Sentenza N. 161 del 1982
Corte Costituzionale
Data generale
29/07/1982
Data deposito/pubblicazione
29/07/1982
Data dell'udienza in cui è stato assunto
21/07/1982
ANTONINO DE STEFANO – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE –
Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO
MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI – Prof.
GIUSEPPE FERRARI – Prof. GIOVANNI CONSO, Giudici,
dellalegge 12 febbraio 1968, n. 132 (enti ospedalieri e assistenza
ospedaliera), dell’art. 33 del d.P.R. 29 marzo 1969, n. 130 (stato
giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri) e dell’articolo 7,
commi terzo e sesto, del d.l. 8 luglio 1974, n. 264 (norme per
l’estinzione dei debiti degli enti mutualistici neiconfronti degli enti
ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l’avvio della
riforma sanitaria), conv. in legge 17 agosto 1974, n. 386 promossi con
ordinanze emesse dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
in data 11 novembre 1975 (tre ordinanze), 18 febbraio 1976, 29 marzo
1977 (due ordinanze) e 11 dicembre 1979, dal Tribunale Amministrativo
Regionale per l’Umbria in data 17 giugno e 14 luglio 1977, dal
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – sezione staccata
di Brescia – in data 20 dicembre 1979 e 8 gennaio 1981 e con due
ordinanze emesse dal Consiglio di Stato – sezione V giurisdizionale –
in data 4 luglio 1980, iscritte ai numeri 439, 440, 441 e 442 del
registro ordinanze 1976, ai nn. 44 e 45 del registro ordinanze 1978, ai
nn. 114 e 115 del registro ordinanze 1979, ai nn. 459 e 580 del
registro ordinanze 1980, al n. 602 del registro ordinanze 1981 ed ai
nn. 1 e 46 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 225 del 1976, n. 87 del 1978, n. 102 del
1979, nn. 215 e 298 del 1980 e nn. 5 e 61 del 1982.
Visti gli atti di costituzione di Gandini Dario, di Capra Manzani
Pietro ed altri, della Regione Piemonte, di Domenici Mario ed altri e
di Montaini Carlo ed altro e gli atti di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 28 aprile 1982 il Giudice relatore
Virgilio Andrioli;
uditi l’avv. Domenico Sorace per Domenici Mario ed altri e per
Montaini Carlo ed altro, l’avv. Alberto Predieri per la Regione
Piemonte e l’avvocato dello Stato Franco Chiarotti per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
1.1. – Con ricorso, notificato il 21 gennaio 1975 alla Regione
Piemonte e per mezzo del servizio postale all’Ente Ospedaliero Ospedale
degli infermi di Biella, il prof. Dario Gandini chiese al T.A.R.
Piemonte annullarsi la delibera adottata dal Consiglio di
amministrazione dell’Ente in data 22 ottobre 1974 n. 923 ed avente ad
oggetto il recepimento dell’accordo nazionale di lavoro FIARO/Sindacati
del 23 giugno 1974, e lade libera del Comitato regionale di controllo
in data 8 novembre 1974 con cui era stata annullata la delibera
923/1974 dell’Ente relativamente alle parti riguardanti gli istituti
che trovano la loro disciplina nelle vigenti leggi in virtù
dell’espressa riserva di cui agli artt. 40, 42 e 43 legge 12 febbraio
1968 n. 132, sulla premessa che a) l’accordo del 23 giugno 1974 non era
stato sottoscritto tra gli altri dall’Associazione dei Primari
ospedalieri, b) erano stati violati gli artt. 40 legge 12 febbraio 1968
n. 132, 33 u.c. d.P.R. 27 marzo 1969 n. 130 e 39 Cost. ed era stato
perpetrato eccesso di potere per assoluta carenza di presupposti,
contraddittorietà e irrazionalità.
L’adito T.A.R., dopo avere con sentenza interlocutoria 11 novembre
1975, depositata l’11 febbraio 1976, ritenuto ammissibile il ricorso
del Gandini ed estromesso dal giudizio la Regione Piemonte, ha
giudicato non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 39
commi 1 e 4 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli
artt. 40 u.c. legge 12 febbraio 1968 n. 132 e 33 d.P.R. 29 marzo 1969
n. 130 (questione ritenuta rilevante con la interlocutoria) con
ordinanza emessa l’11 novembre 1975, comunicata il 18 febbraio e
notificata il 27 marzo 1976, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 225
del 25 agosto 1976 e iscritta al n. 439 R.O. 1976.
Ha osservato il T.A.R. che, pur non vincolando gli accordi
sindacali i non iscritti alle associazioni che li hanno stipulati, gli
artt. 40 legge 132/1968 e 33 d.P.R. 130/1969 hanno operato “un
inserimento dell’accordo collettivo fra le associazioni sindacali e
quelle rappresentanti degli enti ospedalieri quale sistema
partecipazionale ai poteri organizzatori di diritto pubblico degli
enti”, che, peraltro, il prevalente orientamento giurisprudenziale del
Consiglio di Stato è nel senso che glia ccordi nazionali, cui gli enti
ospedalieri si uniformano ai sensi delle citate disposizioni, non sono
necessariamente quelli stipulati fra tutte le associazioni sindacali,
ed è, di conseguenza, irrilevante l’appartenenza del dipendente ai
sindacati stipulanti, di guisa che si realizza un fine unificatore del
trattamento economico e normativo del personale ospedaliero “sotto
certi limitati aspetti assimilabile a quello realizzato con la legge 14
luglio 1959, n. 741, concernente i contratti collettivi erga omnes”. Ha
proseguito il T.A.R. con rilevare che tale ricostruzione, che
s’incentra nel concepire gli accordi come “momento procedimentale” su
cui s’innesta la deliberazione dell’ente non del tutto priva di un’area
di discrezionalità, più nona pparirebbe valida a seguito della
normativa del 1974, il cui divieto di trattamenti migliorativi rispetto
a quelli stabiliti dalla legge o dagli accordi nazionali – in una col
divieto di far effettuare straordinari oltre i limiti stabiliti da tali
accordi, e con la disposizione, secondo cui per i medici ospedalieri
l’attività libero – professionale e per i servizi convenzionati è
direttamente disciplinata dagli accordi nazionali – indurrebbe ad
individuare in questi la fonte diretta di efficacia obbligatoria, non
temperata da alcun margine di discrezionalità dell’ente ospedaliero.
Siffatte argomentazioni hanno indotto il T.A.R.a dire le norme
impugnate lesive dei principi posti dall’art. 39 Cost., sia per
attribuire efficacia erga omnes a contratti stipulati da sindacati
rappresentativi sol di parte della categoria (sul punto si è
richiamata la sent. 57/1968 della Corte costituzionale), sia imponendo
agli enti pubblici la recezione, senza preventivo controllo di merito,
di tali contratti collettivi, in violazione del principio della
libertà sindacale. Non ha il T.A.R. mancato di rilevare che una
ipotetica recezione legislativa dei contratti collettivi di lavoro
(presenti e futuri), che s’imporrebbero a guisa di norme cogenti di
legge, contrasterebbe con la “separazione tra disciplina autoritativa
(schema autoritativo) ed autonomia dei rapporti di lavoro (schema
paritario)”, e a sostegno ha richiamato le sentenze 106/1962,106/1963 e
156/1971 della Corte.
1.2. – Avanti la Corte si sono costituiti gli avv.ti Vitaliano
Lorenzoni e Franco Levi giusta delega in margine all’atto di deduzioni
depositato il 19 maggio 1976, con il quale, nell’interesse del prof.
Dario Gandini, han richiamato la motivazione dell’ordinanza di
rimessione concludendo per la dichiarazione di illegittimità
costituzionale degli artt. 40 u.c. legge 12 febbraio 1968 n. 132 e 33
d.P.R. 27 marzo 1969 n. 130 per contrasto con l’art. 25 comma 1 e 4
(rectius 39 commi 1 e 4) anche in relazione agli artt. 3 e 97 Cost.; ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto
depositato il 30 giugno 1976, con cui l’Avvocatura generale dello Stato
ha concluso per la dichiarazione d’infondatezza della questione
osservando che il sistema originario, espresso dalle norme impugnate,
rappresenterebbe un corretto punto di equilibrio fra le esigenze di
uniformità dei trattamenti e di salvaguardia dell’autonomia delle
amministrazioni, e che la legge 386/1974, privilegiando il primo dei
terminidi raffronto, costituirebbe una scelta di merito legislativa
nonsindacabile in sede di legittimità costituzionale.
2.1. – Sul ricorso, notificato ad istanza del prof. Piero Capra
Marzani e di altri sette sanitari all’Ente Ospedaliero Santo Spirito di
Casale Monferrato il 13 gennaio 1975 e alla Regione Piemonte il 9
gennaio 1975, il T.A.R. Piemonte ha reso sotto la data dell’11 novembre
1975 sentenza interlocutoria, depositata il 10 febbraio 1976, con la
quale ha respinto la eccezione pregiudiziale d’inammissibilità del
ricorso, ha estromesso la Regione Piemonte dal giudizio e dichiarato la
rilevanza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 40
u.c. legge 132/1968 e 33 d.P.R. 130/1969 che con ordinanza deliberata
sotto la stessa data (comunicata il 18 febbraio e notificata il 17
marzo 1976, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 25 agosto
1976 e iscritta al n. 441 R.O. 1976) – ha giudicato, in riferimento
all’art. 39 commi 1 e 4 Cost., non manifestamente infondata. Le
motivazioni della sentenza interlocutoria e della ordinanza sono
ricalcate dalla sentenza interlocutoria e dalla ordinanza rese nel
giudizio le cui vicende sono riassunte sub 1.1.
2.2. – Avanti la Corte si sono costituiti nell’interesse dei
ricorrenti gli avv.ti Vitaliano Lorenzoni e Franco Levi in virtù di
delega in margine all’atto di deduzioni depositato il 19 agosto 1976, e
ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con
atto depositato il 30 giugno 1976; i contenuti dei due atti sono
mutuati dai paralleli atti versati nell’incidente iscritto al n. 439
R.O. 1976 (supra 1.2.).
3.1. – Con ricorso, notificato ad istanza del prof. Franco
Martelli all’Ente Ospedaliero Ospedale Maggiore della Carità di Novara
il 3 gennaio 1975 e alla Regione Piemonte e al Comitato regionale di
controllo sugli atti degli enti ospedalieri il 2 gennaio 1975, il
T.A.R. Piemonte ha reso sotto la data dell’11 novembre 1975 sentenza
interlocutoria, depositata il 10 febbraio 1976, e ordinanza (comunicata
il 18 febbraio 1976 e notificata il 27 marzo 1976, pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale n. 225 del 25 agosto 1976 e iscritta al n. 442 R.O.
1976), motivazione in diritto e dispositivo delle quali sono ripresi
dalle corrispondenti parti delle sentenze interlocutorie e ordinanze
rese sotto la stessa data dell’11 novembre 1975 (supra 1.1., 2.1.).
3.2. – Gli atti di costituzione dei ricorrenti e di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri non differiscono dai
corrispondenti atti versati negli incidenti iscritti ai nn. 439 e 441
R.O. 1976 se non nelle generalità delle parti private costituitesi
avanti questa Corte (supra 1.2., 2.2.).
4.1. – Sul ricorso, notificato ad istanza del prof. Giovanni
Abelli e di altri dieci sanitari all’Ente Ospedaliero Ospedale Civile
S. Croce di Cuneo il 25 gennaio 1975 e alla Regione Piemonte e al
Comitato regionale di controllo sugli atti degli enti ospedalieri il 29
gennaio 1975, il T.A.R. Piemonte ha reso sotto la data del 18 febbraio
1976 ordinanza (comunicata il 23 e notificata il 27 successivi,
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 225 del 25 agosto 1976 e
iscritta al n. 440 R.O. 1976), motivazione in diritto e dispositivo
della quale non differiscono dalle corrispondenti parti delle ordinanze
deliberate l’11 novembre 1975 (supra 1.1., 2.1., 3.1.).
4.2. – Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita; ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto
depositato il 5 luglio 1976, il cui contenuto non diverge dagli atti
d’intervento versati negli altri incidenti (supra 1.2., 2.2., 3.2.).
5.1. – Sul ricorso, notificato ad istanza di Furino Pasquale e di
altri quattro sanitari all’Ente Ospedaliero Ospedale Amedeo di Savoia,
alla Regione Piemonte e al Comitato regionale di controllo sugli enti
ospedalieri il 7 novembre 1975, il T.A.R. Piemonte ha reso sotto la
data del 29 marzo 1977 ordinanza (pervenuta alla Corte il 12 gennaio
1978; comunicata il 14 giugno 1977 e notificata il 2 novembre 1977,
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 29 marzo 1978 e iscritta
al n. 44 R.O. 1978), con la quale ha sollevato questione di
legittimità costituzionale degli artt. 40 u.c. legge 132/1968 e 7
comma 3 d.l. 264/1974 conv. in legge 386/1974 in riferimento all’art.
39 commi 1 e 4 Cost., riproducendo la sostanza della motivazione in
diritto dalle sue quattro precedenti ordinanze (supra 1.1.; 2.1.; 3.1.;
4.1.).
5.2. – Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita; ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministricon atto
depositato il 5 luglio 1977, il cui contenuto corrisponde ai precedenti
atti d’intervento (supra 1.2.; 2.2.; 3.2.; 4.2).
6.1. – Sul ricorso, notificato ad istanza di Ezio Magnano e di
altri quattro sanitari all’Ente Ospedaliero Ospedale Dermatologico S.
Lazzaro di Torino, alla Regione Piemonte e Comitato regionale di
controllo sugli atti degli enti ospedalieri il 9 luglio 1976, il T.A.R.
Piemonte ha reso sotto la data del 29 marzo 1977 l’ordinanza (pervenuta
alla Corte il 12 gennaio 1978; comunicata il 7 giugno 1977 e notificata
il 2 novembre 1977, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 29
marzo 1978 e iscritta al n. 45 R.O. 1978) riproducendo motivazione in
diritto e dispositivo della ordinanza resa sotto la stessa data (supra
5.1.).
6.2. – Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita; ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto
depositato il 30 giugno 1977, il cui contenuto è mutuato dai
precedenti atti di intervento (supra 1.2.; 2.2.; 3.2.; 4.2.; 5.2.).
7.1. – Sul ricorso, notificato ad istanza di Delio Carboni alla
Regione Umbria il 20 novembre 1976 e all’Ente Ospedaliero Ospedale
Generale di Zona “S. Maria della Stella” di Orvieto e al Comitato di
controllo sugli atti degli enti locali il successivo 22, il T.A.R.
Umbria ha reso sotto la data del 17 giugno 1977 l’ordinanza (pervenuta
alla Corte l’8 febbraio 1979; comunicata il 31 marzo 1978 e notificata
il 10 gennaio 1979, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 102 dell’11
marzo 1979 e iscritta al n. 115 R.O. 1979), con la quale ha giudicato
rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 39
comma 4 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7
comma 6 d.l. 8 luglio 1974 n. 264, poi convertito nella legge 17 agosto
1974 n. 385. Premesso che il ricorso alla stregua della vigente
normativa sarebbe si dovuto respingere in quanto l’organo di controllo
aveva giustamente rilevato che l’attribuzione del maggior livello, cui
il ricorrente assumeva di aver diritto, era stata disposta sulla base
di una intesa regionale derogativa in melius rispetto all’accordo
nazionale, della quale l’art. 7 comma 6 d.l. 264/1974 comminava la
nullità, ha reputato tale normativa contrastante con l’art. 39 Cost.
in quanto dà in sostanza vita ad un congegno di produzione normativa
che potrebbe operare erga omnes solo in presenza della disciplina
legislativa della registrazione dei sindacati e della costituzione
dell’organismo unitario previsto dalla Carta costituzionale.
7.2. – Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita; ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto
depositato il 6 marzo 1979, con il quale l’Avvocatura generale dello
Stato, in aggiunta alle argomentazioni esposte in precedenti atti di
intervento, ha osservato che la proposizione del T.A.R. – che la norma
impugnata devolverebbe il trattamento economico del personale
ospedaliero all’accordo nazionale stipulato tra le contrapposte
associazioni sindacali – sarebbe inesatta se intesa nel senso che non
occorrerebbe la deliberazione della singola Amministrazione soggetta ai
controlli di legge, laddove deve la norma interpretarsi nel quadro del
sistema normativo che disciplina la materia.
8.1. – Identici sono la motivazione in diritto e il dispositivo
della ordinanza resa sotto la stessa data del 14 luglio 1977 (pervenuta
alla Corte l’8 febbraio 1979; comunicata il 31 marzo 1978 e notificata
il 10 gennaio 1979, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 102 dell’11
aprile 1979 e iscritta al n. 114 R.O. 1979), con la quale il T.A.R.
Umbria ha provveduto sul ricorso notificato, ad istanza di Natalino
Migliorati, alla Regione Umbria e al Comitato di controllo sugli atti
degli enti locali l’11 novembre 1976 e all’Ente Ospedaliero Ospedale
Generale di Zona di Umbertide il successivo 15.
8.2. – Identico nel contenuto all’atto d’intervento versato
nell’incidente iscritto al n. 115 R.O. 1979 (supra 7.2.) è l’atto
d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri depositato il 6
marzo 1979.
9.1. – Provvedendo sul ricorso, notificato, su istanza di Giuseppe
Bianchi, direttore amministrativo in servizio presso l’Ospedale
Generale di Zona “S. Spirito” di Nizza Monferrato, alla Regione
Piemonte e al Comitato di controllo sugli atti degli enti locali il 28
febbraio 1977, il T.A.R. Piemonte, con ordinanza emessa l’11 dicembre
1979 (comunicata il 20 febbraio 1980 e notificata il 22 successivo,
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 215 del 6 agosto 1980 e iscritta
aln. 459 R.O. 1980), ha giudicato rilevante e non manifestamente
infondata, in riferimento all’art. 39, 1 e 4 comma Cost., la questione
di legittimità costituzionale degli artt. 40 u.c. legge 12 febbraio
1968 n. 132, 33 d.P.R. 29 aprile 1969 n. 130 e 7 comma 3 legge 17 agosto
1974 n. 386 integrando la motivazione svolta in precedenti ordinanze
(supra 1.1.; 2.1.; 3.1.; 4.1.; 5.1.) con rilievi sostanziantisi in ciò
che gli artt. 35 e 38 dell’accordo nazionale 23 giugno 1974 fissano
trattamenti economici differenziati per il direttore sanitario e per
quello amministrativo e che, pertanto, l’equiparazione di questo a
quello, nella specie deliberata dalla Amministrazione ospedaliera,
contraddice all’art. 7 legge 386/1974, il quale non circoscrive la
propria portata precettiva alle sole indennità aggiuntive rispetto
allo stipendio – base, ma vieta la corresponsione, sotto qualsiasi
forma, di trattamenti migliorativi rispetto a quelli previsti negli
accordi sindacali.
9.2. – Avanti la Corte si è costituito per la Regione Piemonte
l’avv. Alberto Predieri giusta delega in margine alla memoria
depositata il 7 maggio 1980, e ha chiesto dichiararsi irrilevante e,
comunque, manifestamente infondata la proposta questione: irrilevante
perché 1) la normativa impugnata è stata superata dalla legge 23
dicembre 1978 n. 833 (istitutiva del s.s.n.), il cui art. 47 statuisce
che “il Governo è delegato ad emanare, entro il 30 giugno 1979, su
proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri della
Sanità e del Lavoro e della Previdenza Sociale, previa consultazione
delle associazioni sindacali delle categorie interessate, uno o più
decreti aventi valore di legge ordinaria, per disciplinare, salvo
quanto previsto dall’ottavo comma del presente articolo, lo stato
giuridico del personale delle unità sanitarie locali” (comma 3), che
“il trattamento economico egli istituti normativi di carattere
economico del rapporto di impiego di tutto il personale sono
disciplinati mediante accordo nazionale unico, di durata triennale,
stipulato tra il Governo, le Regioni e l’Associazione Nazionale dei
Comuni Italiani (ANCI) e le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative in campo nazionale delle categorie interessate” (comma
8) e che “l’accordo nazionale di cui al comma precedente è reso
esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Presidente del Consiglio dei ministri. I competenti organi locali
adottano entro trenta giorni dalla pubblicazione del suddetto decreto i
necessari e dovuti atti deliberativi” (comma 9); II) con d.P.R. 20
dicembre 1979 n. 761 si è disciplinato lo stato giuridico del
personale delle unità sanitarie locali nonché il trattamento
economico del medesimo con l’art. 30, che prevede la delegazione del
Governo, delle Regioni e dell’ANCI per la stipula dell’accordo
nazionale unico con le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative in campo nazionale delle categorie interessate;
comunque infondata perché I) l’art. 39 si riferisce ai contratti
collettivi capaci di assumere, come tali, efficacia obbligatoria, ma
risulterebbe estraneo all’ambito del pubblico impiego regolato non da
modelli contrattuali ma da atti unilaterali, II) il rinvio legislativo,
formale o recettizio, ad un accordo sindacale può legittimamente
regolare, unilateralmente, un rapporto di pubblico impiego, III) la
partecipazione sindacale alla produzione di norme relative al pubblico
impiego è fenomeno diverso dalla contrattazione collettiva prevista
dall’art. 39, IV) pertanto il T.A.R., sempre ad avviso della Regione,
ha erroneamente ignorato l’accennata distinzione, tenuta, per contro,
presente dalla giurisprudenza del Consigliodi Stato (Sez. VI; dec. 16
dicembre 1977 n. 1134), V) la legge 70/1976 sul personale degli enti
parastatali confermerebbe la considerazione del fenomeno delineata
dalla Regione, la quale conclude ravvisando nell’accordo con i
direttori sanitari un limite e non una norma per il trattamento dei
direttori amministrativi, la cui mancata partecipazione all’accordo
sarebbe irrilevante per essere la disciplina agganciata ad un elemento
extracontrattuale al di fuori della logica dell’art. 39.
È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con atto
depositato l’8 aprile 1980 riproducendo argomentazioni esposte e
conclusioni formulate in precedenti incidenti (supra 1.2.; 2.2.; 3.2.;
4.2.; 5.2.; 6.2.; 7.2.; 8.2.).
10.1. – Provvedendo sul ricorso, notificato, su istanza di Pasquale
Vilardi, agli Spedali Civili di Brescia il 12 luglio 1979 e alla
Regione Lombardia e al Comitato regionale di controllo della Regione il
successivo 18, il T.A.R. Lombardia – Sezione staccata di Brescia – con
ordinanza (definita nella intestazione p. 1: sentenza) deliberata il 20
dicembre 1979 e pubblicata il 7 luglio 1980 (pervenuta alla Corte il 18
agosto 1980; comunicata il 23 maggio e notificata il 29 maggio dello
stesso anno, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 29 ottobre
1980 e iscritta al n. 580 R.O. 1980), ha giudicato non manifestamente
infondata in riferimento all’art. 39 Cost. la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7 d.l. 8 luglio 1974 n. 264, svolgendo
motivazione ricalcata sui motivi addotti dal T.A.R. Umbria nelle
ordinanze 17 giugno e 14 luglio 1977 (supra 7.1.; 8.1.).
10.2. – Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituitane’ ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
11.1. – Dalla ordinanza iscritta al n. 580 R.O. 1980 (supra 10.1.)
differisce l’ordinanza, deliberata dallo stesso T.A.R. Lombardia –
Sezione staccata di Brescia – l’8 gennaio 1981 (e pubblicata il
successivo 12 maggio; notificata ecomunicata il 9 giugno dello stesso
anno, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 5 del 6 gennaio 1982 e
iscritta al n. 602 R.O. 1981) sul ricorso, notificato, ad istanza di
Maria Bertoloni e di altre dieci assistenti sanitari e visitatrici, il
6 marzo 1980 all’Ente Ospedaliero “Spedali Civili” di Brescia, sol in
ciò che la disposizione impugnata è stata più puntualmente indicata
nell’art. 7 comma 3 a) d.l. 8 luglio 1974 n. 264, conv. in legge 17
agosto 1974 n. 386, e, ai fini della rilevanza, che l’applicabilità di
detta disposizione non è nella specie esclusa dal fatto che venga
rivendicato un livello retributivo notevolmente superiore perché la
ripetuta disposizione è comprensiva anche del divieto agli enti
ospedalieri di attribuire ai propri dipendenti livelli retributivi
superiori a quelli in sede pattizia concordati.
11.2. – Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituitane’ ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
12.1 – Provvedendo sui ricorsi proposti da Antonio Sereni, Mario
Domenici e Generoso De Gennaro avverso sentenze 570 a 572/1976 del
T.A.R. Toscana, il Consiglio di Stato, Sez. V con ordinanza 4 luglio
1980 (pervenuta alla Corte l’8 gennaio 1982; notificata il 9 dicembre e
comunicata il 16 dicembre 1981, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
61 del 3 marzo 1982 e iscritta al n. 1 R.O. 1982) ha giudicato
rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 70,
76, 77, 97 e 113 Cost., la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 7, comma 3 della legge 17 agosto 1974 n. 386. Ad avviso del
giudice a quo, l’equilibrio, anteriore alla disposizione impugnata,
tra la provenienza dalle categorie interessate della regolamentazione
del rapporto e la sfera di autonomia da riservarsi alla pubblica
Amministrazione per il raggiungimento dei propri specifici fini,
sarebbe venuto meno a seguito della entrata in vigore della
disposizione impugnata, la quale avrebbe compresso, fino ad annullarlo,
ogni spazio del potere regolamentare dell’Amministrazione circa il
contenuto economico del rapporto: di qui la violazione del combinato
disposto degli artt. 70,76 e 77 Cost. provocata da ciò che le delibere
di recepimento si risolverebbero in una mera presa di atto delle
risultanze di una trattativa, la quale, poi, non potrebbe vincolare se
non i partecipi. Ne rimarrebbero offesi anche gli artt. 97 e 113 Cost.:
l’uno perché la vincolatività deriverebbe da fonte normativa atipica
come gli accordi sindacali; l’altro perché, data l’inapplicabilità
dell’art. 39, non potrebbe attribuirsi se non natura privatistica
all’attività delle rappresentanze degli enti ospedalieri, inidonea a
produrre in capo ai dipendenti interessi legittimi né diritti
soggettivi.
12.2. – Avanti la Corte si sono costituiti per il De Gennaro, il
Domenici e il Sereni gli avv.ti Domenico Sorace e Paolo Spada giusta
delega in margine alla memoria, depositata il 23 marzo 1982, in cui han
concluso per la dichiarazione di fondatezza della questione anche in
riferimento all’art. 39 Cost., sulla base di argomentazioni ampiamente
sviluppate nella memoria depositata il 15 aprile 1982.
Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con
atto depositato il 22 dicembre 1981, con il quale l’Avvocatura generale
dello Stato, richiamata la precedente giurisprudenza del Consiglio di
Stato (dec. 16 dicembre 1977 n. 11 34), ha negato fondamento alla
prospettata questione perché 1) il contrasto con i principi di
tipicità delle fonti normative e di legalità dell’organizzazione
amministrativa non sussisterebbe e ciò per il complesso motivo che la
limitazione della potestà regolamentare degli enti ospedalieri deriva
non dagli accordi sindacali ma dalla legge che vi fa rinvio, e comunque
opererebbe soltanto nel massimo (ma non nel minimo) né gli enti sono
privati del potere – dovere di verificare la legittimità dell’accordo
in relazione all’art. 36 Cost., II) infine, non sarebbe violato l’art.
113 Cost. perché con le delibere di recepimento possono gli enti
ospedalieri derogare in peius le clausole formulate nelle trattative
con le associazioni sindacali.
13.1. – Identica questione ha sollevato il Consiglio di Stato, Sez.
V, investito degli appelli proposti da Carlo Montaini e Oreste Mazzola
avverso le sentenze 238 e 239/1977 del T.A.R. Toscana poi riuniti, con
ordinanza 4 luglio 1980 (pervenuta alla Corte il 28 gennaio 1982;
notificata il 10 gennaio 1981 e comunicata l’11 gennaio 1982,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 3 marzo 1982 e iscritta
al n. 46 R.O. 1982), che riproduce la motivazione in diritto della
ordinanza di pari data.
13.2. – Avanti la Corte si sono costituiti per il Mazzolae il
Montaini gli avv.ti Domenico Sorace e Paolo Spada giusta delega in
margine alla memoria depositata il 15 aprile 1982, nella quale hanno
esposto i motivi di fondatezza della proposta questione; l’atto
d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri è comune
all’incidente iscritto al n. 1 R.O. 1982.
14.1. – Nella memoria depositata il 13 aprile 1982, comune agli
incidenti iscritti ai nn. 1 e 46 R.O. 1982, la difesa dei cinque
ricorrenti al T.A.R. Toscana si è in particolare soffermata su ciò
che 1) non è possibile, senza violare ad un tempo gli artt. 97 e 36
Cost., rendere indipendente la disciplina della “qualità e quantità
del lavoro”, che coinvolge l’organizzazione della struttura, dalla
disciplina della retribuzione, Il) sussiste contrasto tra gli artt. 7
d.l. 264/1974 e 97 Cost. perché ne riesce in radice esclusa qualsiasi
potestà normativa pubblica nella materia, III) riesce violato l’art.
113 Cost. dal ridurre il ripetuto art. 7 la potestà
dell’amministrazione alla emanazione di atti di adempimento, IV)
è infine da reputare costituzionalmente scorretto che norme ordinarie
operino un rinvio formale non previsto dalla Costituzione e, per di
più, ad una fonte non considerata dalla Costituzione.
14.2. – Comune agli undici incidenti, in cui il Presidente del
Consiglio dei ministri ha spiegato intervento, è la memoria,
depositata il 13 aprile 1982, con la quale l’Avvocatura generale dello
Stato, dopo aver opposto alla eccezione d’irrilevanza sollevata dalla
Regione Piemonte che i rapporti, che han fornito occasione agli
incidenti, non possono non essere disciplinati dalle norme del tempo e
non da disposizioni sopravvenute, ha osservato che corretta è la
interpretazione delle disposizioni impugnate prospettata (non dai
T.A.R. seppur con sfumature varie, sibbene) dal Consiglio di Stato, per
la quale gli accordi sindacali sono non fonte autonoma di normazione ma
presupposti del potere regolamentare delle Amministrazioni ospedaliere
(amministrazioni – si aggiunga – vincolate quanto ai massimi non quanto
ai minimi), comunque legittimate – in non diversa guisa dei destinatari
cui è aperta la via delle azioni in giudizio – a controllarne la
legittimità alla stregua dell’art. 36 Cost..
15. – Alla udienza pubblica del 28 aprile 1982, nella quale il
giudice Andrioli ha svolto unica relazione, gli avv.ti Sorace e
Predieri e l’avv. dello Stato Chiarotti hanno ampiamente illustrato le
argomentazioni esposte negli scritti.
16.1. – Nelle motivazioni delle ordinanze dei T.A.R. Piemonte,
Umbria e Lombardia (Sezione staccata di Brescia) costituiscono la nota
tenuta i commi 2 – divenuto 3 a seguito della inserzione di altro comma
tra il 1 e il 2 comma del d.l. in sede di conversione – (“è fatto
divieto agli enti ospedalieri: a) di corrispondere al personale
dipendente compensi, proventi, indennità (addizionali; parola aggiunta
in sede di conversione), a qualsiasi titolo, in eccedenza a quelli
previsti da disposizioni di legge o dagli accordi nazionali stipulati
ai sensi dell’articolo 40 della legge 12 febbraio 1968 n. 132; b) di
fare effettuare al personale dipendente prestazioni di lavoro
straordinario oltre i limiti massimi previsti dagli accordi nazionali
stipulati ai sensi dell’artcolo 40 della legge 12 febbraio 1968 n.
132”) e 6 – divenuto 7 a seguito della già constatata inserzione di
altro comma tra il 1 e il 2 comma – (“sono nulli gli accordi normativi
ed economici a livello locale, provinciale e regionale in contrasto con
le disposizioni del presente articolo, o che riconoscano parametri
retributivi superiori a quelli previsti dai contratti collettivi
nazionali”) dell’art. 7 del d.l. 8 luglio 1974 n. 264 (norme per
l’estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli
enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l’avvio
della riforma sanitaria), conv., con modificazioni, nella legge 17
agosto 1974 n. 386.
Vero è I) che il comma 2 (poi 3) è sospettato di illegittimità
nella sua interezza soltanto nel dispositivo delle due ordinanze 29
marzo 1977 e della ordinanza 11 dicembre 1979 del T.A.R. Piemonte, II)
che nel dispositivo della ordinanza 8 gennaio 1981 della Sezione
staccata di Brescia del T.A.R. Lombardia si esibisce la sola lett. a)
del comma 2 (poi 3) mentre la stessa Sezione nel dispositivo della
ordinanza 20 dicembre 1979 denuncia l’intero art. 7, e III) che il
comma 6 (poi 7) figura nel dispositivo delle due ordinanze 14 luglio
1979 del T.A.R. Umbria, ma non meno conforme al vero si è che nelle
tre ordinanze rese sotto le date dell’11 novembre 1975 (nn. 439, 441 e
442 R.O. 1976) e del 18 febbraio 1976 (n. 440 R.O. 1976) il T.A.R.
Piemonte ha omesso di indicare soltanto nei dispositivi l’art. 7 d.l.
264/1974 perché la disposizione è ben presente nella motivazione,
peraltro comune ai quattro provvedimenti, nella quale si legge che la
normativa originata dagli artt. 40 u.c. legge 132/1968 e 33 d.P.R.
130/1969, che “già apriva il varco a più di un dubbio di legittimità
costituzionale”, “non può essere ulteriormente sostenuta una volta
entrato in vigore il d.l. 8 luglio 1974 n. 264 e la legge di
conversione 17 agosto 1974 n. 386” per la ragione che “la legge 17
agosto 1974 n. 386, innovando alla disposizione dell’art. 7, 4 e 5
comma del d.l. 8 luglio 1974 n. 264, giunge a disporre che per i medici
ospedalieri l’attività libero – professionale e per servizi
convenzionati sia disciplinata direttamente dagli accordi nazionali,
stipulati a norma dell’art. 40 della legge 12 febbraio 1968 n. 132,
così eliminando ogni residuo eventuale dubbio in ordine alla
sopravvivenza di un margine di discrezionalità da parte degli Enti, in
sede di recepimento degli accordi, tanto da paralizzarne lo stesso
potere discrezionale per la concessione di un trattamento economico
più favorevole con ciò superando i limiti stessi dell’efficacia
obbligatoria del contratto collettivo di diritto privato, cui si
riferisce l’art. 39, ult. comma della Costituzione”. Talché i T.A.R.
Umbria e Lombardia (Sezione staccata di Brescia) altro non han fatto
che evidenziare, nella motivazione, quegli argomenti che avevano
indotto il T.A.R. Piemonte a vibrare con il d.l. 264/1974 e con la
legge 386/1974 il colpo di grazia agli artt. 40 u.c. legge 132/1968 e
33 d.P.R. 130/1969 e a sospingere la normativa del 1974 alla ribalta
del dispositivo: in tale ampliatio preceduti i due T.A.R. dallo stesso
T.A.R. Piemonte nelle due ordinanze 29 marzo 1977 la cui motivazione
pur non dissente nella sostanza da quella comune alle ordinanze 11
novembre 1975 e 18 febbraio 1976. Né interessa che in alcuni dei
dispositivi passati in rassegna l’art. 7 comma 3 d.l. 386/1974 si
affianchi all’art. 40 u.c. legge 132/1968 (T.A.R. Piemonte 29 marzo
1977 il quale richiama l’art. 7 comma 3 della legge 17 agosto 1974 n.
386 di conversione del decreto legge) nonché all’art. 33 d.P.R.
130/1969 (T.A.R. Piemonte 11 dicembre 1979) o rappresenti l’unico
obiettivo di impugnazione (T.A.R. Lombardia) e che il T.A.R. Umbria si
limiti ad impugnare il comma 6 dell’art. 7.
Pertanto, anche a tacer di ciò che nove sulle undici ordinanze
hanno assunto a parametri di legittimità i commi 1 e 4 dell’art. 39
Cost. (il T.A.R. Umbria denuncia la violazione del solo comma 4), la
relazione tra gli undici incidenti si appalesa di identità obiettiva
più che di connessione onde se ne impone la riunione e la decisione
con unica sentenza.
16.2. – Il comma 3 dell’art. 7 è l’unica norma impugnata, con le
conformi ordinanze 4 luglio 1978, dal Consiglio di Stato, Sez. V, che
radicalmente diverge dai T.A.R. Piemonte, Umbria e Lombardia per
ravvisare i precetti costituzionali, che giudica violati, negli artt.
70, 76, 77, 97 e 113 della Carta.
Sebbene la decisione non possa non avere contenuto ben diverso, ben
si giustifica, in una con la riunione dei due incidenti agli altri
sollevati dai T.A.R., la sua collocazione in unico documento.
17.1. – La eccezione d’irrilevanza, basata dalla Regione Piemonte
sull’art. 47 legge 23 dicembre 1978 n. 833 (istitutiva del servizio
sanitario nazionale) nell’incidente iscritto aln. 459 R.O. 1980 (supra
n. 9.2.), non merita accoglimento perche il d.P.R. 20 dicembre 1979 n.
761, con il quale, inforza della delega consentita con l’or menzionato
art. 47, si è disciplinato lo stato giuridico del personale delle
unità sanitarie locali, difetta di efficacia retroattiva e, pertanto,
non coinvolge i rapporti anteriori alla sua entrata in vigore, che
formano oggetto dei giudizi su cui il Consiglio di Stato ha reso le due
ordinanze di rimessione.
17.2. – Nel merito la questione, nella quale è assunto a parametro
l’art. 39, è infondata sia perché il legislatore ordinario non ha
dato attuazione al comma 4 dell’art. 39 (né rientra nei poteri di
questa Corte scrutinare l’opportunità o meno della inottemperanza), e,
pertanto, non si è data vita a quella “registrazione” nella quale si
risolve la legittimazione dei sindacati a stipulare, con gli ulteriori
requisiti richiesti dal comma 4, contratti collettivi di lavoro con
efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle
quali il contratto si riferisce, sia perché nulla ha la meccanica
dell’art. 39 da vedere con il procedimento di elaborazione degli atti
previsti nelle disposizioni impugnate. Né in tal guisa individuata la
funzione dei sindacati nelle normative del ’68, del ’69 e del ’74 si
vede in qual modo ne riesca offesa la libertà sindacale garantita dal 1
comma dell’art. 39.
Meritano quindi conferma le ragioni in materia esposte daquesta
Corte nelle sent. 106/1962 e 54/1974.
18.1. – Che l’art. 39 non sia il parametro adatto a sindacare la
conformità delle normative impugnate ai dettami costituzionali, è
stato inteso dal Consiglio di Stato il quale ha assunto a termini di
raffronto della legittimità dell’art. 7 comma 2 d.l. 18 luglio 1974 n.
264 (divenuto 3 con la legge 17 agosto 1974 n. 386 di conversione) gli
artt. 70, 76, 77,97 e 113 Cost..
Di tali norme ritiene la Corte per fermo che valga a giudicare
illegittima la denunciata disposizione l’art. 97 per il primo comma del
quale il buon andamento e l’imparzialita’dell’amministrazione impongono
l’organizzazione dei pubblici Uffici secondo disposizioni di legge.
Invero l’art. 7, con irrogare con il comma 2 agli enti ospedalieri
divieto di corrispondere ai dipendenti compensi di qualsiasi natura in
eccedenza a quelli previsti (non solo da disposizioni di legge, ma
anche) da accordi nazionali di cui alla legge 12 febbraio 1968 n. 132,
e con fulminare, con il 6 comma (divenuto 7), dal quale il 2 comma non
può essere dissociato, di nullità gli accordi normativi a livello
locale, provinciale e regionale in contrasto con le disposizioni dello
stesso art. 7, o che riconoscano parametri retributivi superiori a
quelli previsti dai contratti collettivi nazionali, attribuisce agli
accordi nazionali anche futuri, per i quali non sono delineate
sufficienti garanzie quanto ai tempi e alle modalità di formazione,
con la esclusione di qualsiasi norma avente forza di legge, l’autorità
di atti idonei a porre nel nulla vuoi clausole di contratti individuali
vuoi accordi a livello locale, provinciale e regionale, che concedono
ai dipendenti migliori trattamenti retributivi. Illegittimità tanto
più grave per quanto si consideri il rapporto, di recente fermato da
questa Corte con sent. 68/1980, tra l’articolo 97 e l’art. 36 al
rispetto del quale, a conferma della sent. 124/1968, si è riconosciuta
l’influenza sull’andamento dell’Amministrazione pubblica.
L’art. 7 riconosce alla contrattazione collettiva nazionale e
soltanto alla contrattazione collettiva nazionale senza limiti di tempo
né prescrizioni procedimentali autorità per la quale l’art. 97 comma
1 esige il rispetto della riserva di legge.
18.2. – La or resa statuizione esime la Corte dal verificare la
idoneità degli artt. 70, 76, 77 e 113 – pur invocati dal Consiglio di
Stato – a dimostrare il buon fondamento dei proposti incidenti.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 439 a 442 R.O. 1976, 44 e
45 R.O. 1978, 114 e 115 R.O. 1979, 459 e 580 R.O. 1980, 602 R.O. 1981,
1 e 46 R.O. 1982,
a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 40 u.c. della legge 12 febbraio 1968 n. 132 (enti
ospedalieri e assistenza ospedaliera), 33 d.P.R. 27 marzo 1969 n. 130
(stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri) e 7 commi 2 e 6
del decreto legge 8 luglio 1974 n. 264 (norme per l’estinzione dei
debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il
finanziamento della spesa ospedaliera e l’avvio della riforma
sanitaria) conv.con modificazioni nella legge 17 agosto 1974 n. 386,
sollevata, in riferimento all’art. 39 commi 1 e 4 Cost., dai T.A.R.
Piemonte, Umbria e Lombardia (Sezione staccata di Brescia) con le
ordinanze indicate in motivazione;
b) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 comma 2
decreto legge 8 luglio 1974 n. 264 (divenuto 3 con la legge 17 agosto
1974 n. 386 di conversione).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 luglio 1982.
F.to LEOPOLDO ELIA – ANTONINO DE
STEFANO – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA
VIRGILIO ANDRIOLI – GIUSEPPE FERRARI
– GIOVANNI CONSO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere