Sentenza N. 148 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
21/04/1994
Data deposito/pubblicazione
21/04/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/04/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.
Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO;
c), e 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in
materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni,
recupero e sanatoria delle opere edilizie),
promosso con ordinanza emessa il 29 maggio 1993 dal Pretore di
Mantova, nel procedimento penale a carico di Federici Antonio ed
altri, iscritta al n. 602 del registro ordinanze 1993 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie
speciale, dell’anno 1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1994 il Giudice
relatore Massimo Vari;
persone imputate del reato di lottizzazione abusiva negoziale ai
sensi degli artt. 18 e 20, lettera c), della legge 28 febbraio 1985,
n. 47, per avere predisposto, attraverso il frazionamento e la
vendita in lotti destinati a scopo edificatorio, una trasformazione
edilizia ed urbanistica di alcuni terreni in assenza di
autorizzazione, il Pretore di Mantova, con ordinanza del 29 maggio
1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione, degli artt. 20, lettera
c), e 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella
parte in cui non prevedono che il rilascio di successiva
autorizzazione, per la constatata conformità della lottizzazione
stessa alle prescrizioni di legge e agli strumenti urbanistici,
estingua il relativo reato contravvenzionale, così come avviene per
il reato di esecuzione di opere senza concessione previsto alla
lettera b) della medesima norma incriminatrice.
Quanto alla rilevanza della questione, osserva il Pretore che, nel
caso di specie, l’autorizzazione non richiesta né data al momento
del frazionamento, era stata invece rilasciata successivamente, nella
conformità della lottizzazione stessa agli strumenti urbanistici.
In ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
osserva che l’interesse protetto dalla legge n. 47 del 1985 non è
più astratto o formale, ma sostanziale, essendo costituito dalla
conformità agli strumenti urbanistici delle opere edilizie.
Conseguentemente è mutata anche la natura del reato di cui all’art.
20, lettere b) e c), della legge n. 47 del 1985, reato che è
divenuto illecito sostanziale, da illecito di natura formale quale
era nell’abrogato art. 17, lettera b), della legge n. 10 del 1977, ai
sensi del quale aveva rilievo esclusivamente la circostanza che, per
le opere, non fosse stata rilasciata la concessione e, per le
lottizzazioni, l’autorizzazione, a prescindere dalla conformità agli
strumenti urbanistici.
Orbene, il fatto che l’art. 22 della legge n. 47 del 1985 preveda
l’estinzione del reato solo a seguito del rilascio di concessione per
le opere eseguite crea una ingiustificata ed irrazionale disparità
di trattamento, poiché disciplina condotte analoghe, integranti una
stessa fattispecie di reato, in modo differente. E la disparità
appare tanto più grave considerando che, alla sentenza definitiva,
che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, consegue la
confisca obbligatoria dei terreni e delle opere ai sensi dell’art. 19
della legge n. 47 del 1985.
2. – Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
costituzionale degli artt. 20, lettera c) (rectius: art. 20, primo
comma, lettera c) e 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985,
n. 47, nella parte in cui non prevedono che, anche per la
lottizzazione abusiva negoziale, il rilascio di successiva
autorizzazione, nella constatata conformità della lottizzazione
stessa alle prescrizioni di legge ed agli strumenti urbanistici,
estingua il relativo reato contravvenzionale.
Secondo il giudice a quo, la norma contrasterebbe con l’art. 3
della Costituzione, per l’ingiustificata ed irrazionale disparità di
trattamento fra la detta ipotesi e quella della esecuzione di opere
senza concessione, poiché condotte analoghe, integranti una medesima
fattispecie di reato e che ledono il medesimo interesse giuridico
sostanziale, vengono ad essere trattate in modo differente.
2. – La questione non è fondata.
Le due ipotesi contravvenzionali poste a raffronto dal giudice
remittente sono previste e sanzionate dal primo comma dell’art. 20
della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che dispone, alla lettera b),
l’arresto fino a due anni e l’ammenda da lire 10 milioni a lire 100
milioni, per l’esecuzione di lavori in totale difformità o assenza
della concessione o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine
di sospensione; e, alla lettera c), l’arresto fino a due anni nonché
l’ammenda da lire 30 milioni a lire 100 milioni, per le lottizzazioni
abusive di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma
dell’art. 18 della medesima legge.
Dal canto suo, il successivo art. 22 prevede, al terzo comma, che
il rilascio in sanatoria delle concessioni estingua i reati
contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti.
3. – Tanto premesso, la Corte ritiene che il differente regime
penalistico delle due fattispecie poste a raffronto dal giudice a
quo, delle quali una soltanto prevede l’ammissibilità della
sanatoria, si fonda su peculiarità di fatto in ordine alle
situazioni apprezzate dal legislatore che, lungi dall’essere
determinate dalle norme denunziate, attengono all’entità degli
interessi urbanistici compromessi nei due casi. Prescindendo dalla
fondatezza o meno dei rilievi svolti dall’ordinanza di rimessione
circa la natura dei reati di cui trattasi, come pure circa la
qualificazione dell’interesse sottostante alle corrispondenti figure
criminose, non è dato disconoscere che la lottizzazione abusiva sia
una forma di intervento sul territorio ben più incisiva, per
ampiezza e vastità, di quanto non sia la costruzione realizzata in
difformità o in assenza di concessione, con compromissione molto
più grave, nel primo caso, della programmazione edificatoria del
territorio stesso.
Si comprende, pertanto, che il legislatore, il quale, come più
volte affermato da questa Corte, gode di ampia discrezionalità nello
stabilire comportamenti costituenti reato e nel fissare le relative
sanzioni, abbia voluto riservare alle due fattispecie un diverso
trattamento anche dal punto di vista delle cause di estinzione del
reato.
4. – Né a positivo scrutinio della questione può condurre la
considerazione della circostanza che, in casi quale quello all’esame
del giudice remittente, la constatata conformità della lottizzazione
agli strumenti urbanistici possa mettere capo, in ipotesi, ad una
autorizzazione rilasciata successivamente all’avvenuta lottizzazione.
Anche se si volesse prescindere dalle già evidenziate peculiarità
delle due situazioni poste a raffronto, vi è, infatti, da
considerare che il rilascio della concessione in sanatoria, al quale
si è riferita l’ordinanza per evidenziare la denunciata disparità
di trattamento, opera nell’ambito di uno schema procedimentale,
delineato nell’art. 13 della stessa legge 26 febbraio 1985, n. 47,
con previsione di interventi, adempimenti e termini, che appaiono
specificamente modellati sulla fattispecie della costruzione priva di
concessione.
Di qui l’impossibilità di una mera trasposizione di un siffatto
schema procedimentale all’ipotesi della lottizzazione abusiva, per la
quale occorrerebbero, pertanto, soluzioni normative che mai
potrebbero essere apprestate in questa sede, implicando, fermo quanto
dedotto in ordine alla non comparabilità delle situazioni, scelte di
modi, condizioni e termini che non spetta alla Corte stabilire.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 20, primo comma, lettera c), e 22, ultimo comma, della
legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo
dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria
delle opere edilizie), sollevata, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, dal Pretore di Mantova, con l’ordinanza di cui in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 aprile 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: VARI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 21 aprile 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA