Sentenza N. 149 del 1979
Corte Costituzionale
Data generale
14/12/1979
Data deposito/pubblicazione
14/12/1979
Data dell'udienza in cui è stato assunto
07/12/1979
EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof.
ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN –
Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO
MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof.
ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
comma, del decreto luogotenenziale 1 maggio 1916, n. 497 (Liquidazione
delle pensioni privilegiate di guerra); art. 169 del d.P.R. 29 dicembre
1973, n. 1092 (t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei
dipendenti civili e militari dello Stato), con riferimento all’art. 89
della legge 18 marzo 1968, n. 313 promosso con ordinanza emessa il 27
ottobre 1975 dalla Corte dei conti – sezione 4 giurisdizionale – sul
ricorso di Leva Giovanni, iscritta al n. 437 del registro ordinanze
1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 184 del
14 luglio 1976.
Udito nella camera di consiglio del 4 maggio 1979 il Giudice
relatore Guido Astuti.
Nel corso del giudizio a seguito di ricorso proposto da Leva
Giovanni, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale pensioni
militari, ha sollevato di ufficio questione di legittimità
costituzionale degli artt. 9, primo comma del d.lgt. 1 maggio 1916, n.
497 e 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 in riferimento all’art.
3, primo comma, della Costituzione.
Si osserva nell’ordinanza che la disciplina impugnata stabilisce un
termine di decadenza di cinque anni per la proposizione della domanda
volta ad ottenere il trattamento pensionistico privilegiato in
relazione ad una infermità contratta durante il servizio militare e
comportante la incapacità di intendere e di volere, mentre nessun
termine di decadenza, in analoga situazione soggettiva, è previsto
dall’art. 89 della legge 18 marzo 1968, n. 313 relativamente alle
pensioni privilegiate di guerra. Poiché la ragione giustificatrice di
quest’ultima disposizione è da rinvenire unicamente nella condizione
personale degli interessati i quali non siano in grado, essendo minori
di età ovvero malati di mente, di tutelare i propri interessi, le
norme impugnate comporterebbero una ingiustificata e irrazionale
disparità di trattamento di fronte a situazioni soggettive del tutto
identiche.
Non vi è, nel presente giudizio, costituzione della parte privata
né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte dei conti
solleva, in riferimento all’art. 3, priino comma, della Costituzione,
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, primo comma,
del d.lgt. 1 maggio 1916, n. 497, sulla procedura di liquidazione delle
pensioni privilegiate di guerra, e dell’art. 169 del t.u. delle norme
sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello
Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in relazione
all’art. 89 della legge 18 marzo 1968, n. 313, sul riordinamento della
legislazione pensionistica di guerra. Le due disposizioni denunciate
stabiliscono un termine perentorio di cinque anni dalla cessazione del
servizio per la presentazione delle domande di constatazione di
infermità o lesioni dipendenti da causa di servizio al fine di
ottenere un trattamento pensionistico privilegiato: mentre a norma
dell’art. 89, primo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, per il
conseguimento delle pensioni (privilegiate) di guerra, per i minori e i
dementi quel termine è sospeso finché duri la incapacità di agire.
La Corte dei conti, dovendo pronunciarsi sulla eccepita tardività
di una domanda di pensione militare privilegiata ordinaria, prodotta
dal padre dell’interessato, infermo di mente, dopo la scadenza del
termine quinquennale di cui all’art. 9 del d.lgt. n. 497 del 1916,
sostanzialmente recepito dall’art. 169 del t.u. n. 1092 del 1973
(applicabile nel caso di specie in base al disposto del successivo art.
256), ha rilevato una ingiustificata violazione del principio di
eguaglianza, osservando che la diversità di disciplina, di fronte a
situazioni soggettive del tutto identiche, non avrebbe “alcuna
razionale giustificazione o alcuna rispondenza in esigenze
etico-sociali”, in quanto la sospensione del termine per le
constatazioni sanitarie, prevista dal ricordato art. 89 della legge n.
313 del 1968 in favore dei minori e dei dementi, “trova il suo
fondamento e la sua giustificazione non nelle particolari situazioni
oggettive di disagio legate alle anormali condizioni del tempo di
guerra, ma nelle condizioni soggettive degli interessati che,
unicamente a causa della minore età o delle loro condizioni mentali,
non siano in grado di far valere i propri diritti e di tutelare i
propri interessi”. Infatti la detta sospensione è prevista dall’art.
89 fino al momento in cui i soggetti interessati abbiano reintegrata la
loro capacità di agire (o per la raggiunta maggiore età, nel caso dei
minori, ovvero per la guarigione o la nomina di un rappresentante
legale, nel caso dei dementi), “e non invece fino al momento in cui,
cessato lo stato di guerra, si siano ripristinate nel Paese obbiettive
condizioni di normalità”.
2. – La questione è fondata. Questa Corte è già stata chiamata a
giudicare della legittimità dell’art. 9, primo comma, del d.lgt. 1
maggio 1916, n. 497, sotto un diverso profilo, e precisamente in
relazione alla pretesa disparità di trattamento tra le pensioni
militari di guerra, per le quali è richiesta da detta norma la sola
constatazione dell’infermità, e le pensioni privilegiate ordinarie,
per le quali invece occorre altresì l’accertamento della dipendenza
della infermità da causa di servizio. Con sentenza 5 dicembre 1974, n.
277, tale questione di legittimità fu dichiarata non fondata,
riconoscendo la piena giustificazione del trattamento differenziato
delle pensioni privilegiate ordinarie, per cui tutte le leggi hanno
sempre richiesto la prova rigorosa, a carico degli interessati, della
dipendenza da causa di servizio, mentre per le pensioni di guerra a
favore dei soggetti militari o ad essi equiparati, tale dipendenza è
presunta, salvo prova contraria da parte dell’Amministrazione,
ritenendosi sufficiente secondo la costante e consolidata
giurisprudenza della Corte dei conti, la constatazione dell’evento
dannoso, ferita, lesione o infermità, che si considera come dipendente
da causa di servizio in correlazione con lo stato di guerra, ovvero con
situazioni che, per la peculiarità delle vicende sociali e politiche
nelle quali si sono verificate, la legge abbia assimilato alla guerra.
Diverso oggetto ha la questione oggi sottoposta all’esame di questa
Corte, rispetto alla quale non ha rilievo il criterio discriminatore
della speciale disciplina delle pensioni di guerra, costituito dalla
peculiarità degli eventi bellici e delle situazioni oggettive connesse
alle anormali condizioni del tempo di guerra, essendo denunciata la
disparità di trattamento in ordine ad una condizione soggettiva degli
interessati (minore età o demenza), che non ha alcuna correlazione con
lo stato di guerra ovvero di pace.
Ora non sembra possibile dubbio sulla ratio della già ricordata
disposizione dell’art. 89, primo comma, della legge n. 313 del 1968,
ove, in ordine al medesimo termine perentorio di cinque anni, è
tuttavia stabilito che “per i minori e i dementi il termine predetto
rimane sospeso finché duri la incapacità di agire”. La ragione di
questa disposizione (confermata anche dall’art. 99, ultimo comma, del
nuovo t.u. oggi vigente delle norme in materia di pensioni di guerra,
approvato con d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915), consiste nella esigenza
di assicurare piena possibilità di tutela giuridica a coloro che, per
l’età minore o per le loro condizioni mentali, non siano in grado di
far valere i propri diritti; ed è ragione che si riferisce unicamente
alla particolare condizione personale di questi soggetti, come è
confermato anche dal fatto, rilevato dalla Corte dei conti, che la
sospensione del termine per l’ammissibilità delle domande di
constatazione è dalla legge disposta finché duri la loro incapacità
di agire, e non già in relazione alla cessazione dello stato di guerra
o dell’anormale situazione ad esso assimilata.
Nell’ambito dello speciale diritto pensionistico, si deve pertanto
riconoscere che la denunciata disparità di trattamento è priva di
razionale fondamento e che non v’è motivo per cui possa giustificarsi
la inapplicabilità di quella disposizione, anche in materia di
pensioni privilegiate ordinarie. A1 riguardo, una sicura conferma
dell’esigenza che ne postula la estensione è offerta dall’analogo
disposto dell’art. 191, ultimo comma, del vigente t.u. del 1973, n.
1092, sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari
dello Stato, ove, ai fini della decorrenza delle pensioni e degli
assegni liquidabili a domanda, è stabilito in via generale che “per i
minori non emancipati e gli interdetti, il termine di cui al comma
precedente nonché quelli stabiliti da altre disposizioni del presente
testo unico rimangono sospesi finché duri la incapacità di agire”.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 9, primo comma,
del d.lgt. 1 maggio 1916, n. 497 e dell’art. 169 del t.u. approvato con
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, – in relazione al disposto degli
artt. 89 della legge 18 marzo 1968, n. 313, e 99 del d.P.R. 23 dicembre
1978, n. 915 -, in quanto non consentono, nei confronti dei minori e
dei dementi, la sospensione del termine per l’accertamento della
dipendenza delle infermità o lesioni da causa di servizio, “finché
duri la (loro) incapacità di agire”.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 1979.
F.to: LEONETTO AMADEI – EDOARDO
VOLTERRA – GUIDO ASTUTI – MICHELE
ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO –
LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere