Sentenza N. 15 del 1967
Corte Costituzionale
Data generale
09/02/1967
Data deposito/pubblicazione
09/02/1967
Data dell'udienza in cui è stato assunto
01/02/1967
ANTONINO PAPALDO – Prof. NICOLA JAEGER – Prof. GIOVANNI CASSANDRO –
Prof. BIAGIO PETROCELLI – Dott. ANTONIO MANCA – Prof. ALDO SANDULLI –
Prof. GIUSEPPE BRANCA – Prof. MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO
MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI, Giudici.
della legge 22 luglio 1966, n. 614, contenente “Interventi straordinari
a favore dei territori depressi dell’Italia settentrionale e centrale”,
promosso con ricorso del Presidente della Regione Trentino – Alto
Adige, notificato il 15 ottobre 1966, depositato in cancelleria il 24
successivo ed iscritto al n. 23 del Registro ricorsi 1966.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
udita nell’udienza pubblica del 18 gennaio 1967 la relazione del
Giudice Giuseppe Chiarelli;
uditi l’avv. Giuseppe Guarino, per la Regione Trentino – Alto
Adige, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
1. – La Regione del Trentino – Alto Adige, rappresentata e difesa
dall’avv. Giuseppe Guarino, con ricorso notificato il 15 ottobre 1966
ha impugnato la legge dello Stato 22 luglio 1966, n. 614, contenente
“Interventi straordinari a favore dei territori depressi dell’Italia
settentrionale e centrale”.
Si riconosce nel ricorso che le competenze contemplate nei piani
previsti dalla legge sono nella maggioranza statali, anche se
coinvolgono materie di competenza regionale, e si afferma che nella
legge è recepito il principio che, negli interventi pianificatori, è
riservata allo Stato la preminenza nella fase deliberativa e alla
Regione la preminenza nella fase esecutiva. Malgrado l’esatta
impostazione adottata, la legge sarebbe però viziata di
incostituzionalità sotto vari profili.
E, in primo luogo, per violazione degli artt. 11 e 13 dello Statuto
Trentino – Alto Adige, in relazione agli artt. 5, 116, 118 della
Costituzione, perché la legge non ha preso in considerazione le
Provincie autonome di Bolzano e di Trento, del cui concorso ci si
doveva avvalere per i provvedimenti che interessano i rispettivi
territori, e perché il principio di coordinamento, che demanda
l’attuazione dei piani alle amministrazioni autonome locali, non
avrebbe trovato applicazione per quanto concerne l’esecuzione delle
opere pubbliche (art. 3) e l’incentivazione delle attività agricole
(art. 4).
Inoltre si deduce la violazione dell’art. 13 dello Statuto Trentino
– Alto Adige, in relazione agli artt. 4, 11 e 48 del medesimo Statuto e
agli artt. 5, 116, 119, 128 della Costituzione, in quanto la delega
alle Amministrazioni regionali delle attribuzioni dei ministeri per
l’attuazione dei programmi annuali, di cui all’art. 2 della legge
impugnata, coinvolgerebbe competenze delle Provincie, per le quali è
esclusa la possibilità della delega. Le competenze provinciali
sarebbero anche lese dal penultimo comma dell’art. 1, secondo cui i
piani approvati dal Comitato dei Ministri impegnano le Amministrazioni
interessate ad adottare i provvedimenti necessari alla loro attuazione.
Tale disposizione non può vincolare l’Amministrazione provinciale, che
non può essere tenuta all’osservanza di prescrizioni venute
dall’esterno e alla cui formazione non partecipa.
Infine, si deduce l’illegittimità costituzionale della norma di
cui all’art. 2, penultimo comma, per violazione dell’art. 57 dello
Statuto, in relazione all’art. 119 della Costituzione. Secondo detta
norma, il Ministro per il tesoro assegna alle singole Regioni gli
stanziamenti necessari per l’espletamento delle funzioni ad esse
delegate; ma in tal modo gli organi locali sarebbero vincolati ad agire
sulla base dei piani predisposti in sede centrale, in materie in cui lo
Stato non poteva esercitare alcuna ingerenza.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
con deduzioni depositate il 4 novembre 1966.
In esse si eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso
per tardività, non essendo esso stato notificato nei 30 giorni dalla
pubblicazione della legge, ai sensi dell’art. 2 della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’art. 32 della legge 11
marzo 1953, n. 87, e non potendo la Regione avvalersi della sospensione
dei termini stabilita dalla legge 14 luglio 1965, n. 818, perché
questa non sarebbe applicabile ai giudizi avanti la Corte
costituzionale, e perché ove, per negata ipotesi, fosse applicabile,
il termine sarebbe scaduto il 16 settembre 1966.
Nel merito si sostiene l’infondatezza delle questioni di
legittimità costituzionale sollevate dalla Regione.
Quanto alla prima censura si osserva che la speciale programmazione
e pianificazione degli interventi straordinari, affidata ad organi di
alta amministrazione, è di preminente interesse nazionale e che la
legge impugnata si ispira ad una visione unitaria dello sviluppo
economico dell’Italia centrale e settentrionale, nel quadro di quegli
interessi della comunità nazionale, che costituiscono limite alla
potestà normativa, non solo concorrente ma anche esclusiva, della
Regione e delle Provincie di Trento e Bolzano. Nondimeno la legge in
esame si è preoccupata di attuare un coordinamento con le
Amministrazioni regionali, mentre l’assunto della Regione, che la
collaborazione avrebbe dovuto estendersi alle predette Provincie, non
ha fondamento, perché la legge non si riferisce alle materie
attribuite alla loro competenza dall’art. 11 dello Statuto.
Per la stessa ragione viene a cadere la seconda censura, non
essendo esatto che l’art. 2 della legge abbia disposto una delega di
funzioni amministrative attribuite in via primaria alle due Provincie
autonome. Si aggiunge che la caratteristica interprovinciale
dell’intervento esclude la possibilità dell’affidamento
dell’attuazione dei programmi esecutivi alle Provincie, né si pone per
queste alcun problema di impegni particolari relativi a tale
attuazione.
Infine, poiché spetta allo Stato la titolarità dell’intervento
straordinario, e poiché lo Stato stesso può delegare alle Regioni
l’esercizio delle funzioni amministrative di propria competenza,
assumendo l’onere della spesa, è legittima la previsione degli
appositi stanziamenti alle Regioni delegatarie.
La difesa della Presidenza del Consiglio conclude perché il
ricorso sia dichiarato inammissibile e in ogni caso sia respinto.
3. – Con memoria depositata il 5 gennaio 1967 la difesa della
Regione ha opposto alla eccezione preliminare l’applicabilità ai
giudizi innanzi alla Corte costituzionale della legge 14 luglio 1965,
n. 818, e il corretto uso fatto nella specie della sospensione del
corso dei termini da essa disposta.
Sotto il primo profilo la memoria rileva il carattere generale
della detta legge, applicabile, secondo la dizione usata nel primo
articolo, a tutti i termini processuali, e quindi anche a quelli del
processo costituzionale, la cui disciplina è stabilita da legge
ordinaria (la legge n. 87 del 1953), integrabile con norme successive.
Inoltre, la legge n. 818 del 1965 sarebbe quanto meno applicabile in
via indiretta, per il richiamo, contenuto nell’articolo 22 della legge
n. 87 del 1953, a tutte le norme di procedura dettate per il giudizio
dinanzi al Consiglio di Stato. Si osserva infine che, seguendo la tesi
contraria, si porrebbe un limite irrazionale all’esercizio del diritto
di azione in materia costituzionale.
Con particolare riguardo alla eccezione pregiudiziale subordinata,
si osserva che la legge n. 818 del 1965 dispone una sospensione in
senso tecnico, per cui la decorrenza dei termini ricomincia (o inizia)
a decorrere dal 15 settembre.
Nel merito si ribadisce che la Regione non contesta che gli
interventi previsti dalla legge n. 614 del 1966 riguardano
essenzialmente competenze dello Stato e finalità di carattere
generale, ma si censura il modo in cui si è inteso realizzare tali
finalità, non considerando la connessione tra la materia regolata
dalla legge e le competenze primarie delle Provincie in materia di
urbanistica e piani regolatori e di agricoltura, e non coordinando le
rispettive attività in relazione a quella serie di interventi
specifici in cui si concretizza l’incentivazione delle attività
produttive nelle zone depresse. Si insiste quindi nell’affermazione
delle lesioni di competenze, dedotte col ricorso.
4. – Anche la difesa del Presidente del Consiglio ha depositato una
memoria il 5 gennaio 1967. In essa si insiste nell’eccezione di
inammissibilità. Nel merito si esclude che nella materia che forma
oggetto della legge n. 614 del 1966 vi sia concorso di competenze tra
Stato e Regioni o Provincie, spettando essa esclusivamente allo Stato,
e quindi ad organi che svolgono la loro attività su base nazionale.
Tuttavia la legge ha previsto una collaborazione con le Amministrazioni
regionali, adottando una soluzione opportuna e giovevole ai rapporti
Stato – Regione, per quanto non necessitata da un obbligo.
La memoria si sofferma quindi a dimostrare, anche in relazione alle
altre censure, la non coincidenza dei settori d’intervento considerati
dalla legge con le materie attribuite dallo Statuto speciale alle
Provincie autonome, e insiste sulla caratteristica interprovinciale
dell’intervento.
Nella discussione orale le difese delle parti hanno ribadito i
rispettivi argomenti.
La difesa del Presidente del Consiglio ha eccepito preliminarmente
l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Regione Trentino – Alto
Adige, perché notificato oltre il termine di trenta giorni dalla
pubblicazione della legge impugnata, e ha sostenuto l’inapplicabilità
nei giudizi innanzi a questa Corte della legge 14 luglio 1965, n. 818,
sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.
L’eccezione è fondata.
Va ricordato che l’art. 137 della Costituzione prevedeva che una
legge costituzionale stabilisse le condizioni, le forme e i termini di
proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale.
Successivamente l’art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
1, fissò un termine di trenta giorni per l’impugnativa di una legge
della Repubblica da parte della Regione e di sessanta giorni per
l’impugnativa di una legge di altra Regione. L’art. 32 della legge 11
marzo 1953, n. 87, precisò quindi che nel predetto termine di trenta
giorni il ricorso della Regione deve essere notificato al Presidente
del Consiglio dei Ministri. La stessa legge n. 87 del 1953 fissò in
sessanta giorni il termine per la proposizione dei ricorsi per
conflitto di attribuzione (art. 39).
Le ricordate norme sono integrate dalla disposizione che prevede la
riduzione dei termini fino a metà, contenuta nell’art. 9 della citata
legge costituzionale n. 1, e da altre disposizioni della citata legge
n. 87, riguardanti la disciplina temporale del procedimento (art. 23,
secondo comma; art. 25; art. 26; artt. 29 – 36).
Questo complesso di norme costituisce una disciplina dei termini,
che è particolare dei giudizi di competenza della Corte costituzionale
e corrisponde all’interesse, di diritto obbiettivo, alla sollecita
rimozione di eventuali situazioni di illegittimità costituzionale,
soprattutto nei rapporti tra Stato e Regioni.
Con valutazioni specificamente aderenti alla peculiare funzione dei
giudizi di legittimità costituzionale, il legislatore costituente e,
sulla base delle sue norme, il legislatore ordinario hanno contemperato
l’esigenza della celerità del giudizio con quella di dare un congruo
tempo, agli organi investiti dei poteri di promuovere i detti giudizi e
di parteciparvi, per l’esercizio dei poteri medesimi.
Ne deriva che l’ordinamento processuale di tali giudizi ed il
regime dei termini da esso stabilito possono trovare integrazione in
principi e norme di diritto processuale comune (ad esempio, nelle norme
riguardanti il giorno di inizio e di scadenza dei termini come questa
Corte ebbe già ad affermare nella sentenza n. 39 del 1960), ma solo in
quanto dette norme e principi non contrastino con le norme e i principi
peculiari del processo costituzionale, e in quanto la loro applicazione
non possa produrre alterazioni o distorsioni rispetto alla funzione a
cui il detto processo è preordinato. Ciò trova conferma nel richiamo,
contenuto nell’art. 22 della legge n. 87, alle norme del regolamento
per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in s.g. soltanto in
quanto applicabili.
Sulla base delle esposte considerazioni è da riconoscere che la
sospensione del decorso dei termini, stabilita dalla legge 14 luglio
1965, n. 818, non è applicabile nei giudizi davanti a questa Corte.
In particolare, nei giudizi di legittimità costituzionale proposti
in via diretta dallo Stato o dalla Regione, come il presente,
l’applicazione di tale legge, producendo sostanzialmente l’effetto di
modificare, per il periodo feriale, la durata del tempo entro il quale
la legge è impugnabile, prolungherebbe quella situazione di incertezza
circa l’eventuale impugnazione, che il legislatore costituente e il
legislatore ordinario, nell’emanare la particolare disciplina del
processo costituzionale, hanno voluto non si protraesse oltre i trenta
o i sessanta giorni.
D’altra parte, l’interpretazione della stessa legge 14 luglio 1965
porta ad escludere che sia stata intenzione del legislatore comprendere
nel suo campo di applicazione i giudizi davanti a questa Corte.
Se, infatti, l’art. 1 di detta legge usa genericamente
l’espressione “termini processuali”, le successive norme dimostrano che
il legislatore ha inteso riferirsi ai giudizi in materia civile, penale
e amministrativa (rispettivamente, artt. 2, 3 e 4). È vero che queste
norme contengono delle eccezioni alla disposizione dell’art. 1, ma ciò
non autorizza ad attribuire a tale disposizione una vastità tale da
comprendere giudizi che, sulla base di norme costituzionali, presentano
caratteri tipici, corrispondenti a funzioni diverse da quelle degli
altri giudizi considerati dalla legge.
Va infine notato che la promozione dei giudizi in via diretta
davanti alla Corte è affidata ad organi la cui attività ha carattere
di continuità, soprattutto nell’espletamento di funzioni di supremo
interesse pubblico, come quella di promuovere i detti giudizi, così
che dalla non applicazione della legge n. 818 del 1965 non deriva alcun
limite all’esercizio del diritto di azione in materia costituzionale.
Dalle considerazioni innanzi esposte deriva la inammissibilità del
presente ricorso, mentre resta assorbita la questione, subordinatamente
proposta dalla difesa del Presidente del Consiglio, circa la asserita
scadenza alla data del 16 settembre dei termini prorogati per effetto
della legge 14 luglio 1965, n. 818.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile per tarditività il ricorso proposto dalla
Regione Trentino – Alto Adige, con atto 15 ottobre 1966, sulla
legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4 della legge statale
22 luglio 1966, n. 614, relativa a “Interventi straordinari a favore
dei territori depressi dell’Italia settentrionale e centrale”.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1 febbraio 1967.
GASPARE AMBROSINI – ANTONINO PAPALDO
– NICOLA JAEGER – GIOVANNI CASSANDRO
– BIAGIO PETROCELLI – ANTONIO MANCA –
ALDO SANDULLI – GIUSEPPE BRANCA –
MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI
– GIUSEPPE CHIARELLI – GIOVANNI
BATTISTA BENEDETTI – FRANCESCO PAOLO
BONIFACIO – LUIGI OGGIONI.