Sentenza N. 152 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
27/11/1980
Data deposito/pubblicazione
27/11/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/11/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO
ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv.
ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE –
Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
quinto comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del
fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata
e della liquidazione coatta amministrativa), promossi con ordinanze 23
novembre 1976, 26 giugno 1978 e 27 giugno 1979 della Corte di
cassazione e 7 febbraio 1979 della Corte d’appello di Roma,
rispettivamente iscritte ai nn. 102 del registro ordinanze 1977, 81 e
880 del registro ordinanze 1979 e 62 del registro ordinanze 1980, e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 107 del 1977,
n. 87 del 1979 e nn. 36 e 85 del 1980.
Visti gli atti di costituzione di Bin Oscar e del fallimento
“Edilcentro Appia Nuova”;
udito nell’udienza pubblica del 29 ottobre 1980 il Giudice relatore
Virgilio Andrioli;
udito l’avvocato Giovanni Marrapese per il fallimento “Edilcentro
Appia Nuova”.
1. – Provvedendo sul ricorso proposto il 12 dicembre 1973
dall’avvocato Oscar Mario Bin avverso la sentenza affissa il 15 ottobre
1973, comunicatagli il 20 ottobre 1973 e notificatagli il 28 novembre
1973, con la quale la Corte d’appello di Roma aveva respinto la
opposizione dal medesimo interposta contro l’esclusione di preteso
credito dallo stato passivo della s.p.a. Compagnia Mediterranea di
Assicurazioni in l.c.a. la Corte di cassazione ha giudicato rilevante e
non manifestamente infondata la questione di costituzionalità
dell’art. 99, quinto comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (richiamato
nell’art. 209, secondo comma, dello stesso decreto), a tenor del quale
il termine per proporre ricorso in Cassazione avverso la sentenza di
appello resa sulle opposizioni allo stato passivo è di trenta giorni
decorrenti dall’affissione della sentenza stessa, in riferimento
all’art. 24, secondo comma, Cost. Rilevante perché il ricorso del Bin
era stato proposto oltre il termine di trenta giorni; non
manifestamente infondata non tanto per la durata esigua di detto
termine quanto perché il dies a quo non è di agevole conoscenza per
gli interessati, per i quali, secondo ha giudicato la stessa Corte
costituzionale con la sentenza 255/1974 dichiarativa
dell’illegittimità degli artt. 183, primo terzo comma, e 131, primo e
terzo comma r.d. 267/ 1942, ben più idonea fonte di conoscenza della
pronuncia della sentenza è offerta dalla comunicazione della
cancelleria.
L’ordinanza di rimessione, deliberata il 23 novembre 1976 e
depositata il 7 febbraio 1977, è stata comunicata e notificata nei
modi di legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 20
aprile 1977, e iscritta al n. 102 R.O. 1977.
Si è costituito in questa sede il solo Bin, il quale non si è
limitato ad illustrare le ragioni svolte dal giudice a quo, ma ha
invocato la disciplina del codice di procedura civile sulla
notificazione degli atti per pubblici proclami, la quale suppone
situazioni particolari (rilevante numero di destinatari o difficoltà
di identificarli tutti) e prevede l’autorizzazione del giudice intesa a
designare, quando occorre, i destinatari cui la notificazione deve
farsi nelle forme ordinarie e a indicare i modi che appaiono più
opportuni per portare l’atto a conoscenza degli altri interessati e
più acconce forme di pubblicità.
Non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei
ministri.
All’udienza pubblica del 29 ottobre 1980, nella quale il giudice
Andrioli ha svolto la relazione, nessuno è comparso.
2. – Provvedendo sul ricorso proposto l’11 febbraio 1977 da
Trequattrini Roberto avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma,
reiettiva della opposizione del medesimo contro la esclusione dallo
stato passivo del fallimento della soc. Edilcentro Appia Nuova, affissa
il 5 maggio 1976, comunicatagli il 12 maggio 1976 e mai notificatagli,
la Corte di cassazione ha giudicato rilevante e non manifestamente
infondata la questione di costituzionalità dell’art. 99, quinto comma,
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in riferimento all’art. 24, secondo comma
Cost. L’ordinanza di rimessione 26 giugno 1978 (pervenuta a questa
Corte il 30 gennaio 1979), nella quale la Cassazione si rifà alla
precedente ordinanza 7 febbraio 1977 ponendo in rilievo che nella
specie avrebbe il creditore rispettato il termine annuale di decadenza
di cui all’art. 325 c.p.c., e richiamando la sentenza 255/1974 di
questa Corte, è stata comunicata e notificata nei modi di legge,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 28 marzo 1979 e iscritta
al n. 81 R.O. 1979.
In questa sede si è costituita la sola curatela del fallimento, la
quale ha fatto richiamo alla immediatezza della comunicazione della
pubblicazione della sentenza, cui la cancelleria è tenuta, e alle
esigenze di celerità della procedura fallimentare.
Non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei
ministri.
All’udienza pubblica del 29 ottobre 1980, in cui il giudice
Andrioli ha svolto la relazione, l’avvocato Marrapese ha illustrato le
ragioni della curatela.
3. – Provvedendo sul ricorso proposto il 9 settembre 1977 da
Piccinelli Giovanni avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano
(affissa il 30 maggio 1977, comunicatagli il 10 giugno 1977 e
notificatagli il 9 settembre 1977) con la quale era stato escluso dal
passivo fallimentare della s.p.a. Ceramiche Piccinelli, la Corte di
cassazione ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la
questione di costituzionalità dell’art. 99, quinto comma, r.d. 16
marzo 1942, n. 267, in riferimento all’art. 24, secondo comma Cost.
L’ordinanza di rimessione 27 giugno 1979, nella quale la
Cassazione, senza tener conto della avvenuta notificazione della
sentenza di appello, si rifà alla sentenza 255/1974 della Corte
costituzionale e alle precedenti sue ordinanze, è stata comunicata e
notificata nei modi di legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 36
del 6 febbraio 1980 e iscritta al n. 880 R.O. 1979.
Nessuna delle parti si è costituita in questa sede né ha spiegato
intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
All’udienza pubblica del 29 ottobre 1980 il giudice Andrioli ha
svolto la relazione.
4. – Provvedendo, con ordinanza 7 febbraio- 19 novembre 1979,
sull’appello proposto il 10 aprile 1976 da Buriani Carlo avverso la
sentenza 22 ottobre 1975-17 gennaio 1976 del Tribunale, reiettiva della
opposizione allo stato passivo del fallimento di Giovanni Ghella,
affissa l’11 marzo 1976 (sentenza, che non risulta notificata né
comunicata al soccombente), la Corte d’appello di Roma ha giudicato
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 99, quinto comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267
in relazione all’art. 95 dello stesso decreto e in riferimento all’art.
24, secondo comma, Cost.: rilevante perché, ove fosse dichiarata la
incostituzionalità delle norme impugnate, l’appello proposto nei
trenta giorni dall’affissione di sentenza, di cui non è stata
comunicata la pubblicazione all’interessato, sarebbe ammissibile; non
manifestamente infondata per ragioni che divergono dalla motivazione
delle precedenti ordinanze della Corte di cassazione per il mancato
richiamo della sentenza 255/1974 della Corte costituzionale.
L’ordinanza di rimessione, resa il 7 febbraio 1979, ma pervenuta
alla Corte il 24 gennaio 1980, è stata comunicata e notificata nei
modi di legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 85 del 26 marzo
1980, e iscritta al n. 62 R.O. 1980.
In questa sede nessuna delle parti si è costituita né ha spiegato
intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
Alla pubblica udienza del 29 ottobre 1980 il giudice Andrioli ha
svolto la relazione.
1. – La circostanza che in tre vicende venga in considerazione la
tempestività del ricorso in Cassazione e nell’ultima per ordine di
data la tempestività dell’appello avverso sentenze reiettive di
opposizioni all’esclusione dallo stato passivo fallimentare non
impedisce la riunione dei quattro procedimenti nei quali si nega la
idoneità dell’affissione di sentenze di merito a porre in moto il
termine per impugnarle, senza offendere il diritto di difesa del
soccombente. Né maggior consistenza avrebbe il dubbio sulla riunione
suggerito da ciò che il primo incidente è sorto in procedura di
liquidazione coatta amministrativa perché l’art. 209, secondo comma,
r.d. 267/1942 richiama l’art. 98 il cui secondo comma si sospetta
illegittimo per contrasto con l’art. 24 Cost. in quanto fa decorrere il
termine per l’appello e per il ricorso in Cassazione dalla affissione
delle sentenze rispettivamente rese in primo e in secondo grado.
2. – La denuncia, con la quale si pone in forse il dies a quo e non
la durata dei termini, di cui all’art. 99, quinto comma, è fondata
perché la già avvenuta identificazione delle parti soccombenti e – si
aggiunga – vincitrici priva di giustificazione la scelta
dell’affissione, quale atto idoneo a far decorrere il termine per
l’impugnazione; affissione, la quale spiega il prezzo, imposto al
soccombente, della non agevole conoscenza del dies a quo che tale forma
di propalazione è idonea a somministrare, anche se sorretta da
immediata comunicazione del dispositivo non incidente sul corso del
termine, sol in processi in cui per un verso le parti – per dirla con
l’art. 150 c.p.c. – sono difficilmente identificabili e per altro
verso incalza la necessità di non frazionare la trattazione e la
decisione su di una pluralità di pretese in vario modo connesse.
Esigenze, che non si avvertono nei giudizi di opposizione allo stato
passivo vuoi in secondo vuoi in terzo grado, anche perché la
opportunità di riunire in unico processo più impugnazioni di sentenze
di merito potrà essere soddisfatta con l’applicazione di ben note
norme del codice di procedura civile sino a quando non riterrà il
legislatore di dettare altra speciale disciplina.
Pertanto, l’applicazione della disposizione impugnata si risolve in
una menomazione del diritto di difesa priva di giustificazione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 102/1977, 81 e 880/ 1979 e
62/1980, dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 99, quinto
comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nella parte in cui fa decorrere
i termini per appellare e per il ricorso in Cassazione dalla affissione
della sentenza resa su opposizioni allo stato passivo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO
– LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN
– ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere