. 97 dello statuto, per violazione di
esso, entro il termine di novanta giorni, comporta una ulteriore
valorizzazione della autonomia speciale, escludendo un’automatica
sostituzione normativa ed introducendo un nuovo tipo di ricorso
principale (riconducibile sempre alla previsione statutaria delle
garanzie).
In altri termini, si è prevista una incostituzionalità
sopravvenuta – si noti – solo dopo il decorso di un termine (sei mesi
o altro più ampio, fissato dalla stessa norma statale) di tolleranza
per consentire all’ente interessato (Regione Trentino-Alto-Adige o
Provincia autonoma) di adeguare spontaneamente la propria
legislazione, continuando nel frattempo l’applicazione delle
disposizioni previgenti.
La mancata impugnazione in via principale da parte del Presidente
del Consiglio dei Ministri non può precludere, in alcun modo, la
prospettabilità di questioni in via incidentale nei riguardi della
legge previgente, poiché una esclusività di tutela costituzionale
attraverso il ricorso in via principale si risolverebbe in abolizione
del controllo diffuso dei giudici comuni e in soppressione di una
garanzia costituzionalmente prevista, con una interpretazione che
sarebbe chiaramente in contrasto con il dettato costituzionale e come
tale da rifiutarsi dall’interprete. Del resto, la disposizione
dell’art. 2 delle citate norme di attuazione contiene un espresso
riferimento alla applicazione altresì della legge costituzionale 9
febbraio 1948, n. 1 e dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
cioè alle norme che prevedono e disciplinano l’incidente di
costituzionalità (sentenza n. 80 del 1996). Pertanto la questione
deve considerarsi ritualmente sollevata.
5. – La questione è fondata. L’art. 5-bis rientra nel novero delle
norme fondamentali di riforma economico-sociale, che costituiscono un
limite all’esercizio delle competenze legislative della Regione
Trentino-Alto Adige, alla stregua degli artt. 4 e 8 dello statuto
speciale. Ad esso, quindi, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 16 marzo
1992, n. 266, si sarebbe dovuta adeguare la legislazione regionale
entro il termine di sei mesi successivi alla pubblicazione dell’atto
dello Stato (in mancanza di più ampio termine stabilito dalla stessa
legge statale).
Infatti, il criterio di determinazione dell’indennizzo dovuto
all’espropriato fissato dall’art. 5-bis del d.-l. 11 luglio 1992, n.
333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n.
359, è notevolmente difforme (pur dopo l’intervento additivo
compiuto con la sentenza n. 283 del 1993), anche in termini
economici, da quello previsto dalla norma denunciata, comportante un
importo decisamente superiore, per cui sorgeva un dovere di
adeguamento da parte del legislatore regionale.
Né può ostare alla qualifica di norma fondamentale delle riforme
economiche sociali la circostanza che la previsione statale di
criterio dell’indennizzo, applicabile a tutte le espropriazioni
preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte o per
conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli
altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali,
sia contenuta in una norma temporanea in attesa di una disciplina
organica della materia. Infatti, la natura di norma temporanea non
può ritenersi preclusiva del riconoscimento della anzidetta
qualifica (v. per tutte la sentenza n. 153 del 1995). Trattasi di
norma, sia destinata a necessitata applicazione generale, sia
rientrante (sentenza n. 283 del 1993, confermata sul punto da
sentenza n. 153 del 1995) nell’ambito di provvedimenti urgenti volti,
non soltanto al perseguimento di scopo economico-sociale legato alla
ripresa di un settore fondamentale quale è quello delle opere
pubbliche, “ma anche e soprattutto, al risanamento della finanza
pubblica, attraverso la decurtazione degli oneri addossati a carico
dei bilanci pubblici in una situazione caratterizzata da un
gravissimo debito pubblico” (sentenza n. 153 del 1995).
Del resto, nel caso in esame non può che essere confermato quanto
già affermato a proposito di analoga legge di regione a statuto
speciale (sentenza n. 153 del 1995) e di legge provinciale di Bolzano
(sentenza n. 80 del 1996), che cioè nel citato art. 5-bis si
riscontrano i criteri propri dell’anzidetto limite all’esercizio
delle competenze legislative delle regioni a statuto speciale.
Sussistono infatti sia l’incisiva innovatività del contenuto
normativo, tenuto anche conto delle finalità perseguite dal
legislatore in ordine ad un fenomeno vasto di primaria importanza
nazionale, sia la rilevanza della disciplina per la definizione (sia
pure temporanea) del rapporto tra proprietà privata e potere
pubblico e quindi per la vita economica e sociale della comunità
intera, con la conseguente connotazione della norma come contenente
principi che esigono una attuazione uniforme su tutto il territorio
nazionale (sentenza n. 153 del 1995).
6. – Dalle ultime considerazioni risulta l’infondatezza della tesi
della Regione secondo cui la particolare situazione del Trentino-Alto
Adige renderebbe irragionevole l’applicazione nella Regione della
norma di cui all’art. 5-bis in quanto le anzidette esigenze
economico-sociali non possono essere distinte a seconda delle Regioni
o delle finalità dell’opera, pur sempre pubblica, essendo
necessariamente unitari per l’intero territorio nazionale gli
obiettivi della anzidetta disposizione e della relativa qualifica di
grande riforma.
Infatti, il profilo economico-finanziario attiene al complessivo
settore pubblico, ed il principio di contenimento della spesa
pubblica ha un aspetto globale indissolubile e di interdipendenza.
Ciò non può non verificarsi anche nei confronti delle regioni a
statuto speciale, che abbiano peculiari situazioni di privilegio o di
stabilità finanziaria, anche per la particolarità della
legislazione e dell’andamento amministrativo. Anche queste regioni
sono coinvolte e devono partecipare al processo di riequilibrio
unitario della finanza pubblica e non possono sfuggire alle
conseguenze di perduranti situazioni di squilibrio per l’unicità
degli effetti su economia e bilancio nazionali e regionali. Vi sono
certamente in questo settore ripercussioni ed effetti riflessi
vicendevoli sulla economia nazionale e regionale e sulle stesse
entrate della regione e delle provincie autonome, quantomeno sulle
quote variabili, a loro volta influenzate dalla partecipazione al
processo di riequilibrio della finanza pubblica (v. i due decreti del
Presidente della Repubblica in data 30 luglio 1998 rispettivamente
per il 1992-95 e per il 1996).
Infine, non è fondato neppure il profilo sviluppato nella memoria
della Regione relativo al mutamento della situazione
economico-finanziaria del Paese, con conseguente riespansione della
potestà legislativa regionale: non è, infatti, intervenuta né una
nuova determinazione, con abrogazione espressa o implicita da parte
del legislatore statale, né una diversa valutazione in merito, da
parte degli organi istituzionalmente responsabili, sul completo
superamento delle esigenze di risanamento della finanza pubblica.
7. – Il denunciato art. 25 della legge regionale del Trentino-Alto
Adige 17 maggio 1956, n. 7, in quanto recante un criterio
indennitario molto più oneroso per l’amministrazione e comunque
notevolmente difforme da quello introdotto dall’art. 5-bis inserito
dalla sopravvenuta legge n. 539 del 1992, contenente un principio di
grande riforma economico-sociale, risulta in contrasto con gli artt.
4 e 8 dello statuto speciale di autonomia e, pertanto – assorbito
rimanendo ogni altro profilo denunciato -, deve essere dichiarato,
per questa parte, costituzionalmente illegittimo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 25 della legge regionale del Trentino-Alto Adige 17 maggio
1956, n. 7 (Espropriazioni per causa di pubblica utilità non
riguardanti opere a carico dello Stato, da eseguirsi nella Regione
Trentino-Alto Adige), nella parte in cui determina l’indennità di
espropriazione con criterio non adeguato a quello stabilito dall’art.
5-bis del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il
risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
nella legge 8 agosto 1992, n. 359.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 aprile 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 30 aprile 1999.
Il cancelliere: Fruscella