Sentenza N. 178 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
22/12/1980
Data deposito/pubblicazione
22/12/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO
ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv.
ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE –
Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
codice di procedura penale promossi con ordinanza 21 giugno 1975 del
Pretore di Chieri e con ordinanza 26 marzo 1977 del Pretore di
Guglionesi rispettivamente nei procedimenti penali a carico di Sidari
Nicola ed altri e di Slimane Harrar, iscritte al n. 696 del registro
ordinanze 1976 e al n. 221 del registro ordinanze 1977 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 346 del 1976 e n. 169 del
1977.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 29 ottobre 1980 il Giudice relatore
Alberto Malagugini;
udito l’avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
1. – In un procedimento penale a carico di Sidari Nicola, il
Pretore di Chieri, dovendo decidere sulla contumacia dell’imputato, non
presentatosi al dibattimento, e quindi sulla validità (della notifica)
del decreto di citazione a giudizio, con ordinanza in data 21 giugno
1975 ha osservato: che l’imputato risultava dagli atti risiedere in
Australia, ad indirizzo conosciuto; che gli era perciò stata data
comunicazione del procedimento iniziato a suo carico, ex art. 177 bis
c.p.p., con raccomandata senza ricevuta di ritorno, in data 17 dicembre
1974; che non avendo l’imputato dato risposta, non esisteva prova se e
quando l’avviso fosse pervenuto al destinatario. Tale situazione, pur
conforme alla lettera dell’art. 177 bis c.p.p., ad avviso del giudice a
quo “si sostanzia in una violazione degli artt. 3 e 24 cpv. Cost., e
non può essere sanata altrimenti che con una pronuncia di
illegittimità costituzionale dello stesso art. 177 bis c.p.p., nella
misura in cui considera effettuata la comunicazione ivi prevista
indipendentemente dalla acquisizione della prova del se e del quando
essa sia effettivamente pervenuta, in aderenza alle statuizioni poste
dalla Corte costituzionale con sentenze 27 aprile-4 maggio 1972, n. 77,
e 1-9 giugno 1967, n. 70”.
2. – Intervenendo nel giudizio davanti alla Corte costituzionale,
l’Avvocatura generale dello Stato riconosce che l’interpretazione della
norma impugnata, fatta propria dal giudice a quo, è quella prevalente
in dottrina, ancorché non incontroversa (taluno infatti, in base ad
un’interpretazione sistematica, ritiene che anche per le comunicazioni
ex art. 177 bis c.p.p. occorrerebbe l’avviso di ricevimento). La
questione di legittimità costituzionale sarebbe comunque non fondata.
L’avviso di ricevimento, previsto dalla convenzione postale universale,
non impone alle Amministrazioni postali alcuna particolare attività di
ricerca del destinatario al fine di realizzare il recapito; la
regolamentazione relativa è uguale per tutte le raccomandate, con o
senza ricevuta di ritorno; e la funzione dell’avviso è
“essenzialmente, se non esclusivamente, quella di fornire al mittente
la prova, da valere in particolar modo contro il destinatario,
dell’avvenuta consegna a costui del piego spedito “. La questione di
legittimità costituzionale, in relazione all’art. 24 Cost., “si
risolve allora esaminando se la prescrizione della ricevuta di ritorno
possa valere a rendere più idoneo lo strumento regolato dalla norma
impugnata, inteso ad assicurare, proprio a tutela del diritto di difesa
dell’imputato, che le notificazioni nel corso del processo penale siano
fatte in modo da renderlo effettivamente edotto degli atti processuali
che la legge stabilisce siano portati nella sua sfera di
disponibilità. La risposta è negativa perché, come si è osservato,
la ricevuta di ritorno non vale ad aumentare in alcun modo le
probabilità che l’avviso di procedimento sia effettivamente consegnato
al destinatario; ciò basta ad escludere qualsiasi violazione, ad opera
della norma impugnata, del diritto di difesa dell’imputato, che non
sarebbe più garantito se la norma stessa prescrivesse l’invio della
raccomandata con ricevuta di ritorno”.
Quanto al richiamo, non altrimenti specificato, all’art. 3 Cost.,
per l’Avvocatura dello Stato “sembra che il giudice a quo abbia
ritenuto irrazionale l’eguale trattamento riservato a chi, ricevuta la
comunicazione, non abbia proceduto a dichiarazione od elezione di
domicilio ed a chi non abbia, invece, ricevuto la comunicazione stessa.
Ma si tratta, ancora, di questione infondata. Per quanto riguarda
l’imputato negligente la stessa ordinanza non contesta la legittimità
della norma impugnata: è lo stesso imputato che, col suo
comportamento, impedisce che il procedimento regolato dall’art. 177 bis
raggiunga il suo scopo. Il mancato recapito della lettera raccomandata
mostra di norma che la notizia risultante dagli atti del luogo di
dimora dell’imputato non è (più) esatta; comunque non è sufficiente
a permettere di raggiungere l’imputato con i consueti mezzi di
comunicazione. In entrambi i casi, sia pure per diverse ragioni, è
perciò giustificata la conseguenza che la norma fa derivare dalla mera
circostanza oggettiva della mancata elezione di domicilio: la
parificazione della condizione dell’imputato con domicilio all’estero
noto (o tale ritenuto) a quella dell’imputato del quale non si conosca
la dimora all’estero.
Deve del resto dirsi che, dopo la sentenza n. 177 del 1974 la
così operata parificazione non comporta automaticamente il ricorso al
rito per le notificazioni agli irreperibili: specie quando abbia alcun
dubbio sull’avvenuto ricevimento, da parte dell’imputato, della lettera
raccomandata contenente l’avviso di procedimento iniziato a suo carico,
il giudice, prima di emettere il decreto di irreperibilità ha il
dovere di disporre nuove indagini volte ad individuare l’esatto
recapito dell’imputato, indagini sempre possibili senza alcuna
limitazione nel territorio nazionale, particolarmente nel luogo di
nascita ed in quello di ultima dimora, ed anche all’estero, nei limiti
consentiti dal diritto internazionale “.
3. – In un procedimento penale contro Slimane Harrar, risultante
dagli atti risiedere all’estero, il Pretore di Guglionesi, dovendo
decidere sulla contumacia dell’imputato non presentatosi al
dibattimento, e quindi sulla validità della citazione a giudizio, con
ordinanza in data 26 marzo 1977 ha osservato che l’avviso ex art. 177
bis c.p.p. era stato spedito all’imputato con lettera raccomandata in
data 12 gennaio 1977, e che, non essendo stato eletto domicilio nello
Stato, le notificazioni all’imputato erano state fatte con il rito
degli irreperibili. In tale situazione, ritiene il giudice a quo che la
disciplina di cui all’art. 177 bis c.p.p., malgrado le già intervenute
pronunce della Corte costituzionale (n. 31/65, n. 70/67, n. 177/74),
comporti una violazione del diritto di difesa costituzionalmente
garantito, secondo cui è necessario che l’accusa sia portata a
conoscenza dell’imputato in modo che questi possa difendersi
personalmente.
“Certamente – argomenta il giudice a quo – il fatto di risiedere
all’estero pone l’imputato in una situazione particolare e diversa
rispetto all’imputato che risiede nello Stato ed è indiscutibile che
tale situazione non può ostacolare il corso della giustizia.
Ciò non significa peraltro che il legislatore non debba
predisporre, a tutela del diritto di difesa, una norma la quale
assicuri, nei limiti del possibile, che l’accusa venga effettivamente
portata nella sfera di conoscibilità dell’imputato residente
all’estero. Ciò premesso, non sembra che la norma di cui all’art. 177
bis c.p.p. rispetti, nel senso sopra specificato, il diritto di difesa.
Invero, poiché sono note le croniche disfunzioni del servizio
postale, non può escludersi che le raccomandate di cui alla citata
norma non giungano, in una rilevante percentuale dei casi, ai
destinatari. In tale situazione, far discendere, nel silenzio
dell’imputato, dalla semplice spedizione della raccomandata una
presunzione assoluta della sua ricezione da parte del destinatario e
della conoscenza del procedimento penale contro di lui iniziato,
significa disconoscere e quindi violare in un non esiguo numero di
casi, il diritto di difesa dello imputato.
Tutto ciò potrebbe essere evitato qualora si facesse dipendere
l’instaurazione del rito degli irreperibili non dalla spedizione della
raccomandata, ma dalla sua ricezione da parte dell’imputato.
In ottemperanza al principio che la garanzia della difesa intesa
come conoscenza effettiva dell’accusa e conseguente effettiva
instaurazione del contraddittorio, non può ritenersi osservata quando,
pur essendo possibile adottare un mezzo che consenta di portare il
contenuto dell’avviso di procedimento nell’effettiva sfera di
conoscibilità dell’imputato, si faccia ricorso ad uno meno sicuro,
facendone derivare una presunzione legale di conoscenza (ved. sentenza
di codesta Corte numero 77 del 27 aprile 1972) sembra doversi
concludere per la non manifesta infondatezza della questione di
costituzionalità dell’art. 177 bis c.p.p. nella parte in cui prevede
che, nel silenzio dell’imputato residente all’estero, possa essere
emesso il decreto di irreperibilità in base alla semplice spedizione
della raccomandata contenente l’avviso del procedimento e non alla sua
ricezione da parte del destinatario “
1. – Le questioni sollevate dal Pretore di Chieri e dal Pretore di
Guglionesi con le ordinanze indicate in epigrafe, hanno identico
oggetto. I due giudizi possono, quindi, essere riuniti e decisi con
unica sentenza.
2. – I giudici a quibus dubitano della legittimità costituzionale
dell’art. 177 bis c.p.p. “nella misura in cui considera effettuata la
comunicazione ivi prevista indipendentemente dalla acquisizione della
prova del se e del quando essa sia effettivamente pervenuta ” al
destinatario (ord. 696/76) ovvero “nella parte in cui prevede che, nel
silenzio dell’imputato residente all’estero, possa essere emesso il
decreto di irreperibilità in base alla semplice spedizione della
raccomandata contenente l’avviso del procedimento e non alla sua
ricezione da parte del destinatario ” (ord. n. 221/77).
La normativa in esame, che presume la ricezione della raccomandata
contenente l’avviso una volta che ne sia provata semplicemente la
spedizione, comporterebbe disconoscimento e quindi violazione “in un
non esiguo numero di casi ” del diritto di difesa dell’imputato, la cui
inviolabilità è affermata dall’art. 24, secondo comma, Cost. e
contrasterebbe anche, a giudizio del solo Pretore di Chieri, che
peraltro, non motiva specificatamente sul punto, con il principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.
La questione è fondata.
3. – L’avviso previsto dall’art. 177 bis c.p.p. (con il quale, in
forza della novella del 1955, veniva recuperata, pur con notevoli
modificazioni, la disposizione dell’art. 113 del c.p.p. del 1913) ha lo
scopo di consentire l’instaurazione di un effettivo contraddittorio,
dando all’imputato, cittadino o straniero, dimorante all’estero ad
indirizzo conosciuto, la notizia del procedimento penale pendente a suo
carico, con contestuale invito a dichiarare od eleggere domicilio nel
territorio nazionale per la notificazione degli atti.
Come questa Corte ha rilevato (sent. n. 70 del 1967), tale atto
“non può essere considerato una pura formalità, oppure un semplice
monito, ma è destinato a raggiungere determinati precisi effetti, che
possono compendiarsi nel trovare un punto di incontro nel territorio
nazionale fra l’autorità procedente e lo stesso imputato alfine di
consentire a questo ultimo l’esercizio del diritto di difesa”.
Infatti, l’avviso di cui all’art. 177 bis c.p.p. è il mezzo
previsto dall’ordinamento processuale penale per portare a conoscenza
dell’imputato dimorante all’estero ad indirizzo conosciuto l’esistenza
del procedimento penale pendente a suo carico e insieme per
consentirgli – aderendo al contestuale invito -di dichiarare od
eleggere domicilio nel territorio nazionale. Soltanto se tale facoltà
(di dichiarare od eleggere domicilio) non viene esercitata entro un
congruo termine o se la dichiarazione o l’elezione di domicilio nel
territorio nazionale sono insufficienti o inidonee, il giudice o il
pubblico ministero emette il decreto previsto dall’art. 170 c.p.p. in
forza del quale “le notificazioni non potute fare e quelle che
occorressero in seguito per tutta la durata del procedimento ” sono
“eseguite mediante deposito nella cancelleria o segreteria dell’ufficio
giudiziario” dandone avviso senza ritardo al difensore nominato con il
decreto stesso.
Sul testo originario dell’art. 177 bis del c.p.p. hanno inciso, per
la parte che qui rileva, le sentenze 23 aprile 1965, n. 31 e 9 giugno
1967, n. 70 di questa Corte, nella linea di una tendenziale
equiparazione, per quanto attiene alla garanzia della difesa, dei
soggetti nei confronti dei quali è in corso procedimento penale, quale
che sia il luogo in cui essi dimorano, dentro o fuori il territorio
nazionale, siano essi cittadini italiani o stranieri. Ciò nel
presupposto, esplicitamente affermato nella sentenza n. 177 del 1974,
che nel processo penale sono in giuoco (e la difesa è garantita per
tutelare) diritti inviolabili dell’uomo.
4. – Dalla ricezione dell’avviso di cui all’art. 177 bis c.p.p.
deriva, dunque, per l’imputato residente all’estero ad indirizzo noto,
non solo la conoscenza del procedimento pendente a suo carico, ma anche
la possibilità di dichiarare o eleggere domicilio nel territorio
nazionale entro un congruo termine ai fini delle ulteriori notifiche
per tutto il corso del procedimento stesso.
Nella ipotesi qui considerata, il decreto di irreperibilità di cui
all’art. 170 c.p.p. consegue non già alla non conoscenza o alla
impossibilità di conoscere dove l’imputato dimori (che anzi della sua
dimora all’estero deve esistere agli atti notizia precisa), ma
all’inerzia o all’incuria dell’imputato, comportamenti, questi, che
presuppongono sicuramente la ricezione dell’avviso.
Ne deriva, allora, che la conoscenza dell’avviso e dell’invito
previsti dal primo comma dell’art. 177 bis c.p.p. non può presumersi
per il solo fatto della spedizione della raccomandata che li contiene,
ma – tenendo conto delle sempre possibili disfunzioni, non fosse altro
che in termini di ritardi, dei servizi postali – si deve, invece
acquisire la prova che la raccomandata è stata effettivamente
recapitata al destinatario o ad altro dei soggetti abilitati a
riceverla in sua vece (ai sensi degli ordinamenti e delle convenzioni
internazionali postali), così da conseguire la certezza che il
contenuto dell’atto sia pervenuto nella effettiva sfera di
conoscibilità del destinatario stesso. Ciò tanto più quando la
previsione di un “congruo termine ” per la dichiarazione o l’elezione
di domicilio nel territorio nazionale (di cui alla sent. n. 70 del
1967) richiede che sia individuabile con sicurezza il dies a quo per la
decorrenza del termine medesimo: termine che, essendo posto per
l’esercizio di una facoltà riconosciuta all’imputato (e, solo
subordinatamente alla di lui inerzia od incuria, per l’emissione del
decreto previsto dall’art. 170 c.p.p.) non può che decorrere dal
momento in cui costui è stato posto in condizione di conoscere
l’invito rivoltogli, per aderirvi o meno.
Deve dunque dichiararsi la parziale illegittimità dell’articolo
177 bis c.p.p. nei sensi e per gli effetti sopra specificati.
5. – Non compete, invece, a questa Corte stabilire in quale modo
debba essere acquisita la prova dell’avvenuto recapito della
raccomandata contenente l’avviso e l’invito di cui all’art. 177 bis,
primo comma, c.p.p. né in particolare, pronunciare l’obbligatorio
ricorso alla raccomandata con avviso di ricevimento.
Sono, queste, scelte riservate al legislatore, ferma restando
l’esperibilità degli strumenti apprestati dalle convenzioni postali
internazionali ovvero dalle procedure previste dalle convenzioni
internazionali di assistenza giudiziaria in materia penale che – mette
conto di rilevarlo – sono già recepite nell’ordinamento interno.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 177 bis,
secondo comma, cod. proc. pen. nella parte in cui consente l’emissione
del decreto preveduto dall’art. 170 c.p.p. nei confronti dell’imputato
dimorante all’estero ad indirizzo conosciuto, al quale sia stato
inviato l’avviso di procedimento mediante lettera raccomandata e che
non abbia provveduto a dichiarare od eleggere domicilio nel territorio
nazionale anche quando non risulti la avvenuta ricezione della
raccomandata stessa.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO
– LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN
– ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere