Sentenza N. 186 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
22/07/1976
Data deposito/pubblicazione
22/07/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/07/1976
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA –
Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO, Giudici,
304 e 306 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (tariffe telefoniche),
promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 12 ottobre 1975 dal pretore di Sampierdarena
nel procedimento civile vertente tra Pilon Giulio ed altri e la
Società italiana per l’esercizio telefonico (SIP), iscritta al n. 515
del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 5 del 7 gennaio 1976;
2) ordinanza emessa l’11 novembre 1975 dal pretore di Ivrea nel
procedimento civile vertente tra Avonto Giovanni e la SIP, iscritta al
n. 590 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 38 dell’11 febbraio 1976;
3) ordinanza emessa il 21 ottobre 1975 dal pretore di Sampierdarena
nel procedimento civile vertente tra Torriglia Giacinto ed altri e la
Sip, iscritta al n. 607 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38 dell’11 febbraio 1976;
4) ordinanza emessa il 3 dicembre 1975 dal pretore di Rho nel
procedimento civile vertente tra Toso Aldo ed altri e la Sip, iscritta
al n. 4 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 58 del 3 marzo 1976;
5) ordinanza emessa il 13 ottobre 1975 dal pretore di Bologna nel
procedimento civile vertente tra Alessandri Emilio ed altri e la SIP,
iscritta al n. 96 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 del 24 marzo 1976.
Visti gli atti di costituzione della Società italiana per
l’esercizio telefonico e l’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del .5 maggio 1976 il Giudice relatore
Leonetto Amadei;
uditi gli avvocati Antonio Sorrentino, Egidio Tosato e Pasquale
Chiomenti, per la SIP, ed il vice avvocato generale dello Stato Franco
Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Due ordinanze del pretore di Sampierdarena, rispettivamente
del 12 e del 21 ottobre 1975, un’ordinanza del pretore di Ivrea dell’11
novembre 1975, una quarta ordinanza del pretore di Rho del 3 dicembre
1975 ed un’ultima ordinanza del pretore di Bologna del 13 ottobre 1975,
pongono le questioni di legittimità costituzionale in riferimento agli
artt. 3, 23, 41, secondo e terzo comma, e 53, primo comma, della
Costituzione, degli artt. 304, 7 e 306 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156
(approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia
postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, emanato in forza della
legge delega 28 ottobre 1970, n. 775), come fonti del d.P.R. 28 marzo
1975, n. 61 (norme in materia di tariffe telefoniche).
Le ordinanze di rimessione hanno tratto motivo da ricorsi
presentati, ex art. 700 del codice di procedura civile, da utenti del
servizio telefonico contro il provvedimento sospensivo del servizio
stesso da parte della SIP a seguito di mancato pagamento di quella
parte del canone di abbonamento relativo agli importi fissi di scatti,
introdotto dall’art. 4 del ricordato decreto presidenziale n. 61 del
1975.
Comune a tutti i giudizi è la questione relativa alla asserita
incostituzionalità dell’art. 304 del d.P.R. n. 156 del 1973, in
riferimento all’art. 23 della Costituzione; il riferimento agli artt. 3
e 53 della stessa Costituzione è stato fatto dal pretore di Ivrea e da
quello di Sampierdarena con l’ordinanza del 21 ottobre 1975; lo stesso
pretore di Sampierdarena si riferisce, in ambedue le ordinanze, anche
all’art. 41.
Altro aspetto comune a tutte le ordinanze è la proposizione della
questione di legittimità costituzionale dopo che i giudici aditi
avevano già presi i richiesti provvedimenti d’urgenza e, per quanto
riguarda l’ordinanza del 12 ottobre 1975 del pretore di Sampierdarena,
nonostante che la difesa della SIP avesse proposto regolamento
preventivo di giurisdizione.
In linea di fatto va ulteriormente precisato che il pretore di
Bologna, al quale era stato richiesto, con unica domanda, di imporre
alla SIP di ripristinare l’interrotto servizio e di continuarlo nella
osservanza del rapporto contrattuale precedente il d.P.R. n. 61 del
1975, accoglieva, con ordinanze del 2 e 6 ottobre 1975, la prima parte
della domanda, mentre per la seconda sollevava la questione di
legittimità costituzionale con la stessa ordinanza (13 ottobre 1975)
che fissava il termine perentorio entro il quale si sarebbe dovuto
iniziare il giudizio di merito in ordine al provvedimento cautelativo
già preso.
2. – Ampie e affini le motivazioni sviluppate dai proponenti a
sostegno della non manifesta infondatezza delle questioni sollevate.
Esse vengono, pertanto, ai fini del giudizio, sinteticamente coordinate
e collegate nei loro aspetti essenziali.
Si sostiene che l’introduzione ad opera del d.P.R. n. 61 del 1975
dell’obbligo da parte dell’utente il servizio telefonico di pagare un
certo numero di scatti non usufruiti rappresenterebbe, in realtà, una
imposizione di prestazione patrimoniale al di fuori della garanzia
della riserva di legge fissata dall’art. 23 della Costituzione. L’atto
amministrativo di imposizione autoritaria delle tariffe sarebbe stato
reso possibile dalla generica e incompleta formulazione dell’art. 304
della legge delegata n. 156 del 1973, per non essersi il legislatore
delegato dato carico di convenientemente circoscrivere, anche sulla
base delle indicazioni della sentenza n. 72 del 1969 della Corte
costituzionale, l’ambito di intervento dell’esecutivo, in modo da
precludergli valutazioni politiche e comunque la possibilità di
intaccare i diritti fondamentali dei cittadini, ponendoli, come nei
casi di cui è giudizio, nella alternativa, in relazione al godimento
di beni essenziali, o di rinunciarvi o di accettare condizioni ed
obblighi imposti imperativamente senza adeguata predisposta tutela
legislativa.
La violazione dell’art. 3 della Costituzione si sostanzierebbe nel
fatto che l’imposizione di un onere tributario più grave nei riguardi
di coloro che usufruiscono meno del servizio – in genere i non abbienti
o di più modeste condizioni economiche – determinerebbe una non
giustificabile discriminazione tra utenti e utenti, discriminazione che
non potrebbe non essere ricollegata anche all’art. 53 della stessa
Costituzione per il quale ogni imposizione contributiva, sia pure di
tipo particolare come quella relativa al pagamento di canoni
telefonici, dovrebbe essere commisurata alle capacità economiche del
soggetto.
Infine, la non corrispondenza della normativa impugnata all’art. 41
della Costituzione sarebbe evidenziata dal contrasto del sistema
tariffario da essa reso possibile con quell’utilità sociale alla quale
dovrebbe essere indirizzata l’economia, soprattutto quella pubblica
destinata ad operare in regime di monopolio, comunque questo venga
articolato.
3. – Tanto l’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza e difesa del
Presidente del Consiglio dei ministri, ritualmente intervenuto, quanto
la difesa della SIP, regolarmente costituitasi, hanno presentato, in
linea di massima, deduzioni e conclusioni conformi.
In via preliminare esse contestano la facoltà del pretore di
Sampierdarena a sollevare, come ha fatto con l’ordinanza 12 ottobre
1975, la questione di legittimità costituzionale dopo che era stato
notificato il regolamento preventivo di giurisdizione e che avrebbe
privato, pro-tempore, il giudice adito per il provvedimento d’urgenza
della sua potestà e quindi della possibilità di ricorrere alla Corte
costituzionale. Ciò dovrebbe portare, pertanto, ad una dichiarazione
di inammissibilità che dovrebbe, comunque, investire tutti i ricorsi
alla Corte per essere state le questioni di legittimità costituzionale
sollevate dai pretori dopo aver accolte le richieste dirette ad
assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito.
Nel merito eccepiscono:
a) l’asserita incostituzionalità dell’art. 304 del nuovo codice
postale, per il fatto che esso, nella sua formulazione imperfetta,
avrebbe consentito all’autorità di governo di imporre, con il decreto
presidenziale del 1975, una prestazione nuova atipica e illegittima a
categorie meno abbienti di utenti del servizio telefonico, non avrebbe
fondamento in quanto si tratterebbe, nel caso, di un’indagine “pur
sempre relativa” diretta ad appurare se l’imposizione del cosiddetto
minimo garantito possa rientrare o meno fra i poteri attribuiti
all’autorità governativa dal codice postale e, quindi, di
interpretazione e di applicazione del contestato art. 304 che, di per
se stesso, non presenterebbe problemi di costituzionalità;
b) l’applicazione del minimo garantito rientrerebbe fra le
prestazioni imponibili consentite dallo stesso art. 304 in quanto
questo non si discosterebbe affatto da quelle garanzie del procedimento
di determinazione delle tariffe che sarebbero state individuate e
ritenute sufficienti dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 72
del 1969;
c) per la sua natura, per i suoi caratteri, per la sua finalità,
per il suo inserimento in un complesso tariffario diversamente
articolato a seconda i soggetti, le categorie e la destinazione
dell’uso del servizio, il minimo garantito rientrerebbe senz’altro
nell’ambito dei poteri attribuiti all’esecutivo dall’art. 304 e ciò
per effetto degli orientamenti giurisprudenziali della Corte
costituzionale in tema di riserva di legge;
d) l’intravisto contrasto tra le disposte tariffe e l’art. 53,
primo comma, della Costituzione potrebbe eventualmente investire la
legittimità del decreto presidenziale, come quello che introduce il
minimo garantito, con le conseguenze giuridiche proprie della
illegittimità degli atti amministrativi, e non già l’art. 304 del
codice postale, in quanto la norma costituzionale “restringerebbe il
criterio della progressività al sistema tributario nel suo complesso e
non ai singoli tributi”;
e) per quanto riguarda il riferimento al secondo comma dell’art. 53
della Costituzione, esso sarebbe stato disatteso dall’orientamento
giurisprudenziale della Corte, per il quale il criterio della capacità
contributiva sarebbe applicabile soltanto per la copertura dei servizi
pubblici indivisibili;
f) nessun contrasto esisterebbe tra l’imposizione contestata e
l’art. 41, secondo e terzo comma, della Costituzione, il cui richiamo,
d’altra parte, non sarebbe pertinente, poiché il servizio telefonico
nel suo complesso strutturale, distributivo e normativo, terrebbe conto
di tutti gli aspetti che presentino un qualche riflesso socialmente
importante, mentre, d’altra parte, le tariffe cui trattasi sarebbero
state imposte in conformità non solo al provvedimento del CIP, ma in
base anche alle direttive del CIPE. Tali organismi, per la loro
composizione e per la loro competenza tecnica, articolata in compiti
di valutazione specifica nel campo dei prezzi, delle indagini di
mercato, degli interessi comunque collegati col settore economico,
sarebbero più che sufficienti a delimitare e indirizzare la
discrezionalità dell’organo o dell’ente a cui la legge attribuisce il
potere di imporre le prestazioni nella salvaguardia, sia pure in un
sistema di tariffe variamente impostato e differenziato per classi, per
soggetti, per categorie, per tipi di attività, dei diritti
fondamentali costituzionalmente garantiti, ivi compreso quello che
discende dall’art. 3 della Costituzione e al quale si riferiscono il
pretore di Ivrea nonché il pretore di Sampierdarena con la seconda
ordinanza del 21 ottobre 1975.
È da rilevare che con d.P.R. del 18 marzo 1976, n. 55, sono state
adottate nuove norme in materia di tariffe telefoniche a modifica del
ricordato d.P.R. 28 marzo 1975, n. 61, dal quale hanno tratto origine
le questioni di legittimità costituzionale.
1. – Le cinque ordinanze in epigrafe propongono connesse questioni
di legittimità costituzionale per cui le relative cause vengono
riunite e decise con unica sentenza.
2. – Le questioni sottoposte all’esame della Corte riguardano
l’art. 304 e, solo per l’ordinanza del pretore di Bologna, anche gli
artt. 7 e 306 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 approvazione del testo
unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta
e di telecomunicazioni – nel loro aspetto di fonti di produzione del
d.P.R. 28 marzo 1975, n. 61, contenente disposizioni in materia di
tariffe telefoniche.
Si sostiene, da parte dei giudici proponenti, che il meccanismo per
la determinazione delle tariffe telefoniche che discenderebbe dalle
norme impugnate contrasterebbe: con l’art. 23 della Costituzione, per
il quale nessuna prestazione patrimoniale o personale può essere
imposta se non in base alla legge; con l’art. 3, nella parte in cui fa
obbligo al legislatore ordinario di assicurare, ad ognuno, nella
disciplina giuridica dei vari aspetti della vita sociale, eguaglianza
di trattamento quando eguali siano le condizioni soggettive ed
oggettive alle quali le norme si riferiscono; con l’art. 41, nella
parte in cui enuncia i limiti ai quali sotto il profilo della utilità
sociale, deve essere sottoposta l’attività economica pubblica e
privata (commi secondo e terzo); con l’art. 43, nella parte in cui
sottopone all’interesse e all’utilità generale l’assunzione da parte
dello Stato dei servizi pubblici essenziali; e, infine, con l’art. 53,
primo comma, che predispone i criteri che debbono condizionare le
imposizioni a carattere tributario.
3. – Le questioni, come emerge in epigrafe, sono sorte a seguito di
ricorsi presentati ex art. 700 del codice di procedura civile da
alcuni utenti del servizio telefonico ai quali l’ente gestore (SIP)
aveva interrotto l’erogazione per mancato pagamento degli scatti a
contatore non usufruiti e di cui all’art. 4 del d.P.R. 28 marzo 1975,
n. 61.
I pretori di Sampierdarena, di Ivrea e di Rho hanno proposto la
questione contestualmente all’accoglimento dell’istanza dei ricorrenti
di imporre, in via d’urgenza, alla SIP di riattivare le utenze, ossia
nelle stesse ordinanze di rimessione degli atti alla Corte
costituzionale. Davanti al pretore di Sampierdarena la SIP,
nell’udienza dell’11 ottobre 1975, aveva depositato copia del ricorso
per regolamento di giurisdizione inoltrato alle sezioni unite della
Corte di cassazione – ricorso regolarmente notificato – chiedendo al
giudice la sospensione del procedimento cautelativo ai sensi dell’art.
367 del cod. proc. civ.; la richiesta non veniva accolta.
Al pretore di Bologna i ricorrenti avevano domandato che, con unico
provvedimento, alla SIP venisse ordinato di ripristinare il servizio e
di continuarlo nell’osservanza del rapporto contrattuale con condizioni
tariffarie precedenti il d.P.R. n. 61 del 1975; con ordinanze del 2 e
del 6 ottobre 1975 il giudice a quo accoglieva la prima parte della
richiesta; in ordine alla seconda proponeva la questione di
legittimità costituzionale nello stesso atto di fissazione del termine
di cui all’art. 702 del cod. proc. civ. correlativo ai provvedimenti
già presi (ordinanza 13 ottobre 1975).
4. – Rileva la Corte che, per quanto riguarda l’ordinanza del 12
ottobre 1975 del pretore di Sampierdarena, si rende necessario
esaminare la pregiudiziale prospettata nelle memorie difensive
dell’Avvocatura dello Stato e della SIP. In tali memorie si contesta la
legittimazione del pretore a proporre questione di legittimità
costituzionale in pendenza di regolamento di giurisdizione o comunque
dopo aver presi i provvedimenti cautelativi che gli erano stati
richiesti.
La Corte, con sentenze n. 221 del 1972 e n. 135 del 1975, ha già
stabilito che non è ammissibile la questione di legittimità
costituzionale sollevata dal giudice di merito dopo che sia stato
proposto ricorso in Cassazione per regolamento di giurisdizione,
ritenendo che tale ricorso privi il giudice stesso di ogni competenza a
conoscere o a disporre della o nella questione di giurisdizione. Con
sentenza n. 117 del 1973 ha altresì precisato che nel caso di atti
urgenti il giudice di merito è legittimato a sollevare questione di
legittimità costituzionale sempre che essi riferendosi esclusivamente
alle norme da applicare per il compimento degli stessi, in tale
limitato ambito siano rilevanti. Ma nella specie il regolamento di
giurisdizione investe proprio il potere del giudice ad emettere
provvedimenti d’urgenza e ciò comporta, di conseguenza, la
inammissibilità della questione di legittimità costituzionale,
sollevata successivamente alla proposizione del regolamento in
relazione, appunto, alla stessa normativa concernente la giurisdizione
(v. sentenza della Corte n. 118 del 1976).
Oltretutto devesi anche rilevare che il pretore, nonostante la
pendenza del regolamento di giurisdizione, diretto a contestare il suo
potere ad emettere nel caso provvedimenti cautelativi, tali
provvedimenti aveva presi e, quindi, realizzata quella tutela
giurisdizionale preventiva avente, appunto, il fine di assicurare
provvisoriamente gli eventuali effetti della decisione di merito previo
riconoscimento della sussistenza di quel fumus boni iuris che deve
presiedere ad una corretta applicazione dell’art. 700 del cod. proc.
civile. Con ciò egli aveva esaurito ogni sua potestà in quella sede.
Dopo il provvedimento d’urgenza ogni altra attività decisionale
competerà ai giudice di merito, il cui successivo intervento è
obbligatoriamente e perentoriamente previsto dall’art. 702 del codice
di procedura civile. Solo questi di conseguenza potrà sollevare
eventuali questioni di legittimità costituzionale delle norme nelle
quali trovi o non trovi, a seconda dei casi, riconoscimento il
diritto.
Per quanto sopra precisato la questione di cui trattasi è
inammissibile per difetto di legittimazione.
5. – Ad analoga conclusione deve pervenire la Corte in ordine,
anche, alle ordinanze dei pretori di Rho, di Ivrea e a quella del 21
ottobre 1975 dello stesso pretore di Sampierdarena. Per i giudizi
relativi ai ricorsi presentati ai suindicati giudici per il ripristino
in via cautelativa dell’interrotto servizio telefonico, non vi è
stata istanza di regolamento di giurisdizione.
Si tratta, pertanto, di stabilire se tali giudici avevano potere di
sollevare, una volta accolta l’istanza ad essi presentata, questione di
legittimità costituzionale sulle disposizioni normative contestate con
l’atto di richiesta del provvedimento d’urgenza.
Nella situazione giuridica conseguente all’applicazione dell’art.
700 cod. proc. civ., la sollevata questione di legittimità
costituzionale diventa fine a se stessa; essa infatti si pone al di
fuori di un rapporto necessitato di correlazione con la decisione da
prendere in quanto non è destinata ad esercitare alcuna influenza
sulla decisione stessa. Invero, il giudice dell’urgenza, una volta che
abbia provveduto, non ha alcunché da decidere; viene meno, in
sostanza, la pendenza di un giudizio con un suo proprio contenuto, per
essersi il giudizio stesso già esaurito nei suoi aspetti e nei suoi
contenuti con l’accoglimento di quel petitum sul quale il giudice è
stato, appunto, chiamato, per la sua competenza specifica a decidere e
sul quale ha senz’altro deciso.
Anche in tal caso solo il successivo giudice, una volta che il
giudizio di merito sia stato instaurato ai sensi e per gli effetti di
cui all’art. 702, ultimo comma, del codice di procedura civile, in
autonomo svolgimento rispetto al procedimento d’urgenza, potrà
sollevare questione di legittimità costituzionale in ordine alle norme
di legge che stanno alla base della controversia tra le parti.
6. – Non diverse, altresì, sono le conclusioni che la Corte deve
prendere in merito alla questione sollevata dal pretore di Bologna,
anche se essa presenti, in linea di fatto, un suo aspetto particolare.
Poiché secondo lo stesso giudice a quo anche la domanda di
ordinare alla SIP di continuare l’erogazione del servizio alle vecchie
tariffe era pur sempre formulata a titolo cautelativo e provvisorio,
fino cioè alla definitiva statuizione, in sede di merito, della
legittimità o meno della imposizione delle nuove tariffe ed aveva in
comune con la prima istanza, quella del ripristino del servizio, lo
stesso fumus boni iuris, appare evidente che per il secondo aspetto
cautelare non gli restava che esaminare quello specifico periculum in
mora concernente la maggiore spesa per le tariffe maggiorate. Rispetto
a questo ultimo esame la questione di legittimità costituzionale
sollevata è palesemente irrilevante circa la decisione di urgenza da
adottare essendo, in quello stadio processuale, rilevante soltanto ai
fini della decisione definitiva di merito.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 304 d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, sollevate dal pretore di
Sampierdarena con ordinanze 12 e 21 ottobre 1975, in riferimento agli
artt. 23, 41, secondo e terzo comma, e 53, primo comma, della
Costituzione; dal pretore di Ivrea con ordinanza 11 novembre 1975, in
riferimento agli artt. 3, 23, 41, secondo e terzo comma, e 53, primo
comma, della Costituzione; dal pretore di Rho, con ordinanza 3 dicembre
1975, in riferimento all’art. 23 della Costituzione e dal pretore di
Bologna, unitamente agli artt. 7 e 306 dello stesso d.P.R. n. 156 del
1973, con ordinanza 13 ottobre 1975, in relazione all’art. 41, secondo
e terzo comma, e 43 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere