Sentenza N. 183 del 1980
Corte Costituzionale
Data generale
22/12/1980
Data deposito/pubblicazione
22/12/1980
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/12/1980
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO
ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv.
ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCA RONE –
Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10 marzo
1976 dal tribunale di Milano sull’istanza di incidente di esecuzione
proposta dal Lazic Milomir, iscritta al n. 481 del registro ordinanze
1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 246 del
15 settembre 1976.
Udito nella camera di consiglio del 30 ottobre 1980 il Giudice
relatore Alberto Malagugini.
Il tribunale di Milano, in sede di incidente di esecuzione promosso
da Lazic Milomir avverso ordine di carcerazione emesso a seguito di
sentenza di condanna in contumacia, con ordinanza in data 10 marzo
1976, ha osservato che all’imputato il decreto di citazione era stato
notificato col rito degli irreperibili; che il domicilio all’estero
dell’imputato stesso era noto al giudice del dibattimento; che tuttavia
l’imputato, già sottoposto a custodia preventiva, né all’atto della
scarcerazione per libertà provvisoria, né successivamente, era stato
invitato a dichiarare od eleggere domicilio per le notificazioni, non
essendo previsto un simile adempimento dall’art. 177 bis c.p.p. Questa
disciplina, secondo il tribunale, sarebbe sospetta di contrasto con gli
artt. 3 e 24 Cost. (e la questione sarebbe rilevante nell’incidente di
esecuzione, concernendo la validità del giudizio e quindi del titolo
esecutivo).
L’argomentazione muove dalla sentenza n. 31 del 1965, con la quale
la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il citato art. 177
bis c.p.p., nei limiti in cui consente che il decreto di
irreperibilità sia emesso prima di un congruo termine per la elezione
di domicilio. La previsione di un tale termine – osserva il giudice a
quo – “ha come ovvio presupposto la conoscenza da parte
dell’interessato dell’esistenza della facoltà medesima”.
Ciò non si verifica nel caso dell’imputato che dimori all’estero
in pendenza di un procedimento penale a suo carico, di cui abbia già
avuto comunicazione: allo stesso le norme previste dall’art. 177 bis
c.p.p. riservano un trattamento differenziato rispetto all’imputato che
sì trovi all’estero prima dello inizio del procedimento a suo carico
(nell’ovvio presupposto per entrambi i casi, che tale domicilio sia
noto).
A quest’ultimo, infatti, l’organo procedente è tenuto a
trasmettere non solo avviso di procedimento ma altresì “invito” a
dichiarare o eleggere domicilio per la notificazione degli atti.
Né l’art. 177 bis c.p.p., né altre norme, peraltro, prevedono
simile invito all’imputato che dimori all’estero successivamente, sì
che l’art. 177 bis c.p.p., come formulato, consente un indebolimento
del diritto di difesa di quest’ultimo, e una disparità di trattamento
rispetto ai primo.
1. – Il tribunale di Milano dubita della legittimità
costituzionale dell’art. 177 bis del codice di procedura penale nella
parte in cui non prevede che l’imputato dimorante allo estero (ad
indirizzo conosciuto) e che in qualunque modo sia già informato della
pendenza a suo carico di un procedimento penale sia avvisato
dall’autorità procedente anche della facoltà di dichiarare o eleggere
domicilio ai fini delle notificazioni.
La questione è stata sollevata nel corso di un incidente di
esecuzione proposto da imputato che, già detenuto in attesa di
giudizio e rimesso in libertà provvisoria, era stato giudicato in
contumacia, dopo che il decreto di citazione gli era stato notificato
nei modi previsti dall’art. 170 cod. proc. pen.
La questione non è fondata.
2. – Il vigente sistema processuale penale è informato alla
esigenza di garantire la possibilità di instaurare il contraddittorio
con le parti interessate, in particolare con l’imputato, per
l’esercizio del diritto di difesa.
Essenziale, a tale fine, è che la notizia del procedimento sia
portata nella sfera di conoscibilità dell’imputato stesso per
l’esercizio delle facoltà che, in ragione di tale sua qualità, gli
sono riconosciute dall’ordinamento.
Specificatamente, con riferimento alla fattispecie in esame,
l’imputato detenuto che debba essere scarcerato per causa diversa dal
proscioglimento definitivo, nell’atto della scarcerazione ha l’obbligo
di dichiarare od eleggere domicilio per le notificazioni; dichiarazione
che, ricevuta dal direttore dello stabilimento carcerario, deve essere
immediatamente comunicata all’autorità giudiziaria che ha disposto la
scarcerazione (art. 171, terzo comma, c.p.p.).
Del pari, il giudice, nel primo atto del procedimento in cui è
presente l’imputato, oltre ad invitarlo a scegliere un difensore,
ovvero, in difetto, a nominargliene uno d’ufficio, lo invita a
dichiarare o eleggere il domicilio per le notificazioni a norma
dell’art. 171 c.p.p. (art. 304 c.p.p.).
Infine, nel caso di imputato dimorante all’estero ad indirizzo
conosciuto, l’art. 177 bis, primo comma, c.p.p. impone l’invio
dell’avviso di procedimento con il contestuale invito a dichiarare od
eleggere domicilio nel territorio nazionale.
3. – Evidente è la specificità della fattispecie disciplinata dal
primo comma dell’art. 177 bis c.p.p., che impone l’invio dell’avviso di
procedimento con il contestuale invito a dichiarare od eleggere
domicilio nel territorio nazionale all’imputato dimorante all’estero ad
indirizzo conosciuto, nel presupposto che costui non sia già entrato
in contatto con l’autorità giudiziaria procedente a suo carico.
Il secondo comma del medesimo art. 177 bis c.p.p. disciplina (oltre
a quella, che qui non interessa, dell’imputato dimorante all’estero ad
indirizzo sconosciuto) l’ipotesi dell’imputato dimorante all’estero ad
indirizzo noto al quale sia stata inviata e risulti pervenuta la
raccomandata contenente l’avviso di procedimento e l’invito a
dichiarare od eleggere domicilio nel territorio nazionale per le
notificazioni e che non abbia aderito all’invito O, pur aderendovi,
abbia reso dichiarazioni insufficienti o inidonee. Soltanto all’inerzia
o all’incuria dell’imputato che abbia ricevuto avviso ed invito
consegue il ricorso all’art. 170 c.p.p. (in modo assolutamente identico
a quanto previsto dall’art. 171, quinto comma, c.p.p., per l’ipotesi in
cui manchino o siano insufficienti o inidonee la dichiarazione o
l’elezione di domicilio, nel qual caso le notificazioni sono eseguite
mediante deposito nella cancelleria o segreteria dell’ufficio
giudiziario procedente e con immediato avviso al difensore).
Sotto il profilo denunziato, di una ingiustificata disparità di
trattamento, per ciò che attiene all’esercizio del diritto di difesa,
tra l’imputato dimorante all’estero ad indirizzo noto che non abbia
avuto previa conoscenza del procedimento pendente a suo carico e quello
dell’imputato anch’esso dimorante allo estero ad indirizzo noto che
tale conoscenza, invece, abbia avuto, in uno dei modi previsti dal
codice di rito, la questione non è, quindi, fondata. Evidente, è,
infatti, la differenza tra le situazioni considerate, mentre va tenuto
presente, altresì, che, in entrambi i casi, il decreto previsto
dall’art. 170 viene emesso soltanto quando l’imputato, posto a
conoscenza del procedimento a suo carico, ha omesso di avvalersi o si
è avvalso in modo insufficiente o inidoneo della facoltà di
dichiarare od eleggere domicilio nel territorio nazionale.
Affermata la legittimità costituzionale della norma denunziata,
non spetta, invece, a questa Corte, giudice delle leggi, né
individuare le violazioni di norme processuali, eventualmente
verificatesi nel procedimento a quo, né indicare se e quali rimedi
siano adottabili per ovviare ad esse.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 177 bis del codice di procedura penale sollevata dal
tribunale di Milano, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – ANTONINO DE STEFANO
– LEOPOLDO ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN
– ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere