Sentenza N. 197 del 1976
Corte Costituzionale
Data generale
28/07/1976
Data deposito/pubblicazione
28/07/1976
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/07/1976
OGGIONI – Avv. ANGELO DE MARCO – Avv. ERCOLE ROCCHETTI – Prof. ENZO
CAPALOZZA – Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI – Prof. VEZIO CRISAFULLI
– Dott. NICOLA REALE – Avv. LEONETTO AMADEI – Dott. GIULIO GIONFRIDA –
Prof. EDOARDO VOLTERRA – Prof. GUIDO ASTUTI – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. ANTONINO DE STEFANO, Giudici,
comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il
13 marzo 1974 dalla Corte d’appello di Roma sull’incidente di
esecuzione proposto da Guerrisi Alberto, iscritta al n. 5 .del registro
ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 55 del 26 febbraio 1975.
Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1976 il Giudice
relatore Michele Rossano.
Nel corso del procedimento per incidente di esecuzione promosso da
Alberto Guerrisi, la Corte di appello di Roma, con ordinanza 13 marzo
1974, ha sollevato di ufficio e ritenuto rilevante e non manifestamente
infondata, in riferimento all’art. 24, comma secondo, della
Costituzione, “la questione di legittimità costituzionale dell’ultimo
comma dell’art. 170 c.p.p. in quanto non stabilisce l’obbligo di
disporre nuove ricerche dell’imputato irreperibile e la emanazione di
un nuovo decreto di irreperibilità ai fini della notificazione
dell’estratto della sentenza contumaciale emanata nel giudizio di
appello”.
Ha premesso, in fatto, che Alberto Guerrisi – condannato quale
irreperibile e contumace, dalla Corte di appello di Roma con sentenza
20 novembre 1971 alla pena di anni tre e mesi due di reclusione e lire
100.000 di multa per furto aggravato – aveva proposto incidente di
esecuzione avverso l’ordine di carcerazione e chiesto la revoca di tale
ordine, affermando che la sentenza di appello non era passata in
giudicato poiché la notifica dell’estratto della stessa sentenza era
affetta da nullità, dato che dopo la medesima pronuncia di appello non
erano state effettuate nuove ricerche al fine di emettere eventualmente
nuovo decreto di irreperibilità.
L’ordinanza è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del
26 febbraio 1975.
Davanti a questa Corte la parte non si è costituita e non è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
Nell’ordinanza di rinvio della Corte di appello di Roma si premette
che la Corte costituzionale, con sentenza 22 marzo 1971, n. 54, ha
dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 3 d.P.R. 8 agosto
1955, n. 666 (norme di attuazione, transitorie e di coordinamento della
legge 18 giugno 1955, n. 517), “nella parte in cui prescrive che il
decreto di irreperibilità, emesso nel giudizio di primo grado, cessa
di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti al giudice
competente per il giudizio di appello e non con la pronuncia del
giudice di primo grado”.
Si osserva “che anche in grado di appello, correlativamente a
quanto ritenuto nella predetta sentenza per il giudizio di primo grado,
il diritto dell’imputato alla difesa e, quindi, all’esercizio del
diritto di impugnazione, si appalesa legittimamente tutelato mediante
l’espletamento di nuove ricerche ai fini della notifica della sentenza
contumaciale emessa nel giudizio di appello”.
La questione è fondata.
Questa Corte, con la citata sentenza 11-22 marzo 1971, n. 54, ha
affermato che la norma dell’art. 3 d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 – che,
con riferimento all’ultimo comma dell’art. 170 c.p.p. precisa, tra
l’altro, che il decreto di irreperibilità, emanato nel giudizio di
primo grado, “cessa di avere efficacia con la trasmissione degli atti
al giudice competente per il giudizio d’appello” – “incide
negativamente sul diritto dell’imputato alla difesa in ogni stato e
grado del processo, apportando limitazione al suo esercizio, con palese
e non razionale deviazione dalle linee stesse del sistema. E ciò in
quanto detta norma richiede l’espletamento di nuove ricerche
dell’imputato irreperibile e contumace solo dopo che il procedimento di
appello è già stato instaurato, ad iniziativa di coimputati o del
p.m., ed anzi ha superato la fase di verifica dell’ammissibilità
dell’impugnazione. Dette ricerche non sono imposte, invece, allo scopo
di rendere possibile l’esercizio della difesa dell’imputato fin dal
momento in cui sorge nei suoi riguardi l’onere di proporre
impugnazione; ai fini, cioè, della notificazione dell’estratto della
sentenza pronunziata a carico del contumace, giacché dalla data di
questa notificazione decorre il termine perentorio per la dichiarazione
di appello…”.
Ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato
art. 3 d.P.R. n. 666 del 1955 “nella parte in cui prescrive che il
decreto di irreperibilità, emesso nel giudizio di primo grado, cessa
di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti al giudice
competente per il giudizio di appello e non con la pronuncia del
giudice di primo grado”.
Questa Corte, poi, con le ordinanze 19-26 maggio 1971, n. 117, e 28
giugno-16 luglio 1973, n. 139, ha dichiarato la manifesta infondatezza
della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 d.P.R. n.
666 del 1955 perché già dichiarato costituzionalmente illegittimo con
la sentenza n. 54 dell’11-22 marzo 1971.
Le stesse considerazioni della richiamata sentenza n. 54 del 1971
giustificano l’estensione della medesima disciplina, prevista per il
procedimento di primo grado, al procedimento di appello, dato che anche
in tale procedimento sussiste l’esigenza di assicurare all’imputato una
compiuta tutela, quale può conseguirsi con l’esercizio diretto del
diritto di impugnazione o comunque a seguito di valutazione personale
del contenuto della pronunzia di secondo grado. Per soddisfare tale
esigenza il limite di efficacia del decreto di irreperibilità, emesso
nel procedimento di appello, deve essere anticipato al momento della
pronuncia di appello con la conseguente necessaria rinnovazione
dell’accertamento dell’irreperibilità e dell’eventuale emissione del
decreto prima della notifica della pronuncia di appello. In proposito
va posto in risalto che l’art. 519 c.p.p. prescrive, in generale, che
nel giudizio di appello si osservano le disposizioni relative al
giudizio di primo grado in quanto applicabili.
La mancata indicazione, nel dispositivo dell’ordinanza di rinvio
della Corte di appello di Roma, dell’art. 3 d.P.R. n. 666 del 1955 non
ha rilevanza, dato che nella motivazione della stessa ordinanza tale
norma è espressamente citata e risultano chiaramente esposti i termini
della questione di legittimità costituzionale (sentenze di questa
Corte nn. 47 del 1962; 29 e 74 del 1964; 124 del 1969; 58 del 1970; 220
del 1974).
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d.P.R. 8
agosto 1955, n. 666 (norme di attuazione, transitorie e di
coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente
modificazioni al codice di procedura penale), nella parte in cui – in
relazione all’art. 170, ultimo comma, codice di procedura penale e per
effetto dell’estensione delle norme sul giudizio di primo grado al
giudizio di appello, prevista dall’art. 519 codice di procedura penale
– prescrive che il decreto di irreperibilità, emesso nel giudizio di
appello, cessa di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti
alla Corte di cassazione e non con la pronuncia del giudice di appello.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.
F.to: PAOLO ROSSI – LUIGI OGGIONI –
ANGELO DE MARCO – ERCOLE ROCCHETTI –
ENZO CAPALOZZA – VINCENZO MICHELE
TRIMARCHI – VEZIO CRISAFULLI – NICOLA
REALE – LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA – GUIDO
ASTUTI – MICHELE ROSSANO – ANTONINO
DE STEFANO.
ARDUINO SALUSTRI – Cancelliere