Sentenza N. 153 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
27/11/1980
Data deposito/pubblicazione
27/11/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/11/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO
ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv.
ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE –
Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
secondo, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del
concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della
liquidazione coatta amministrativa) promosso con ordinanza emessa il 2
dicembre 1975 dalla Corte d’appello di Roma, nel procedimento civile
vertente tra la Soc. I.A.S.M. e la Soc. Castelli d’Italia, iscritta al
n. 204 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 112 del 28 aprile 1976.
Visto l’atto di costituzione della Soc. I.A.S.M.;
udito nell’udienza pubblica del 29 ottobre 1980 il Giudice relatore
Virgilio Andrioli;
udito l’avv. Dario Di Gravio per la Soc. I.A.S.M.
Provvedendo sul reclamo presentato dalla soc. I.A.S.M., che si
assumeva creditrice avente diritto a prededuzione, il 19 settembre 1975
avverso il decreto 31 luglio 1975 di chiusura del fallimento della soc.
Castelli d’Italia, emesso dal Tribunale di Roma e affisso il 2 agosto
1975, la Corte d’appello di Roma ha giudicato rilevante e non
manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art.
119, secondo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, per il quale il decreto
di chiusura, emesso dal tribunale su istanza del curatore o del
debitore o d’ufficio e pubblicato nelle forme prescritte nell’art. 17
dello stesso decreto, è soggetto a reclamo entro quindici giorni dalla
data di affissione, per contrasto con l’art. 24 Cost., nella parte in
cui fa decorrere il termine per la proposizione del reclamo dalla data
di affissione del decreto; contrasto, per evidenziare il quale ha
richiamato la sentenza n. 255/1974 di questa Corte, dichiarativa della
incostituzionalità dell’art. 183, primo comma, dello stesso decreto
per la parte in cui detta norma faceva decorrere il termine per
l’impugnazione avverso la sentenza di omologazione o di rigetto del
concordato non dalla data di ricezione della comunicazione, ma dalla
data di affissione della sentenza stessa.
L’ordinanza di rimessione, resa il 2 dicembre 1975, è stata
comunicata e notificata nei modi di legge, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 112 del 28 aprile 1976 e iscritta al n. 204 R.O. 1976.
Avanti la Corte non ha spiegato intervento la Presidenza del
Consiglio dei ministri; si è invece costituita la I.A.S.M. mediante
comparsa 18 febbraio 1976, nella quale l’avv. Di Gravio, suo difensore
giusta procura in margine, ha sottolineato la stretta analogia tra il
caso e la specie decisa dalla Corte costituzionale con sent. n.
255/1974. Argomenti, per l’ipotesi di accoglimento dei quali il
difensore, nella memoria aggiuntiva, ha sollevato questione di
costituzionalità dell’art. 30 legge 11 marzo 1953, n. 87, per
contrasto con gli artt. 3, 24 e 70 Cost., ravvisato in ciò che il
sistema normativo del sindacato di costituzionalità delle leggi in
genere e il menzionato art. 30 in particolare non prevederebbero il
modo con cui far fronte al vuoto legislativo provocato da pronuncia
d’incostituzionalità, e nella offesa che ne seguirebbe al principio di
parità tra cittadini e al diritto di difesa dei medesimi.
Alla pubblica udienza del 29 ottobre 1980, in cui il Giudice
Andrioli ha svolto la relazione, l’avv. Di Gravio, difensore della
I.A.S.M., ha ampiamente svolto le ragioni esposte nelle scritture.
La Corte, giudicando, con sent. n. 151/1980, lesivo dell’art. 24,
secondo comma Cost. l’art. 18, primo comma, r.d. 16 marzo 1942, n.
267, che individua nell’affissione il dies a quo per fare opposizione
alla sentenza dichiarativa di fallimento sol quando opponente sia il
fallito, ha gettato le premesse per dire infondata la questione di
costituzionalità dell’art. 119, secondo comma, dello stesso r.d. n.
267/1942 nella parte in cui fa decorrere dall’affissione del decreto di
chiusura del fallimento, che il tribunale pronuncia d’ufficio o su
istanza del debitore o del curatore, il termine per il reclamo,
legittimati a proporre il quale non sono il fallito e il curatore;
esclusioni imposte non solo dallo stesso art. 119, a sensi del quale la
Corte d’appello provvede sul reclamo sentiti il reclamante, il curatore
e il fallito, ma anche dall’art. 18, secondo comma, che non consente a
chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento di opporsi alla sentenza
dichiarativa.
La difficoltà di identificare coloro che hanno interesse a
proporre reclamo contro il decreto di chiusura (ragione sulla quale non
incide la sentenza n. 255/1974, resa dalla Corte sul termine per
proporre appello avverso sentenza di omologazione o di rigetto della
proposta di concordato, pronunciata tra parti costituite,
esclusivamente legittimate all’impugnazione), in una con la esigenza di
riunire in unica trattazione camerale più reclami è di per sé
sufficiente a non dire lesiva del diritto di difesa degli interessati
alla continuazione della procedura fallimentare la scelta del
legislatore. Ma non è inopportuno soggiungere che nella ipotesi di
chiusura, della quale si presenta come possibile alternativa la
continuazione della procedura fallimentare (si vuol dire la ipotesi
descritta nel n. 4 dell’art. 118), l’art. 121 somministra il rimedio
della riapertura a chi si sente pregiudicato dal mancato reclamo
avverso il decreto di chiusura.
Il rigetto della denuncia di incostituzionalità proposta dalla
Corte d’appello di Roma rende superfluo l’esame della eccezione
d’incostituzionalità prospettata in questa sede dalla reclamante soc.
I.A.S.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 119, secondo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nella parte
in cui fa decorrere il termine per la proposizione del reclamo dalla
data di affissione del decreto di chiusura del fallimento, sollevata in
riferimento all’art. 24 Cost. dalla Corte d’appello di Roma con
ordinanza 2 dicembre 1975 (n. 204/1976).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO
– LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN
– ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere