Sentenza N. 150 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
17/12/1969
Data deposito/pubblicazione
17/12/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/12/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERA – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
Ministri, notificato il 27 maggio 1969, depositato in cancelleria il 14
giugno successivo ed iscritto al n. 4 del Registro ricorsi 1969, per
conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorto a
seguito del decreto dell’Assessore per le finanze della Regione
siciliana 16 dicembre 1968, n. 2126, concernente “Meccanizzazione
ruoli”.
Visto l’atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 15 ottobre 1969 il Giudice relatore
Michele Fragali;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giovanni Albisinni,
per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e gli avvocati Antonio
Sorrentino, Pietro Virga e Franco Salerno, per la Regione siciliana.
1. – La legge 13 giugno 1952, n. 693, dispose la meccanizzazione
della formazione dei ruoli erariali e non erariali affidati per la
riscossione agli esattori comunali e provinciali, e autorizzò la
concessione del servizio ad un consorzio obbligatorio fra gli esattori
delle imposte dirette.
La Regione siciliana, con decreto del competente assessore del 16
dicembre 1968, n. 2126, incarico’ di tale servizio un consorzio
regionale. Avverso questo provvedimento, il 27 maggio 1969 il
Presidente del Consiglio dei Ministri propose ricorso per conflitto di
attribuzione e sostenne che la materia della formazione dei ruoli è
fra le attività comprese nell’ordinamento degli uffici finanziari,
riservato allo Stato con l’art. 8 del D.P.R. 26. luglio 1965, n. 1074,
contenente norme di attuazione dello Statuto siciliano per la materia
finanziaria, ed attiene comunque alla funzione impositiva che la norma
predetta ha mantenuto allo Stato, avendo riservato alla Regione
unicamente la funzione della riscossione. La Regione, si soggiunge nel
ricorso, con la sua legge 9 marzo 1953, n. 8, ebbe ad attribuire al
suo assessore per le finanze i poteri necessari per l’organizzazione
del servizio meccanizzato, ma nel decreto impugnato si affermò che la
legge predetta avrebbe dovuto operare per il decennio 1954-1963: per la
ipotesi in cui essa dovesse ritenersi ancora in vigore, il Presidente
del Consiglio sollevò in via incidentale questione di legittimità
costituzionale dell’art. 11 per la violazione dell’art. 43 dello
Statuto e dell’art. 8 delle norme di attuazione suddette, non essendo
ancora trasferito alla Regione il potere di interferire
sull’ordinamento degli uffici periferici dell’amministrazione
finanziaria dello Stato, in atto esplicanti funzioni amministrative
nell’interesse della Regione stessa.
2. – La Regione oppose l’irricevibilità del ricorso per decorrenza
del termine e assunse che il provvedimento impugnato era stato portato
a conoscenza della Presidenza del Consiglio mediante un atto
d’intimazione e di diffida notificato dal consorzio nazionale per la
meccanizzazione dei ruoli il 15 marzo 1969 anche al Commissario dello
Stato; cosicché il ricorso non avrebbe potuto essere proposto oltre il
14 maggio 1969.
Circa il merito, la Regione escluse che la compilazione meccanica
del ruolo fosse inerente alla fase di imposizione, perché opera a
ruolo già compilato. Non conta che i ruoli debbano essere formati
dagli uffici distrettuali delle imposte; comunque questi uffici sono,
in base all’art. 8 delle norme di attuazione, in situazione di
dipendenza anche della Regione.
Quanto alla questione di legittimità dell’art. 11 della legge
regionale 9 marzo 1953, n. 8, la Regione ne deduce l’inammissibilità
per il motivo che era stata proposta in relazione all’art. 8 delle
Norme di attuazione, le quali sono entrate in vigore dopo la legge
impugnata; subordinatamente oppose la non fondatezza della questione,
dato che il servizio di meccanizzazione è accessorio a quello di
riscossione.
3. – Il Presidente del Consiglio dei Ministri propose istanza di
sospensione del provvedimento impugnato, che la Corte rigettò con
ordinanza 30 giugno 1969. Dopo di che la causa venne riportata ad
udienza di discussione.
4. – Il Presidente del Consiglio, con memoria del 2 ottobre 1969,
opponendosi all’eccezione di inammissibilità del ricorso espone ora
che i suoi uffici ebbero notizia del provvedimento regionale
esclusivamente il 28 marzo 1969 attraverso una nota di pari data del
Ministero delle finanze, e contesta che abbia rilievo, ai fini della
decorrenza del termine di impugnativa, la diffida notificata al
Commissario dello Stato dal consorzio nazionale fra gli esattori.
Quanto al merito, il Presidente del Consiglio ribadisce che
l’attività di meccanizzazione dei ruoli costituisce fase del
procedimento di imposizione tributaria, non di quello di riscossione.
Rileva che l’art. 25 del R.D.L. 6 novembre 1930, n. 1465, attribuì al
Ministero delle finanze il potere di autorizzare gli esattori ad
adottare sistemi diversi da quelli già prescritti per le
scritturazioni relative alla loro gestione e l’art. 3, sesto comma,
della legge 16 giugno 1939, n. 942, impose agli esattori stessi di
avvalersi dei sistemi e mezzi meccanici che fossero adottati
dall’amministrazione finanziaria per la compilazione dei ruoli,
concorrendo nelle relative spese e in quelle necessarie per la
manutenzione in comune di schedine e targhette: in entrambe le norme
l’attività di compilazione dei ruoli risulta chiaramente distinta da
quella di riscossione delle imposte, perché la precede, anche se non
la si voglia qualificare relativa all’imposizione del tributo. Il ruolo
per le imposte erariali è formato dall’ufficio delle imposte, prosegue
il Presidente del Consiglio, e, ai fini di tale competenza, non può
distinguersi fra formazione del ruolo e compilazione dello stesso con
mezzi meccanici, ritenuti sinonimi nell’art. 11 della legge 13 giugno
1952, n. 693; il procedimento di imposizione, secondo la memoria
presidenziale, comprende non soltanto l’accertamento, ma anche le
operazioni che lo precedono e quelle che seguono, e sono fra
quest’ultime quelle relative alla formazione dei ruoli.
Non si può distinguere, opina il Presidente del Consiglio, fra
entrate statali ed entrate tributarie attribuite alla Regione ai sensi
dell’art. 2 delle suddette norme di attuazione dello Statuto, perché
pure le seconde sono statali e si devolvono alla Regione; per cui
quella impositiva, anche per codeste entrate, è funzione statale,
tanto più che, per l’art. 2 del D.L. 12 aprile 1948, n. 507, la
Regione, anche per le entrate di sua spettanza, ha poteri soltanto in
materia di riscossione.
Del resto, conclude il Presidente del Consiglio, le norme di
attuazione del 1962 già ricordate dispongono che, per l’esercizio
delle funzioni esecutive ed amministrative spettanti alla Regione ai
sensi dell’art. 20 dello Statuto, essa si avvale, fino a quando non
sarà diversamente disposto, degli uffici periferici statali, e
dispongono altresì che l’ordinamento di questi uffici continua ad
essere regolato dalle norme statali, donde non può essere legittima
l’interferenza attuata dalla Regione con il decreto impugnato.
Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 11
della legge regionale 9 marzo 1953, n. 8, il Presidente del Consiglio
obietta che la norma viola l’art. 43 dello Statuto regionale in virtù
del quale nessun potere statale può ritenersi attribuito alla Regione
prima che le sia stato trasferito, e viola pure l’art. 8 delle norme di
attuazione dello Statuto stesso, le quali hanno carattere
costituzionale e possono aver reso illegittime anche disposizioni di
leggi precedenti.
5. – La Regione, con sua memoria 30 settembre 1969, ribadita
l’eccezione di inammissibilità del ricorso, nel merito afferma che
essa è legittimata a dare istruzioni agli uffici statali di
riscossione delle imposte regionali: al potere del Ministero delle
finanze di dare direttive per la formazione dei ruoli meccanici e di
concedere ad altri questo servizio, si sostituisce quello
dell’assessore regionale, una volta trasferito alla Regione il potere
tributario; e non vale che la Regione, per l’accertamento delle
imposte, si avvalga ancora degli uffici periferici statali. Viene
riaffermata la distinzione fra formazione. del ruolo in senso
concettuale e compilazione di esso in senso materiale; e si soggiunge
che il consorzio nazionale quando, nel 1959, fu autorizzato dalla
Regione ad iniziare il servizio di meccanizzazione, continuò a farlo
svolgere da alcuni esattori già attrezzati a tale scopo. Osserva
inoltre la Regione che, quando il consorzio fu da essa dispensato dal
compiere quell’attività, questa fu continuata dai detti esattori in
proprio e ciò dimostra che la meccanizzazione si svolge nella fase
posteriore all’accertamento, risolvendosi nella traduzione in schede
perforate dei dati risultanti dal ruolo fornito dagli uffici
finanziari. E gli esattori dovevano osservare la disposizione dell’art.
187 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, che vieta loro financo di
correggere errori materiali e inesattezze in cui gli uffici competenti
per la formazione del ruolo fossero incorsi. La Regione fa anche
presente che le operazioni di meccanizzazione sono minutamente
disciplinate da disposizioni ministeriali, e un decreto ministeriale si
è emanato financo per attribuire un numero di codice ai diversi
tributi. La materia così si profila come di stretta inerenza con
quella riscossione che è di competenza regionale, ed è implicativa
soltanto di operazioni materiali.
Infine la Regione insiste nell’opporsi a che sia sollevata la
questione di legittimità costituzionale prospettata dal Presidente del
Consiglio dei Ministri.
6. – All’udienza del 15 ottobre 1969 i difensori hanno ribadito le
rispettive tesi e conclusioni.
1. – Manca di fondamento l’assunto secondo il quale il ricorso per
conflitto è stato notificato oltre il termine di cui all’art. 39,
secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
La Regione non prova che del provvedimento impugnato il Presidente
del Consiglio dei Ministri ebbe conoscenza prima che gli pervenisse la
nota del Ministero delle finanze del 28 marzo 1969. Il termine per il
ricorso non potrebbe nemmeno farsi iniziare, come sostiene la Regione,
dal 15 marzo 1969, data di una diffida che il consorzio nazionale
notifico al ministero predetto e al Commissario dello Stato: né il
ministero né il commissario sono legittimati a promuovere conflitti di
attribuzione (cfr., da ultimo, sentenza di questa Corte 2 luglio 1968,
n. 105).
2. – È in discussione anzitutto se la meccanizzazione dei ruoli
esattoriali rientri nella materia della riscossione delle imposte
erariali e non erariali, passata alla Regione siciliana secondo l’art.
8 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, concernente norme di attuazione
dello Statuto siciliano in materia finanziaria.
La Regione ha dato la più ampia estensione alle attribuzioni
trasferitele, e, nella discussione orale, ha argomentato dal testo
unico delle leggi sulle imposte dirette approvato con D.P.R. 29 gennaio
1958, n. 645, per rilevare che il titolo _ del testo unico predetto,
intestato alla “riscossione”, comprende nel suo capo terzo, intitolato
alla “riscossione mediante ruoli”, anche le norme sulla formazione dei
medesimi (art. 181): ne ha desunto la conseguenza che la materia della
riscossione va oltre l’ambito della mera esazione del tributo. A sua
volta la sentenza di questa Corte del 18 gennaio 1957, n. 14, ha deciso
che l’art. 2 del D.L. 12 aprile 1948, n. 507, contenente la disciplina
provvisoria dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione
siciliana, nel trasferire a quest’ultima la competenza sulla
riscossione delle imposte, non si è riferita soltanto alla percezione
delle medesime.
Però, nella specie, è in contestazione, non la formazione dei
ruoli come procedimento giuridico d’imposizione, ma la redazione dei
medesimi come operazione materiale; cosicché, ai fini della decisione
della controversia, basta verificare se in effetti l’attività in
parola possa interferire sull’esercizio della potestà tributaria che
la Presidenza del Consiglio assume ancora spettante allo Stato, sia
pure anche nell’interesse della Regione.
3. – La compilazione meccanografica dei ruoli utilizza
esclusivamente i dati forniti dagli uffici tributari e non comporta
nemmeno la possibilità di correggere quegli errori materiali in cui
gli uffici stessi possano incorrere. Il ruolo così preparato acquista
forza legale e rilevanza esterna soltanto dopo la firma del
rappresentante dell’ufficio delle imposte (art. 181, primo comma, T.U.
del 1958), il visto dell’Intendente di finanza (art. 185 del T.U.
predetto) e la pubblicazione ad opera del comune (art. 186 stesso testo
unico): nella fase anteriore altro non è se non un uniforme elenco di
contribuenti, apprestato con la traduzione di schede, perforate secondo
un codice unitario che risponde a direttive ministeriali, ed immesse
manualmente in macchine elettriche o elettroniche, selettrici e
classificatrici, azionate dall’opera altrettanto manuale dell’uomo. In
questa fase non si compie pertanto alcuna valutazione di capacità
contributiva; ed intuitivamente, è perciò che l’art. 11, lett. a,
della legge 13 giugno 1952, n. 693, ha compreso gli esattori fra coloro
i quali, assieme agli uffici finanziari e agli enti impositori, debbono
osservare le istruzioni ministeriali per la formazione e l’unificazione
dei ruoli. Nulla vi è in tale legge che deroghi alle attribuzioni
degli uffici tributari come organi di potestà impositiva: essa anzi ha
distinto tra “formazione” dei ruoli meccanizzati e “compilazione”
meccanica dei ruoli, chiaramente alludendo, nel primo caso, ad una
attività giuridica, nel secondo caso, ad una attività materiale. Il
successivo testo unico del 1958, poi, mantenendo solo la formazione dei
ruoli nella sfera di potestà degli uffici delle imposte e
dell’Intendente di finanza, l’ha riconosciuta estranea all’ambito
dell’attività meccanografica; donde il consorzio nazionale fra gli
esattori, al quale si sarebbe potuto concedere il servizio
meccanografico (art. 12 della suddetta legge del 1952), altro non
avrebbe dovuto essere se non una forma di organizzazione di un servizio
esattoriale, soggetto, come tutti quelli del genere, all’autorità
degli uffici finanziari centrali e periferici, ma del tutto privo di
qualsiasi forza di ingerenza e di interferenza nell’esercizio delle
funzioni spettanti agli uffici statali.
Conferma di ciò è il modo usato per lo svolgimento del servizio
nella Regione. Esso fu inizialmente attuato dalle maggiori esattorie,
le quali, di propria iniziativa, predisposero gli impianti necessari;
fu attuato dalle stesse esattorie anche dopo che, con il decreto
dell’assessore competente del 1 ottobre 1959, n. 32976, il consorzio
nazionale fu autorizzato ad operare nella Regione. Rimase sempre nella
disponibilità della Regione; ed infatti, fu questa a permettere che il
consorzio predetto esercitasse i suoi compiti nell’isola, e
successivamente con nota dell’assessore, del 5 febbraio 1962, n. 61950,
a sollevare il consorzio da ogni impegno, sia pure con il consenso del
medesimo. Dopo di che, la Regione, ancora di sua autorità, dapprima
riportò il servizio nella sfera esattoriale e, di poi, delibero di far
capo nuovamente al consorzio nazionale e trattò con esso: non è
inutile osservare che, nel corso di tali trattative, il consorzio, con
nota del 27 febbraio 1968, n. 441, formulò all’assessore regionale un
programma che comportava non altro che l’utilizzazione
dell’organizzazione esattoriale preesistente. A loro volta mai gli
uffici centrali e quelli periferici dello Stato rilevarono e
denunciarono invadenza della Regione nella potestà ad essi spettanti,
e ciò prova che la materia di cui si discute non ha natura tale da
contestare e da contrastare quella potestà o da venire in conflitto
con la medesima.
Pertanto, con il provvedimento impugnato, la Regione, ritenuto
insostenibilmente oneroso l’accoglimento delle istanze avanzate dal
consorzio nazionale, volle dare preferenza a quello regionale che, nel
frattempo, si era costituito e aveva presentato proposte apparse meglio
accettabili; e altro non fece che svolgere una funzione dalla quale
l’amministrazione statale non la aveva mai distolta, che mai ne aveva
toccato le attribuzioni, né le aveva turbate, né le aveva
intralciate, né vi si era sovrapposta.
4. – La Regione, per l’esercizio delle funzioni esecutive ad essa
spettanti nella materia tributaria, in virtù del citato art. 8 delle
predette norme di attuazione, deve avvalersi degli uffici periferici
dello Stato fino a nuova disposizione; e non ne può regolare
l’ordinamento. Ma è infondato che il decreto oggetto dell’odierna
controversia abbia violato questo ordinamento.
L’atto regionale non ha modificato la struttura di tali uffici, i
quali, dopo di esso, hanno mantenuto la posizione che avevano nel
quadro dell’organizzazione statale. L’atto regionale ha dato forma
all’esigenza di coordinare l’opera che gli esattori siciliani già
esplicavano per l’approntamento materiale dei ruoli e al bisogno di
fare profittare dei sistemi meccanografici pure quelle esattorie che
ancora operavano con metodi esclusivamente manuali; e questa azione non
porta ingerenza nell’organizzazione governativa, della quale gli
esattori non formano parte. L’atto regionale non fa venire meno tale
organizzazione e non ne pregiudica le linee, anche perché il consorzio
regionale, comunque abbia disposto il decreto di concessione, non deve
ritenersi esonerato dall’osservanza di quelle istruzioni, né sottratto
alla vigilanza governativa, ma deve articolare il suo compito
nell’unità del sistema.
La Presidenza del Consiglio riconduce la competenza necessaria degli
uffici tributari periferici dello Stato al fatto che la Regione non ha
una propria organizzazione finanziaria.
Ma, come si è detto, le menzionate norme di attuazione autorizzano
la Regione ad avvalersi di quegli uffici fino a nuova disposizione,
quindi non definitivamente, e la stessa Presidenza del Consiglio
ammette che gli uffici predetti operano anche nell’interesse della
Regione: onde le attribuzioni dei medesimi non possono reputarsi di
sola spettanza dello Stato. Ora è da ricordare che, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, norme di attuazione degli statuti
regionali non sono sempre necessarie per l’assunzione di funzioni
legislative e amministrative da parte della rispettiva regione:
osservò la Corte, nella sentenza 1 luglio 1969, n. 136, non essere
logico ritenere che, fino a quando non si emanino prescrizioni di
coordinamento riguardo ad ipotesi astratte di incidenza dell’interesse
statale in una funzione regionale, ad una regione rimanga inibito di
esercitare la propria competenza per quelle altre ipotesi che, in
concreto, non coinvolgono quell’interesse. Nella specie, la
predisposizione materiale dei ruoli tributari ha una sua delimitazione
chiara, perché è attuabile fino al limite dal quale si diparte la
competenza impositiva degli uffici finanziari dello Stato; questa
competenza, a sua volta, ha preciso contenuto. Se, come si è detto, la
preparazione materiale dei ruoli esattoriali, necessariamente, e di per
sé, importa assoggettamento al potere di direttiva degli uffici dello
Stato, se il consorzio regionale, come altresì si è rilevato, deve
pur esso svolgere compiti che non hanno nulla da vedere con
l’accertamento e l’imposizione tributaria, se mai gli uffici finanziari
periferici dello Stato avevano assunto compiti implicati dal
provvedimento stesso, non si vede come siano necessarie norme di
attuazione per delimitare competenze che la materia distingue ex se e
che la prassi ha consolidato.
5. – Resta assorbita la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 11 della legge regionale 9 marzo 1953, n. 8.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta alla Regione siciliana la competenza a concedere
al consorzio regionale fra gli esattori della Sicilia, e fino al 31
dicembre 1973, il servizio di meccanizzazione dei ruoli erariali e non
erariali;
respinge il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei
Ministri il 27 maggio 1969, avente ad oggetto il decreto 16 dicembre
1968, n. 2126, dell’Assessore per le finanze della Regione siciliana
relativo alla concessione di quel servizio.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 10 dicembre 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO – LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI.