Sentenza N. 163 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
06/07/1971
Data deposito/pubblicazione
06/07/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/06/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
della legge 7 novembre 1957, n. 1051 (determinazione degli onorari, dei
diritti e delle indennità spettanti agli avvocati e procuratori per
prestazioni giudiziali in materia civile), promosso con ordinanza
emessa il 17 marzo 1970 dal pretore di Roma nel procedimento civile
vertente tra Giraldi Vittorio e Fraziano Rocco, iscritta al n. 181 del
registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 163 del 1 luglio 1970.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 16 giugno 1971 il Giudice relatore
Giuseppe Verzì;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco
Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Giraldi Vittorio ebbe a convenire in giudizio davanti al pretore di
Roma Fraziano Rocco al fine di ottenere il pagamento di una somma
dovutagli per prestazioni professionali.
Il Fraziano, anziché costituirsi, rimaneva contumace, ma
soddisfaceva direttamente il creditore, determinando così,
sostanzialmente, la cessazione della materia del contendere.
Senonché, il difensore del Giraldi continuava la causa al fine di
ottenere il pagamento delle spese, che il convenuto si rifiutava di
corrispondere, adducendo di non potersi ritenere obbligato ad una
prestazione da lui non richiesta.
Il pretore, dovendo decidere soltanto sulle spese processuali, con
ordinanza 17 marzo 1970, ha sollevato d’ufficio la questione di
legittimità costituzionale dell’articolo unico della legge 7 novembre
1957, n. 1051, perché ritiene che le somme dovute dal cliente al suo
difensore per onorari e diritti siano da qualificare fra le
“prestazioni patrimoniali imposte”; e che la norma – la quale si limita
a stabilire che i criteri per la determinazione degli onorari, dei
diritti e delle indennità spettanti agli avvocati ed ai procuratori
per prestazioni giudiziali in materia civile sono fissati dal Consiglio
nazionale forense – violi il principio della riserva di legge sancito
dall’art. 23 della Costituzione.
Nel presente giudizio non vi è stata costituzione di parti. È
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che la questione
venga dichiarata infondata.
La questione è infondata.
L’obbligo del pagamento degli onorari e dei diritti spettanti agli
avvocati ed ai procuratori per prestazioni giudiziali non ha la natura
di quelle prestazioni patrimoniali che – secondo l’art. 23 della
Costituzione – possono essere imposte soltanto in base alla legge.
La questione è stata già sostanzialmente decisa in tali sensi
dalla sentenza di questa Corte n. 20 del 1960, la quale afferma che “la
materia delle prestazioni forensi non è di quelle che debbono essere
disciplinate necessariamente per legge o per delega di funzioni
legislative” e spiega altresì che “i criteri per la fissazione dei
compensi e le relative tariffe hanno tale natura che è opportuno
rivederli periodicamente; di qui la convenienza di affidarne
l’aggiornamento ad un organo tecnico che sia in grado di prendere
tempestive decisioni”.
L’ordinanza di rimessione fa derivare i caratteri di prestazione
imposta di autorità dalla obbligatorietà della assistenza del
difensore, ma non considera che questa e la corresponsione del relativo
onorario esulano dalla materia regolata dall’art. 23 della
Costituzione. Infatti, l’assistenza del difensore è fondata
sull’esigenza inderogabile nel procedimento giudiziario della
collaborazione del difensore quale organo capace di prospettare
tecnicamente ragioni di fatto e giuridiche; il che non è nella
possibilità della parte. Il compenso è un elemento del contratto
privatistico di prestazione d’opera intellettuale corrente fra
l’interessato ed il legale, disciplinato dagli artt. 2230 e seguenti
del codice civile. E poiché l’opera del difensore è svolta
nell’interesse della parte, l’obbligo del pagamento degli onorari
rimane estraneo al precetto costituzionale avente per oggetto quelle
prestazioni, che vengono imposte da enti pubblici o privati per
finalità di preminente interesse generale.
Per quanto riguarda poi gli onorari spettanti al difensore della
parte avversa, va rilevato che il soccombente è tenuto a
corrisponderli per effetto della sentenza in virtù del principio
generale per cui la parte a favore della quale viene attuata la legge,
non dovendo soffrire una diminuzione patrimoniale, ha diritto al
rimborso di tutte le spese fatte nel procedimento. Ed allorquando la
prestazione è imposta da una sentenza di condanna – la quale, con le
garanzie offerte dal procedimento, contiene sempre un comando di
adempiere un obbligo – si verte in una ipotesi di fatto che è fuori
della previsione dell’art. 23 della Costituzione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo unico della legge 7 novembre 1957, n. 1051
(determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti
agli avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materia
civile), sollevata in riferimento all’art. 23 della Costituzione
dall’ordinanza 17 marzo 1970 del pretore di Roma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.