Sentenza N. 174 del 1981
Corte Costituzionale
Data generale
30/07/1981
Data deposito/pubblicazione
30/07/1981
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/07/1981
EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. ANTONINO DE STEFANO –
Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE –
Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof.
LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA –
Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,
114 e del n. 2 dell’allegata tabella B del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio
1975, n. 382), promosso con ordinanza emessa il 3 luglio 1980 dalle
Sezioni Unite Civili della Corte di cassazione, sui ricorsi riuniti
proposti dalla Regione Toscana ed altri contro l’ONAOSI ed altri,
iscritta al n. 857 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27 del 28 gennaio 1981.
Visti gli atti di costituzione dell’ONAOSI, della Regione Toscana,
della Regione Piemonte, della Regione Umbria, della Regione
Emilia-Romagna e della Regione Veneto nonché l’atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 29 aprile 1981 il giudice relatore
Leopoldo Elia;
uditi gli avvocati Aldo Sandulli per l’ONAOSI, Calogero Narese per
la Regione Toscana e per la Regione Piemonte, Francesco D’Onofrio per
la Regione Umbria, Francesco Galgano per la Regione Emilia-Romagna e
l’avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per la Regione Veneto e per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – La Corte di cassazione – Sezione Unite Civili – con ordinanza
emessa il 3 luglio 1980, sollevava questione di costituzionalità degli
artt. 22, 113, 114 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e del n. 2
dell’allegata tabella B, per contrasto con gli artt. 117 e 118 della
Costituzione, nonché per contrasto con l’art. 76 della Costituzione
medesima con riguardo a quanto stabilisce l’art. 1, lettera b) della
legge di delegazione n. 382 del 1975.
Il detto n. 2 della tabella B prevede infatti il trasferimento alle
regioni del patrimonio dell’Opera Nazionale Orfani Sanitari Italiani
(ONAOSI) nel quadro del generale trasferimento delle competenze e delle
strutture in materia di beneficenza. L’ente suddetto non potrebbe
peraltro considerarsi a stretto rigore istituzione pubblica di
beneficenza, attesoché si finanzia mediante contributi obbligatori a
carico dei sanitari e svolge la sua attività a favore degli orfani di
coloro che sono soggetti all’obbligo di contribuire (fin dalla legge n.
306 del 1901). Il modo di operare dell’ente seppure non sufficiente a
qualificarlo come previdenziale, stante il carattere non obbligatorio
delle prestazioni, escluderebbe la sua riconducibilità alla categoria
delle istituzioni pubbliche di beneficenza, mentre lo qualificherebbe
come ente assistenziale con caratteri di mutualità. La giurisprudenza
della Corte costituzionale, estremamente rigorosa in materia di
distinzione tra assistenza e beneficenza, renderebbe inevitabile la
questione di costituzionalità del trasferimento dell’ONAOSI, apparendo
in contrasto (alla luce anche della medesima) con gli artt. 117 e 118
della Costituzione innanzi tutto l’art. 22 del d.P.R. n. 616 del 1977,
in quanto fornisce un concetto amplissimo di beneficenza, sì da
assorbire in essa gran parte di quella che propriamente è assistenza,
e poi gli artt. 113 e 114 del medesimo decreto presidenziale, che
conseguentemente regolano le modalità di trasferimento alle regioni
degli enti pubblici nazionali ed interregionali ed il n. 2
dell’allegata tabella B che prevede il trasferimento alle regioni del
patrimonio della detta ONAOSI. Ne risulterebbe violato anche l’art. 1,
lett. b) della legge di delega che appunto prevederebbe l’attribuzione
alle regioni delle sole materie strettamente legate alla beneficenza.
Il procedimento a quo aveva avuto origine da azione promossa
dall’ONAOSI nei confronti di diverse regioni (Umbria, Valle d’Aosta,
Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio, Campania, Puglia, Toscana) e
della Presidenza del Consiglio dei ministri tendente ad ottenere
l’accertamento del proprio diritto all’esistenza, previa deciaratoria
di incostituzionalità delle norme che prevedono il trasferimento dei
beni alla regione e l’estinzione dell’ente. Alcune regioni (Umbria,
Toscana, Emilia-Romagna) proponevano regolamento preventivo di
giurisdizione. In tale sede la Suprema Corte sollevava la accennata
questione di costituzionalità.
L’ordinanza, regolarmente notificata e comunicata, veniva
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 28 gennaio 1981.
2. – Si costituiva nel presente giudizio l’Opera Nazionale per
l’Assistenza agli Orfani dei Sanitari Italiani deducendo la fondatezza
della questione. La detta Opera Nazionale nacque da sottoscrizioni
private ed ebbe all’origine carattere fondatizio; in considerazione dei
suoi scopi e della sua struttura venne classificata come istituzione
pubblica di assistenza e beneficenza e sottoposta alla disciplina della
legge n. 6972 del 1890. Tale natura venne ribadita dai successivi
statuti, nonostante fosse nel frattempo intervenuta la legge n. 306 del
1901 che ne mutava i caratteri essenziali. Questa legge, infatti,
appunto per rendere l’Opera adeguata ai suoi compiti, statuiva
l’obbligo di contributo per i sanitari dipendenti pubblici. La
fondazione sarebbe stata così trasformata, secondo le stesse parole
dei proponenti, in “grande opera di previdenza, di carità, di bene”,
“applicando i dettami civili della mutualità e della cooperazione”. Il
contributo obbligatorio venne elevato da susseguenti atti normativi,
fino alla legge 31 gennaio 1949, n. 21, che ne fissa la misura attuale.
L’ONAOSI avrebbe perso in conseguenza l’originaria natura per
acquistare quella di ente pubblico di assistenza, con carattere di
mutualità. La circostanza di erogare attività in favore di soggetti
bisognosi non sarebbe del resto elemento sufficiente, secondo lo stesso
insegnamento del Consiglio di Stato, a configurare l’ipotesi di enti di
beneficenza, quando vengono perseguite finalità ulteriori e
prevalenti.
Il trasferimento del patrimonio dell’ONAOSI alle regioni, previsto
dal n. 2 dell’allegato B al d.P.R. n. 616 del 1977, sarebbe dunque
conseguenza di una denominazione tralaticia dell’ente che più non
corrisponde alla sua natura giuridica, trattandosi non di ente di
beneficenza ma di assistenza. Sarebbe conseguenza inoltre di un
trasferimento di competenze alle regioni che eccede i limiti previsti
dagli artt. 117 e 118 della Costituzione. La Costituzione infatti
avrebbe mantenuto una netta distinzione tra i concetti di beneficenza
ed assistenza, come si desumerebbe non solo dal suo tenore letterale,
intendendo le parole nel significato proprio della tradizione
legislativa e dottrinale, ma anche dalla circostanza che l’art. 117
attribuisce alle regioni espressamente una competenza nel campo
dell’assistenza scolastica, la quale, ove il concetto di beneficenza
già ricomprendesse attività assistenziali, non avrebbe dovuto essere
contemplata in separata disposizione. Dovrebbe ritenersi quindi viziato
l’art. 22 del d.P.R.n. 616 del 1977 che delineerebbe un concetto troppo
esteso di beneficenza e, di conseguenza, gli artt. 113, 114 ed il n. 2
dell’allegato B del menzionato decreto presidenziale.
3. – Si costituiva la Regione Umbria eccependo l’irrilevanza delle
questioni e deducendo nel merito la loro infondatezza. Non
contestandosi la costituzionalità della norma della legge delega che
prevede il trasferimento alle regioni dei beni delle istituzioni
pubbliche di assistenza e di beneficenza a carattere nazionale ed
interregionale e tale essendo, per lunga tradizione, l’opera per gli
orfani dei sanitari italiani, non sussisterebbe dubbio circa la
sottoponibilità della medesima al procedimento di cui agli artt. 113 e
114 del d.P.R. n. 616 del 1977. Il regolamento di giurisdizione
proposto avrebbe dunque dovuto concludersi con l’effermazione della
giurisdizione del giudice amministrativo, mentre la questione di
costituzionalità si paleserebbe superflua ai fini del decidere.
La medesima sarebbe inoltre infondata. L’ampia nozione di
assistenza e beneficenza formulata dall’art. 22 del d.P.R. n. 616 del
1977 troverebbe riscontro in precedenti pronunzie della Corte
costituzionale, in cui si afferma la possibilità di attribuire con la
legge alle regioni settori propriamente ascrivibili all’assistenza, ove
se ne ravvisi l’opportunità, e risulterebbe funzionale ad un
trasferimento completo ed organico della materia, così da evitare
quelle frammentazioni, quelle duplicazioni, quei ritagli che, secondo
lo stesso avviso delle Sezioni Unite, il precedente trasferimento non
era riuscito ad evitare. E ciò proprio in attuazione della lettera e
dello spirito della delega contenuta nella legge n. 382 del 1975.
L’art. 114 del d.P.R. n. 616 menzionato prevede inoltre la
possibilità di sostituire gli enti fondati sui contributi obbligatori
di una categoria mediante associazioni libere fondate sul contributo
volontario; è quanto sarebbe già accaduto a proposito dell’ONAOSI e,
dunque, risulterebbe destituita di ogni fondamento la pretesa di tale
ente di continuare a sussistere pur avendo perduto le sue funzioni.
Anche sotto questo profilo si paleserebbero dunque infondate le censure
di legittimità costituzionale mosse alla normativa in esame.
Si costituiva anche la Regione Toscana a sua volta eccependo
l’inammissibilità delle questioni e deducendone l’infondatezza.
L’ONAOSI, fin dalla sua origine, è stata qualificata istituzione
pubblica di assistenza e beneficenza. Per tale sua originaria qualità
e non per una presunta indebita estensione del concetto di beneficenza
ad opera dell’art. 22 del d.P.R. n. 616 del 1977 sarebbe stata inclusa
nella tabella B che contempla gli enti i cui beni debbono essere
trasferiti alle regioni. E, dunque, la questione sollevata nei
confronti del detto art. 22, nonché nei confronti degli artt. 113 e
114 e del n. 2 dell’allegata tabella B, sarebbe irrilevante.
L’assistenza pubblica, così come definita dalla sentenza n. 139
del 1972 della Corte costituzionale, sarebbe caratterizzata dal fatto
di spettare ad ampie categorie di cittadini determinate in astratto
dalla legge, al di fuori di ogni discrezionalità amministrativa; il
che non si riscontrerebbe nei confronti dell’ONAOSI, la quale opera a
favore di una circoscritta categoria. Tale ente inoltre, poiché non
predisposto od integrato dallo Stato, neppure sarebbe riconducibile
alla previsione dell’art. 38 della Costituzione.
La Regione Piemonte si costituiva svolgendo analoga eccezione di
irrilevanza e deducendo, con argomenti simili, l’infondatezza della
questione.
La Regione Emilia-Romagna, costituitasi, rilevava, a sua volta, la
non riconducibilità dell’ONAOSI alla categoria di enti predisposti od
integrati dallo Stato, prevista dall’art. 38 della Costituzione. Negava
inoltre fosse riscontrabile un eccesso di delega, palesandosi la
definizione più larga di beneficenza frutto di un organico disegno di
riforma, già impostato dalla legge n. 382 del 1975 e dai lavori della
Commissione Giannini.
La Regione Veneto, difesa dall’Avvocatura dello Stato, si limitava
ad affermare l’infondatezza della questione.
4. – La stessa Avvocatura dello Stato, costituitasi per conto del
Presidente del Consiglio dei ministri, svolgeva più ampie deduzioni.
Osservava che la Corte costituzionale ha ammesso possa essere con legge
attribuito alle regioni anche l’espletamento di compiti attinenti
all’assistenza (sentenza n. 111 del 1975 e, prima ancora, sentenza n.
29 del 1968); ciò appunto sarebbe previsto dalla legge n. 382 del 1975
che, al fine di superare la frammentarietà del precedente
trasferimento, non solo autorizzava l’attribuzione di compiti prima
spettanti non allo Stato ma ad enti pubblici, bensì anche
l’attribuzione di qualsiasi altro compito connesso per essere affine,
strumentale e complementare. Appunto interpretando con la necessaria
discrezionalità tale delega, secondo l’opinione dell’Avvocatura dello
Stato, il Governo ha correttamente trasferito con il d.P.R. n. 616 del
1977 nuovi poteri alle regioni in materia di assistenza; nel caso in
esame poi la connessione con la materia della beneficenza risulterebbe
evidente.
5. – Con successive memorie e nell’udienza di discussione
l’Avvocatura dello Stato e le parti costituite svolgevano ulteriormente
i rispettivi assunti. L’ONAOSI in particolare sosteneva che i criteri
di complementarità, affinità, strumentalità, connessione, indicati
nell’art. 1, lett. b) della legge delega, possono operare solo
all’interno della materia “beneficenza”, la cui natura non autorizzano
ad alterare.
1. – L’ordinanza delle Sezioni Unite Civili della Corte di
cassazione propone due questioni di legittimità costituzionale in
ordine agli artt. 22, 113, 114, tabella B n. 2 del d.P.R. 24 luglio
1977, n. 616: la prima concerne la conformità o meno di detta
normativa alle regole dell’art. 76 della Costituzione; la seconda
riguarda la violazione o meno da parte della normativa predetta dei
precetti contenuti negli artt. 117 e 118 della Costituzione in ordine
alla ripartizione delle attribuzioni tra Stato e regioni di diritto
comune in tema di beneficenza e assistenza pubblica.
Va senz’altro respinta la eccezione di irrilevanza delle questioni
sollevate dalle Sezioni Unite proposta (come precisato in narrativa)
dalle regioni costituitesi in questo giudizio e fondata sulla natura di
istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (IPAB), a carattere
nazionale, che, a quanto si afferma, sarebbe propria dell’Opera
Nazionale per l’Assistenza agli Orfani dei Sanitari Italiani (ONAOSI).
In realtà questa eccezione attiene direttamente al merito del giudizio
e non puo dunque impedire alla Corte l’esame delle questioni proposte
dal giudice a quo.
2. – Quanto alla violazione dell’art. 76, per l’eccesso di delega
che sarebbe determinato dal diretto contrasto tra le norme citate del
d.P.R. n. 616 del 1977 e l’art. 1 della legge n. 382 dei 1975, la
questione deve ritenersi non fondata.
Che la delega al Governo fosse diretta a trasferire alle regioni
funzioni attinenti alla beneficenza ed assistenza pubblica secondo una
ridefinizione della materia, contestuale al trasferimento, si trae
senza ombra di dubbio dalla lettera b) ora richiamata: infatti è
proprio agli enti pubblici nazionali ed interregionali svolgenti
attività nel campo dell’assistenza pubblica che era diretta, in primo
luogo, l’attenzione del legislatore delegante, come risulta anche dai
lavori preparatori della legge n. 382 del 1975. In particolare tali
lavori confermano che trasferimento delle funzioni degli enti nazionali
e ridefinizione della materia facevano tutt’uno nella volontà del
Governo e dei parlamentari; è significativo in tal senso l’ordine del
giorno presentato dal sen. Buccini ed altri (ed accolto dal Governo
come raccomandazione) nel quale si proponeva testualmente: “nelle
funzioni regionali in materia di beneficenza andranno comprese, ferma
restando la competenza statale in materia di previdenza sociale, tutte
le funzioni relative ad attività e interventi socio-assistenziali, sia
attraverso la creazione di infrastrutture che attraverso l’erogazione
diretta o indiretta di prestazioni anche a carattere continuativo e
previste in via generale dalla legge per determinate categorie di
assistibili, nell’ambito della progressiva realizzazione di un sistema
di sicurezza sociale” (Sen. Rep., VI Leg., Res. sten. 6 giugno 1974.
pag. 14438 e 4 luglio 1974, pag. 14895 e 14896).
3. – Circa poi la violazione, in modo per così dire indiretto,
dall’art. 76 (per non essere le funzioni esercitate dall’ONAOSI
inerenti alle materie indicate nell’art. 117 della Costituzione,
secondo la lettera b) dell’art. 1, comma primo, della legge n. 382 del
1975), la questione viene a coincidere con l’altra relativa al
contrasto tra la normativa del d.P.R. n. 616 del 1977 (artt. 22, 113,
114, tabella B n. 2) e gli artt. 117 e 118 della Costituzione.
La difficoltà di determinare il preciso significato della formula
“beneficenza pubblica” inserita nell’elenco delle materie di spettanza
regionale dell’art. 117 della Costituzione dipende oltreché da ragioni
storiche (che conducono di regola ad una interpretazione di segno
evolutivo) anche da ragioni sistematiche, derivanti dalla necessità di
coordinare in sede ermeneutica i precetti dell’art. 38 con quelli
dell’art. 117 della Costituzione. La giurisprudenza di questa Corte ha
talvolta posto l’accento sulla coincidenza tra la materia
dell’assistenza e beneficenza attribuita alle regioni a Statuto
speciale da varie norme degli Statuti costituzionali e quella cui si
riferisce il primo comma dell’art. 38 della Costituzione (sentenze n.
27 del 1965 e n. 29 del 1968). In particolare, secondo la sentenza n.
111 del 1975 “non è da escludersi che ai compiti preveduti” dall’art.
38 della Costituzione “lo Stato possa provvedere anche attraverso
l’ordinamento regionale”. Lasciando da parte alcune pronunzie che, come
hanno esattamente notato le Sezioni Unite nella loro ordinanza,
riguardano la materia previdenziale (sentenze nn. 126 e 127 del 1976),
è però necessario soffermarsi sulla sentenza n. 139 del 1972, che,
contrariamente all’orientamento ora ricordato, ha ritenuto di dover
distinguere con contorni molto nitidi l'”assistenza sociale” dell’art.
38 della Costituzione dall’assistenza e beneficenza pubblica,
considerata quest’ultima, a livello costituzionale, come di competenza
di tutte le regioni (di diritto comune o ad autonomia speciale). In
questa sentenza del 1972, che è senza dubbio la più impegnata
nell’elaborazione interpretativa dei rapporti tra art. 38 e art. 117
della Costituzione, la Corte ha così delineato le differenze tra i due
tipi di assistenza: quella sociale implica una rigorosa delimitazione
nella discrezionalità delle prestazioni, sì da concretare il diritto
all’assistenza, di cui è parola nell’art. 38 della Costituzione; una
predeterminazione delle categorie dei destinatari dell’assistenza, ai
quali, per il solo fatto di appartenere a tali categorie, spettano le
prestazioni assistenziali; la relativa uniformità di queste
prestazioni che appaiono come sostitutive di un reddito di lavoro.
Mentre la beneficenza ed assistenza pubblica, così come individuata a
partire dalla legge organica 17 luglio 1890, n. 6972, si caratterizza
per la discrezionalità delle prestazioni in denaro e in servizi che
possono rivolgersi a favore di tutti coloro che comunque si trovino in
condizioni di bisogno. La beneficenza e assistenza pubblica, dunque, si
affiancherebbe e, ove necessario, integrerebbe le carenze
dell’assistenza sociale (cui fa riferimento, con specifico riguardo ai
cittadini inabili al lavoro, il comma primo dell’art. 38 Cost.),
assistenza sociale rimessa ad organi ed istituti predisposti od
integrati dallo Stato.
Non v’è dubbio che la ridefinizione della beneficenza pubblica,
quale è disposta dall’art. 22 del d.P.R. n. 616 del 1977, congiunge in
una entità unitaria (ad eccezione delle funzioni relative alle
prestazioni economiche di natura previdenziale) le attività che la
sentenza n. 139 del 1972 aveva nettamente separate. Anche se non si
può dimenticare il margine di incertezza che, in ordine alle linee di
demarcazione tracciate in quella pronuncia, provocava l’attesa del
riordinamento degli enti di assistenza a carattere nazionale o
interregionale (“a seguito del quale soltanto potrebbero eventualmente
enuclearsi ulteriori settori di materie attribuibili alle regioni”), è
di tutta evidenza che la comprensiva soluzione accolta nell’art. 22 si
colloca ben oltre l’aggiunta di taluni settori dell’assistenza.
Le finalità e l’ampiezza della ridefinizione rappresentano certo
il frutto di una nuova analisi delle funzioni razionalmente
suscettibili di essere riunite nella materia, ma costituiscono
innanzitutto i primi risultati di una nuova linea di politica sociale,
come è attestato anche dalle proposte di legge presentate in questa
legislatura dai gruppi parlamentari più numerosi (Cam. Dep., VIII
Leg., proposte nn. 166, 913 e 998). In particolare i servizi sociali
dovrebbero essere rivolti a mantenere i cittadini nel loro ambiente
familiare e sociale con interventi di carattere domiciliare o con
centri diurni. Il recupero e il reinserimento nel nucleo familiare e
nel normale ambiente di vita di tutti i cittadini che per qualsiasi
causa ne fossero stati esclusi costituirebbe un ulteriore obiettivo
previsto per i nuovi servizi, con la prevenzione e rimozione degli
ostacoli di diverso ordine che si frappongono al conseguimento di
questi obiettivi.
La ridefinizione operata dall’art. 22 del d.P.R. n. 616 del 1977
(che include prestazione di servizi gratuiti o a pagamento, prestazioni
economiche a favore di singoli e di gruppi, individuati anche per
categoria, quale che sia il titolo della individuazione) deve dunque
essere inquadrata in tale prospettiva, che ricomprende (senza
risolversi nelle forme già note di intervento) non solo la
“beneficenza e assistenza pubblica” ex art. 117 ma anche l'”assistenza
sociale” ex art. 38 della Costituzione.
L’ampliatio dei destinatari, che prescinde in taluni casi dallo
stato di bisogno; la diversificazione delle prestazioni, congiunta
all’estendersi del carattere di non discrezionalità nella loro
erogazione; la tendenza a superare la tipizzazione degli interventi a
seconda delle categorie individuate dall’attività lavorativa degli
assistibili, facendosi invece riferimento ai diversi stadi della vita
umana (infanzia, vecchiaia) che maggiormente richiedono la fruizione
dei servizi sociali: questo insieme di elementi comporta il superamento
dei presupposti sui quali si fondavano le distinzioni e le
contrapposizioni disegnate nella sentenza n. 139 del 1972. Del resto,
questo indirizzo era segnato, sia pure in forma ellittica, nel primo
dei criteri direttivi della legge di delega n. 382 del 1975 allorché
nell’art. 1, comma terzo, n. 1, si prescriveva che il trasferimento
delle funzioni amministrative doveva “essere finalizzato ad assicurare
una disciplina ed una gestione sistematica e programmata delle
attribuzioni costituzionalmente spettanti alle regioni per il
territorio e per il corpo sociale”.
È da chiedersi ora se la ridefinizione della materia ex art. 22
del d.P.R. n. 616 del 1977 sia in contrasto con gli artt. 117 e 118
della Costituzione in relazione ai precetti dell’art. 38 della Carta
costituzionale. Indubbiamente, adottare un disegno organico di riforma
dei servizi sociali nei termini sopra accennati, se rappresenta un
indirizzo politico diversamente valutabile in relazione a differenti
parametri (disponibilità di mezzi finanziari e di quadri
professionalmente adeguati, possibili standards di rendimento), non
può certo ritenersi in contrasto con la Costituzione; e non provoca,
nella specie, incostituzionali alterazioni’ nel riparto di competenza
tra Stato e regioni. Infatti, a parte il richiamo alle sentenze già
citate (nn. 27 del 1965, 29 del 1968 e 111 del 1975), che ammettevano
il concorso delle regioni all’attuazione dell’art. 38, primo comma,
della Costituzione, è sufficiente rammentare che lo Stato è
senz’altro in grado di incidere profondamente sull’attuazione di questo
arduo programma sia con l’adozione di una legge di riforma
dell’assistenza (che sarebbe insieme legge-cornice ai fini dell’art.
117 della Costituzione e legge di riforma economico-sociale ai sensi
degli Statuti speciali) sia, e soprattutto, con l’integrazione
finanziaria degli organi ed istituti (regionali), che debbono
provvedere ai compiti previsti nell’art. 38. È evidente, infatti, che
un programma di servizi sociali così ambizioso non può essere
realizzato che con il sostegno finanziario proveniente dalle entrate
tributarie dello Stato (così come si è provveduto nell’ambito del
servizio sanitario nazionale mediante il fondo annuale da ripartire tra
le regioni di cui all’art. 51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833).
E va da sé che l’attuazione del disegno riformatore non potrebbe
realizzarsi che nel rispetto delle altre norme costituzionali ed in
particolare dell’art. 81 della Costituzione.
In questa prospettiva assume rilievo non dirimente accertare se la
distinzione nell’art. 117 della Costituzione tra beneficenza,
assistenza sanitaria ed ospedaliera, e assistenza scolastica fosse
determinata dalla esistenza di legislazioni di settore particolarmente
complesse e dotate di una propria fisionomia o, piuttosto, dalla
presenza di enti assistenziali a carattere nazionale, non certo
costituzionalmente garantiti, che concorrevano a caratterizzare
l’assistenza sociale ex art. 38. Né è necessario rispondere alla
domanda se l'”assistenza sociale”, affiancata in taluni statuti
speciali alle competenze aventi ad oggetto il “lavoro” e la “previdenza
sociale”, abbia o meno lo stesso significato della formula dell’art.
38, primo comma, della Costituzione (art. 5, lett. b) legge cost. 26
febbraio 1948, n. 3, Statuto speciale per la Sardegna; art. 6, n. 2,
legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1, Statuto speciale per la Regione
Friuli-Venezia Giulia e, sostanzialmente, art. 17, lett. g) Statuto
della Regione Siciliana approvato con r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455,
convertito in legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2).
Invero, non può disconoscersi che spetta al legislatore delegato
apprezzare, secondo i criteri indicati nell’art. 1, comma terzo, n. 1
della legge di delega n. 382 del 1975, la “più stretta connessione
esistente tra funzioni affini, strumentali e complementari” nel quadro
dei trasferimenti di funzioni amministrative alle regioni,
trasferimenti finalizzati, in questo caso, alla ricomposizione dei
servizi sociali su basi territoriali.
Conclusivamente, l’art. 22 ex d.P.R. n. 616 del 1977 non viola gli
artt. 117 e 118 perché non eccede i limiti della materia intesa nel
quadro della legislazione vigente, avuto riguardo al concetto di
“beneficenza pubblica”, quale fu presente al legislatore delegante
all’atto del trasferimento alle regioni delle funzioni relative
(sentenza n. 89 del 1977).
4. – È chiaro come nell’iniziativa riformatrice avviata dall’art.
1 della legge n. 382 del 1975 non trovi favore la sopravvivenza di enti
nazionali costituiti per assistere soggetti qualificati dal riferimento
ad una categoria individuata secondo l’attività lavorativa (per quanto
benemeriti possano essere tali enti come è sicuramente nel caso
dell’ONAOSI). Meno ancora è apprezzabile, secondo il nuovo sistema, il
ricorso alla mutualità imposta per legge” qual è prescritta fin dal
1901 per quest’Opera: è chiaro che si tende invece ad una assistenza
fornita in base a standards comuni a tutta la popolazione. D’altro
canto cittadini liberamente associati possono, con contributi
volontari, migliorare le condizioni dell’assistenza (artt. 113, 114 e
115, d.P.R. n. 616 del 1977).
La soluzione accolta negli artt. 114 e 115 ora citati corrisponde
inoltre alle linee di indirizzo emergenti dai precetti costituzionali,
perché, mentre permette di valorizzare la libera volontà associativa
– tenendo ben distinta la situazione degli enti nazionali con sostrato
di soggetti interessati rispetto a quella degli enti a carattere
strumentale nei confronti dello Stato – dà attuazione alla norma
dell’art. 38, ultimo comma, della Costituzione. Si apre così la via ad
un sistema di sicurezza sociale in cui possono coordinarsi (con la
programmazione degli interventi) gestione pubblica e gestione privata
dei servizi, come è previsto anche dalla già citata legge n. 833 del
1978.
Le considerazioni svolte a proposito dell’art. 22 e quelle relative
agli artt. 113 e 114 del d.P.R. n. 616 del 1977 comportano ovviamente
la non fondatezza della questione sollevata nell’ordinanza delle
Sezioni Unite Civili della Cassazione rispetto alla inclusione della
ONAOSI al n. 2 della tabella B dello stesso d.P.R.; anche a prescindere
dalle difficoltà di inquadrare l’attività di questa Opera nello
schema dell’assistenza sociale, come delineato nella sentenza n. 139
del 1972, per la relativa discrezionalità delle prestazioni da essa
fornite.
Perde infine ogni rilievo, nel quadro della presente pronunzia, la
caratterizzazione o meno della ONAOSI come IPAB a carattere nazionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 22, 113 e 114, tabella B n. 2 del d.P.R. 24 luglio 1977,
n. 616, sollevata in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della
Costituzione dalle Sezioni Unite Civili della Corte di cassazione con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 luglio 1981.
F.to: GIULIO GIONFRIDA – EDOARDO
VOLTERRA – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA –
GIUSEPPE FERRARI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere