Sentenza N. 195 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
03/06/1998
Data deposito/pubblicazione
03/06/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/05/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
della legge 1 aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento
dell’Amministrazione di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza
emessa il 15 novembre 1995-19 dicembre 1995 dal tribunale
amministrativo regionale per la Campania, sul ricorso proposto da
Castaldo Maria n.q. contro il Ministero dell’interno, iscritta al n.
1259 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno
1996;
Visto l’atto di costituzione di Castaldo Giovanni nonché l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio dell’11 febbraio 1998 il giudice
relatore: Cesare Ruperto;
provvedimento con cui il capo della Polizia aveva dimesso dal corso
di formazione per vice commissari in prova il ricorrente, che, a
seguito dei postumi di un incidente stradale, aveva superato i
novanta giorni di assenza massima consentita, il tribunale
amministrativo regionale per la Campania, con ordinanza emessa il 15
novembre 1995 (pervenuta alla Corte il 28 ottobre 1996), ha sollevato
– in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione – questione di
legittimità costituzionale dell’art. 57, lettera e) della legge 1
aprile 1981, nella parte in cui, prevedendo l’obbligatoria adozione
del provvedimento di dimissioni dal corso, non consente
all’Amministrazione di valutare discrezionalmente la possibilità di
ammettere al corso successivo i vincitori di pubblico concorso che
siano stati assenti per motivi di salute a loro non imputabili per un
periodo superiore a novanta giorni, qualora abbiano recuperato
l’idoneità fisica prescritta per le funzioni di polizia.
Il giudice a quo premette di dover disattendere la prospettazione
della parte, secondo cui la denunciata norma determinerebbe
un’irragionevole disparità di trattamento tra impiegati in prova ed
impiegati di ruolo, posto che è proprio lo status di dipendente di
ruolo che giustifica il differente assetto normativo in materia,
apparendo ragionevole che a quest’ultimo vengano riconosciute
maggiori garanzie.
Viceversa il TAR rimettente censura la norma sotto un diverso
profilo, riconducibile agli artt. 3 e 97 Cost., ritenendo illogica
l’estromissione d’ufficio del partecipante al corso, già vincitore
di concorso, a prescindere da qualsiasi effettiva valutazione sul suo
stato di salute e sulla malattia che egli ha contratto (nonché
sull’eventuale perdita totale o parziale dell’idoneità allo
svolgimento del servizio di polizia), estromissione che viene
disposta esclusivamente in ragione dell’involontario superamento del
periodo massimo di assenza consentito.
In concreto la norma darebbe luogo ad una fattispecie di carattere
automatico, che prescinde del tutto dalle circostanze che hanno dato
origine alle assenze e dalla addebitabilità o meno all’interessato
delle ragioni che hanno determinato l’infermità. La denunciata
lesione dei principi di uguaglianza e d’imparzialità sarebbe quindi
ravvisabile nella mancata previsione della possibilità, per i
commissari in prova i quali abbiano superato il limite massimo di
assenza “per motivi di salute a loro non imputabili”, di essere
ammessi a partecipare al corso successivo “ove abbiano recuperato in
pieno l’idoneità fisica”.
La prospettata illegittimità costituzionale risulterebbe
ulteriormente evidenziata alla luce di quanto previsto dall’art. 56,
comma 7 della stessa legge, che consente alla Amministrazione di
valutare discrezionalmente la possibilità di ammettere ad un corso
successivo i commissari in prova “bocciati” all’esame finale del
corso.
In conclusione il TAR rileva la sostanziale differenza tra il caso
in esame e la fattispecie di cui alla sentenza n. 297 del 1994 di
questa Corte, concernente il personale proveniente dai contingenti di
leva, mentre i funzionari in argomento raggiungono il corso in
seguito all’utile classificazione nella graduatoria della procedura
concorsuale.
2. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, che ha osservato
come entrambi i profili d’incostituzionalità non appaiano fondati e
sembrino comunque risolvibili in via interpretativa. Quanto alla
asserita disparità di trattamento, si rileva che non possono porsi a
confronto le due situazioni del candidato che abbia superato il
periodo massimo di assenza e di quello che non abbia superato la
prova finale. Circa il secondo aspetto, l’Autorità intervenuta
ritiene che l’infermità debba “ragionevolmente essere valutata
dall’amministrazione sia con riguardo ai fattori causali… che alla
perdita o meno delle capacità fisiche necessarie allo svolgimento
delle funzioni di commissario di polizia”. Inoltre – opina
l’Avvocatura – “una lettura non formalistica della norma” parrebbe
dare spazio all’ammissione ad un corso successivo, argomentando
analogicamente con riguardo all’ipotesi di maternità.
In sostanza la norma, secondo l’Avvocatura, mentre prevede i casi
di ammissione automatica al corso successivo, non esclude affatto
che, al di fuori di questi, l’interessato possa richiedere ed
ottenere tale ammissione.
3. – Nel giudizio dinanzi a questa Corte si è costituito il
ricorrente nel giudizio a quo, il quale ha insistito per la
declaratoria d’illegittimità costituzionale, deducendo i medesimi
argomenti svolti nell’ordinanza di rimessione.
costituzionale dell’art. 57, lettera d) della legge 1 aprile 1981, n.
121, nella parte in cui prevede che i vincitori del concorso per
commissario di polizia in prova, frequentatori dell’apposito corso
che è condizione per il conseguimento della nomina, vengano da
questo dimessi nel caso di assenza per infermità di durata superiore
a novanta giorni.
A parere del rimettente la norma, nel precludere all’interessato la
partecipazione ad un corso successivo ove egli abbia recuperato
l’idoneità fisica, risulterebbe lesiva: a) dell’art. 3 Cost., per la
disparità di trattamento rispetto a chi, non avendo superato l’esame
finale, può partecipare al corso successivo; b) dell’art. 97 Cost.,
in quanto prescinde dalla possibilità di accertare in concreto
l’idoneità al servizio e di verificare l’addebitabilità delle
circostanze che hanno causato la sopravvenuta infermità.
2. – La questione è fondata.
2.1. – Dispone l’art. 55 della legge n. 121 del 1981 che
“l’assunzione dei commissari di polizia” avviene: a) mediante
pubblico concorso, i vincitori del quale sono nominati commissari in
prova; b) all’esito di un corso di formazione teorico-pratico della
durata di nove mesi, che essi sono tenuti a frequentare presso
l’Istituto superiore di polizia.
Il successivo art. 56 prevede nel quinto comma che i commissari in
prova, i quali abbiano superato gli esami finali, siano nominati
commissari di polizia, e nel settimo comma che coloro i quali non
superino l’esame “possono partecipare al corso successivo” e, solo
“se l’esito di quest’ultimo è negativo, sono dimessi”.
Infine la denunciata norma stabilisce che sono dimessi dal corso i
commissari in prova, i quali siano “stati per qualsiasi motivo
assenti dal corso per più di trenta giorni, anche se non
consecutivi, e di novanta giorni per infermità contratta durante il
corso”. Solo allorché l’infermità sia stata contratta a causa delle
esercitazioni pratiche (o, trattandosi di donne, l’assenza sia dovuta
alla maternità), è prevista la possibilità di partecipare al primo
corso successivo al riconoscimento della sua idoneità psicofisica.
2.2. – Dunque la denunciata norma impone come obbligatoria
l’adozione del provvedimento di dimissione dal corso ove ricorra uno
dei due casi di assenza sopra indicati (trenta giorni, anche se non
consecutivi, ovvero novanta per infermità contratta durante il
corso), senza che all’Amministrazione sia consentita alcuna
valutazione circa le cause che hanno determinato l’assenza stessa. In
particolare nella seconda ipotesi, che viene sottoposta alla Corte,
l’Amministrazione non ha neppure la facoltà di accertare l’eventuale
perdita, in tutto o in parte, dell’idoneità allo svolgimento del
servizio di polizia.
Trattasi, all’evidenza, di automatismo basato su una presunzione
assoluta di inidoneità, manifestamente priva di ragionevolezza e
contrastante con l’interesse stesso della Pubblica Amministrazione.
Appare illogico, infatti, ammettere ad un corso successivo i
commissari in prova che non abbiano superato l’esame finale, e invece
precludere comunque all’Amministrazione di consentire analoga
opportunità a chi sia stato assente per malattia, sia pure all’esito
di un’istruttoria circa l’eziologia e le conseguenze della malattia
stessa.
È vero che al legislatore deve riconoscersi la più ampia
discrezionalità nel privilegiare alcuni elementi di valutazione
nelle procedure di accesso all’impiego; ma il necessario limite della
ragionevolezza risulta superato allorché, accordata la possibilità
di ripetere il corso a chi sia stato giudicato negativamente, la
medesima venga poi negata nell’ipotesi in esame, così attribuendosi
alla frequenza un valore preminente rispetto al rendimento.
Del resto la stessa Avvocatura dello Stato finisce col convenire su
tale conclusione, quando suggerisce una lettura della norma, secondo
cui non sarebbe preclusa l’ammissione al corso successivo anche al di
fuori dei casi esplicitamente previsti. Lettura che tuttavia non può
accettarsi, essendo il dato testuale preciso e ineludibile nel senso
indicato dal rimettente. L’ammissione al “primo corso successivo”,
infatti, è prevista espressamente solo per le due ipotesi di
infermità “contratta a causa delle esercitazioni pratiche” e di
assenza “determinata da maternità”; mentre, d’altra parte, l’ultimo
comma dello stesso art. 57 accomuna quoad effectum l’espulsione e la
dimissione dal corso, così accentuando il carattere
ingiustificatamente sanzionatorio del provvedimento relativo a
quest’ultima.
La coerenza del sistema, dunque, può e deve ottenersi solo
attraverso la declaratoria d’illegittimità costituzionale della
denunciata norma.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, lettera d)
della legge 1 aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento
dell’Amministrazione di pubblica sicurezza), nella parte in cui non
consente all’Amministrazione di ammettere ad un altro corso
successivo i commissari in prova che siano stati assenti per più di
novanta giorni per infermità contratta durante il corso ed abbiano
nel frattempo recuperato l’idoneità psicofisica.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Ruperto
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 3 giugno 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola