Sentenza N. 188 del 1970
Corte Costituzionale
Data generale
16/12/1970
Data deposito/pubblicazione
16/12/1970
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/12/1970
MICHELE FRAGALI – Prof. COSTANTINO MORTATI – Prof. GIUSEPPE CHIARELLI –
Dott. GIUSEPPE VERZÌ – Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI – Prof.
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – Dott. LUIGI OGGIONI – Dott. ANGELO DE
MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO CAPALOZZA – Prof. VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI – Dott. NICOLA REALE –
Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 21 dicembre
1968 dal pretore di Siracusa nel procedimento civile vertente tra
Malfitano Salvatrice ed altro e Guagliardi Arturo ed altro, iscritta al
n. 109 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 98 del 16 aprile 1969.
Visto l’atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 14 ottobre 1970 il Giudice relatore
Vincenzo Michele Trimarchi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giovanni
Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
1. – Avverso l’esecuzione mobiliare iniziata e proseguita da Arturo
Guagliardi contro Giuseppina Mauceri, convivente con i genitori,
costoro proponevano opposizione di terzo davanti al pretore di
Siracusa. In particolare, la madre, Salvatrice Malfitano, deduceva che
i beni pignorati fossero di sua proprietà e che le erano pervenuti da
Emanuela Macca in forza di atto costitutivo di dote.
L’opposto eccepiva che la convenzione matrimoniale invocata dai
ricorrenti fosse simulata, ponendo in evidenza che il relativo atto
pubblico era stato stipulato non solo in costanza di matrimonio e tra
persone tutte conviventi, ma persino dopo la notifica di precetti alla
debitrice; e chiedeva di conseguenza che il contraddittorio fosse
integrato con la chiamata in causa della Macca, onde dimostrare anche
nei confronti di questa la fondatezza del proprio assunto.
Il pretore sospendeva l’esecuzione limitatamente ad alcuni beni e
rilevava l’inammissibilità della prova della simulazione delle
convenzioni matrimonali, a sensi dell’art. 164 del codice civile.
Con ordinanza del 21 dicembre 1968 però sollevava la questione di
legittimità costituzionale della norma, secondo cui ai terzi è
vietato di provare la simulazione delle dette convenzioni, in
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Osservava che la
decisione della questione fosse pregiudiziale, e riteneva la questione
stessa non manifestamente infondata. A quest’ultimo riguardo dichiarava
di non comprendere perché la tutela del patrimonio familiare, le cui
esigenze sono giustamente tenute presenti dal legislatore, dovesse
essere spinta al punto da proteggere la pura apparenza e perfino in
pregiudizio di persone estranee alle convenzioni.
Ad avviso del pretore, la norma denunciata violerebbe l’art. 24
della Costituzione in quanto preclude del tutto la difesa dei diritti
del creditore. Essa, infatti, nega ai terzi ogni indagine sulla
simulazione delle convenzioni matrimoniali, determinando per essi un
ingiusto danno. I terzi, poi, non hanno altri rimedi a loro
disposizione perché in caso di frode, ad esempio, non possono
esercitare l’azione revocatoria se, come nella specie, la convenzione
è stipulata tra terzi, e perché non possono neppure provare, ad
esempio, che i beni costituiti in dote non fossero di proprietà del
costituente, dato che una prova del genere si risolve necessariamente
in quella della simulazione della causa del contratto dotale e non è
quindi ammissibile in base all’art. 164 del codice civile.
Sarebbe del pari violato l’art. 3 della Costituzione. Dal
legislatore, invero, è di regola accordata ai terzi la massima tutela
in caso di simulazione (art. 1417 cod. civ.) e sia pure come ultima
ratio è agli stessi riconosciuto il diritto di agire per il
risarcimento dei danni ingiusti (art. 2043 cod. civ.) derivanti dai
c.d. contratti a danno del terzo. Ma sia dall’una che dall’altra tutela
risultano esclusi i terzi danneggiati dalle convenzioni matrimoniali,
con una norma eccezionale, completamente in contrasto con i principi.
La evidente disparità di trattamento nei confronti dei terzi,
d’altra parte, secondo il giudice a quo, non troverebbe riscontro
nell’esigenza di tutelare un interesse pubblico assolutamente
preminente ed inderogabile. Non potrebbe, infatti, considerarsi tale
l’interesse relativo all’esistenza e alla conservazione del patrimonio
della famiglia. Le garanzie giurisdizionali poi operanti nei
procedimenti instaurati per far valere la simulazione di un atto
dovrebbero dirsi di per sé sufficienti per la tutela dell’interesse
familiare. Ed infine una eventuale preminenza dello stesso interesse
familiare su quello diretto a far valere la simulazione potrebbe in
ipotesi giustificarsi nei confronti dei soggetti facenti parte della
famiglia ma non dei terzi, che sarebbero agevolmente esposti ai
comportamenti fraudolenti posti in essere attraverso il ricorso alle
convenzioni matrimoniali.
2. – L’ordinanza veniva ritualmente notificata, comunicata e
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Davanti – a questa Corte spiegava intervento il Presidente del
Consiglio dei ministri a mezzo della Avvocatura generale dello Stato
mentre non si costituiva nessuna delle parti private.
L’Avvocatura dello Stato, a proposito della prospettata violazione
dell’art. 3 della Costituzione, osservava che tutte le considerazioni
svolte dal pretore di Siracusa non sarebbero sicuramente idonee a
dimostrare la assunta disparità di trattamento.
Le disposizioni legislative circa il regime patrimoniale della
famiglia sono dirette a disciplinare situazioni particolari attinenti
all’istituto della famiglia, che gode di specifica ed ampia tutela
costituzionale (art. 29 e segg.). E tali situazioni ben può il
legislatore disciplinare diversamente da situazioni apparentemente
analoghe ma sostanzialmente ed obiettivamente diverse.
Di conseguenza, le disposizioni di cui all’art. 164 del codice
civile sarebbero del tutto immuni da irragionevolezza, in quanto
dirette, insieme con altre, alla tutela della stabilità economica
della famiglia, e sicuramente non violerebbero il principio di
eguaglianza.
Né avrebbe peso il rilievo svolto dal pretore con riferimento
all’art. 2043 del codice civile perché a proposito degli effetti
pregiudizievoli verso i terzi, il contratto verrebbe in considerazione
solo come fatto illecito e perché quindi le situazioni che si
vorrebbero mettere a raffronto non sarebbero omogenee neppure
apparentemente.
E da ultimo non sarebbe rilevante ai fini dell’esame da parte di
questa Corte, l’assunto che la disciplina dell’art. 164 non sarebbe
giustificata da un interesse pubblico assolutamente preminente ed
inderogabile, perché tale assunto integrerebbe un semplice
apprezzamento sul merito dell’atto legislativo.
A proposito poi del denunciato profilo di illegittimità attinente
all’art.24 della Costituzione, l’Avvocatura rilevava l’erroneità di
impostazione della questione, atteso che il precetto costituzionale
assicura il diritto di azione e di difesa entro i limiti di estensione
del diritto sostanziale riconosciuto.
Ora, l’art. 164, escludendo nel primo comma che la simulazione,
anche se in ipotesi sussistente, delle convenzioni matrimoniali possa
dar luogo al permanere o al sorgere nei terzi di determinati diritti,
normalmente di garanzia, sui beni oggetto del negozio in ipotesi
simulato, porrebbe una regola di diritto sostanziale e quindi la sua
valutazione sotto il profilo della legittimità costituzionale non
potrebbe essere prospettata ed effettuata in rapporto all’art. 24 della
Costituzione.
All’udienza del 14 ottobre 1970, l’Avvocato dello Stato Albisinni,
per il Presidente del Consiglio dei ministri, ha insistito nelle
deduzioni svolte con l’atto di intervento. Dopo di che la causa è
passata in decisione.
1. – Il pretore di Siracusa, con l’ordinanza indicata in epigrafe,
solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 164 del
codice civile che vieta ai terzi la prova della simulazione delle
convenzioni matrimoniali, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione.
2. – Per il primo comma dell’art. 164, che è la parte
effettivamente denunciata della norma, “non è ammessa alcuna prova
della simulazione delle convenzioni matrimoniali, anche se risulta da
controdichiarazioni scritte”
Viene, in tal modo, posto un divieto assoluto nei confronti dei
terzi, nonostante che gli stessi abbiano potuto risentire un danno da
quelle pattuizioni, e di contro (con il secondo comma dello stesso
articolo), la stessa prova è ammessa per le parti ed entro certi
limiti; ed inoltre, e nel contempo, viene apportata una deroga alla
regola generale, risultante dagli artt. 1414 e segg. del codice civile,
secondo cui ai terzi è dato di agire per l’accertamento della
simulazione dei contratti e di giovarsi di tutti i mezzi di prova.
Così delineata e delimitata la norma oggetto della denuncia,
appare fondata la questione in riferimento ad entrambe le disposizioni
costituzionali di raffronto.
3. – L’Avvocatura dello Stato ritiene che l’art. 164 neghi e limiti
non un diritto processuale sibbene un diritto sostanziale e cioè il
diritto di garanzia dei terzi e delle parti sui beni che sono oggetto
della convenzione matrimoniale simulata; e che pertanto l’art. 24 non
sarebbe invocabile.
La tesi non può essere accolta, anzitutto perché la norma
impugnata non arriva a disciplinare la sorte di quei beni e si ferma
più a monte, negando o limitando la prova su un fatto (e precisamente
sopra la simulazione della convenzione) che, solo indirettamente, di
quei beni ostacola la disposizione o l’assegnazione; in secondo luogo,
perché l’art. 24 si riferisce ai diritti processuali in senso stretto
ed a tutti i modi di tutela giurisdizionale dei diritti; e
sostanzialmente, perché, nell’ipotesi di cui all’art. 164, al credito
vantato dal terzo nei riguardi di una delle parti della convenzione
matrimoniale non è accordata tutela giurisdizionale.
4. – La disciplina, dettata dall’art. 164, messa a raffronto con
quella risultante dagli artt. 1414 e segg., integra poi, come si è
detto, un’importante deroga alle norme ed ai principi in materia di
simulazione dei contratti in generale.
Si ha in particolare una evidente disparità di trattamento nei
confronti dei terzi in relazione a situazioni sostanzialmente omogenee
o facilmente assimilabili. Tali infatti sono quelle in cui si trovano i
terzi qualora siano pregiudicati nei loro interessi da contratti in
genere o da convenzioni matrimoniali in particolare, che le parti
abbiano posto in essere simulatamente: in entrambi i casi il
pregiudizio deriva da atti di autonomia privata ed appare astrattamente
meritevole di tutela l’interesse all’accertamento della realtà dei
rispettivi rapporti contrattuali.
5. – Rimane, però, da accertare se la differenziazione di
trattamento giuridico, ora rilevata, non si presenti razionalmente
giustificata.
Può dirsi arbitrario ed illogico che il terzo, mentre può
avvalersi della simulazione di un qualunque contratto, non lo possa
invece fare quando si tratti di convenzione matrimoniale (e tanto più
in quanto gli autori della simulazione possono al contrario
avvalersene).
Non ha pregio l’assunto che la norma abbia la sua ragione nello
scopo di garantire la stabilità economica della famiglia. È esatto
che la famiglia tanto nella Costituzione quanto nel codice gode di una
particolare tutela. Ma questa si giustifica se tende a garantire
l’intangibilità dei beni destinati effettivamente a sostenere gli
oneri del matrimonio e non di quelli che solo fittiziamente abbiano una
tale destinazione. Ed invece la norma impugnata, privando il terzo
creditore della possibilità di provare la finzione, si traduce in una
tutela di quest’ultima piuttosto che degli interessi familiari. I quali
del resto, secondo i principi di ragione e di giustizia, non possono
essere protetti fino al punto da sacrificare quelli del terzo, in ogni
altro caso tutelati.
Il primo comma dell’art. 164, in conclusione, vietando di provare
l’estraneità di certi beni alla famiglia, rivela un’eccedenza del
mezzo (divieto totale di prova) rispetto al fine (tutela dell’economia
familiare), e la relativa normativa appare quindi irrazionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 164, primo
comma, del codice civile nella parte in cui non ammette i terzi a
provare la simulazione delle convenzioni matrimoniali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1970.
GIUSEPPE BRANCA – MICHELE FRAGALI –
COSTANTINO MORTATI – GIUSEPPE
CHIARELLI – GIUSEPPE VERZÌ –
GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI –
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO – LUIGI
OGGIONI – ANGELO DE MARCO – ERCOLE
ROCCHETTI – ENZO CAPALOZZA – VINCENZO
MICHELE TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI
– NICOLA REALE – PAOLO ROSSI.