Sentenza N. 157 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
06/07/1971
Data deposito/pubblicazione
06/07/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
28/06/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTI STA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), promosso
con ordinanza emessa il 17 ottobre 1969 dalla Corte di appello di Roma
nel procedimento civile vertente tra la Compagnia finanziaria Scaretti
e C. e il fallimento della società in nome collettivo Impresa
Francesco Saverio Parisi e di Ugo e Francesco Parisi in proprio,
iscritta al n. 457 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 del 28 gennaio 1970.
Visto l’atto di costituzione della Compagnia finanziaria Scaretti e
C.;
udito nell’udienza pubblica del 18 maggio 1971 il Giudice relatore
Nicola Reale;
udito l’avv. Alfredo Ferlisi, per la Compagnia finanziaria.
Con due istanze successivamente proposte la soc. per az.
“Compagnia finanziaria Scaretti e C.” chiedeva per vari crediti
l’ammissione al passivo del fallimento della società in nome
collettivo “Impresa Francesco Saverio Parisi” e di Ugo e Francesco
Parisi in proprio.
Il giudice delegato accoglieva parzialmente le istanze ed escludeva
la società creditrice dal passivo fallimentare per alcune delle cause
obbligatorie dedotte o per una parte soltanto del loro preteso
ammontare.
Del deposito di tale provvedimento in cancelleria il curatore dava
notizia con due lettere raccomandate, spedite il 27 dicembre 1966 alla
società creditrice, la quale con ricorsi 10 gennaio 1967 faceva
opposizione, chiedendo l’insinuazione integrale dei propri crediti, con
le garanzie da cui fossero assistiti.
Il tribunale di Roma, con sentenza 26 gennaio 1968, riteneva le
opposizioni tardivamente proposte e ne dichiarava l’inammissibilità
per decadenza, ai sensi dell’art. 98 della legge fallimentare.
Giudicava, inoltre, manifestamente infondata la eccezione di
costituzionalità di detta norma, in relazione al disposto dell’art.
97, ultimo comma, della stessa legge e in riferimento all’art. 24,
primo comma, della Costituzione.
Instauratosi il giudizio di impugnazione, la società creditrice
riproponeva l’eccezione di costituzionalità, in ordine alla quale la
Corte di appello di Roma, con ordinanza 17 ottobre 1969, riteneva
sussistere i requisiti di rilevanza e di non manifesta infondatezza e
ne rimetteva la decisione a questa Corte.
Nell’ordinanza si premette che il termine di 15 giorni preveduto
dall’art. 98 della legge fallimentare per l’esercizio del diritto di
opposizione allo stato passivo da parte dei creditori esclusi o ammessi
con riserva, ha natura perentoria, risultando nel sistema preordinato
alle esigenze del simultaneus processus in merito alle contestazioni
mosse nell’ambito della procedura fallimentare.
Si precisa, inoltre, che all’avviso che l’art. 97 prescrive sia
inviato dal curatore ai creditori predetti, onde dare comunicazione
dell’avvenuto deposito in cancelleria del provvedimento del giudice
delegato circa la formazione dello stato passivo, deve attribuirsi
valore soltanto sussidiario, tale da non costituire momento formalmente
rilevante della procedura, ai fini della decorrenza del termine di
opposizione.
Circa la legittimità dell’art. 98, primo comma, il dubbio
troverebbe fondamento nella circostanza che del deposito in
cancelleria, il quale concreta il momento determinante la pubblicità
del provvedimento di approvazione dello stato passivo, i creditori
interessati (in quanto esclusi dal concorso nell’esecuzione o ammessi
con riserva), possono avere intempestiva o tardiva notizia.
Dal che deriverebbero, in concreto, difficoltà all’esercizio del
diritto di difesa e in qualche caso perfino la paralisi del diritto
stesso e ciò in contrasto con il precetto di cui all’art. 24, primo
comma, della Costituzione.
La difesa della “Compagnia finanziaria Scaretti e C.”, costituitasi
davanti a questa Corte con atto di deduzioni 18 dicembre 1969, ha
sostenuto che la illegittimità del citato art. 98, primo comma, della
legge fallimentare può essere prospettata, oltre che per la violazione
del menzionato art. 24, primo comma, anche in riferimento al principio
di eguaglianza, enunciato nell’art. 3 della Costituzione.
La disciplina preveduta dagli artt. 97 e 98 della legge
fallimentare importerebbe la possibilità, seppure di mero fatto, che i
creditori interessati abbiano notizia dell’avvenuto deposito dello
stato passivo in tempi diversi, così da poter disporre, per
l’esercizio della difesa, di termini di diversa durata, con pregiudizio
e disparità di trattamento.
1. – L’ordinanza della Corte d’appello di Roma denunzia l’art. 98,
primo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare),
nella parte in cui stabilisce che il termine di quindici giorni,
accordato ai creditori esclusi o ammessi con riserva per l’esercizio
dell’opposizione allo stato passivo del fallimento, decorre dalla data
del deposito in cancelleria (eseguito ai sensi dell’art. 97, secondo
comma, della legge) del provvedimento del giudice delegato e non da
quella della notizia del deposito stesso; notizia che ad essi deve
essere data dal curatore mediante lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, per il disposto del terzo comma dello stesso art. 97.
La norma è censurata dal giudice a quo sotto il profilo della
violazione del principio, più volte affermato da questa Corte, della
effettività della difesa in giudizio (art. 24 Cost ). E ciò in
quanto, per l’eventuale intempestiva ricezione dell’avviso, i creditori
possono avere conoscenza tardiva del provvedimento che li riguarda,
così da risultare inutilmente trascorso l’intero termine o troppo
breve il termine residuo utile per proporre l’opposizione con
conseguente impossibilità o, comunque, gravi difficoltà di difesa.
2. – Secondo la parte privata comparsa, l’art. 98, primo comma,
violerebbe altresì il principio di uguaglianza, consentendo che il
termine per la prospettazione delle difese possa avere, per i singoli
creditori interessati alla opposizione, durata diversa in conseguenza
del fatto che la notizia del deposito dello stato passivo sia da essi
ricevuta in date diverse. Si verificherebbe, quindi, in concreto una
disparità di trattamento in contrasto con l’art. 3 della Costituzione.
Va al riguardo osservato che la questione, sotto questo secondo
aspetto, esorbita dai limiti del presente giudizio di
costituzionalità.
Come la precedente giurisprudenza di questa Corte ha in numerosi
casi affermato (fra le altre con sent. n. 98 del 1965, 17 del 1965, 21
del 1964), l’oggetto del giudizio incidentale di legittimità
costituzionale deve essere determinato con riferimento soltanto alla
questione contenuta nell’ordinanza del giudice a quo, escludendosi ogni
ampliamento od ulteriore prospettazione dedotta dalle parti davanti a
questa Corte.
Nella specie, inoltre, la questione risulta già proposta davanti
al giudice del merito che non ritenne di accoglierla, limitando
l’oggetto del giudizio incidentale al solo raffronto con l’art. 24
della Costituzione.
Ma sotto tale profilo la questione, ad avviso di questa Corte, non
è fondata.
3. – La decorrenza del termine per le opposizioni dei creditori
esclusi o ammessi con riserva dall’unica data del deposito in
cancelleria del provvedimento col quale il giudice delegato ha
approvato lo stato passivo, obbedisce, nelle linee essenziali della
disciplina del fallimento, all’esigenza di assicurare la speditezza e
simultaneità delle procedure, nonché la contestualità della
decisione su tutte le opposizioni. La legge, infatti, prevede che le
cause di opposizione siano congiuntamente esaminate in una stessa
udienza di comparizione ai fini di unica decisione e che possano solo
essere successivamente separate dal giudice, in deroga al criterio
generale della contemporaneità, quelle di esse che richiedano una
lunga istruzione e non appaiono mature per essere insieme alle altre
sottoposte al collegio.
Alle cennate direttive legislative, che risultano informate a
ragioni di organica tutela dei vari ed anche contrastanti interessi che
hanno rilevanza nella procedura fallimentare, rispondono cosi il
carattere perentorio del termine in esame e l’unicità della data di
inizio della sua decorrenza, come l’onere imposto ai creditori di
prendere prontamente visione, nella cancelleria del tribunale
fallimentare, del provvedimento relativo alla formazione dello stato
passivo e del quale deve essere ordinato il deposito al fine evidente
di dare ad esso pubblicità ad ogni effetto legale.
Nell’ambito di tale disciplina costituisce, peraltro, secondo la
prevalente dottrina e secondo la giurisprudenza quasi costante, misura
accessoria mirante a temperarne il rigore a favore dei creditori aventi
interesse all’opposizione la sopra cennata comunicazione del deposito,
da darsi ad essi immediatamente ad opera del curatore e a mezzo del
servizio postale (art. 97, terzo comma). Ma trattasi di misura il cui
adempimento non condiziona la legalità del procedimento fallimentare e
non legittima i soggetti, il cui credito non sia stato integralmente e
senza riserve iscritto al passivo, a giustificare l’inadempimento del
proprio onere di diligenza nel seguire le vicende della procedura
fallimentare; onere reso normalmente meno gravoso dall’obbligo di
comunicazione imposto al curatore.
Ciò premesso perdono di rilievo le due situazioni rispettivamente
previste dal terzo e quarto comma dell’art. 96, che il giudice rinvii
la prosecuzione della procedura di verifica ad altra adunanza nel
termine non superiore ad otto giorni senza che occorra altro avviso per
gli intervenuti e per gli assenti, e che si riservi la definitiva
formazione dello stato passivo entro il termine (per comune opinione
non perentorio) di quindici giorni dopo l’udienza per le operazioni di
verifica. Né eventuali ritardi verificabili in pratica possono
incidere sulla valutazione della costituzionalità della norma, la cui
osservanza per lo stesso ufficio fallimentare è doverosa, come
riguardo ad ogni altra disposizione dell’ordinamento positivo.
La norma in esame, nel sistema della legge fallimentare, non
presenta, d’altra parte, carattere di singolarità. Essa trova
riscontro in disposizioni parallele, le quali fondano la possibilità
della conoscenza del provvedimento del giudice sulla pubblicità
derivante o dal deposito di esso, con facoltà degli interessati di
prenderne visione, o dall’affissione in apposito luogo, affinché ne
derivi pubblica o legale notizia, prescindendosi dalla dimostrazione
della effettiva conoscenza da parte degli interessati.
Fra tali norme va specialmente menzionato l’art. 18, primo comma,
che, come è noto, fa decorrere il termine per l’opposizione alla
sentenza dichiarativa di fallimento, nei confronti del debitore e di
qualunque interessato, dalla affissione dell’estratto della sentenza,
ai sensi dell’art. 17, secondo comma, della stessa legge. E circa tale
disposizione, dalla cui attuazione discendono a carico del debitore
conseguenze che, a differenza di quelle relative alla norma in esame,
vanno oltre il campo strettamente patrimoniale, la questione di
legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 24 della
Costituzione, è stata ritenuta non fondata da questa Corte con la
sentenza n. 93 del 1962, confermata da altra n. 141 del 1970 e da
ordinanza n. 59 del 1971, in considerazione appunto delle suesposte
caratteristiche del procedimento fallimentare.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 98, primo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (cosi detta
legge fallimentare), sollevata in riferimento all’art. 24 della
Costituzione dall’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.