Sentenza N. 185 del 1973
Corte Costituzionale
Data generale
27/12/1973
Data deposito/pubblicazione
27/12/1973
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/12/1973
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE MARCO –
Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE – Prof. PAOLO
ROSSI – Avv. LEONETTO AMADEI – Prof. GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO
VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,
codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 29 marzo
1971 dal pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Gobbo
Gianni, iscritta al n. 316 del registro ordinanze 1971 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 27 ottobre 1971.
Visto l’atto di Costituzione della società Distillerie F.lli
Branca, parte civile nel procedimento penale a carico di Gobbo Gianni;
udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 1973 il Giudice
relatore Enzo Capalozza;
udito l’avv. Luigi De Luca, per la società Distillerie F.lli
Branca.
Nel corso di un procedimento penale a carico di Gianni Gobbo,
imputato, su rapporto della questura di Padova, del delitto di cui agli
artt. 515 e 517 del codice penale, per avere, in un pubblico esercizio,
somministrato, come fernet della ditta Branca, una bevanda diversa, il
competente pretore – essendo risultato, dal verbale di sequestro della
bottiglia, che si era proceduto con l’assistenza di un esperto, che
aveva in precedenza segnalato il fatto alla questura per incarico
della’ ditta sopra indicata – con ordinanza 29 marzo 1971, ha ritenuto
rilevante e non manifestamente infondato, in riferimento agli artt. 3 e
24, secondo comma, della Costituzione, il dubbio di legittimità
costituzionale dell’art. 223 del codice di procedura penale, “nella
parte in cui consente, nelle operazioni tecniche di polizia
giudiziaria, l’applicazione delle disposizioni degli artt. 315, 323,
primo comma, e 324 C.P.P., concernenti, rispettivamente, il potere di
ricusazione del perito, il diritto dell’imputato di nominare un
consulente tecnico ed il potere di quest’ultimo di assistere all’atto
peritale nella fase delle indagini preliminari”.
Il pretore afferma che l’accertamento di cui al verbale di
sequestro, da considerare come accertamento tecnico, ricollegantesi
solo in via indiretta alla determinazione della notitia criminis, non
consentirebbe, a differenza degli accertamenti tecnici diretti,
l’applicazione delle norme sulla difesa dell’imputato, le quali, nella
specie, si renderebbero, invece, necessarie, trattandosi, appunto, di
un’operazione tecnica di polizia, e non di una semplice ispezione, per
la quale, ai fini delle garanzie difensive, sarebbe sufficiente il
deposito del relativo verbale.
Ciò premesso, il pretore esclude che la disposizione denunziata
sia già da ritenere illegittima in forza delle sentenze n. 86 del 1968
e n. 149 del 1969 di questa Corte: nella fase delle indagini
preliminari della polizia giudiziaria, infatti, sarebbero tuttora
inoperanti le garanzie di cui ai citati artt. 315, 323, primo comma, e
324 c.p.p., né potrebbero valere, per le operazioni tecniche, le
garanzie di cui all’art. 304 ter dello stesso codice, ancorché tale
norma sia richiamata nel successivo articolo 317 bis, sulla perizia
urgente.
La mancanza di un’effettiva tutela difensiva nelle anzidette
operazioni contrasterebbe con l’art. 24, secondo comma, della
Costituzione.
La violazione del principio di eguaglianza sussisterebbe, poi, per
l’ingiusta disparità di trattamento rispetto alla persona offesa dal
reato: l’ausiliario della polizia sarebbe la longa manus di
quest’ultima e non sarebbe ricusabile dall’imputato, il quale neppure
potrebbe avere un consulente abilitato ad assistere all’operazione
tecnica.
Nel giudizio innanzi a questa Corte si è costituita la società
per azioni Branca, parte civile nel processo penale, depositando in
data 8 ottobre 1971 deduzioni, nelle quali chiede che la questione sia
dichiarata infondata.
La difesa della società esclude, anzitutto, sia che il
prelevamento ed il sequestro di un prodotto, compiuti senza porre in
essere procedimenti scientifici o tecnici, possano considerarsi
un’operazione tecnica; sia che possa qualificarsi ausiliario della
polizia l’esperto che, pur avendo, per conto di essa società,
denunziato il fatto alla questura, non fosse stato richiesto di
procedere alla suddetta operazione.
Deduce, poi, che il primo comma del denunziato art. 223 c.p.p.,
nella parte in cui esclude le operazioni tecniche della polizia
giudiziaria dalle garanzie difensive di cui agli artt. 390, 304 bis,
ter e quater c.p.p., è stato già dichiarato illegittimo con sentenza
n. 149 del 1969, nella quale sarebbe anche accolto il principio,
ribadito dalla successiva sentenza n. 118 del 1970, secondo il quale,
nel caso di prelievo e di sequestro di campione e di analisi disposti
dalla polizia giudiziaria, le garanzie debbono essere assicurate solo
nella successiva fase di revisione delle analisi.
1. – Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale
dell’art. 223 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt.
3 e 24, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non
consente che, nelle operazioni tecniche della polizia giudiziaria si
applichino gli artt. 315 (Incapacità o incompatibilità dei periti),
323, primo comma (Facoltà delle parti private di nominare consulenti
tecnici) e 324 (Facoltà dei consulenti tecnici) dello stesso codice di
rito.
Quanto all’art. 3 della Costituzione, esso giudice assume anche che
sussista disparità di trattamento rispetto alla persona offesa dal
reato, che potrebbe tutelare, tramite un ausiliario, non imparziale,
della polizia giudiziaria, i propri interessi, mentre all’imputato
(recte indiziato) sarebbe inibito sia di ricusare l’ausiliario, sia di
nominare un proprio consulente tecnico.
2. – Il pretore muove dal presupposto che il sequestro, ad opera
della polizia giudiziaria, di una bottiglia contenente un prodotto di
distilleria (nella specie fernet Branca), su segnalazione di un
esperto, fiduciario della presunta parte lesa, vada considerato
accertamento tecnico.
Il che non è. Il verbale di sequestro della questura di Padova,
pur se impropriamente chiama “perito” il fiduciario della ditta, in
epigrafe lo qualifica semplice denunziante (foglio 3 dell’incarto): e,
invero, egli si era limitato a segnalare al competente organo di
polizia la non genuinità del prodotto, subiettivamente constatata, e a
chiederne l’intervento, senza porre in essere alcun controllo tecnico o
accertamento peritale.
Così stando le cose, l’esperto non ha assunto la veste di
ausiliario ex art. 223 cod. proc. pen. Né è stato richiesto dalla
polizia giudiziaria, né ha proceduto ad operazioni per conto della
stessa, né ha compiuto, in concorso con questa, alcun atto che sia
stato ricevuto o allegato al processo verbale: mancano, cioè, tutti i
requisiti indicati nell’art. 223, primo comma, perché si abbia
l'”ausiliario”.
L’esperto, in sostanza, si è presentato ed ha agito come un
qualsiasi cittadino privato, che abbia consentito alla polizia
giudiziaria di prendere notizia del reato, a seguito di denunzia orale
(art. 8, secondo comma, cod. proc. pen.), e di attivare il suo obbligo
di farne rapporto al procuratore della Repubblica o al pretore (art. 2,
primo e secondo comma, cod. proc. pen.). E la polizia giudiziaria si è
limitata al sequestro della cosa con cui sarebbe stato commesso il
fatto di reato e che ha, per ciò solo, un’insita attitudine probatoria
diretta.
3. – Questa Corte ha già fissato, con stabile giurisprudenza, i
seguenti punti: a) poiché gli accertamenti e le operazioni importano
un giudizio tecnico, cioè si risolvono in veri e propri atti peritali,
le guarentigie difensive devono essere osservate anche in sede di
indagini preliminari della polizia giudiziaria: vedasi la sentenza n.
148 del 1969, la quale ha ritenuto che la norma denunziata (art. 223
cod. proc. pen.) incorra nella stessa parziale illegittimità
costituzionale che era stata accertata nella precedente sentenza n. 86
del 1968 a proposito degli artt. 225 e 232 cod. proc. pen.; b) quando,
invece, le operazioni si limitano al prelievo, di carattere meramente
preparatorio rispetto all’attività istruttoria, esse sono di spettanza
della polizia giudiziaria e non postulano le garanzie di difesa sancite
dalla Costituzione (vedansi le sentenze n. 149 del 1969 e n. 118 del
1970).
4. – L’indagine tecnica è successiva: e solo quando risulti che la
sostanza analizzata sia diversa da quella dichiarata o che il nome sia
mendace, si avrà indizio di reato e soggettivazione di questo nei
confronti di una determinata persona; e si realizzerà allora il
passaggio, dalle indagini generiche demandate, come compito di
istituto, alla polizia giudiziaria (vedasi la sentenza n. 2 del 1970 di
questa Corte), agli atti procedimentali (o preprocedimentali) che
richiedono la protezione difensiva costituzionalmente garantita (vedasi
la già citata sentenza n. 149 del 1969).
5. – L’art. 223 cod. proc. pen. è del tutto estraneo al caso che
ne occupa, sicché non hanno fondamento le censure sollevate in
riferimento all’art. 24, secondo comma, e all’art. 3 Cost., posto che,
come si è sopra spiegato, l’esperto che segnali la commissione di un
illecito penale non è un ausiliario della polizia giudiziaria, e tanto
meno è un perito, sibbene un semplice denunziante e un (eventuale e
futuro) testimonio.
Va, dunque, dichiarata l’inammissibilità per irrilevanza della
questione proposta.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile per difetto di rilevanza la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 223, primo comma, del codice di
procedura penale, sollevata con l’ordinanza in epigrafe in riferimento
agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1973.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – GIUSEPPE
VERZÌ – LUIGI OGGIONI – ANGELO DE
MARCO – ERCOLE ROCCHETTI – ENZO
CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – PAOLO ROSSI – LEONETTO AMADEI
– GIULIO GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA
– GUIDO ASTUTI.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere