Sentenza N. 170 del 1971
Corte Costituzionale
Data generale
08/07/1971
Data deposito/pubblicazione
08/07/1971
Data dell'udienza in cui è stato assunto
05/07/1971
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO
– Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI, Giudici,
r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (testo unico delle leggi sull’ordinamento
della Corte dei conti), promossi con due ordinanze emesse il 23 aprile
1969 dalla Corte dei conti – sezione IV giurisdizionale ordinaria – sui
ricorsi di Antonaroli Angelo e di Testini Michele, iscritte ai nn. 18 e
19 del registro ordinanze 1970 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 50 del 25 febbraio 1970.
Udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1971 il Giudice
relatore Nicola Reale.
Con due ordinanze emesse il 23 aprile 1969, nei procedimenti in
materia di pensioni ordinarie promossi con ricorsi di Antonaroli Angelo
e Testini Michele, la IV sezione giurisdizionale della Corte dei conti
ha sollevato di ufficio, in riferimento all’art. 3 della Costituzione,
la questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 63
del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12
luglio 1934, n. 1214, nella parte in cui dispone che i ricorsi contro i
provvedimenti definitivi di liquidazione di pensioni a carico dello
Stato devono essere “presentati” alla Corte medesima nel termine di 90
giorni, decorrente dalla data della comunicazione o notificazione del
provvedimento di concessione o di rifiuto della pensione.
In base a questa disposizione, nel caso in cui l’interessato per la
presentazione del ricorso si avvalga del servizio postale, egli ha
l’onere di spedire l’atto con anticipo rispetto al giorno di scadenza
del termine predetto, affinché il recapito avvenga non oltre il
novantesimo giorno, sotto pena di decadenza dall’impugnazione e
irricevibilità del ricorso.
Diversamente da tale disciplina, in materia di pensioni di guerra
l’art. 109, terzo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (come già
l’art. 114 della precedente legge 10 agosto 1950, n. 648) prevede
essere sufficiente, ai fini della tempestiva proposizione del ricorso
contro il decreto del Ministro del tesoro, che nel termine sopra
ricordato avvenga soltanto la spedizione del plico postale.
In materie pensionistiche analoghe, quindi, si osserva nelle
ordinanze, sussisterebbe una disparità di trattamento contrastante con
il principio costituzionale di uguaglianza, giacché sostanzialmente
non diverse sarebbero le fattispecie concernenti rispettivamente
l’impugnazione relativa a pensione ordinaria e quella dell’analogo
provvedimento di concessione o rifiuto di una pensione di guerra. Né
avrebbe rilievo in proposito la diversità di fondamento giuridico fra
le predette cause di attribuzione della pensione. E tuttavia gli aventi
diritto a quest’ultimo beneficio disporrebbero, per la spedizione del
ricorso, di un termine certo di scadenza, mentre tale non risulterebbe
quello preveduto per la presentazione del ricorso per pensioni
ordinarie, essendo questo reso incerto, quanto alla sua durata, dal
tempo occorrente per il recapito postale.
Davanti a questa Corte non si è costituita alcuna delle parti, né
è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri; pertanto, ai
sensi dell’art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e
dell’art. 9, primo comma, delle Norme integrative 16 marzo 1956, le due
cause sono state fissate, per la decisione, in camera di consiglio.
1. – I due giudizi, per l’identità della questione proposta,
devono essere riuniti e decisi con unica sentenza.
2. – Entrambe le ordinanze prospettano la questione circa la
legittimità costituzionale dell’art. 63 del testo unico delle leggi
sull’ordinamento della Corte dei conti (approvato con r.d. 12 luglio
1934, n. 1214), in riferimento al principio di uguaglianza di cui
all’art. 3 della Costituzione.
Il primo comma di detto articolo si limita a prescrivere che il
termine di novanta giorni per la presentazione alla Corte dei ricorsi
menzionati nel precedente art. 62 (compresi quelli avverso i
provvedimenti definitivi di liquidazione di pensioni ordinarie a carico
totale o parziale dello Stato), decorre dalla data di comunicazione o
notificazione del provvedimento.
Orbene se il ricorrente, anziché depositare o far depositare
direttamente l’atto negli uffici della Corte, si avvale del servizio
postale (come gli è consentito, ancorché la norma di cui sopra non lo
specifichi), la presentazione stessa può considerarsi perfetta solo
con l’arrivo del plico raccomandato agli uffici della Corte e non con
la consegna di esso all’ufficio postale mittente.
Ne consegue che, se il plico sia recapitato dopo lo spirare del
termine, sicuramente perentorio, il ricorso è irricevibile e ciò
anche nel caso che la consegna all’ufficio postale mittente sia
avvenuta nel termine predetto, come appunto per i due ricorsi che hanno
provocato le ordinanze di rimessione.
In queste viene posta a raffronto la detta normativa con l’altra,
ben diversa e più favorevole ai ricorrenti, vigente in materia di
pensioni di guerra per l’art. 109, legge 18 marzo 1968, n. 313,
riproducente con qualche modifica, che qui non interessa, l’art. 114
della precedente legge 10 agosto 1950, n. 648, a sua volta derivato
dall’art. 1 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, che sostituì l’originario
art. 86 del t.u. del 1934 sopra citato.
Con l’art. 109, premessa nel primo comma la imposizione di un
analogo termine di impugnazione della durata di novanta giorni, si
prevede, nel terzo comma, che il ricorso “dev’essere depositato alla
segreteria della Corte dei conti o a questa spedito mediante
raccomandata”.
“In questo secondo caso, della data di spedizione fa fede il bollo
dell’ufficio postale mittente e, qualora questo sia illeggibile, la
ricevuta della raccomandata”.
Il termine, pertanto, si considera osservato anche con la semplice
spedizione del plico contenente il ricorso, senza che abbia rilievo
pregiudizievole il tardivo ed eventualmente mancato recapito del plico
agli uffici della Corte, come invece può accadere in materia di
pensioni ordinarie.
Si assume dai giudici di merito, con vari argomenti, che simile
diversità di trattamento, riguardo alla determinazione del dies ad
quem per ricorrere contro provvedimenti rispettivamente relativi a
pensioni ordinarie e a pensioni di guerra, è priva, sul punto, di
giustificazione logica e giuridica.
La questione è fondata.
3. – È evidente che la disciplina preveduta dalla norma impugnata
importa incertezza, o quanto meno decurtazione, del termine legale in
danno degli aventi diritto a richiedere la tutela giurisdizionale
contro la liquidazione della pensione di quiescenza o privilegiata che
si pretenda illegittima o avverso il rifiuto di essa. E ciò nei
confronti di soggetti i quali, per la presentazione del ricorso, si
avvalgano del servizio postale, in situazioni non diverse da quelle che
legittimano l’uso di tale mezzo nei giudizi concernenti pensioni di
guerra, ai sensi delle disposizioni sopra citate.
Va ricordato al riguardo che per la proposizione del ricorso, in
entrambe le materie, non è richiesto il patrocinio legale (necessario
soltanto per la comparizione in pubblica udienza nei giudizi
concernenti pensioni ordinarie, ai sensi dell’art. 3, commi secondo e
terzo, della legge 21 marzo 1953, n. 161) e che l’uso del servizio
postale si appalesa normalmente mezzo agevole e utile a favore di
quanti, quale che sia il titolo onde ripetono il diritto a pensione, si
trovino, generalmente per ragioni di età, infermità, invalidità,
condizioni economiche od altre, nella impossibilità di recarsi
personalmente negli uffici della Corte, talora anche molto lontani dal
luogo di loro residenza, e non siano nemmeno in grado di avvalersi di
un apposito incaricato.
D’altra parte è indubbio che in entrambe le ipotesi il termine
perentorio svolge identica funzione, in quanto preordinato al
verificarsi della decadenza dall’esercizio del diritto a ricorrere, al
fine generale della certezza degli atti della pubblica amministrazione.
Conseguentemente, ove il termine stesso decorra inutilmente, il
ricorso presentato intempestivamente è colpito dalla sanzione della
irricevibilità. Ma nei giudizi concernenti pensioni ordinarie, così
come in quelli relativi a pensioni di guerra, la presentazione dei
ricorsi non incide direttamente sugli oneri processuali di soggetti che
abbiano il potere di interloquire nei giudizi medesimi e non ne
condiziona l’esercizio.
In particolare, dalla normativa in esame non risulta aver rilevanza
alcun interesse che si palesi direttamente subordinato alla ricezione,
nel termine di novanta giorni sopra ricordato, del ricorso concernente
una pensione ordinaria, e possa giustificare il più rigoroso criterio
adottato per l’accertamento della sua decorrenza rispetto all’analogo
caso in materia di pensioni di guerra.
Non sembra pertanto essere razionalmente fondata, né rispondente
ad esigenze etico sociali, tale diversità, derivante dalla non
estensione ai procedimenti per pensioni ordinarie della più favorevole
norma che consente agli interessati di osservare il termine di
impugnativa con la spedizione del ricorso presso un ufficio postale.
In conclusione la diversa disciplina risultante dall’art. 63 del
r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, non può non ravvisarsi in contrasto con
l’art. 3 della Costituzione, che esige pari trattamento normativo per
situazioni fra loro non difformi.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 63 del testo
unico delle leggi sull’ordinamento della Corte dei conti, approvato con
r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, nella parte in cui esclude che il termine
stabilito per la presentazione dei ricorsi di cui al precedente art. 62
possa essere osservato anche con la spedizione dei ricorsi stessi
mediante raccomandata, e che, in questo caso, della data di spedizione
faccia fede il bollo dell’ufficio postale mittente e, qualora il bollo
sia illeggibile, la ricevuta della raccomandata.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 1971.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.