Sentenza N. 158 del 1969
Corte Costituzionale
Data generale
22/12/1969
Data deposito/pubblicazione
22/12/1969
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/12/1969
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– AVV. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
dall’Assemblea regionale siciliana il 17 luglio 1969, recante
“Istituzione di una borsa di studio per allievi siciliani presso
l’Istituto centrale del restauro in Roma”, promosso con ricorso del
Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 25
luglio 1969, depositato in cancelleria il 30 successivo ed iscritto al
n. 9 del Registro ricorsi 1969.
Visto l’atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 29 ottobre 1969 il Giudice relatore
Luigi Oggioni;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese,
per il ricorrente, e l’avv. Luigi Maniscalco Basile, per la Regione
siciliana.
L’Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 17 luglio 1969,
approvò la legge recante “Istituzione di una borsa di studio per
allievi siciliani presso l’Istituto centrale del restauro in Roma”. A
norma della citata legge la borsa, dell’importo di annue lire
1.000.000, viene conferita, per il primo anno, a favore del candidato
che “avendo stabile dimora in un Comune della Regione” abbia riportato
i migliori risultati negli esami di ammissione al corso triennale di
insegnamento del restauro presso l’Istituto centrale suddetto, e detta
borsa viene confermata per gli anni successivi alla condizione che il
beneficiario abbia frequentato con diligenza il corso e superato gli
esami prescritti.
Il beneficio in parola viene autorizzato per la durata di dieci anni
e il diploma conseguito presso l’Istituto centrale per il restauro dai
borsisti costituisce “titolo preferenziale per la loro eventuale
utilizzazione nel Laboratorio di restauro già istituito presso la
Sopraintendenza alle gallerie ed opere d’arte della Sicilia con la
legge regionale 14 luglio 1952, n. 29”.
Alle spese derivanti dall’applicazione della legge in esame, a sensi
dell’art. 6 della stessa, si provvede prelevando “la somma necessaria
dal capitolo 10833 del bilancio della Regione per l’anno 1969, fondo a
disposizione per iniziative legislative”. Il capitolo n. 10833 ora
indicato risulta allegato alla legge regionale 27 maggio 1969, n. 15,
sul bilancio di previsione per l’anno finanziario 1969 e relativo al
fondo occorrente per far fronte a provvedimenti legislativi in corso:
il capitolo è accompagnato da un elenco di spese, aventi tuttavia
oggetti diversi da quelli della istituzione di borse di studio per
allievi dell’Istituto del restauro.
La legge suddetta è stata comunicata al Commissario dello Stato
presso la Regione siciliana il 21 luglio 1969 ed impugnata dal
Commissario stesso, a norma dell’art. 28 dello Statuto, con ricorso
notificato il 25 luglio 1969 e depositato il 30 luglio successivo.
A sostegno del gravame il Commissario osserva, anzitutto, che la
preferenza accordata dalla legge ai borsisti per l’eventuale
utilizzazione presso il Laboratorio di restauro istituito con la
menzionata legge regionale n. 29 del 1952 concreterebbe una situazione
di rimarchevole discriminazione nei confronti di quei cittadini che
abbiano conseguito lo stesso titolo di studio senza fruire del
beneficio, limitato ai soli giovani aventi stabilire dimora nell’isola.
Il trattamento differenziato così posto in essere dal legislatore
regionale, in base ad un criterio che travalicherebbe i limiti normali
di ragionevolezza, secondo il ricorrente, si porrebbe in contrasto sia
con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione
sia, osserva il Commissario, con il principio garantito dall’art. 120
della Costituzione che assicura la libera circolazione delle persone
per l’esercizio di una attività professionale.
Il Commissario rileva altresì, quanto all’aspetto finanziario del
provvedimento, che il legislatore regionale avrebbe indicato la
copertura della spesa per il 1969, senza peraltro disporre la modifica
dell’elenco n. 4 allegato al bilancio regionale 1969, per l’istituzione
della partita contabile attinente al provvedimento in esame. A parte
tale omissione, comunque, prosegue il ricorrente, la legge avrebbe
indicato la copertura solo per la spesa afferente all’esercizio 1969,
trascurando invece di indicare i mezzi stessi riguardo agli oneri
futuri, relativi alla applicazione pluriennale della legge. Con ciò,
si violerebbe il disposto dell’art. 81, ultimo comma, della
Costituzione, in base al quale, secondo la giurisprudenza della Corte,
anche l’indicazione della copertura dei nuovi oneri attinenti ad
esercizi futuri dovrebbe risultare dalla stessa legge che dispone la
spesa.
Il Commissario conclude pertanto chiedendo dichiararsi
l’illegittimità della legge impugnata.
Con atto depositato il 13 agosto 1969 l’Avvocatura generale dello
Stato ha dichiarato di costituirsi avanti alla Corte in difesa del
Commissario dello Stato. Si è anche costituito il Presidente della
Regione siciliana, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Maniscalco
Basile, il quale ha depositato le proprie deduzioni l’11 agosto 1969.
La difesa della Regione, richiamandosi ai lavori preparatori della
legge impugnata, prospetta, da un lato, le condizioni di particolare
gravità in cui verserebbe il patrimonio artistico della Sicilia, con
particolare riguardo alla conservazione delle opere d’arte mobili e
osserva, dall’altro, che la carenza di tecnici siciliani specializzati
per il restauro, le difficoltà, i disguidi ed i ritardi connessi alla
necessità di servizi di tecnici che non hanno stabile dimora
nell’isola, darebbero ampiamente ragione del provvedimento, tendente
comunque a soddisfare esigenze di particolare interesse generale, oltre
che regionale, data l’importanza che le opere d’arte in discorso
rivestirebbero per lo sviluppo del turismo e l’acquisizione di valuta
estera che ne consegue.
La Regione, stabilendo i benefici in esame, si sarebbe mossa nel
campo della incentivazione, che è sempre fondata su un trattamento di
favore diretto a stimolare comportamenti ed iniziative, rispondendo
alle esigenze di particolari situazioni obbiettive che richiedono
particolari trattamenti, e non potrebbe quindi ritenersi in contrasto
con l’invocato principio di eguaglianza.
Escluso poi che possa invocarsi, nella specie, l’art. 120 della
Costituzione, il quale, concernendo la libera circolazione delle
persone per l’esercizio di un’attività professionale, riguarderebbe
ipotesi del tutto diversa da quella in esame, la difesa della Regione
passa a confutare le censure relative alla pretesa violazione del
quarto comma dell’art. 81 della Costituzione ed osserva che, giusta la
letterale espressione dell’art. 6 della legge impugnata, “alle spese
derivanti dall’applicazione della presente legge si provvederà
prelevando la somma necessaria dal capitolo 10833 del bilancio della
Regione per l’anno 1969”. Da ciò dovrebbe desumersi che all’onere di
tutte le borse di studio previste dalla legge, dovrebbe provvedersi
prelevando l’intera somma occorrente dal citato capitolo, sulla cui
capienza non sarebbe d’altra parte possibile avanzare riserve, dato che
il capitolo stesso reca la disponibilità di oltre 4 miliardi.
Né maggior pregio avrebbero i rilievi concernenti la mancanza nella
legge di disposizioni per la modifica dell’elenco n. 4 allegato al
bilancio regionale 1969, giacché tale modifica non potrebbe comunque
influire sulla esistenza effettiva della copertura, assicurata dalla
legge, e non potrebbe quindi sorgere in proposito un problema di
legittimità della legge stessa in relazione al quarto comma dell’art.
81 della Costituzione.
La difesa della Regione conclude pertanto chiedendo il rigetto del
ricorso.
L’Avvocatura dello Stato ha depositato tempestivamente una memoria,
con cui insiste sui motivi del ricorso, illustrandoli ulteriormente.
In particolare, osserva che, pur ammettendo la funzione di
incentivazione delle borse di studio a favore dei giovani siciliani,
ciò non eliminerebbe la profonda discriminazione posta in essere dalla
legge con lo stabilire una precedenza de facto et de iure a favore dei
giovani aventi stabile dimora nella Regione, discriminazione che non
avrebbe razionale fondamento ben potendo verificarsi l’ipotesi di un
borsista che, solo per tale sua qualità, venga preferito nell’impiego
ad un non borsista con un punteggio finale di merito anche molto
superiore. Né varrebbe a rendere ragionevole la differenziazione la
presunta diserzione dei posti disponibili nell’isola perché, anche
ammettendo tale circostanza, la limitazione posta dalla legge impugnata
finirebbe con l’aggravare il fenomeno allontanando dalla possibilità
d’impiego nella Regione coloro che, pur risiedendo altrove, vi
aspirassero. Con ciò si integrerebbe, altresì, la violazione
dell’art. 120, terzo comma, della Costituzione, così come lamentato
nel ricorso, ed in proposito l’Avvocatura si richiama a precedente
giurisprudenza della Corte.
Quanto all’aspetto finanziario della legge, nella memoria si insiste
nell’affermare che, senza una contestuale modifica dell’elenco n. 4,
che dia atto della riduzione di lire 30.000.000 dello stanziamento di
cui al capitolo 10833 del bilancio regionale 1969, la norma eluderebbe
il precetto dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione, in difetto
di una precisa indicazione della copertura della spesa per i futuri
esercizi. Per cui, al limite, si potrebbe attingere dal capitolo
suddetto solo per far fronte alle spese relative all’esercizio in
corso, restando senza copertura sostanziale quelle ulteriori.
Anche la difesa della Regione, nei termini, ha depositato una
memoria con cui insiste nel contestare le argomentazioni contenute nel
ricorso, riproponendo anzitutto le tesi già svolte quanto alle
esigenze ispiratrici della legge che, aggiunge, non solo non violerebbe
il principio di eguaglianza, ma tenderebbe ad attuarlo, attenuando le
difficoltà che incontrerebbero i giovani residenti in Sicilia per
frequentare i corsi presso l’Istituto del restauro in Roma, ben più
gravi di quelle che incontrerebbero invece i giovani residenti in Roma
stessa o comunque in zone più vicine.
Anche con riferimento alla lamentata violazione dell’articolo 81
della Costituzione, la difesa della Regione ribadisce le tesi già
esposte, insistendo nell’affermare che se la legge impugnata fa
riferimento al capitolo 10833 stanziato nel bilancio 1969, ciò non
escluderebbe che la copertura sia stata realizzata per tutti i dieci
anni durante i quali la borsa di studio sarà operante, anche in vista
del largo margine offerto dalla somma ivi allocata.
Né la doglianza concernente la modifica dell’elenco n. 4 sarebbe
maggiormente fondata, giacché l’elenco stesso rifletterebbe in linea
di previsione le destinazioni degli importi che costituiscono, sommati,
lo stanziamento totale portato dal capitolo n. 10833, ma tali
destinazioni resterebbero modificate dall’approvazione di una legge
successiva che, come quella in esame, stabilisca che dal capitolo deve
prelevarsi la somma necessaria alla copertura delle spese derivanti
dalla legge stessa, le quali assumerebbero così ovviamente carattere
di preminenza. Si potrebbe, se mai, richiedere l’emanazione di una
nuova legge che stabilisca materialmente come la variazione dell’elenco
debba esser fatta (o meglio, secondo la difesa, l’adozione di un
provvedimento del Presidente della Regione al riguardo, non essendo
l’elenco “soggetto alla forza” della legge di bilancio) ma con ciò non
potrebbe comunque mai dirsi che la legge impugnata sia carente di
copertura.
1. – L’impugnativa della legge regionale siciliana 17 luglio 1969 è
basata su di un duplice ordine di motivi.
Un primo motivo riguarda l’attribuzione di titolo preferenziale, per
l’esercizio di attività professionale presso il Laboratorio del
restauro in Palermo, a coloro che, già diplomati nell’Istituto
centrale di Roma con borsa di studio triennale conferita dalla Regione,
abbiano stabile dimora in un Comune della Sicilia (art. 5 legge
predetta). Questa ultima condizione costituirebbe privilegio riservato
ad una determinata categoria di persone, contrastante con il principio
della generale parità di trattamento ed in particolare con l’esigenza
che tutti i cittadini possano accedere in qualunque parte del
territorio nazionale per esercitarvi professione, impiego o lavoro
(artt. 3 e 120 della Costituzione).
Col secondo motivo, si assume che l’art. 6 della legge conterrebbe,
per quanto riguarda lo stanziamento di spese occorrenti per finanziare
le borse di studio, un rinvio al bilancio preventivo 1969, privo della
necessaria specificazione di mezzi garantiti, richiesta dall’art. 81,
quarto comma, della Costituzione.
2. – In merito al primo motivo, la Corte osserva che l’attribuzione
di preferenza assoluta ai residenti nella Regione, già beneficiari di
borse di studio, aspiranti ad una collocazione lavorativa presso il
Laboratorio del restauro (ufficio pubblico, dipendente dalla
Sovraintendenza) importa una illegittima restrizione all’esercizio di
diritti costituzionalmente garantiti sia dall’art. 51 della
Costituzione sia, nel particolare ambito regionale, dal successivo art.
120.
Non è, di per sé, anomalo che, per la selezione degli aspiranti,
sia riconosciuto titolo preferenziale al diploma conseguito presso la
scuola annessa all’Istituto centrale del restauro: il che verrebbe ad
assicurare il possesso dei migliori requisiti attitudinali,
oggettivamente considerati, né sarebbe irrazionale che, a parità di
altri titoli, sia preferito chi risieda in Sicilia. Ma altrettanto non
è per l’esclusività riservata ai diplomati che, abbiano fruito della
borsa di studio, solo in quanto, con riferimento all’art. 1 della
legge, risultino residenti in Sicilia.
L’elemento residenza viene qui ad assumere un valore condizionante,
con l’effetto di conferire ad esso, in ogni caso, la priorità su ogni
altra valutazione comparativa di merito.
Il “titolo preferenziale” che ne deriva si risolve così in
privilegio accordato, con precedenza assoluta, ai residenti in quanto
tali, con menomazione delle legittime aspettative che, sul piano
nazionale, possano competere ad altri candidati.
Non è dubbio che in questo senso debba essere considerato l’art. 5
della legge che, nella sua formula espressa in unica direzione, non
consente meno rigida interpretazione. Tanto più se lo si confronti con
l’art. 2 dove, sia pure ad altri effetti, il caso di più candidati
all’ammissione al corso d’insegnamento, che siano classificati a pari
merito, è invero preso in considerazione e risolto, mediante un
criterio di prevalenza basato solo sul migliore risultato negli esami
precedenti.
La giurisprudenza di questa Corte, nel segnare i limiti del potere
del legislatore regionale di provvedere nella materia indicata
dall’art. 120 della Costituzione in relazione con l’articolo 51, ha
statuito che detti limiti non possono essere superati ove, senza
necessità, mediante discipline differenziate, venga intaccato il
principio fondamentale di eguaglianza di tutti i cittadini nella unità
del territorio nazionale. Possono bensì darsi discriminazioni, ma
debbono corrispondere a situazioni diversificate, connesse con
l’esistenza di particolari e razionali motivi di più idonea
organizzazione di servizi (sentenze n. 15 del 1960; n. 13 del 1961; n.
12 e n. 86 del 1963).
Nel caso in esame, l’eccezione al principio di parità non è
razionalmente giustificabile.
Si contrappongono motivi soltanto utilitari che avrebbero ispirato
la norma: garantire, cioè, la continuità del servizio da parte di
chi, localizzato nell’isola, è presumibile che intenda permanervi. Ma
sotto il profilo della legittimità costituzionale, non è razionale e
quindi è illegittimo, subordinare un principio generale a motivi
descritti come meramente pratici. Soprattutto, non è razionale né
corrisponde propriamente al fine di una migliore organizzazione del
servizio, che sia data prevalenza assoluta, in materia di assunzioni
impiegatizie, a situazioni estrinseche di residenza su situazioni
intrinseche di merito. E ciò senza quei contemperamenti equilibratori,
che servano a conciliare il rispetto di principi intangibili con
determinate opportunità contingenti.
In conseguenza, secondo gli esposti motivi deve essere dichiarata
l’illegittimità dell’art. 5 della legge impugnata, nella parte in cui,
escludendo la possibilità di valutazione del merito comparativo,
concede un aprioristico titolo preferenziale ai soli residenti in sede
regionale.
3. – Col secondo motivo d’impugnazione, si prospetta una questione
autonoma dalla precedente e relativa ai mezzi di finanziamento per
l’attribuzione delle borse di studio, mezzi che si assumono indicati in
modo difforme da quanto prescritto nell’art. 81, terzo e quarto comma,
della Costituzione.
L’impugnativa non è fondata.
È vero che l’indicazione della fonte e del modo di reperimento dei
mezzi finanziari occorrenti per sostenere nuove e maggiori spese
pubbliche, deve essere contenuta non nella legge formale di
approvazione del bilancio, ma nella legge sostanziale istitutiva dei
servizi da cui dette spese derivano (art. 81, terzo e quarto comma,
Cost. estensibile, com’è pacifico, anche al legislatore regionale).
È vero altresì che la legge sostanziale non deve limitarsi ad
indicare genericamente i mezzi di copertura di nuove e maggiori spese,
rinviandone la loro iscrizione nei successivi stati di previsione delle
spese, e, quindi, basandosi su futuri cespiti di entrata incerti ed
eventuali: ma occorre che sia la stessa legge che prevede la spesa ad
indicare i mezzi preesistenti per farvi fronte (sentenze n. 16 e 31 del
1961; n. 1 del 1966; n. 47-49 del 1967; n. 17 del 1968). Peraltro, nel
caso in esame, la legge sostanziale del 1969 ha disposto (art. 6) che
il prelievo della somma necessaria per attuarne i fini, debba essere
effettuato dagli stanziamenti compresi nel capitolo 10833 del bilancio,
cioè dagli stanziamenti del fondo speciale riguardante gli oneri per
“provvedimenti legislativi in corso”.
Non v’è, quindi, un mero rinvio ad ancora incerte previsioni
future, ma ad uno stanziamento già concretamente disposto per
provvedere in genere a provvedimenti legislativi in elaborazione, nella
quale categoria, in forza della sopraggiunta legge impugnata, è venuto
ad inserirsi lo specifico stanziamento in esame, che rappresenta uno
stanziamento di trenta milioni nel quadro globale di oltre quattro
miliardi, riservati ai predetti scopi. Il quale stanziamento va
riferito ad un impegno di spesa che, nel particolare caso in esame,
offre e deve offrire, per conseguire gli effetti che il legislatore
regionale si è proposto, garanzia di continuità della erogazione, per
sua natura di durata poliennale (tre anni di concessione per ciascun
borsista, nello spazio di dieci anni).
Non vale contestare quanto sopra col rilievo che, nell’elenco
allegato alla legge di bilancio, non è compreso il provvedimento
contenuto nella legge sostanziale in esame. Lo elenco, appunto perché
si riferisce ad una situazione legislativa ancora fluida e in via di
definizione, non ha e non può avere, nel momento in cui è stato
compilato, che un valore indicativo, ancora suscettibile di
integrazioni o sostituzioni e non vincolante in senso assoluto.
L’obbligo imposto al legislatore dall’art. 81, quarto comma,
risulta, pertanto, osservato nel particolare caso, in cui l’intero
impegno di spesa trova totale copertura nella cifra come sopra
stanziata in bilancio.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge
regionale siciliana sulla istituzione di una borsa di studio per
allievi siciliani presso l’Istituto centrale del restauro in Roma,
approvata dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 17 luglio
1969, nella parte in cui, senza valutazione del merito comparativo,
accorda titolo preferenziale assoluto per l’utilizzazione nel
Laboratorio di restauro in Palermo, ai soli aspiranti aventi stabile
dimora in un Comune della Regione;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 6 della predetta legge, sollevata dal Commissario dello Stato
per la Regione siciliana, in riferimento all’art. 81, comma quarto,
della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, l’11 dicembre 1969.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI – COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO – LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI.