Sentenza N. 175 del 1973
Corte Costituzionale
Data generale
11/12/1973
Data deposito/pubblicazione
11/12/1973
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/12/1973
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Dott.
LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof.
ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO
CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO ROSSI – Avv. LEONETTO
AMADEI – Prof. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO
ASTUTI, Giudici,
27 maggio 1929, n. 810, nella parte in cui dà esecuzione all’art. 34,
quarto, quinto e sesto comma, del Concordato tra la Santa Sede e
l’Italia, promosso con ordinanza emessa il 7 maggio 1971 dal tribunale
di Rovigo nel procedimento civile vertente tra Oliviero Mario e Cremon
Guglielma iscritta al n. 423 del registro ordinanze 1971 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 del 5 gennaio 1972.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 21 novembre 1973 il Giudice
relatore Paolo Rossi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Vito Cavalli, per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel corso di un procedimento avente ad oggetto la asserita
invalidità di un matrimonio concordatario per preteso vizio del
consenso dell’attore, il tribunale di Rovigo, investito della
controversia, ha sollevato questione incidentale di legittimità
costituzionale delle norme che escludono in siffatta materia la
giurisdizione del giudice italiano (art. 1 della legge 27 maggio 1929,
n. 810, nella parte in cui dà esecuzione all’art. 34, commi quarto,
quinto e sesto del Concordato), in riferimento agli artt. 1, comma
secondo, 3, comma primo, 11, 24, commi primo e secondo, 25, comma
primo, 101, comma primo, 102, commi primo e secondo, della
Costituzione.
L’ordinanza di remissione premette, in tema di rilevanza, che
l’ostacolo che si frappone all’esame del merito della domanda attrice
è rappresentato dalle norme impugnate, secondo cui dette controversie
sono riservate alla cognizione esclusiva dei tribunali ecclesiastici,
ed altresì che il controllo di legittimità delle leggi che hanno dato
esecuzione ai Patti Lateranensi non è precluso dall’art. 7 della
Costituzione, giusta le sentenze della Corte costituzionale nn. 30 e 31
del 1971, potendosene valutare la conformità, o meno, ai principi
supremi dell’ordinamento costituzionale italiano.
Il giudice a quo prosegue denunciando i seguenti motivi
d’illegittimità delle norme impugnate: 1) la riserva alla
giurisdizione ecclesiastica delle cause concernenti la nullità del
matrimonio celebrato religiosamente e trascritto negli uffici dello
stato civile, costituirebbe una parziale abdicazione dello Stato
italiano alla propria sovranità, nel campo della funzione
giurisdizionale. Non sarebbe conferente il riferimento al fenomeno del
rinvio all’ordinamento straniero conseguente al conflitto di leggi
nello spazio, sia per i profili di estraneità che lo giustificano, sia
perché la norma richiamata è tuttavia sempre applicata dagli organi
giurisdizionali interni; neppure v’è piena analogia con l’istituto
della dichiarazione di efficacia in Italia delle sentenze emesse dai
giudici stranieri, specialmente perché ciò avviene attraverso un
procedimento giurisdizionale che richiede un penetrante controllo. Le
norme impugnate, invece, demandando in via preventiva alla esclusiva
giurisdizione ecclesiastica un gruppo di controversie e poi rendendo
esecutive nell’ordinamento italiano le decisioni di quegli organi,
subordinatamente ad un controllo limitato alla mera regolarità formale
della documentazione ricevuta, apportano una grave limitazione alla
sovranità dello Stato, in contrasto con l’art. 1 secondo comma, della
Costituzione, secondo cui la sovranità va esercitata nelle forme
previste dalla Costituzione, e con gli artt. 101 e 102, primo e secondo
comma, della Carta, che attribuiscono la funzione giurisdizionale alla
magistratura ordinaria, vietando l’istituzione di giudici speciali. La
suddetta limitazione di sovranità contrasterebbe inoltre con l’art. 11
della Costituzione, il quale ne prevede la possibilità soltanto al
diverso fine di assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni. Né
potrebbe sostenersi che la menzionata riserva di giurisdizione sia
inscindibilmente connessa al riconoscimento concordatario del
matrimonio cattolico, essendo pienamente concepibile che siano i
tribunali italiani, anche in questo caso, ad applicare le norme di
altri ordinamenti, sicché l’art. 7 della Costituzione, mentre
giustificherebbe il rinvio alla disciplina canonistica del matrimonio
non potrebbe sanare l’ulteriore limitazione alla giurisdizione dello
Stato, perché attinente ad “un principio supremo dell’ordinamento
costituzionale” (cfr. sentenza Corte cost. n. 30 del 1971); 2) le
norme impugnate, escludendo di fronte al giudice italiano ogni azione e
ogni difesa della parte anche nella fase concernente la dichiarazione
di esecutorietà della decisione ecclesiastica, violerebbero i principi
costituzionali che assicurano a tutti l’azione giudiziale e la difesa
in ogni stato e grado del procedimento (art. 24, primo e secondo comma,
della Costituzione); 3) la riserva di giurisdizione a favore di un
giudice non italiano, contrasterebbe con il principio del giudice
naturale, di cui all’art. 25, primo comma, della Costituzione; 4)
risulterebbe altresì violato il principio di eguaglianza (art. 3,
primo comma, Cost.) perché il regime del matrimonio avente effetti
civili, in conseguenza dell’esecutività propria delle sentenze
ecclesiastiche, finisce per presentare notevoli differenze in tema di
impedimenti, di requisiti di validità, di condizioni preclusive
dell’azione, a seconda che la celebrazione sia avvenuta in forma
concordataria o diversa. Tale differenziazione sarebbe per giunta
collegata alla differenza di religione, non potendo essere la
conseguenza di una libera scelta del rito, giacché questa compete
soltanto ai cattolici, non essendo ammessi al matrimonio canonico i
soggetti non battezzati.
È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
con atto depositato il 24 gennaio 1972, chiedendo dichiararsi
l’irrilevanza o comunque l’infondatezza della questione sollevata.
La difesa dello Stato premette che poiché l’attore aveva dedotto
in giudizio il vizio del proprio consenso alle nozze come derivante
dallo stato di incapacità naturale della moglie, antecedente al
matrimonio, il giudice a quo avrebbe potuto emettere un giudizio in
tema di validità della trascrizione del matrimonio concordatario in
base alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 16
della legge 27 maggio 1929, n. 847, emessa dalla Corte costituzionale
con sentenza n. 32 del 1971. Sotto tale profilo l’Avvocatura generale
eccepisce l’irrilevanza della questione proposta, ritenendo potersi
escludere il difetto di giurisdizione del giudice adito. Nel merito, a
sostegno dell’infondatezza, svolge le seguenti osservazioni: 1) non
sussiste la denunciata violazione del principio di eguaglianza perché,
come già splicitamente chiarito dalla Corte costituzionale con la
sentenza n. 30 del 1971 “la discriminazione stessa risulta…
espressamente consentita da altra norma costituzionale, e cioè
dall’art. 7, secondo comma, che, per la disciplina dei rapporti tra
Stato e Chiesa, rinvia ai Patti Lateranensi dei quali il Concordato è
parte integrante”; 2) l’impugnata riserva di giurisdizione a favore dei
tribunali ecclesiastici non contrasterebbe con “i principi supremi
dell’ordinamento costituzionale dello Stato” e con gli artt. 1,
secondo comma, e 11 della Costituzione. Invero il fenomeno sarebbe
chiaramente inquadrabile nell’ambito del principio generale
dell’inderogabilità della giurisdizione in materia civile, principio
che notoriamente non avrebbe natura costituzionale, come risulterebbe
dall’art. 2 del codice di procedura civile, dalle numerose convenzioni
internazionali che specie di recente vi hanno apportato sempre più
numerose eccezioni, e dallo stesso art. 80 della Costituzione,
concernente l’intervento del legislatore ordinario nella procedura di
ratifica dei trattati internazionali che prevedono arbitrati o
regolamenti giudiziari. Spetterebbe pertanto al legislatore ordinario
di compiere le istituzionali valutazioni politiche per decidere se
derogare o meno al principio suddetto. Né potrebbe aversi violazione
dell’art. 11 della Costituzione, dettato per altre note finalità,
atteso il necessario coordinamento tra le limitazioni di sovranità
ipotizzate da tale norma e quelle altre, già menzionate, previste dal
citato art. 80; 3) la deroga alla giurisdizione esclude di conseguenza
l’instaurazione di un nuovo procedimento di fronte al giudice interno,
sicché la confutazione del preteso contrasto con l’art. 24 della
Costituzione, rimarrebbe assorbita dalle precedenti osservazioni intese
a dimostrare la legittimità delle deroghe; 4) nessun fondamento può
riconoscersi alla tesi che la competenza in materia di annullamento dei
matrimoni, verrebbe attribuita ad un giudice speciale, in contrasto con
l’art. 102, primo e secondo comma, della Costituzione. Invero la Corte
costituzionale ha già escluso in tale materia il suddetto ipotizzato
contrasto, con la sentenza n. 30 del 1971, che ha fatto anche
riferimento alla precedente decisione n. 98 del 1965, a proposito della
Corte di Giustizia delle comunità europee; 5) palesemente infondata è
altresì la pretesa violazione del principio del giudice naturale,
posto che secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale
tale nozione si identifica con quella di giudice precostituito per
legge, e che nessuno ha mai potuto nemmeno dubitare che la
giurisdizione dei tribunali ecclesiastici non sia prevista da una legge
dello Stato italiano.
Conclude pertanto l’Avvocatura dello Stato istando per una
pronuncia d’irrilevanza o di manifesta infondatezza della questione
proposta.
Nessuna parte privata si è costituita in questa sede.
Alla pubblica udienza la difesa dello Stato ha insistito nelle
proprie conclusioni.
1. – Occorre pregiudizialmente prendere in esame l’eccezione
d’irrilevanza sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato.
Questa Corte con la sentenza n. 32 del 1971 ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della legge 27 maggio
1929, n. 847, recante disposizioni per l’applicazione del Concordato
fra la Santa Sede e l’Italia, nella parte in cui non prevede che la
trascrizione del matrimonio possa venir impugnata per incapacità
naturale esistente al momento in cui fu scelta dai subendi la forma
concordataria.
Se l’azione proposta davanti al tribunale di Rovigo avesse avuto
come oggetto l’invalidità del matrimonio per incapacità naturale di
uno dei due sposi all’atto in cui venne chiesto il matrimonio religioso
anziché quello puramente civile, il tribunale avrebbe dovuto affermare
la propria competenza decidendo nel merito e l’eccezione d’irrilevanza
sarebbe da accogliersi. Ma il marito attore non fondava la propria
domanda sulla incapacità naturale della moglie al momento della scelta
fra i due riti, ma affermava genericamente che la moglie al tempo delle
nozze (contratte dieci anni prima e seguite dalla nascita di due figli)
non era “in perfetto stato psichico”, ciò che gli sarebbe stato
taciuto, talché egli “si era deciso al matrimonio ignorando una
qualità del coniuge che, ove conosciuta, avrebbe comportato il suo
rifiuto al contratto matrimoniale”.
L’azione, così come il marito attore la prospettava, era fondata
sul vizio di consenso, da parte sua, per errore in cui sarebbe stato
indotto, o sarebbe caduto, non certo sulla incapacità naturale della
moglie al momento della stipulazione del matrimonio.
L’eccezione d’irrilevanza va quindi respinta.
2. – Questione di fondo, cui le altre appaiono subordinate, è se
la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici in materia matrimoniale
(art. 1 della legge 1929, n. 810, che rende esecutivo l’art. 34, commi
quarto, quinto, sesto del Concordato con la Santa Sede), sia
compatibile con la sovranità dello Stato italiano; e se l’art. 7 della
Costituzione, dichiarando che i rapporti fra Stato e Chiesa sono
regolati dai Patti Lateranensi, consenta un sindacato di legittimità
costituzionale sulle singole norme di esecuzione del Concordato 11
febbraio 1929.
La Corte deve richiamare la propria sentenza 24 febbraio 1971, n.
30, la quale, pur affermando che l’art. 7 della Costituzione ha dato
rilevanza costituzionale ai Patti Lateranensi, ha peraltro soggiunto
che l’art. 7 “non può avere forza di negare i principi supremi
dell’ordinamento costituzionale dello Stato”.
Si tratta dunque di vedere se la riserva della giurisdizione
costituisca “principio supremo” che nemmeno una legge avente copertura
costituzionale potrebbe superare. Non vi è dubbio che la giurisdizione
sia principio caratteristico della sovranità e di questa rappresenti
un elemento costitutivo. Ma un’inderogabilità assoluta della
giurisdizione statale non risulta da espresse norme della Costituzione,
né è deducibile, con particolare riguardo alla materia civile, dai
principi generali del nostro ordinamento, nel quale ipotesi di deroga
sono stabilite da leggi ordinarie (art. 2 cod. proc. civ.). La stessa
Costituzione, all’art. 80, prevede che con legge ordinaria sia
autorizzata la ratifica di accordi internazionali aventi per oggetto
arbitrati o regolamenti giudiziari.
Né vale argomentare dall’art. 11 Cost. per dedurne che ogni
limitazione di sovranità possa trovare giustificazione solo ove
ricorrano i presupposti previsti in quella norma, e ciò perché i
rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica trovano specifico
riferimento nell’art. 7.
3. – Riconosciuta la compatibilità con il nuovo ordinamento
costituzionale di una deroga alla giurisdizione che sia razionalmente e
politicamente giustificabile, tale deroga trova appunto giustificazione
nel complesso sistema che, riconoscendo effetti civili al matrimonio
così come disciplinato dal diritto canonico, non irrazionalmente
devolve ai tribunali ecclesiastici la cognizione delle cause di
nullità del matrimonio. Può aggiungersi che l’intervento del giudice
italiano in certa misura si realizza, sia pure con cognizione limitata,
nello speciale procedimento di delibazione affidato alla Corte
d’appello, con le relative garanzie.
Le questioni dedotte dagli artt. 24, 25 e 102, secondo comma, della
Costituzione, si possono considerare assorbite da quanto precede. Può
soltanto ricordarsi, secondo quanto già ripetutamente affermato, che
giudice naturale è quello “precostituito per legge”, e tale
espressamente risulta quello designato dalle norme impugnate, come pure
che i tribunali ecclesiastici sono estranei all’ordinamento giuridico
interno e non costituiscono giudici speciali nel senso indicato dalla
Costituzione (sentenza n. 30 del 1971).
4. – In ordine alla differenza di trattamento, con violazione del
principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), fra cittadini che vogliano
contrarre matrimonio concordatario e cittadini che non vogliano
contrarlo, è da rilevarsi che tutti i cittadini italiani, nelle
condizioni personali volute indistintamente dalla legge, possono
contrarre matrimonio civile. Anche i cittadini di fede cattolica, se
non vogliono rinunciare alla giurisdizione statale in tema di
matrimonio, possono contrarre prima le nozze civili e poi quelle
religiose.
Una piena libertà di scelta, con le conseguenze diverse che essa
può eventualmente comportare, non viola il principio di uguaglianza.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge 27 maggio 1929, n. 810, nella parte in cui dà
esecuzione ai commi quarto, quinto e sesto dell’art. 34 del Concordato
tra l’Italia e la Santa Sede, sollevata, con l’ordinanza in epigrafe
indicata, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 3, primo comma,
11, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 101, primo comma, 102,
primo e secondo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1973.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
– LUIGI OGGIONI – ANGELO DE MARCO –
ERCOLE ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA –
VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – VEZIO
CRISAFULLI – NICOLA REALE – PAOLO
ROSSI – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere