Sentenza N. 155 del 1973
Corte Costituzionale
Data generale
21/11/1973
Data deposito/pubblicazione
21/11/1973
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/11/1973
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott.
LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof.
ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO
AMADEI – Prof. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI, Giudici,
codice penale, nonché dello stesso art. 160 in relazione agli artt.
304 del codice di procedura penale e 8, primo e secondo comma, della
legge 5 dicembre 1969, n. 932, promosso con ordinanza emessa il 10
novembre 1971 dal pretore di Torino nel procedimento penale a carico di
Santi Gianfranco, iscritta al n. 484 del registro ordinanze 1971 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 23
febbraio 1972.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 3 ottobre 1973 il Giudice relatore
Enzo Capalozza;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel corso di un procedimento penale a carico di Gianfranco Santi,
in fase istruttoria (e pur senza che fosse stato disposto un qualsiasi
atto d’istruzione), per emissione continuata di assegni a vuoto, il
pretore di Torino – tenuto conto che si era, bensì, maturato il tempo
necessario a prescrivere il reato, ma era stato emesso, prima della
scadenza del termine, avviso di procedimento da notificarsi al
prevenuto (e, aggiungasi per completezza, non notificato, secondo
quanto risulta dal fascicolo di causa) – ha ritenuto, con ordinanza 10
novembre 1971, rilevante e non manifestamente infondato, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, il dubbio di legittimità costituzionale
dell’art. 160 del codice penale, considerato di per sé ed in relazione
agli artt. 304 del codice di procedura penale e 8, primo e secondo
comma, della legge 5 dicembre 1969, n. 932, nella parte in cui non
prevede che l’avviso di procedimento abbia l’efficacia di interrompere
il corso della prescrizione del reato.
Secondo il pretore, l’avviso di procedimento, al pari degli altri
atti processuali interruttivi, tassativamente menzionati nel primo e
nel secondo comma del citato art. 160, rivelerebbe, nel magistrato che
lo ha emesso, la volontà di procedere contro un imputato, al quale,
con l’avviso, oltre ad essere formulato l’invito a nominare un
difensore, viene contestato, sia pure in modo generico, un illecito
penale. In presenza della manifesta identica volontà di procedere,
sarebbe, pertanto, irrazionale e darebbe luogo ad un’arbitraria
disparità di trattamento tra imputati, pur se in procedimenti penali
diversi, non prevedere che l’interruzione della prescrizione ricorra
anche nel caso di emissione dell’avviso di procedimento.
Sulla rilevanza, il pretore osserva che, se la questione fosse
riconosciuta fondata, la prescrizione sarebbe stata interrotta
dall’avviso, e ciò consentirebbe di proseguire il procedimento contro
il Santi per l’imputazione a lui ascritta.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte, nel quale non si è costituita
la parte privata, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
con atto depositato il 3 marzo 1972, nel quale chiede che la questione
sia dichiarata non fondata.
L’Avvocatura afferma che, essendo stata denunziata “una norma che
detta una disciplina più favorevole all’imputato di quella risultante
dalla sua disapplicazione”, il pretore avrebbe omesso l’indagine
necessaria ai fini del giudizio di rilevanza sugli effetti della
sentenza della Corte che dichiarasse la fondatezza della questione.
Pur astenendosi dal formulare una richiesta in punto di rilevanza,
l’Avvocatura osserva che “la regola posta dal l’art. 30, terzo comma,
della legge n. 87 dell’11 marzo 1953, per il quale la norma dichiarata
incostituzionale non può avere applicazione dal giorno successivo alla
pubblicazione della decisione, resti paralizzata – quanto meno
relativamente al giudizio a quo – dalla regola posta dall’art. 2, terzo
comma, codice penale, secondo il quale in caso di successione nel tempo
di leggi penali si applica quella le cui disposizioni siano più
favorevoli al reo, regola quest’ultima che costituisce applicazione del
principio generale sancito dall’art. 25, secondo comma, della
Costituzione”.
Nel merito della questione, dopo aver illustrato lo scopo
informativo, proprio dell’avviso di procedimento, e precisato l’ambito
del concetto di “primo atto di istruzione” in ordine al quale l’avviso
va comunicato, l’Avvocatura fa presente che, con il denunziato art. 160
cod. pen., il legislatore intese restringere la cerchia degli atti del
procedimento penale idonei ad interrompere la prescrizione a quelli
“veramente fondamentali del procedimento stesso, che, in considerazione
del loro carattere obiettivo, di per sé, dimostrano la persistenza
dell’interesse dello Stato a punire” (Relazione al Re per il codice
penale, n. 80).
E deduce che l’avviso di procedimento, pur se, in ipotesi, venisse
inteso come indice inequivocabile della presenza di una pretesa
punitiva, non si collocherebbe sullo stesso piano degli atti menzionati
nell’art. 160, secondo comma, cod. pen., sia perché questi
presuppongono l’esistenza di seri indizi di colpevolezza, sia perché
la mancanza di taluni di essi impedisce che possa essere validamente
ordinato (art. 376 cod. proc. pen.) o richiesto (art. 396 cod. proc.
pen.) il rinvio a giudizio dell’imputato. (Superfluo accennare alla
ancor più evidente ratio della efficacia interruttiva della sentenza e
del decreto di condanna di cui al primo comma dell’art. 160 cod. pen.).
1. – È stato denunziato a questa Corte, per violazione dell’art. 3
della Costituzione, l’art. 160 del codice penale (in relazione anche
alle modifiche apportate all’art. 304 del codice di procedura penale
dall’art. 8, primo e secondo comma, della legge 5 dicembre 1969, n.
932), nella parte in cui non annovera l’avviso di procedimento fra gli
atti interruttivi della prescrizione del reato.
2. – In via preliminare, l’Avvocatura generale si richiama ai
principi relativi all’applicazione della legge più favorevole in caso
di successive leggi penali (art. 2, terzo comma, cod. pen.), e pone in
dubbio che sia stata compiuta una sufficiente valutazione della
rilevanza, da parte del giudice a quo, il quale, senza porsi tale
problema, nella causa sottoposta al suo esame, ha ritenuto operante,
pur essendo pregiudizievole all’imputato, l’eventuale effetto
interruttivo che venisse riconosciuto all’avviso di procedimento.
È, per altro, da osservare che questo argomento dell’Avvocatura
attiene ai limiti che, nei singoli casi, incontra la “cosiddetta
retroattività delle decisioni di accoglimento della Corte
costituzionale” (sentenza n. 49 del 1970). Ma “i problemi che possono
sorgere in quest’ordine di idee sono, evidentemente, problemi di
interpretazione e devono pertanto essere risolti dai giudici comuni,
nell’ambito delle rispettive competenze istituzionali” (stessa
sentenza).
3. – Nel merito, la questione è infondata.
Come risulta dai lavori preparatori (vedasi la Relazione al Re, n.
80), il vigente codice penale ha voluto riservare agli “atti veramente
fondamentali” del procedimento la idoneità ad interrompere il corso
della prescrizione.
Ora, è certo che l’avviso della pendenza del procedimento
(l’attuale comunicazione giudiziaria: art. 3 della legge 15 dicembre
1972, n. 773), teleologicamente preordinato a rendere possibile un
pronto ed efficace esercizio del diritto di difesa, può precedere il
promovimento dell’azione penale e può essere seguito dal cosiddetto
decreto di archiviazione (art. 74, terzo e quarto comma, cod. proc.
pen.), dal che si deduce che la sua emissione non esprime
necessariamente il convincimento del magistrato che si debba procedere.
Va altresì osservato che l’avviso è destinato non solo all’indiziato
di reato, ma a tutti coloro che possono assumere la qualità di parti
private (art. 8 della legge n. 932 del 1969, modificato dall’art. 3
della legge n. 773 del 1972), il che lo differenzia dalla serie degli
atti elencati nell’art. 160 cod. pen., parecchi dei quali sono estranei
alle altre parti private e non hanno interferenza con esse.
Questa Corte, già nella sentenza n. 97 del 1972 – la quale ha
escluso che l’avviso abbia sempre obbligatorio ingresso nel processo
penale, disattendendo la dedotta illegittimità della omissione nel
procedimento (pretorile) che sia privo di attività istruttoria – ha
osservato che, prima della legge n. 932 del 1969, la mancata
previsione, nel nostro sistema processuale, dell’avviso di procedimento
non era mai stata denunziata, neppure per eventuale violazione del
diritto di difesa. Tanto meno l’avviso può assurgere, per forza
propria e senza l’intervento del legislatore, alla dignità di atto
fondamentale, da equipararsi a quelli che per l’art. 160 cod. pen.,
interrompono la prescrizione.
4. – Stante, dunque, la natura diversa degli atti, per legge,
interruttivi – tipica espressione della potestà punitiva dello Stato –
e dell’avviso di procedimento (ora comunicazione giudiziaria), che
soddisfa – ripetesi – un’esigenza defensionale, la differenza di
trattamento, rispetto all’istituto della estinzione del reato per
prescrizione, non appare ingiustificata, e, comunque, non integra una
violazione dell’art. 3 Cost., dato che non può non rientrare nella
discrezionalità del legislatore stabilire quali siano gli atti idonei
ad interrompere la prescrizione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 160 del codice penale, in relazione all’art. 304 del codice
di procedura penale, modificato dall’art. 8, primo e secondo comma,
della legge 5 dicembre 1969, n. 932, sollevata dal pretore di Torino,
con ordinanza 10 novembre 1971, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione.
Così deciso – in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 novembre 1973.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere