Sentenza N. 152 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
06/11/1970
Data deposito/pubblicazione
06/11/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
28/10/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
– Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE
MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof.
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA
REALE – Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
1 giugno 1946, n. 539 (trattamento economico del personale non di ruolo
insegnante e non insegnante nelle scuole e negli istituti d’istruzione
media), nel testo sostituito dall’art. 1 del decreto legislativo 31
dicembre 1947, n. 1687, e successive modificazioni, promosso con
ordinanza emessa il 3 novembre 1967 dal Consiglio di Stato – sezione
sesta – sul ricorso di Colagiorgio Modesto contro il Ministero della
pubblica istruzione ed il Provveditore agli studi di Lecce, iscritta al
n. 145 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 235 del 14 settembre 1968.
Visto l’atto di costituzione di Colagiorgio Modesto;
udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 1970 il Giudice relatore
Angelo De Marco;
udito l’avv. Pasquale D’Abbiero, per il Colagiorgio.
Il dott. Modesto Colagiorgio, laureato in farmacia, come tale
veniva incaricato della supplenza annuale per l’insegnamento di
matematica ed osservazioni scientifiche nelle scuole medie di Tricase
(Lecce) per gli anni scolastici 1964 – 1965 e 1965 – 1966 per 20 ore
settimanali e per l’anno scolastico 1966 – 1967 per 16 ore settimanali,
con trattamento di cattedra.
Durante l’anno 1964 – 1965 aveva, altresì, l’incarico provvisorio
quadriennale, poi confermato di quadrimestre in quadrimestre, di
reggere la farmacia dell’ospedale civile “M. Tamburino” di Maglie, con
il compenso forfettario di lire 50.000 mensili.
Di tale incarico, che affermava avere carattere professionale e non
impiegatizio, il dott. Colagiorgio informava le autorità scolastiche.
A seguito di tale comunicazione ed in base ad analogo avviso del
Ministero della pubblica istruzione il Provveditore agli studi di Lecce
ritenuto che l’incarico di farmacista avesse carattere impiegatizio di
importanza prevalente sulla supplenza scolastica, disponeva che il
trattamento economico quale supplente venisse ridotto alla misura del
31 per cento di quella normale, ai sensi dell’art. 3 del R.D.L. 1
giugno 1946, n. 539, e successive modificazioni e, nel contempo, veniva
disposto il recupero di quanto, in base a tale determinazione,
risultava percepito in più dall’interessato.
Avverso tale provvedimento il dott. Colagiorgio proponeva ricorso
al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale chiedendone
l’annullamento, in via principale, perché il rapporto instaurato con
l’ospedale di Maglie non aveva carattere impiegatizio, ma
professionale, cosicché le norme suindicate non erano applicabili al
caso, in via subordinata chiedendo che venisse sollevata questione di
legittimità costituzionale delle norme stesse, in riferimento agli
artt. 3 e 36 della Costituzione.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. VI) dopo
avere, con separata decisione, affermato il carattere impiegatizio
dell’incarico presso l’ospedale di Maglie e, quindi, l’applicabilità
nella specie delle norme suddette, con ordinanza 3 novembre 1967
dichiarava rilevante ai fini della decisione della controversia e non
manifestamente infondata la questione di costituzionalità prospettata
dal ricorrente e rimetteva gli atti a questa Corte per il relativo
giudizio.
Dopo gli adempimenti di legge, la questione viene ora alla
cognizione della Corte.
Si è costituito il dott. Colagiorgio, il di cui patrocinio, con
ampia memoria, depositata il 2 luglio 1968, dopo avere richiamato le
norme impugnate e dopo averne illustrato il contenuto, insiste nel
sostenere che non possa esservi dubbio del contrasto di tali norme da
un lato col principio di eguaglianza, dall’altro con quelli di
proporzionalità e sufficienza della retribuzione sanciti
rispettivamente dagli artt. 3 e 36 della Costituzione.
Con memoria depositata il 3 giugno 1970 il patrocinio del prof.
Colagiorgio insiste nel chiedere la dichiarazione di illegittimità
delle norme impugnate, lumeggiando le argomentazioni addotte a
motivazione dell’ordinanza di rinvio.
1. – Con l’ordinanza di rinvio viene sottoposta all’esame della
Corte la questione di legittimità costituzionale di una particolare,
differenziata disciplina del cumulo di stipendi, in un caso consentito
di cumulo di impiego pubblico: quella contemplata dall’art. 3 del
R.D.L. 1 giugno 1946, n. 539, nel testo sostituito dall’art. 1 del
D.L.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, e successive modificazioni fino
all’art. 24 del D.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, emanato in applicazione
dell’art. 3 della legge di delega 3 dicembre 1964, n. 1260.
Infatti, le norme sopra indicate, la cui legittimità
costituzionale viene contestata, riguardano tutte il cumulo del
trattamento economico dei professori incaricati o supplenti, con quello
loro spettante per altro rapporto d’impiego, di ruolo o non di ruolo,
con lo Stato o altro Ente pubblico, mentre non viene contestata la
legittimità costituzionale della disciplina generale del cumulo di
stipendi in caso di cumulo consentito di pubblici impieghi, quale
risulta dall’art. 99 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2960, rimasto in
vigore anche dopo l’emanazione dello statuto degli impiegati dello
Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e quale risulta
modificato dall’art. 16 del D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 19.
Così identificata e circoscritta la questione sottoposta allo
esame della Corte, ai fini del decidere è necessario innanzi tutto
accertare:
a) se la disciplina differenziata risultante dalle norme denunziate
sia meno favorevole di quella risultante dalle norme generali sopra
richiamate;
b) in caso affermativo, se il trattamento meno favorevole sia
giustificato da una oggettiva differenza di posizione o, comunque, sia
razionale.
Ciò porta a ricondurre in primo luogo l’esame della
costituzionalità delle norme impugnate sotto il profilo del contrasto
con l’art. 3 della Costituzione.
2. – In base alla disciplina generale sopra citata:
a) nel caso di cumulo di impieghi consentito dalla legge non si fa
luogo a riduzione allorché la somma dei due stipendi non superi le
lire 750.000 annue;
b) quando ciascuno dei due stipendi sia inferiore a lire 750.000 e
la loro somma superi tale importo, la eccedenza è ridotta di un terzo;
c) quando uno o entrambi gli stipendi eccedono le lire 750.000, si
riduce di un terzo lo stipendio minore ovvero uno qualunque dei due
stipendi, nel caso che siano di uguale ammontare;
d) le riduzioni sono sempre operate a favore dell’erario dello
Stato.
In base a questa disciplina è chiaro che il titolare dei due
rapporti d’impiego, anche se non può conservare integralmente entrambi
gli stipendi, qualora nel loro complesso superino le lire 750.000
annue, al massimo può subire la riduzione del terzo di uno dei due
stipendi cumulabili.
Invece, per quanto riguarda i professori non di ruolo, con orario
complessivo di 20 ore settimanali, nonostante che in forza dell’art. 3
del R.D.L. n. 539 del 1946 e dell’art. 1 del D.L.C.P.S. n. 1687 del
1947, abbiano diritto al trattamento complessivo spettante al
professore di ruolo di grado iniziale, ossia ad un vero e proprio
stipendio, ancorché riducibile proporzionalmente, in caso di orario
inferiore alle 20 ore settimanali, nell’ipotesi di cumulo con altro
impiego pubblico, quale che sia l’ammontare del relativo stipendio, non
si fa luogo al cumulo nel modo sopraindicato; ma lo stipendio di
professore viene scomposto in paga oraria e, per giunta, commisurata a
quella preveduta per compensare, sia per i professori di ruolo, sia per
quelli non di ruolo, le ore eccedenti l’orario di cattedra.
Può così accadere, com’è accaduto nella specie, che per effetto
di questa discriminata forma di cumulo di retribuzioni il professore
non di ruolo venga a percepire, per i due impieghi cumulati, meno di
quanto avrebbe percepito con la sola retribuzione per l’insegnamento.
Infatti, dall’art. 3 del R.D.L. n. 539 del 1946, come modificato
dall’art. 1 del D.L.C.P.S. n. 1687 del 1947, risultano affermati due
principi :
a) tanto per i professori di ruolo, quanto per quelli non di ruolo,
l’insegnamento impartito oltre il proprio obbligo di orario è
compensato in ragione di due terzi della misura oraria risultante dal
precedente art. 1 (del R.D.L. n. 539 del 1946) ossia, per i professori
non di ruolo, del solo stipendio (esclusi gli accessori, caroviveri,
ecc.) del grado iniziale dei professori di ruolo;
b) per i professori non di ruolo, che abbiano altro impiego, di
ruolo o non di ruolo, alle dipendenze dello Stato o di enti pubblici,
invece, non le sole ore eccedenti l’orario di cattedra, ma l’intero
trattamento che spetta loro come puro stipendio di insegnanti,
rapportato ad ore, viene ridotto nella misura suddetta.
Con le leggi sul conglobamento totale delle varie voci di
retribuzione nel solo stipendio, gradualmente succedutesi fino al
D.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, con l’art. 24 del quale la retribuzione
delle ore eccedenti l’orario di cattedra è stata ridotta al 31 per
cento, si è, poi, pervenuti alla seguente posizione:
a) tanto per il professore di ruolo, quanto per quello non di ruolo
che non abbia altro pubblico impiego (poco importa se eserciti la
libera professione o abbia altro impiego privato), la riduzione della
retribuzione delle ore eccedenti l’orario di cattedra trova adeguata
giustificazione e compensazione nel concetto stesso di conglobamento e,
comunque, non dà luogo a disparità di trattamento;
b) ben diverso discorso, sul piano della legittimità
costituzionale, deve farsi quando quella riduzione di compenso orario,
per i soli professori non di ruolo, nel caso di cumulo con altro
impiego pubblico, colpisce addirittura la intera retribuzione. Infatti
con ciò si pone in essere una grave disparità di trattamento rispetto
a tutti gli altri impiegati statali, ai professori di ruolo e al
personale scolastico non insegnante, i quali, in caso di altro impiego
pubblico, hanno tutti diritto al cumulo degli stipendi secondo la
legislazione generale sopra esposta.
Una siffatta particolare disciplina non ha alcuna giustificazione
razionale, anche perché può condurre, come è avvenuto nel caso di
specie, all’aberrante conseguenza che due quantità di lavoro siano
retribuite in misura minore di una sola. Pertanto manifesta appare la
violazione del principio di uguaglianza, cosicché la questione
sollevata con l’ordinanza di rinvio, nei limiti risultanti dalle
considerazioni che precedono, deve riconoscersi fondata per la patente
violazione dell’art. 3 della Costituzione.
Perciò, tanto l’art. 24, quinto comma, del D.P.R. del 1965, n.
749, che riduce lo stipendio al 31 per cento, quanto gli artt. 13,
quinto comma, del D.P.R. del 1965, n. 373, e 20, quinto comma, del
D.P.R. del 1956, n. 19, che lo riducono al 38 per cento ed alla metà,
sono illegittimi.
Né si dica che la dichiarazione di illegittimità produce, a sua
volta, un’ingiustizia in confronto agli altri casi, soggetti invece ai
principi legislativi sulla riduzione del compenso complessivo nel
cumulo di impieghi; infatti, venuta meno la norma denunciata, la
situazione cade nell’orbita di tali principi.
Invece, poiché i due rapporti d’impiego che hanno fatto sorgere la
controversia oggetto del giudizio a quo hanno avuto svolgimento a
decorrere dall’anno scolastico 1964 – 1965, quando la disciplina di cui
al R.D.L. n. 539 del 1946 ed al D.L.C.P.S. n. 1687 del 1947 era stata
superata e sostituita da quella di cui al D.P.R. 10 gennaio 1956, n.
19, e successive fino al D.P.R. n. 745 del 1965, per quanto attiene ai
due suddetti decreti del 1946 e del 1947 deve dichiararsi
l’inammissibilità per irrilevanza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt.: 20, quinto
comma, del D.P.R. 10 gennaio 1956, n. 19; 13, quinto comma, del D.P.R.
21 aprile 1965, n. 373; 24, quinto comma, del D.P.R. 5 giugno 1965, n.
749, contenenti norme sul conglobamento delle retribuzioni del
personale statale;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 3, primo comma, del R.D.L. 1 giugno 1946, n. 539, contenente
“Trattamento economico del personale non di ruolo insegnante e non
insegnante nelle scuole e negli istituti d’istruzione media” e
dell’art. 1 del D.L.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687: “Nuove norme sul
trattamento economico del personale non di ruolo degli istituti e delle
scuole d’istruzione media”, sollevata con l’ordinanza citata in
epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI.